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Controllo automatizzato: quando non serve preavviso

Una società ha impugnato una cartella di pagamento per IVA non versata, emessa a seguito di un controllo automatizzato. La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso, chiarendo che in caso di semplice discrepanza tra dichiarato e versato, l’Agenzia delle Entrate non ha l’obbligo di inviare una comunicazione preventiva di irregolarità. La Corte ha inoltre dichiarato inammissibili altri motivi del ricorso per difetti processuali, come la mancata riproposizione delle domande in appello e la non conformità ai nuovi limiti del vizio di motivazione.

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Pubblicato il 17 settembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Controllo automatizzato: la Cassazione chiarisce i limiti del preavviso

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione torna a fare luce su un tema cruciale per i contribuenti: gli obblighi dell’Amministrazione finanziaria in caso di controllo automatizzato. La vicenda analizzata chiarisce in quali circostanze l’Agenzia delle Entrate può emettere una cartella di pagamento senza inviare una comunicazione preventiva di irregolarità, e offre importanti spunti sulla corretta gestione del contenzioso tributario. Analizziamo i dettagli di questa decisione.

Il caso: una cartella di pagamento da controllo automatizzato

Una società si è vista notificare una cartella di pagamento per circa 25.000 euro, relativa a un omesso versamento dell’IVA per l’annualità 2007. L’irregolarità era emersa a seguito di un controllo automatizzato, previsto dall’art. 54 bis del d.P.R. 633/1972, che aveva rilevato una discrepanza tra l’importo dichiarato e quello effettivamente versato.

La società ha impugnato l’atto, ottenendo l’annullamento della cartella in primo grado dalla Commissione Tributaria Provinciale. Tuttavia, l’Agenzia delle Entrate ha proposto appello e la Commissione Tributaria Regionale ha ribaltato la decisione, ritenendo legittima la pretesa fiscale. Secondo i giudici d’appello, la cartella era scaturita da una semplice incongruenza e, in tale contesto, l’invio di una comunicazione di irregolarità non era obbligatorio, sebbene risultasse comunque essere stata inviata.

La società ha quindi presentato ricorso in Cassazione, basandolo su quattro distinti motivi.

Le ragioni del ricorso in Cassazione

La difesa del contribuente si è articolata su diversi fronti:

1. Omessa pronuncia: Si lamentava che i giudici d’appello non avessero esaminato punti cruciali sollevati in primo grado, come la mancata notifica di un avviso di accertamento e il mancato riconoscimento di detrazioni IVA.
2. Vizio di motivazione: Si contestava la motivazione della sentenza d’appello, ritenuta insufficiente e limitata a un richiamo generico all’operato dell’ufficio, senza un’analisi approfondita delle circostanze specifiche.
3. Violazione delle norme sul controllo: Si sosteneva che l’Amministrazione avesse violato gli articoli 36-bis e 36-ter del d.P.R. 600/1973, non avendo inviato la comunicazione preventiva di irregolarità, un adempimento ritenuto fondamentale.
4. Errata valutazione delle prove: Si contestava la validità della documentazione prodotta in appello dall’Agenzia per dimostrare l’avvenuta notifica della comunicazione.

Controllo automatizzato: le motivazioni della Corte

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, ritenendo tutti i motivi inammissibili o infondati.

La reiezione dei motivi processuali

I primi due motivi sono stati respinti per ragioni prettamente processuali. Riguardo all’omessa pronuncia, la Corte ha sottolineato che la parte vittoriosa in primo grado ha l’onere di riproporre esplicitamente in appello le domande e le eccezioni non accolte, per evitare la presunzione di rinuncia. Il ricorrente non aveva specificato se e come avesse adempiuto a tale onere, rendendo il motivo generico e quindi inammissibile.

Sul vizio di motivazione, la Corte ha ricordato che, a seguito della riforma del 2012, il ricorso per cassazione non può più basarsi su una presunta insufficienza o contraddittorietà della motivazione. Il controllo di legittimità è ora limitato alla verifica del rispetto del “minimo costituzionale” della motivazione o all'”omesso esame di un fatto storico decisivo”, circostanze non riscontrate nel caso di specie.

L’obbligo della comunicazione di irregolarità

Il cuore della decisione risiede nell’analisi del terzo motivo. La Corte ha stabilito che la Commissione Regionale ha correttamente inquadrato la fattispecie. Il caso in esame rientrava nell’ipotesi di controllo automatizzato (art. 36-bis d.P.R. 600/1973), che si limita a una verifica cartolare della corrispondenza tra i dati dichiarati e i versamenti effettuati. In questo scenario, che si distingue dal controllo formale (art. 36-ter), l’invio della comunicazione preventiva di irregolarità non è un obbligo per l’Amministrazione finanziaria.

La Corte ha inoltre aggiunto che, in ogni caso, risultava documentalmente provato che tale comunicazione era stata comunque notificata, rendendo le doglianze della società prive di pregio. Di conseguenza, anche il quarto motivo, relativo alla presunta erroneità della sentenza per aver ritenuto provata tale notifica, è stato giudicato infondato.

Le conclusioni: cosa insegna questa ordinanza

Questa pronuncia rafforza alcuni principi fondamentali del contenzioso tributario. In primo luogo, evidenzia la differenza sostanziale tra il controllo automatizzato e quello formale, con importanti conseguenze sugli obblighi di comunicazione preventiva a carico del Fisco. Per le semplici discrepanze liquidate informaticamente, l’Amministrazione può procedere direttamente con la cartella di pagamento. In secondo luogo, ribadisce il rigore richiesto nella formulazione dei motivi di ricorso, sia in appello che in Cassazione. Le eccezioni non riproposte si considerano abbandonate e le censure sulla motivazione devono rispettare i rigidi paletti introdotti dalla riforma del 2012. Per i contribuenti, la lezione è chiara: la difesa deve essere meticolosa non solo nel merito, ma anche nel rispetto delle regole processuali.

In caso di controllo automatizzato, l’Agenzia delle Entrate è sempre obbligata a inviare una comunicazione di irregolarità prima della cartella di pagamento?
No. Secondo la Corte, nel caso di una mera divergenza tra quanto dichiarato e i versamenti effettuati, emersa da un controllo automatizzato ai sensi dell’art. 36-bis del d.P.R. 600/1973, l’amministrazione finanziaria non è tenuta all’invio preventivo della comunicazione di irregolarità.

Se una mia domanda non viene esaminata dal giudice di primo grado, è sufficiente fare appello per farla riesaminare?
No. La parte che, pur vittoriosa nel risultato finale del primo grado, ha visto respinte o non esaminate alcune delle sue domande o eccezioni, deve reiterarle esplicitamente nell’atto di appello (o nella comparsa di costituzione), altrimenti si presumono rinunciate, come previsto dall’art. 346 c.p.c.

È possibile impugnare una sentenza in Cassazione per motivazione insufficiente o contraddittoria?
No. A seguito della riforma del 2012, non è più possibile censurare una sentenza in Cassazione per insufficienza o contraddittorietà della motivazione. Il controllo è limitato alla violazione del “minimo costituzionale” della motivazione o all’omesso esame di un fatto storico decisivo che è stato oggetto di discussione tra le parti.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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