Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 21902 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 21902 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: LA COGNOME NOME
Data pubblicazione: 02/08/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 9913/2023 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE , elettivamente domiciliate in INDIRIZZO, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO . (P_IVA) che le rappresenta e difende;
-ricorrenti-
contro
RAGIONE_SOCIALE , elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE) rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE);
-controricorrente-
avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. CATANZARO n. 2537/2022 depositata il 17/08/2023.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 23/04/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
Ritenuto che
A seguito di controllo formale ex art. 36 bis DPR n. 600/73 e art. 54 DPR 633/1972 sulla dichiarazione modello UNICO relativa all’l’anno di imposta 2014 nonché sul modello 770 relativo all’anno
di imposta 2015, presentati dalla RAGIONE_SOCIALE, veniva emessa cartella di pagamento impugnata dalla contribuente davanti alla Commissione Tributaria Provinciale (CTP) di Catanzaro che accoglieva il ricorso per vizio di motivazione della cartella, ritenendo insufficiente la dicitura ‘omesso o carente versamento’ che non consentiva al contribuente di poter prendere contezza della richiesta.
L’appello erariale è stato respinto dalla Commissione Tributaria Regionale (CTR) della Calabria, con la sentenza in epigrafe, la quale ha ritenuto illegittima la cartella ex 36 bis, affermando che, per il recupero del credito d’imposta non spettante, indicato in dichiarazione e indebitamente utilizzato in compensazione, l’Ufficio non poteva utilizzare la procedura ex art. 36-bis del DPR n. 600 del 1973, riservata solo alla correzione di errori materiali o di calcolo nella dichiarazione dei redditi.
Avverso questa sentenza l’RAGIONE_SOCIALE e l’RAGIONE_SOCIALE hanno proposto ricorso per cassazione fondato su un motivo.
Ha resistito con controricorso la contribuente.
Considerato che
Preliminarmente deve essere disattesa l’eccezione di inammissibilità per tardività del ricorso motivata sul rilievo che, deposita ta la sentenza d’appello il 17.8.2022, il ricorso per cassazione era stato notificato in data 6.5.2023 e, quindi, oltre il termine di sei mesi ex art. 327 c.p.c.
Invero, trattandosi di giudizio relativo a cartella emessa a seguito di controllo automatizzato ex art. 36 bis cit., costituente, quindi, primo atto con cui l’RAGIONE_SOCIALE afferma la propria pretesa impositiva, è ammissibile il ricorso alla definizione agevolata della lite pendente (Cass. sez. un. n. 18298 del 2021); la parte aveva, quindi, la facoltà di avvalersi dell’istituto della definizione agevolata RAGIONE_SOCIALE liti pendenti di cui all’art. 1 comma 186 segg. della l.
29.12.2022 n. 197/2022 e trovava applicazione l’art. 1 comma 199, secondo cui i termini di impugnazione, anche incidentale, RAGIONE_SOCIALE pronunce giurisdizionali e di riassunzione, nonché per la proposizione del controricorso in cassazione, che scadevano tra la data di entrata in vigore della presente legge (1 gennaio 2023) e il 31 ottobre 2023, erano sospesi per undici mesi.
Con l’unico motivo si deduce v iolazione dell’art. 36 bis del DPR 600/73, con riferimento all’art. 360 comma 1, n. 3 c.p.c.: secondo l’Ufficio la CTR ha fatto mal governo della norma censurata laddove ha preteso che, a fronte di irregolarità risultanti dalle dichiarazioni sui crediti compensati, l’Ufficio avrebbe dovuto ricorrere ad un avviso di recupero del credito di imposta, anziché procedere alla riscossione tramite ruolo e cartella di pagamento.
3.1. La ricorrente osserva che nessuna questione giuridica o verifica doveva essere compiuta nei confronti dei dati presenti nella dichiarazione fiscale della RAGIONE_SOCIALE, considerato che non è stata disconosciuta la spettanza, né l’esistenza giuridica del credito di imposta, ma era stata liquidata la dichiarazione sulla base dei dati dichiarati dallo stesso contribuente: « Ed infatti, per come ampiamente spiegato dall’Ufficio negli atti di causa, la società aveva esposto l’utilizzo in compensazione del credito d’imposta con il codice tributo 6817 per un importo pari ad € 198.084,00 (quadro RU 50 col. 004), ma dai dati della anagrafe tributaria era emerso, invece, che con il codice 6817 aveva compensato un importo ben superiore, pari ad € 345.653,00; inoltre, aveva riportato come credito residuo della precedente dichiarazione, l’importo di € 192.539,00, laddove, dalla consultazione del quadro RU 12 di quella dichiarazione, sotto riprodotto in autosufficienza, risultava che l’importo era pari a zero ».
4. Il motivo è fondato.
E’ noto che « in tema di accertamenti e controlli RAGIONE_SOCIALE dichiarazioni tributarie, è legittima l’iscrizione a ruolo della
maggiore imposta ai sensi dell’artt.36 bis del D.P.R. n. 600 del 1973 e 54- bis del D.P.R. n. 633 del 1972 quando il dovuto sia determinato mediante un controllo meramente cartolare, sulla base dei dati forniti dal contribuente o di una correzione di errori materiali o di calcolo. Tale modalità è invece preclusa quando trattasi di risolvere questioni giuridiche, sicché il disconoscimento, da parte dell’Amministrazione finanziaria, di un credito d’imposta, non può avvenire tramite l’emissione di una cartella di pagamento avente ad oggetto il relativo importo, senza essere preceduta da un avviso di recupero di credito d’imposta o quanto meno bonario » (Cass., n.11292 del 2016; Cass., n.4360 del 2017; Cass., n. 14949 del 2018; Cass., n. 30791 del 2018; Cass. n. 9759 del 2024).
6. In questo caso la CTR ha erroneamente applicato questi principi, atteso che la cartella di pagamento impugnata non deriva dalla soluzione di questioni giuridiche né dalla contestazione della spettanza del credito di imposta a monte (infatti, in data 31 luglio 2008 era stato concesso un credito di imposta per complessivi euro 754.600,00 utilizzabile a partire dal 2013, v. controricorso) ma si fonda su discrepanze tra i dati riportati nelle dichiarazioni, quanto all’utilizzo del credito, con quelli risultanti all’anagrafe tributaria e i versamenti effettuati.
7. Del resto, sempre secondo giurisprudenza di questa Corte, nel caso in cui il contribuente indichi nella dichiarazione dei redditi un’eccedenza d’imposta risultante dalle precedenti dichiarazioni, ed utilizzata in compensazione, di importo superiore a quanto risulti all’anagrafe tributaria, l’Ufficio può rettificare l’imposta a credito indicata dal dichiarante, recuperando a tassazione la differenza effettivamente spettante mediante il ricorso al procedimento di cui all’art. 36 bis del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, poiché tale attività di rettifica implica semplicemente un ricalcolo dell’imposta risultante dalla liquidazione della dichiarazione ed un mero controllo cartolare di dati, con esclusione di qualunque valutazione
giuridica, ed è pertanto inquadrabile nella fattispecie di cui al secondo comma, lett. a), del citato art. 36 bis che prevede la correzione degli « errori materiali e di calcolo commessi dai contribuenti nella determinazione degli imponibili, RAGIONE_SOCIALE imposte, dei contributi e dei premi » (Cass. n. 8140 del 2012).
Conclusivamente, la sentenza deve essere cassata con rinvio al giudice del merito.
P.Q.M.
accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Calabria in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 23/04/2024.