Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 14418 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 14418 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 29/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 271/2024 R.G. proposto da
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa anche disgiuntamente dall’Avv. NOME COGNOME e dall’Avv. NOME COGNOME, elettivamente domiciliato presso gli indirizzi PEC: EMAIL e EMAIL;
-ricorrente –
Oggetto: PDA opposta
RAGIONE_SOCIALE in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, con domicilio eletto in Roma, INDIRIZZO
-controricorrente –
nonché contro
AGENZIA DELLE ENTRATE – RISCOSSIONE, in persona del Direttore pro tempore;
-intimata – avverso la sentenza della Corte di Giustizia Tributaria di II grado della Calabria, n.1469/2/2023, depositata il 22 maggio 2023, non notificata. Udita la relazione svolta nell’adunanza camerale del 28 febbraio 2025 dal consigliere NOME COGNOME.
Rilevato che:
Con sentenza della Corte di Giustizia Tributaria di II grado della Calabria, n.1469/2/2023, depositata il 22 maggio 2023, veniva rigettato l’appello proposto dalla società RAGIONE_SOCIALE avverso la sentenza della Commissione Tributaria Provinciale di Cosenza n.6709/2/2021 di rigetto del ricorso introduttivo avente ad oggetto la cartella di pagamento per maggiore IRES, IVA, sanzioni, interessi e altri accessori relativamente al periodo di imposta 2014.
La cartella veniva emessa all’esito di controlli automatizzati ex artt.36 bis d.P.R. n.600/1973 e 54 bis d.P.R. n.633/1972 sulla dichiarazione modello unico 2015 relativa all’anno 2014, rettifica del credito IVA fondata su un errore materiale compiuto dalla contribuente. Il giudice di prime cure riteneva pertanto, disattese le doglianze sulla notifica della cartella, che non fosse necessario il ricorso ad un apposito atto di accertamento in assenza di attività valutativa, né vi fosse
necessità di previa comunicazione di irregolarità, decisione confermata dal giudice d’appello .
Avverso la decisione propone ricorso per Cassazione la società per un unico motivo, cui replica l’Agenzia delle Entrate con controricorso, mentre l’agente della riscossione è rimasto intimato.
Il 27.2.2024 la Corte ha proposto la definizione del ricorso ex art.380bis cod. proc. civ., proposta opposta dal ricorrente con istanza di decisione del giudizio. Da ultimo la contribuente deposita memoria illustrativa ai sensi dell’ art.380-bis.1 cod. proc. civ..
Considerato che:
Preliminarmente, va dato atto dell’eccezione di inammissibilità formulata dal controricorrente perché con il ricorso si chiederebbe un’irrituale rivalutazione degli accertamenti in fatto e del giudizio sul merito probatorio. L’eccezione non può trovare ingresso, in quanto la censura individua con sicurezza la lamentata violazione di legge, consistita nel fatto che, secondo la società, il procedimento dei controlli automatizzati sarebbe stato impropriamente utilizzato nel caso concreto, in carenza dei presupposti stabiliti normativamente e senza il rispetto dell’iter previsto (cfr. p. 6 ricorso).
Con un unico motivo di ricorso la società prospetta, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la violazione degli artt. 36 bis del d.P.R. n. 600/1973 e 54 bis del d.P.R. n. 633/1972 per l’assenza in concreto dei presupposti per l’emissione della cartella di pagamento e per violazione del procedimento previsto dalle citate disposizioni di legge.
La doglianza è affetta da concorrenti profili di inammissibilità e di infondatezza.
3.1. La ricorrente non censura l’accertamento in fatto, operato dal giudice di primo grado secondo il quale la cartella nasce da un controllo della dichiarazione modello unico 2015 relativa all’anno 2014 e
confermato dal giudice d’appello nei seguenti termini: «viene lamentato come nel caso in cui avvenga (proprio come accaduto, per la totalità della pretesa, nella fattispecie di cui si discute), una rettifica della dichiarazione e (di conseguenza), una nuova liquidazione dell’imposta » (cfr. para 2 a pag.4 della sentenza impugnata).
Orbene, è stato estensivamente affermato dalla Corte (ad es., tra le molte, Cass., Sez. 6-5, n. 39331 del 2021; Cass., Sez. 5, n.33344 del 2019; Cass., Sez. 6-5, n. 4360 del 2017), in tema di controlli delle dichiarazioni tributarie, che l’attività dell’Ufficio accertatore, qualora nasca da una verifica di dati indicati da quest’ultimo e dalle incongruenze dagli stessi risultanti, non implica valutazioni, sicché è legittima l’iscrizione a ruolo della maggiore imposta ai sensi degli artt. 36-bis del d.P.R. n. 600 del 1973 e 54-bis del d.P.R. n. 633 del 1972, non essendo necessario un previo avviso di recupero.
Le stesse Sezioni Unite della Corte (v. sentenza n.17758 del 2016 poi sempre confermata) hanno chiarito che, in caso di omessa presentazione della dichiarazione annuale IVA, è consentita l’iscrizione a ruolo dell’imposta detratta e la consequenziale emissione di cartella di pagamento, potendo il fisco operare, con procedure automatizzate, un controllo formale che non tocchi la posizione sostanziale della parte contribuente e sia scevro da profili valutativi e/o estimativi nonché da atti di indagine diversi dal mero raffronto con dati ed elementi dell’anagrafe tributaria, ai sensi degli artt. 54-bis e 60 del d.P.R. n. 633 del 1972. Resta salva, nel successivo giudizio di impugnazione della cartella, l’eventuale dimostrazione, a cura del contribuente, che la deduzione d’imposta, eseguita entro il termine previsto per la presentazione della dichiarazione relativa al secondo anno successivo a quello in cui il diritto è sorto, riguardi acquisti fatti da un soggetto passivo d’imposta, assoggettati ad IVA e finalizzati ad operazioni imponibili.
Non vi sono ragioni per discostarsi nella fattispecie da tale giurisprudenza consolidata ed erra perciò la ricorrente a ritenere che vi sarebbe stata nella fattispecie necessità di una attività di verifica e valutazione da compiersi con un atto impositivo in una fattispecie di sicuro controllo dichiarativo.
3.2. Inoltre, il motivo è inammissibile anche perché non censura ai fini IVA l ‘ulteriore statuizione contenuta nella sentenza d’appello secondo cui l’omissione della comunicazione è fonte di «mera irregolarità», non preclusiva della legittimità della cartella.
3.3. Il ricorso è anche inammissibile nella parte in cui, sempre ai fini della ripresa ai fini IVA, deduce l’ incomprensibilità della stessa e non coincidenza degli importi (cfr. punto 1.7. a pag.13 del ricorso), perché con riferimento al profilo la censura difetta di specificità, non dando prova della tempestiva proposizione della deduzione con riferimento agli importi in questione e alla loro reperibilità nella documentazione a supporto in primo grado e quindi riproposizione in appello.
3.4. Infine, quanto alla parte della censura riferita all’ IRES, non è stato impugnato l’accertamento del giudice d’appello secondo cui la ripresa deriva dal fatto che per il periodo di imposta «la società contribuente ne ha omesso il versamento» e dal recupero del «relativo importo, calcolato come da cartella» (cfr. p.5 sentenza, penultimo capoverso). Si tratta di elementi decisivi per confermare la legittimità e logicità del ragionamento seguito dal giudice d’appello , derivandone sia la conferma della comprensibilità delle ragioni sottostanti alla ripresa – il giudice ha accertato che era stata recuperata solo la parte in eccesso rispetto alla dichiarazione – sia l’ esclusione di spazi di valutazione e di interpretazione normativa ai fini dell’emissione della cartella, che ha seguito il corretto procedimento del controllo automatizzato ex artt. 36-bis del d.P.R. n. 600 del 1973 e 54-bis del d.P.R. n. 633 del 1972.
4. In conclusione, il ricorso dev’essere rigettato e le spese di lite, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.
Poiché il giudizio viene definito in conformità alla proposta, va inoltre disposta la condanna della parte istante a norma dell’art. 96, terzo e quarto comma, cod. proc. civ..
L’art. 380bis cod. proc. civ. (cfr. Cass. S.U. 13.10.2023, n. 28540) configura uno strumento di agevolazione della definizione delle pendenze in sede di legittimit à , anche tramite l’individuazione di strumenti dissuasivi di condotte rivelatesi ex post prive di giustificazione e, quindi, idonee a concretare, secondo una valutazione legale tipica compiuta dal legislatore delegato (d.lgs. n. 149 del 2022), un’ipotesi di abuso del diritto di difesa.
Richiamando, per i casi di conformit à tra proposta e decisione finale, l’art. 96, terzo e quarto comma, cod. proc. civ., l’art. 380bis cod. proc. civ. codifica, attraverso una valutazione legale tipica compiuta dal legislatore delegato, una ipotesi di abuso del processo, già immanente nel sistema processuale, giacch é non attenersi alla delibazione della proposta che trovi poi conferma nella decisione finale, lascia presumere una responsabilit à aggravata (v. Cass., Sez. Un., 22 settembre 2023, n. 27195, anche per quanto riguarda la disciplina intertemporale).
Pertanto, la parte ricorrente va condannata, nei confronti della controparte ex art, 96, terzo comma, c.p.c., al pagamento della somma determinata di euro 4.100, oltre al pagamento dell’ulteriore somma di euro 2.000 in favore della Cassa delle ammende ai sensi del successivo quarto comma.
P.Q.M.
La Corte:
rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alla rifusione delle spese di lite, liquidate in euro 8.200 per compensi, oltre spese prenotate a debito.
condanna altresì parte ricorrente al pagamento della somma di euro 4.100 in favore della controricorrente ex art. 96, terzo comma, c.p.c. e dell’ulteriore somma di euro 2.000 a favore della Cassa delle ammende ex art. 96, quarto comma, c.p.c.
Si dà atto del fatto che, ai sensi del d.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, sussistono i presupposti per il versamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis, se dovuto.
Così deciso in Roma il 28 febbraio 2025