Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 18706 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 18706 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 09/07/2025
CARTELLA DI PAGAMENTO REVOCAZIONE
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 28166/2018 R.G. proposto da: RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa, in virtù di procura speciale a margine del ricorso, dagli Avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME, presso il cui studio è elettivamente domiciliata in Roma alla INDIRIZZO;
-ricorrente –
Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore pro tempore , rappresentata e difesa ex lege dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici è domiciliata in Roma alla INDIRIZZO
-controricorrente e ricorrente incidentale –
Avverso la sentenza della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE DEL VENETO n. 239/2018, depositata in data 26/2/2018;
e
sul ricorso iscritto al n. 31504/2019 R.G. proposto da: RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa, in virtù di procura speciale a margine del ricorso, dagli Avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME, presso il cui studio è elettivamente domiciliata in Roma alla INDIRIZZO;
-ricorrente –
contro
Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore pro tempore , rappresentata e difesa ex lege dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici è domiciliata in Roma alla INDIRIZZO
-controricorrente –
Avverso la sentenza della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE DEL VENETO n. 159/4/2019, depositata in data 12/3/2019;
Udita la relazione della causa svolta dal consigliere dott. NOME COGNOME nella camera di consiglio del 9 maggio 2025;
Fatti di causa
Ricorso n. 28166/2018
La società RAGIONE_SOCIALE (d’ora in poi, anche ‘la società’ o ‘la contribuente’ ) in data 18 giugno 2014 era stata destinataria di una
cartella di pagamento per il recupero della somma di euro 175.761,11, oltre interessi.
La cartella fu emessa a seguito del controllo automatizzato effettuato ai sensi dell’art. 36 bis del d.P.R. n. 600 del 1973 e dell’art. 54 bis del d.P.R. n. 633 del 1972 sulla dichiarazione Mod. Unico 2011 presentata per il periodo d’imposta 2010.
L’Agenzia pretendeva il versamento dell’importo corrispondente al credito d’imposta per ricerca e sviluppo ex art. 1, commi 280 -283, della legge n. 296 del 2006, indicato nel quadro RU del Modello Unico relativo al periodo d’imposta 2010.
L’art. 5 del d.m. 28 marzo 2008 n. 76, attuativo della disposizione di legge da ultimo menzionata, prevedeva che, per poter fruire del credito d’imposta, ‘l’impresa beneficiaria indica, a pena di decadenza, in un’apposita sezione della dichiarazione dei redditi, il prospet to relativo ai costi sulla base dei quali è stato determinato l’importo del credito d’imposta’.
A seguito di alcune rettifiche e precisazioni normative e regolamentari, deduce la società che i presupposti per poter beneficiare dell’agevolazione in parola nel caso di investimenti intrapresi prima del 28 novembre 2008 erano: 1) l’indicazione in sede di chiarativa dei costi sostenuti per gli investimenti in ricerca e sviluppo; 2) l’invio dell’apposito formulario nel periodo intercorrente tra il 22 aprile 2009 e il 22 maggio 2009.
Deduce la società che tali condizioni sono state rispettate sia con riferimento alla dichiarazione dei redditi relativa al 2008, sia con riferimento alla dichiarazione dei redditi relativa al 2009, sia con riferimento alla dichiarazione dei redditi relativa al 2010.
In seguito al rifinanziamento dell’agevolazione fiscale resosi necessario per l’esaurimento dei fondi disponibili , la contribuente, nel 2011, utilizzò in compensazione il credito d’imposta maturato nel 2008 e
2009 (pari ad euro 115.368) nella misura del 47,53% utilizzabile in compensazione , e dunque per l’ammontare di euro 54.834 , come risulta dal mod. F24 datato 16 maggio 2011.
Ritenendo, dunque, di avere correttamente operato, la società propose ricorso contro la cartella di pagamento dinanzi alla C.T.P. di Vicenza, che accolse il ricorso ritenendo che, per il recupero in parola, l’amministrazione non si sarebbe potut a avvalere del controllo automatizzato ex art. 36 bis del d.P.R. n. 600 del 1973.
La C.T.R. del Veneto, su appello dell’amministrazione, riformò in parte la sentenza di primo grado, ritenendo che il credito oggetto di recupero fosse da determinare nella somma di euro 49.564.
Avverso la sentenza d’appello, la società ha proposto ricorso per cassazione affidato a quattro motivi , al quale l’Agenzia delle Entrate resiste con controricorso, che contiene anche un ricorso incidentale.
Ricorso n. 31504/2019
La società RAGIONE_SOCIALE (d’ora in poi, anche ‘la società’ o ‘la contribuente’ ) in data 18 giugno 2014 è stata destinataria di una cartella di pagamento per il recupero della somma di euro 175.761,11, oltre interessi.
La cartella fu emessa a seguito del controllo automatizzato effettuato ai sensi dell’art. 36 bis del d.P.R. n. 600 del 1973 e dell’art. 54 bis del d.P.R. n. 633 del 1972 sulla dichiarazione Mod. Unico 2011 presentata per il periodo d’imposta 2010.
L’Agenzia pretendeva il versamento dell’importo corrispondente al credito d’imposta per ricerca e sviluppo ex art. 1, commi 280 -283, della legge n. 296 del 2006, indicato nel quadro RU del Modello Unico relativo al periodo d’imposta 2010.
L’art. 5 del d.m. 28 marzo 2008 n. 76, attuativo della disposizione di legge da ultimo menzionata, prevedeva che, per poter fruire del credito d’imposta, ‘l’impresa beneficiaria indica, a pena di decadenza, in
un’apposita sezione della dichiarazione dei redditi, il prospetto relativo ai costi sulla base dei quali è stato determinato l’importo del credito d’imposta’.
A seguito di alcune rettifiche e precisazioni normative e regolamentari, deduce la società che i presupposti per poter beneficiare dell’agevolazione in parola nel caso di investimenti intrapresi prima del 28 novembre 2008 erano: 1) l’indicazione in sede di chiarativa dei costi sostenuti per gli investimenti in ricerca e sviluppo; 2) l’invio dell’apposito formulario nel periodo intercorrente tra il 22 aprile 2009 e il 22 maggio 2009.
Deduce la società che tali condizioni sono state rispettate sia con riferimento alla dichiarazione dei redditi relativa al 2008, sia con riferimento alla dichiarazione dei redditi relativa al 2009, sia con riferimento alla dichiarazione dei redditi relativa al 2010.
In seguito al rifinanziamento dell’agevolazione fiscale resosi necessario per l’esaurimento dei fondi disponibili, la contribuente, nel 2011, utilizzò in compensazione il credito d’imposta maturato nel 2008 e 2009 (pari ad euro 115.368) nella misura del 47,53% utilizzabile in compensazione, e dunque per l’ammontare di euro 54.834, come risulta dal mod. F24 datato 16 maggio 2011.
Ritenendo, dunque, di avere correttamente operato, la società propose ricorso contro la cartella di pagamento dinanzi alla C.T.P. di Vicenza, che accolse il ricorso ritenendo che, per il recupero in parola, l’amministrazione non si sarebbe potut a avvalere del controllo automatizzato ex art. 36 bis del d.P.R. n. 600 del 1973.
La C.T.R. del Veneto, su appello dell’amministrazione, riformò in parte la sentenza di primo grado, ritenendo che il credito oggetto di recupero fosse da determinare nella somma di euro 49.564.
La sentenza d’appello fu impugnata per revocazione ex art. 395, n. 4 c.p.c.
Il ricorso per revocazione fu rigettato dalla C.T.R.
Avverso la sentenza pronunciata sul ricorso per revocazione, la società ha proposto ricorso per cassazione, affidato a un solo motivo.
Resiste l’Agenzia delle Entrate con controricorso.
Ragioni della decisione
Deve preliminarmente procedersi alla riunione dei due ricorsi in simultaneus processus , ai sensi dell’art. 274 c.p.c., in quanto il n. 31504/2019 ha ad oggetto la sentenza pronunciata sul ricorso per revocazione ex art. 395 n. 4 c.p.c. della sentenza d’appello oggetto del ricorso n. 28166/2018.
Inoltre, occorre pronunciarsi per prima sul ricorso contro la sentenza pronunciata sul ricorso per revocazione, atteso il rapporto di connessione per pregiudizialità logica esistente tra il giudizio per la cassazione della sentenza emessa sull’istanza di revocazione della sentenza d’appello e il giudizio per cassazione della sentenza d’appello (Cass. 2021/71, 5480/98, 22631/11, 20490/14, 5398/16).
Sul ricorso n. 31504/2019
1.Con il primo motivo di ricorso, rubricato ‘ Art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c.: Violazione d ell’art. 36 del d.lgs. n. 546 del 1992 e dell’art. 395 , comma 1, c.p.c., in quanto la Commissione Tributaria Regionale non ha correttamente motivato la sentenza e non ha rilevato un errore di fatto risultante dagli atti o documenti della causa che avrebbe dovuto condurre alla revocazione della sentenza’ , la società contribuente censura la sentenza impugnata perché erronea e contraddittoria.
In particolare, la società deduce che la CRAGIONE_SOCIALE, con la sentenza oggetto di ricorso per revocazione, aveva fatto prevalere la sostanza sulla forma, ritenendo esistente il credito d’imposta , ma errando i conteggi per la sua determinazione, incorrendo, pertanto, in un errore di fatto
revocatorio che la stessa C.T.R., chiamata a pronunciarsi in revocazione, non avrebbe rilevato.
Argomenta, ancora, la società che se la CRAGIONE_SOCIALE, nella sentenza d’appello oggetto di ricorso per revocazione, avesse ritenuto che essa contribuente fosse decaduta dal credito d’imposta , avrebbe confermato la pretesa impositiva dell’amministrazione, mentre , avendo riconosciuto la spettanza del credito, il giudice del ricorso per revocazione avrebbe semplicemente errato nel determinarne l’ammontare e nel verificarne il corretto utilizzo da parte della società.
1.1. La sentenza impugnata deve essere cassata senza rinvio.
Si deve premettere che questa Suprema Corte, per giurisprudenza pacifica e costante, ha il potere di rilevare d’ufficio la carenza dei requisiti legali di ammissibilità di un giudizio d’impugnazione introdotto nell’ambito di un processo sfociato nella sentenza oggetto di ricorso per cassazione (Cass., n. 26525/18; Cass., n. 16863/17; Cass., n. 25209/14; Cass., n. 24047/09).
Orbene, l’art. 395 n. 4) c.p.c. dispone che vi è errore di fatto revocatorio quando la decisione è fondata sulla supposizione di un fatto la cui verità è incontrastabilmente esclusa, oppure quando è supposta l’inesistenza di un fatto la cui verità è positivamente stabilita, e tanto nell’uno quanto nell’altro caso se il fatto non costituì un punto controverso sul quale la sentenza ebbe a pronunciare.
Nel caso che ci occupa, il vizio denunciato con il ricorso per revocazione della sentenza d’appello non consiste nell’aver erroneamente supposto come esistente un ‘fatto’ che non trovava alcun riscontro negli atti di causa , né nell’aver escluso l’esistenza di un fatto che invece trovava positivo riscontro negli atti di causa; bensì, una volta stabilito, in iure , che la società poteva utilizzare il credito d’imposta concesso dalla normativa vigente ratione temporis , nell’aver commesso un errore
circa la determinazione dell’ammontare del credito spettante ed effettivamente utilizzato.
Peraltro, l’entità del credito d’imposta spettante ed utilizzato dalla società rappresenta proprio l’ ubi consistam della controversia con il fisco, sulla quale il giudice d’appello era chiamato a pronunciarsi , con la conseguenza che l’errore nella sua determinazione ha avuto ad oggetto proprio gli atti di causa dai quali quel credito poteva evincersi. Ne consegue che con il ricorso per revocazione la società, in realtà, ha imputato alla C.T.R. un error in iudicando su di un fatto controverso scaturente da una valutazione erronea degli atti di causa.
Tale error in iudicando , dunque, non avrebbe potuto essere denunciato con il ricorso per revocazione, sicché il relativo giudizio non avrebbe potuto essere proposto (art. 382, comma terzo, c.p.c.).
La sentenza impugnata, dunque, deve essere cassata senza rinvio, in applicazione del seguente principio di diritto: ‘nell’esaminare un ricorso per cassazione contro una sentenza che si pronuncia, nel merito, su di un ricorso per revocazione di una sentenza d’appello, la Corte di Cassazione può, anche d’ufficio, rilevare la carenza dei requisiti legali di ammissibilità del ricorso per revocazione ‘ .
Può passarsi all’esame del ricorso n. 28166/2018 per la cassazione della sentenza d’appello .
Per ragioni di ordine logico, devono essere esaminati e decisi per primi il terzo e il quarto motivo di ricorso.
1.Con il terzo motivo di ricorso, rubricato ‘Art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c.: Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 36 bis del d.P.R. n. 600 del 1973, dell’art. 7 della legge n. 212 del 2000 e del diritto al contraddittorio endoprocedimentale laddove la Commissione Tributaria Regionale ha rite nuto legittimo il recupero del credito d’imposta perpetrato mediante controllo automatizzato’ , la società censura la sentenza impugnata nella parte in cui per la ripresa fondata sul
disconoscimento del credito d’imposta ha ritenuto legittima l’emissione della cartella di pagamento ex art. 36 bis del d.P.R. n. 600 del 1973, piuttosto che l’emissione di un ordinario avviso di accertamento.
Censura, inoltre, la sentenza impugnata nella parte in cui questa ha affermato che la instaurazione del contraddittorio preventivo non avrebbe inciso sul contenuto della cartella.
1.1. Il motivo è infondato.
Deve rilevarsi che l’art. 7 della legge n. 212 del 2000 è stato solamente indicato nella rubrica del motivo, senza che nell’esposizione di quest’ultimo siano spiegate le ragioni per le quali la cartella di pagamento emessa per il recupero dell’imposta prev io il disconoscimento del credito d’imposta si ponga in contrasto con l’evocato parametro normativo.
Con riferimento all’obbligo di instaurazione del contraddittorio preventivo nella fase antecedente all’emissione della cartella ex art. 36 bis del d.P.R. n. 600 del 1973, questa Corte ha chiarito che il relativo inadempimento non ne determina la nullità (Cass., n. 24813/21).
Con riferimento ai requisiti di emissione della cartella di pagamento ex art. 36 bis del citato d.P.R., questa Corte ha affermato che essa è legittimamente emessa nel caso in cui il debito o il maggiore debito d’imposta risulti dal riscontro diretto delle dichiarazioni presentate dal contribuente e degli elementi presenti nell’anagrafe tributaria (Cass., n. 20643/21, Cass., n. 39331/21, Cass., n. 24747/20).
Nel caso di specie, la ripresa a carico della società è scaturita dal disconoscimento di un credito d’imposta per ragioni formali relative alla compilazione delle dichiarazioni dei redditi, come risulta anche dall’atto di appello proposto dall’amministrazi one.
Ne consegue che l’Agenzia delle Entrate ha correttamente seguito la procedura automatizzata di cui all’art. 36 bis del d.P.R. n. 600 del 1973.
2. Con il quarto motivo di ricorso, rubricato ‘Art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c.: Nullità della sentenza e del procedimento. Violazione dell’art. 36 del d.lgs. n. 546 del 1992 e dell’art. 112 c.p.c. La Commissione Tributaria Regionale non si è pronunciata in merito al motivo del ricorso introduttivo, devoluto anche nel secondo grado di giudizio, concernente l’incertezza applicativa ingenerata dalle istruzioni per la compilazione della dichiarazione per i l periodo d’imposta 2010’ , la società censura la sentenza impugnata nella parte in cui non avrebbe dato risposta alla eccezione, spiegata nell’atto di costituzione in giudizio, secondo la quale, se anche si fosse ritenuto esistente un errore formale nella dichiarazione trasmessa, tale errore sarebbe stato indotto dall’assenza di chiarezza delle istruzioni ministeriali che nulla avrebbero disposto per i contribuenti che non avevano ottenuto il nulla osta all’utilizzazione del credito d’imposta per l’esaurime nto dei fondi stanziati.
2.1. Il motivo è inammissibile.
Esso non è concludente: non spiega quale risultato utile la società avrebbe conseguito se il giudice di appello avesse preso atto di tale eccezione, vieppiù se si considera che la sentenza impugnata ha visto la soccombenza della contribuente non per vizi formali della rappresentazione del credito d’imposta , derivanti dall’incertezza applicativa ingenerata dalle istruzioni per la compilazione della dichiarazione per il 2010, ma per ragioni sostanziali inerenti all’entità del credito d’imposta disponibile ed utilizzabile.
Peraltro, la mancanza di chiarezza delle norme, evocata dalla contribuente, non può mai determinare l’esonero dagli obblighi tributari, ma, semmai, solo l’inesigibilità delle sanzioni irrogate (art. 10, comma 3, della legge n. 212 del 2000); sanzioni che la sentenza impugnata ha dichiarato non dovute, sicché la società non ha alcun interesse alla doglianza in esame.
3.Con il primo motivo di ricorso, rubricato ‘ Art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c.: Violazione dell’art. 36 del d.lgs. n. 546 del 1992 e degli artt. 112 e 115 c.p.c., in quanto la Commissione Tributaria Regionale ha commesso un errore sul motivare la sentenza che conduce a un contrasto con un fatto indiscusso tra le parti e a una pronuncia che eccede i limiti delle rispettive domande’ , la società censura la sentenza impugnata perché, pur avendo ritenuto corretto il procedimento seguito per utilizzare il credito d’imposta , ne avrebbe erroneamente determinato il relativo ammontare, avendo quantificato in euro 138.448,67, anziché in euro 115.368, il credito d’imposta maturato ed indicato nella dichiarazione dei redditi relativa all’anno 2010, ed avendo determinato l’ammontare del credito d’imposta utilizzato nella somma di euro 115.368, anziché nella somma di euro 54.834, pari al 47,53% di 115.368.
L’errore nel quale sarebbe incorso la C.T.R. avrebbe comportato l’emersione di un credito d’imposta utilizzato e non spettante.
Peraltro, la società ha soggiunto che la stessa amministrazione, nell’atto d’appello, aveva affermato a chiare lettere che essa ‘ aveva operato una compensazione per euro 54.834, effettuata il 16/5/2011’ , importo corrispondente al ‘47,53% dei crediti maturati’ .
Senonché, se il giudice di appello avesse correttamente determinato l’entità del credito maturato ed indicato e l’entità del credito effettivamente utilizzato, avrebbe totalmente rigettato la pretesa impositiva dell’erario.
4.Con il secondo motivo di ricorso, rubricato ‘ Art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c.: Violazione dell’art. 29, comma 2, del d.l. n. 185 del 2008 e dell’art. 2, comma 236, della legge n. 191 del 2009, laddove la Commissione Tributaria Regionale ha ritenuto illegittima la compensazione del credito d’imposta in questione nella misura del 47 ,53 per cento’ , la società censura la sentenza d’appello nella parte
in cui, ritenendo legittimo il recupero del credito d’imposta nella misura di euro 49.564, ha violato le disposizioni normative indicate in rubrica, che consentivano di utilizzare nel 2011, con riferimento a ll’anno d’imposta 2010, nella percentuale del 47,53 per cento, il credito d’imposta maturato negli anni 2008 e 2009.
4.1. Il primo e il secondo motivo di ricorso, che per la loro connessione possono essere esaminati e decisi congiuntamente, sono fondati.
Si deve premettere che questa Corte ha ripetutamente affermato che ‘ l’ipotesi del travisamento della prova implica non una valutazione dei fatti, ma una constatazione o un accertamento che quella informazione probatoria, utilizzata in sentenza, è contraddetta da uno specifico atto processuale; evenienza, quest’ultima, che ricorre quando l’informazione probatoria riportata ed utilizzata dal giudice per fondare la decisione sia diversa ed inconciliabile con quella contenuta nell’atto e rappresentata nel ricorso o addirittura non esista” (così, con richiami di giurisprudenza, Cass., n. 1163/20; cfr. anche Cass., n. 3796/20; Cass., n. 10749/15).
Orbene, come ha dedotto la società nel ricorso, che essa abbia utilizzato il credito d’imposta nella misura di euro 54.834 e non di euro 115.368 lo ha ammesso anche l’amministrazione controricorrente nell’atto di appello da essa proposto ( pag. 3 del ricorso in appello, allegato dalla società all’odierno ricorso per cassazione).
Ne consegue che il giudice di appello ha travisato la portata degli atti processuali laddove ha determinato il credito d’imposta maturato ed utilizzato in una misura diversa e incompatibile rispetto a quella obiettivamente emergente dalle prove documentali versate in atti dalla società e dagli atti processuali nel loro complesso.
5. Con l’unico motivo del ricorso incidentale, rubricato ‘Violazione e falsa applicazione de ll’ art. 8, comma 1, del d.lgs. n. 546 del 1992, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c.’ , l’Agenzia delle Entrate
censura la sentenza impugnata nella parte in cui non spiega le ragioni per le quali il giudice di appello ha ritenuto di dichiarare non dovute le sanzioni.
5.1. Il motivo è fondato.
L ‘affermazione delle ‘obiettive difficoltà interpretative’ da parte della C.T.R. è apodittica e non motivata, sicché in sede di giudizio di rinvio, nel caso in cui all’esito di quest’ultimo dovesse residuare , seppur in parte, la fondatezza della ripresa fiscale da parte dell’amministrazione, il giudice del merito dovrà adeguatamente motivare l’eventuale decisione di dichiarare non dovute le sanzioni.
6. In conclusione, pronunciando sul ricorso n. 31504/19, la sentenza impugnata è cassata senza rinvio.
Pronunciando sul ricorso n. 28166/18, la sentenza impugnata è cassata con rinvio in relazione al primo e secondo motivo, rigettato il terzo motivo e dichiarato inammissibile il quarto.
La sentenza è cassata con rinvio anche in relazione all’unico motivo del ricorso incidentale dell’amministrazione.
Il giudice del rinvio dovrà riesaminare gli atti e i documenti di causa e stabilire se , in relazione all’anno d’imposta 2010, la società abbia correttamente utilizzato nella misura prevista dalla legge, vigente ratione temporis , il credito d’imposta sort o negli anni d’imposta 2008 e 2009.
Attesa la sostanziale fondatezza delle doglianze della società in merito all ‘ error in iudicando in cui è incorsa la sentenza d’appello impugnata (anche) per revocazione, sussistono giusti motivi per compensare le spese del giudizio sul ricorso n. 31504/19.
Il giudice del rinvio regolerà, invece, le spese del presente grado con riferimento al giudizio sul ricorso n. 28166/2018.
P.Q.M.
Pronunziando sul relativo ricorso, cassa senza rinvio la sentenza impugnata con il ricorso n. 31504/19.
Compensa le spese del relativo giudizio.
Accoglie il primo e il secondo motivo del ricorso n. 28166/18, rigettato il terzo e dichiarato inammissibile il quarto.
Accoglie l’unico motivo del ricorso incidentale.
Cassa la sentenza n. 239/18 della C.T.R. del Veneto in relazione ai motivi accolti e rinvia la causa, anche per le spese, alla CGT-2 del Veneto, in diversa composizione.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 9 maggio 2025.