Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 12984 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 12984 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 15/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso n. 4279/2022 proposto da:
Avv. NOME COGNOME, rappresentato e difeso da se stesso, don domicilio eletto presso il suo studio in Roma, INDIRIZZO Indirizzo Pec: EMAIL
– ricorrente –
contro
Agenzia delle Entrate, nella persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, presso i cui uffici è elettivamente domiciliata, in Roma, INDIRIZZO
– controricorrente –
Agenzia delle Entrate- Riscossione, nella persona del Direttore pro tempore;
– intimata – avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della CAMPANIA n. 5623/19/21, depositata in data 5 luglio 2021, non notificata;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 12 febbraio 2025 dal Consigliere NOME COGNOME
RITENUTO CHE
La Commissione tributaria regionale ha rigettato l’appello proposto dall ‘Avv. NOME COGNOME avverso la sentenza di primo grado che aveva respinto il ricorso avente ad oggetto la cartella di pagamento n. NUMERO_CARTA notificata in data 18 marzo 2019, per euro 175.291,83, relativa all’omesso/carente versamento di imposte IRPEF, Addizionali Comunali e Regionali, anno 2014, emessa a seguito di controllo ai sensi dell’art. 36 bis del d.P.R. n. 600 del 1973 del Modello Unico 2015.
I giudici di secondo grado hanno affermato che l’appellante non aveva dato prova che le imposte iscritte a ruolo non coincidevano con quanto risultava dichiarato nel proprio modello Unico e che, pertanto, si trattava di imposte dichiarate e non versate; che l’obbligo di invitare la parte a fornire i chiarimenti necessari e a produrre i documenti mancanti sussisteva quando, a seguito della liquidazione dei tributi risultanti da dichiarazioni, venivano riscontrate incertezze su aspetti rilevanti della dichiarazione, mentre, nella specie le somme iscritte a ruolo, a seguito di controllo automatizzato ex art. 36bis, del d.P.R. n. 600 del 1973, erano state determinate nella misura esposta in dichiarazione, non risultando difformità tra i dati forniti dal
contribuente e quelli desunti dall’Ufficio ed avendo gli esiti della liquidazione messo in evidenza soltanto omessi versamenti, che lo stesso contribuente non aveva disconosciuto; inoltre, il contraddittorio endoprocedimentale di cui all’art. 6, comma 5, della legge n. 212 del 2000 non era imposto in tutti i casi in cui si doveva procedere ad iscrizione a ruolo, ma soltanto qualora sussistevano incertezze su aspetti rilevanti della dichiarazione, situazione che non era dato rinvenire nella specie; la cartella oggetto di causa era stata emanata a titolo di liquidazione delle imposte e degli interessi e sanzioni dovuti sulla base della stessa dichiarazione del contribuente ed il cui pagamento era stato omesso o ritardato e in siffatta ipotesi l’Ufficio era ne lla condizione di formulare le proprie richieste in forza del semplice richiamo alla dichiarazione stessa, nonché agli specifici titoli afferenti le singole somme senza necessità di indicare ulteriormente i fatti costitutivi dell’obbligazione fiscale; il contenuto della cartella riportava il dettaglio degli addebiti, l’indicazione del tributo, del periodo d’imposta e dei singoli importi iscritti a ruolo.
L’Avv. NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione con atto affidato a tre motivi e successive memorie.
L’Agenzia delle Entrate resiste con controricorso.
L’Agenzia delle Entrate -Riscossione non ha svolto difese.
CONSIDERATO CHE
Il primo mezzo deduce , in relazione all’a rt. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione degli artt. 36 bis e/o ter del d.P.R. n. 600 del 1973, nonché dell’art. 54 bis del d.P.R. n. 633 del 1972 e dell’art. 6 della legge n. 212 del 2020 e, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., l’apparente e/o omessa motivazione. La Commissione tributaria regionale aveva ritenuto come un dato acclarato che si vertesse in una ipotesi di
contro
llo automatizzato senza porsi il problema che era stato affrontato funditus nel ricorso di appello, dove era stato sottolineato che proprio l’avviso inviato e non conosciuto dal ricorrente perché non recapitato non poteva che essere un avviso relativo a controllo cosiddetto formale o avente ad oggetto incertezze su aspetti rilevanti della dichiarazione. La sentenza impugnata aveva violato le norme indicate nell’epigrafe del motivo, partendo da una posizione del tutto assiomatica, quella derivata da una lettura della cartella di pagamento neppure conforme a legge, perché, se era vero che la cartella nell’incipit parlava di controllo automatizzato, subito dopo puntualizzava che vi era stata una correzione da parte della Direzione Provinciale di Napoli con una comunicazione del 29 dicembre 2016 avente numero di protocollo ben diversificato da quello originario ed una data di presunta ricezione di circa un anno dopo (18 novembre 2017), con la conseguenza che la stessa interpretazione letterale della cartella, oltre che quella logico-sistematica, escludeva, di per sé, il controllo automatizzato.
1.1 Il motivo è infondato sia sotto il profilo della violazione di legge, che sotto quello del vizio di motivazione.
1.2 Con specifico riferimento al primo profilo di censura deve precisarsi che il c.d. «controllo automatizzato» in sede di liquidazione dell’imposta, di cui all’art. 36 bis , secondo comma, del d.P.R. n. 600 del 1973, attribuisce all’amministrazione finanziaria, il potere di provvedere, all’esito di un controllo formale effettuato mediante procedure automatizzate, « sulla base dei dati e degli elementi direttamente desumibili dalle dichiarazioni presentate e di quelli in possesso dell’anagrafe tributaria » (analogamente a quanto stabilito dall’omologa disposizione dell’art. 54 bis del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633) e non prevede lo svolgimento di alcuna attività di ricerca di informazioni da parte dell’Amministrazione finanziaria, escludendo pertanto la possibilità di
una diversa ricostruzione sostanziale dei dati esposti dal contribuente nella dichiarazione, una vera e propria valutazione o stima degli stessi e la risoluzione di questioni giuridiche, fatta salva l’applicazione di norme giuridiche che sia «diretta e immediata» (cfr. sia con riferimento all’art. 36 bis del d.P.R. n. 600 del 1973, che con riferimento all’art. 54 bis del d.P.R. n. 633 del 1972, Cass., 15 settembre 2021, n. 24813; Cass., 19 novembre 2019, n. 29978; Cass., 23 novembre 2018, n. 30391; Cass., 16 novembre 2018, n. 29582;, Cass., 20 febbraio 2017, n. 4360; Cass, 27 aprile 2018, n. 10204; Cass., Sez. U., 8 settembre 2016, n. 17758).
1.3 Viceversa, il controllo formale di cui all’art. 36 ter , secondo comma, lett. b), del d.P.R. n. 600 del 1973, consente all’Ufficio di « escludere in tutto o in parte le detrazioni d’imposta non spettanti in base ai documenti richiesti ai contribuenti » e non limita la conoscenza dell’Amministrazione ai dati e agli elementi direttamente desumibili dalle dichiarazioni o già in possesso dell’anagrafe tributaria, ma consente una, sia pur ridotta, attività istruttoria (Cass., 18 marzo 2015, n. 5373), disciplinata dal terzo comma e seguita, a pena di nullità, dalla comunicazione dell’esito motivato del controllo, che assolve ad una funzione di garanzia e realizza la necessaria interlocuzione tra l’Amministrazione finanziaria ed il contribuente prima dell’iscrizione al ruolo, in ciò differenziandosi dalla comunicazione della liquidazione della maggiore imposta ex art. 36 bis dello stesso decreto, che avviene all’esito di un controllo meramente cartolare ed ha il solo scopo di evitare al contribuente la reiterazione di errori e di consentirgli la regolarizzazione di aspetti formali, per cui l’eventuale omissione non incide sull’esercizio del diritto di difesa e non determina alcuna nullità (Cass., 4 luglio 2014, n. 15311, in motivazione, sulla distinzione tra le due fattispecie di controllo), salvo che non sussistano incertezze su aspetti rilevanti della dichiarazione controllata (Cass., 21 novembre 2017, n. 27716).
1.4 Questa Corte, poi, con riferimento alla liquidazione «cartolare» di cui all’art. 36 bis del d.P.R. n. 600 del 1973, ha precisato che la notifica della cartella di pagamento a seguito di controllo automatizzato è legittima anche se non è stata emessa la comunicazione preventiva prevista dal terzo comma dell’art. 36 bis d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, ogni qual volta la pretesa derivi dal mancato versamento di somme esposte in dichiarazione dallo stesso contribuente ovvero da una divergenza tra le somme dichiarate e quelle effettivamente versate. Infatti, la comunicazione preventiva all’iscrizione a ruolo è necessaria solo quando vengano rilevati degli errori nella dichiarazione, mentre in caso di riscontrata regolarità dichiarativa non vi è alcun obbligo di preventiva informazione se il contribuente ha poi omesso di versare gli importi dichiarati, o, con riferimento all ‘art. 6, comma 5, della legge n. 212 del 2000, se non «sussistano incertezze su aspetti rilevanti della dichiarazione » (cfr. Cass., 25 maggio 2012, n. 8342; Cass., 4 luglio 2014, n. 13311; Cass., 17 dicembre 2019, n. 33344).
1.5 Nel caso, peraltro, di comunicazione dell’esito della liquidazione (c.d. comunicazione di irregolarità) prevista dal terzo comma dell’art. 36 bis d.P.R. n. 600/73 « quando dai controlli automatici eseguiti emerge un risultato diverso rispetto a quello indicato nella dichiarazione ovvero dai controlli eseguiti dall’ufficio, ai sensi del comma 2-bis, emerge un’imposta o una maggiore imposta », il relativo obbligo imposto all’amministrazione non è sanzionato da alcuna nullità; si tratta infatti, come è stato osservato, di una forma blanda di partecipazione del contribuente nel procedimento, inidonea a generare un vincolo procedimentale in termini di obbligatoria attivazione del contraddittorio endoprocedimentale. Tanto si giustifica in considerazione del maggiore grado di attendibilità delle irregolarità riscontrabili, cui non può che corrispondere una conseguente irrilevanza della violazione di tale disciplina partecipativa ai fini della
validità del consequenziale provvedimento di iscrizione a ruolo. Nei procedimenti ordinari di liquidazione dei tributi dovuti in base alle dichiarazioni, in considerazione dell’elevato grado di attendibilità delle irregolarità riscontrabili, lo svolgimento di un effettivo contraddittorio fra ufficio e contribuente, ad avviso del legislatore, non rappresenta una fase indispensabile del procedimento, essendo sempre possibile per il contribuente far valere eventuali doglianze in punto di illegittimità della pretesa impositiva in sede di impugnazione del consequenziale provvedimento di iscrizione a ruolo ( cfr. Cass., 17 dicembre 2019, n. 33344).
1.6 Con riferimento, poi, al contraddittorio endoprocedimentale imposto dall’art. 6, comma 5, della legge n. 212 del 2000 (obbligo bensì sanzionato, a differenza del primo, con la nullità in caso di inadempimento) è utile ribadire che, secondo orientamento consolidato nella giurisprudenza di legittimità esso non è imposto « in tutti i casi in cui si debba procedere ad iscrizione a ruolo, ai sensi del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 36-bis, ma soltanto “qualora sussistano incertezze su aspetti rilevanti della dichiarazione”, situazione, quest’ultima, che non ricorre necessariamente nei casi soggetti alla disposizione appena indicata, la quale implica un controllo di tipo documentale sui dati contabili direttamente riportati in dichiarazione, senza margini di tipo interpretativo; del resto, se il legislatore avesse voluto imporre il contraddittorio preventivo in tutti i casi di iscrizione a ruolo derivante dalla liquidazione dei tributi risultanti dalla dichiarazione, non avrebbe posto la condizione di cui al citato inciso » (Cass., 21 novembre 2017, n. 27716; Cass., 10 giugno 2015, n. 12023; Cass., 8 luglio 2014, n. 15584).
1.7 Nella specie, la Commissione tributaria regionale ha affermato che l’appellante non aveva dato prova che le imposte iscritte a ruolo non coincidevano con quanto risultava dichiarato nel proprio modello Unico e che, pertanto, si trattava di imposte dichiarate e non
versate, così sostanzialmente ritenendo, peraltro con un accertamento in fatto non sindacabile in questa sede, che non sussisteva «alcuna incertezza su aspetti rilevanti della dichiarazione» (che, peraltro, il ricorrente non specifica nemmeno in questa sede), essendo stati iscritti a ruolo i soli tributi che lo stesso contribuente aveva riconosciuto dovuti e di cui aveva omesso il pagamento, con la conseguenza che, ai fini della validità della cartella, non era necessaria la preventiva comunicazione del c.d. avviso bonario; inoltre, i giudici di secondo grado hanno precisato, conformemente ai principi suesposti, che l’obbligo di invitare la parte a fornire i chiarimenti necessari e a produrre i documenti mancanti sussisteva quando, a seguito della liquidazione dei tributi risultanti da dichiarazioni, venivano riscontrate incertezze su aspetti rilevanti della dichiarazione, mentre, nella specie le somme iscritte a ruolo, a seguito di controllo automatizzato ex art. 36bis del d.P.R. n. 600 del 1973, erano state determinate nella misura esposta in dichiarazione, non risultando che erano state riscontrate difformità tra i dati forniti dal contribuente e quelli desunti dall’Ufficio ed avendo gli esiti della liquidazione messo in evidenza soltanto omessi versamenti, che lo stesso contribuente non aveva disconosciuto e che il contraddittorio endoprocedimentale imposto dall’art. 6, comma 5, della legge n. 212 del 2000 era imposto soltanto qualora sussistevano incertezze su aspetti rilevanti della dichiarazione, situazione che non era dato rinvenire nella specie. Non rileva, dunque, contrariamente a quanto ripetutamente ribadito dal ricorrente, la circostanza che l’Ufficio si sia comunque determinato ad inviare l’avviso bonario e che questo non sia stato ricevuto dal contribuente, rilevando unicamente le modalità d ell’accertamento operato in concreto dall’Ufficio.
1.8 Non sussiste, inoltre, nemmeno il difetto di motivazione eccepito, perché la motivazione è solo apparente, e la sentenza è nulla perché affetta da error in procedendo , quando, benché graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture (Cass., 5 luglio 2022, n. 21302; Cass., 1 marzo 2022, n. 6758), mentre, nel caso di specie, la sentenza impugnata è adeguatamente motivata, non essendosi limitata a richiamare la giurisprudenza di legittimità, ma ha anche spiegato le ragioni poste a fondamento della decisione; si tratta, dunque, di una motivazione esistente, correlata alla fattispecie concreta portata alla sua cognizione, e sufficiente ad evidenziare il percorso argomentativo della pronuncia giudiziale e funzionale alla sua comprensione e alla sua eventuale verifica in sede di impugnazione.
Il secondo mezzo deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione dell’art. 112 cod. proc. civ., per omessa pronuncia sul secondo motivo di appello relativo all’ error in iudicando relativamente al motivo del ricorso introduttivo di primo grado avente ad oggetto la nullità della cartella esattoriale per vizio della motivazione relativo alla dizione criptica di «omesso o carente versamento».
Il terzo mezzo deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione dell’art. 25, commi 2 e 2 bis del d.P.R. n. 602 del 1973, nonché dell’art. 7 della legge n. 212 del 2000, relativamente alla statuizione afferente la nullità della cartella per mancata indicazione del conteggio e modalità di calcolo degli interessi, nonché delle aliquote, del periodo di riferimento e dei tassi applicati. Sulla premessa che non si verteva nella fattispecie del
contro
llo automatizzato, nel caso in esame nella cartella gli interessi erano stati indicati con un importo complessivo, laddove la cifra globale degli interessi avrebbe potuto essere ascritta ad illegittimo e nascosto anatocismo.
3.1 Il secondo e terzo motivo, che vanno trattati unitariamente, perché connessi in quanto involgono entrambi il vizio di motivazione della cartella impugnata, sono infondati.
3.2 Ed invero, sebbene in via generale la cartella esattoriale, che non segua uno specifico atto impositivo già notificato al contribuente, ma costituisca il primo ed unico atto con il quale l’ente impositore esercita la pretesa tributaria, debba essere motivata alla stregua di un atto propriamente impositivo, tale obbligo di motivazione deve essere differenziato a seconda del contenuto prescritto per ciascun tipo di atto, sicché, nel caso in cui la cartella di pagamento sia stata emessa in seguito a liquidazione effettuata in base alle dichiarazioni rese dal contribuente ai sensi degli artt. 36 bis del d.P.R. n. 600 del 1973 e 54 bis del d.P.R. n. 633 del 1972, l’obbligo di motivazione può essere assolto mediante il mero richiamo a tali dichiarazioni perché, essendo il contribuente già a conoscenza delle medesime, non è necessario che siano indicati i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche della pretesa (cfr. Cass., 17 dicembre 2019, n. 33344; Cass., 20 settembre 2017, n. 21804).
3.3 Di recente, poi, le Sezioni Unite di questa Corte hanno affermato che la cartella di pagamento, allorché segua l’adozione di un atto fiscale che abbia già determinato il «quantum» del debito di imposta e gli interessi relativi al tributo, è congruamente motivata – con riguardo al calcolo degli interessi nel frattempo maturati – attraverso il semplice richiamo dell’atto precedente e la quantificazione dell’importo per gli ulteriori accessori, indicazione che soddisfa l’obbligo di motivazione prescritto dall’art. 7 della legge n. 212 del 2000 e dall’art. 3 della legge n. 241 del 1990 (cfr. Cass., Sez. U., 14 luglio 2022, n. 22281).
3.4 Il vizio di omessa pronuncia è, in ogni caso, infondato, in quanto la Commissione tributaria regionale ha espressamente affermato, a pag. 4 della sentenza impugnata, che « qualora la cartella di pagamento sia stata emessa in seguito a liquidazione effettuata in base alle dichiarazioni rese dal contribuente, ai sensi degli artt. 36-bis del D.P.R. n. 600 del 1973 e 54 bis del D.P.R. n. 633 del 1972, l’obbligo di motivazione può essere assolto mediante il mero richiamo a tali dichiarazioni perché, essendo il contribuente già a conoscenza delle medesime, non è necessario che siano indicati i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche della pretesa ». 3.5 In ultimo, va precisato che non ricorre il vizio di omesso esame di un punto decisivo della controversia se l’omissione riguarda una tesi difensiva ( così, nel caso in esame, l’omessa pronuncia sul vizio di motivazione relativo alla dizione criptica di «omesso o carente versamento ») che, anche se non espressamente esaminata, risulti incompatibile con la statuizione di accoglimento della pretesa dell’attore, deponendo per l’implicita pronunzia di rigetto della tesi, sicché il relativo mancato esame può farsi valere non già quale omessa pronunzia, e, dunque, violazione di una norma sul procedimento ( art. 112 cod. proc. civ.), bensì come violazione di legge e come difetto di motivazione, in modo da portare il controllo di legittimità sulla conformità a legge della decisione implicita e sulla decisività del punto (Cass., 14 marzo 2018, n. 6174; Cass., 6 novembre 2020, n. 24953 e, più di recente, Cass., 8 maggio 2023, n. 12131).
Per le ragioni di cui sopra, il ricorso deve essere rigettato e il ricorrente va condannato al pagamento delle spese processuali, sostenute dalla Agenzia controricorrente e liquidate come in dispositivo, nonché al pagamento dell’ulteriore importo, previsto per legge e pure indicato in dispositivo.
4.1 Nessuna statuizione sulle spese va assunta nei confronti dell’Agenzia delle Entrate -Riscossione, non avendo l’Amministrazione intimata svolto difese.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento, in favore della Agenzia controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 5.800,00 per compensi, oltre alle spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della legge n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1 bis , dello stesso articolo 13, ove dovuto.
Così deciso in Roma, in data 12 febbraio 2025.