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Controllo automatizzato: limiti e poteri del Fisco

La Corte di Cassazione ha stabilito che l’Amministrazione Finanziaria non può utilizzare la procedura di controllo automatizzato per modificare l’aliquota IRAP di una società basandosi su una diversa valutazione della sua attività economica. Tale modifica, non essendo un mero errore di calcolo ma una valutazione di merito, richiede l’emissione di un avviso di accertamento motivato. Nel caso specifico, il Fisco aveva rettificato l’aliquota applicata da una società finanziaria, ma la Corte ha confermato la decisione dei giudici di merito, annullando la cartella esattoriale perché emessa illegittimamente.

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Pubblicato il 7 settembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Controllo Automatizzato: la Cassazione Fissa i Paletti per il Fisco

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ribadisce un principio fondamentale a tutela del contribuente: il controllo automatizzato previsto dall’art. 36-bis del D.P.R. 600/1973 non può essere utilizzato per effettuare valutazioni di merito sull’attività economica del contribuente. Quando la correzione del Fisco non riguarda un semplice errore di calcolo ma implica un diverso inquadramento giuridico, è necessario un avviso di accertamento, a garanzia del diritto di difesa. Analizziamo insieme questa importante decisione.

I fatti di causa

Una società a socio unico, operante nel settore finanziario per conto di un ente regionale, si è vista recapitare una cartella esattoriale per un maggior pagamento di IRAP relativo all’anno 2013. L’Amministrazione Finanziaria, attraverso una procedura di controllo automatizzato, aveva modificato l’aliquota applicata dalla contribuente, portandola dal 4,72% al 5,72%, ritenendo che la società svolgesse prevalentemente attività finanziaria.

La società ha impugnato la cartella, sostenendo l’illegittimità dell’utilizzo di tale procedura semplificata. Dopo un primo grado di giudizio parzialmente favorevole, la Commissione Tributaria Regionale ha accolto in pieno le ragioni della contribuente, annullando integralmente la cartella. Secondo i giudici regionali, la modifica dell’aliquota non derivava da un mero errore materiale, ma da un diverso inquadramento giuridico dell’attività, una valutazione complessa che esulava dai poteri del controllo formale e che avrebbe richiesto l’emissione di un apposito avviso di accertamento motivato. L’Amministrazione Finanziaria ha quindi presentato ricorso in Cassazione.

Il perimetro del controllo automatizzato e la decisione della Cassazione

La questione centrale sottoposta alla Corte Suprema era se la rettifica di un’aliquota, basata su una diversa qualificazione dell’attività del contribuente, potesse rientrare nel perimetro del controllo automatizzato. La Cassazione ha respinto il ricorso del Fisco, confermando la decisione della Commissione Tributaria Regionale e consolidando un orientamento giurisprudenziale ormai consolidato.

Le motivazioni della Corte

I giudici di legittimità hanno chiarito che le procedure di liquidazione automatizzata, come quella prevista dall’art. 36-bis, sono state concepite per uno scopo preciso: correggere errori materiali e di calcolo commessi dal contribuente che siano immediatamente rilevabili dalla dichiarazione stessa e dai dati in possesso dell’anagrafe tributaria. Si tratta di un controllo formale, che non deve toccare la posizione sostanziale del contribuente né implicare profili valutativi, estimativi o attività di indagine.

La Corte ha specificato che una rettifica è legittima tramite questa procedura solo se deriva dall’applicazione diretta e immediata di norme giuridiche, senza alcuna valutazione discrezionale. Nel caso di specie, invece, la variazione dell’aliquota non era frutto di un errore di calcolo, ma della scelta dell’Ufficio di riclassificare l’attività della società. Questo tipo di operazione presuppone un ‘apprezzamento dell’attività svolta dalla contribuente’, che a sua volta può richiedere ‘elementi extratestuali e l’esperimento di accertamenti fattuali o valutazioni interpretative’.

Di conseguenza, un’operazione del genere è incompatibile con la natura snella e automatizzata del controllo ex art. 36-bis. Per contestare l’inquadramento giuridico dell’attività e applicare un’aliquota differente, l’Amministrazione Finanziaria deve necessariamente emettere un avviso di accertamento. Tale atto, a differenza della comunicazione di irregolarità, deve essere esplicitamente motivato, permettendo al contribuente di comprendere le ragioni della pretesa fiscale e di esercitare pienamente il proprio diritto alla difesa.

Le conclusioni e le implicazioni pratiche

Questa pronuncia rafforza le garanzie per il contribuente. Viene ribadito che il Fisco non può utilizzare procedure semplificate e rapide come scorciatoie per effettuare accertamenti sostanziali. Ogni qualvolta la pretesa tributaria si fonda su una valutazione interpretativa della posizione del contribuente, è indispensabile il rispetto del contraddittorio e delle forme previste per l’attività di accertamento. I contribuenti che ricevono una comunicazione di irregolarità o una cartella esattoriale basata su simili presupposti hanno quindi solidi argomenti per contestarne la legittimità, poiché l’atto corretto per veicolare tali pretese è l’avviso di accertamento.

Può il Fisco usare il controllo automatizzato per cambiare l’aliquota di un’imposta in base alla natura dell’attività del contribuente?
No. Secondo la Corte di Cassazione, il controllo automatizzato può essere utilizzato solo per correggere errori materiali o di calcolo. Una modifica dell’aliquota basata su una diversa qualificazione giuridica dell’attività del contribuente è una valutazione di merito che richiede un avviso di accertamento motivato.

Qual è la differenza tra un errore formale e una valutazione di merito ai fini fiscali?
Un errore formale o materiale è un errore immediatamente rilevabile dalla dichiarazione (es. un errore di somma). Una valutazione di merito, invece, implica un’analisi e un’interpretazione della situazione di fatto e di diritto del contribuente, come stabilire la corretta natura della sua attività economica per applicare l’aliquota giusta.

Cosa deve fare l’Amministrazione Finanziaria se intende contestare l’inquadramento giuridico dell’attività di un contribuente?
Deve emettere un atto di accertamento esplicitamente motivato. Questo atto deve spiegare i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che hanno portato alla rettifica, per permettere al contribuente di comprendere la pretesa e difendersi adeguatamente.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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