Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 21872 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 21872 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: LA COGNOME NOME
Data pubblicazione: 02/08/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 16041/2022 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE , elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE) rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE);
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE , domiciliata in INDIRIZZO, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO . (P_IVA) che la rappresenta e difende;
-controricorrente-
nonché contro
RAGIONE_SOCIALE – RISCOSSIONE;
-intimata- avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. CATANZARO n. 4178/2021 depositata il 22/12/2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 23/04/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
Ritenuto che
RAGIONE_SOCIALE notificava alla RAGIONE_SOCIALE la cartella di pagamento n. NUMERO_CARTA con la quale, a seguito di controllo del modello unico 2015 ai sensi dell’art. 36 bis del DPR n. 600 del 1973, recuperava un credito di imposta ritenuto indebitamente compensato.
La società impugnava l’atto, ritenendo insussistenti i presupposti dell’art. 36 bis del dpr 600/1973, davanti alla Commissione Tributaria Provinciale (CTP) di RAGIONE_SOCIALE che accoglieva il ricorso.
Il gravame erariale veniva accolto dalla Commissione Tributaria Regionale (CTR) della Calabria, con la sentenza in epigrafe, che motivava come segue: « al di là del se l’amministrazione finanziaria abbia operato o meno un mero controllo cartolare, a seguito della liquidazione automatizzata del modello Unico 2016, per l’anno di imposta 2015, è emersa l’incongruenza tra il dato dichiarato dalla parte (credito residuo da precedente dichiarazione e utilizzato in compensazione = €. 147.570,00) ed il dato riscontrato in anagrafe tributaria (credito disponibile = €. 123.442,00) l’agenzia ha inviato la comunicazione di irregolarità, regolarmente recapitata a mezzo pec in data 18-062018, chiedendo gli opportuni chiarimenti. E’ stata dunque iscritta a ruolo la somma dovuta, ovvero la differenza tra il credito dichiarato e compensato ed il credito disponibile per come risulta dichiarato nella precedente dichiarazione (€. 147.570,00 €. 123.442,00 = 24.128,00) oltre alle sanzioni nella misura del 30% e degli interessi».
Avverso questa sentenza la società ha proposto ricorso per cassazione fondato su tre motivi, illustrati con memoria.
Ha resistito con controricorso l’RAGIONE_SOCIALE, resta intimata l’RAGIONE_SOCIALE.
Considerato che
Con il primo motivo si deduce, in relazione all’art. 360 comma 1 n. 5 c.p.c., « omessa valutazione dei fatti di causa con particolare
riferimento alla spettanza del credito di imposta per investimenti in aree svantaggiate e della produzione documentale ».
1.1. Il motivo è inammissibile.
1.2. La censura ex n. 5 dell’art. 360 c.p.c. deve riguardare un fatto storico, principale o secondario, ossia un preciso accadimento o una precisa circostanza in senso storico- naturalistico, la cui esistenza risulti dalla sentenza o dagli atti processuali, che ha costituito oggetto di discussione tra le parti e ha carattere decisivo (Cass. n. 22397 del 2019; Cass. n. 26305 del 2018; Cass. n. 14802 del 2017), senza che possano considerarsi tali né le singole questioni decise dal giudice di merito, né i singoli elementi di un accadimento complesso, comunque apprezzato, né le mere ipotesi alternative, né le singole risultanze istruttorie, ove comunque risulti un complessivo e convincente apprezzamento del fatto svolto dal giudice di merito sulla base RAGIONE_SOCIALE prove acquisite nel corso del relativo giudizio ( ex multis , v. Cass. n. 10525 del 2022; Cass. n. 17761 del 2016; Cass. n. 5795 del 2017). In questo caso manca l’individuazione di un preciso accadimento materiale ma si chiede, in sostanza, la rivalutazione del materiale probatorio al fine di accertare la spettanza del credito d’imposta non riconosciuto.
Con il secondo motivo si deduce, in relazione all’art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c., violazione e falsa applicazione dell’art. 36 bis del d.P.R. n. 600/1973, osservandosi che con la cartella di pagamento oggetto del presente ricorso si era iscritto a ruolo un recupero di credito d’imposta spettante alla ricorrente per gli investimenti effettuati ai sensi della legge n.296 del 2006, ritenuto indebitamente compensato, in violazione della procedura di cui all’art. 36 bis, che è « utilizzabile soltanto nei casi tassativi previsti dalla legge e non può essere suscettibile di ampliamento o di autonome iniziative da parte dell’RAGIONE_SOCIALE per l’attività di interpretazione ed applicazione di norme e principi giuridici alla qualificazione di fatti o di rapporti, alla risoluzione di questioni
d’impossibilità o di deducibilità o relative all’applicabilità di norme di esecuzione o di agevolazione» .
2.1. Il motivo è inammissibile perché non coglie la ratio decidendi in quanto, come si desume dalla superiore espositiva della sentenza impugnata, la CTR ha accertato che alla base della cartella impugnata vi era stato un controllo meramente cartolare e documentale, perché il credito riportante in dichiarazione non corrispondeva a quello risultante all’anagrafe tributaria. Tale decisum è in linea con la giurisprudenza di questa Corte, secondo cui nel caso in cui il contribuente indichi nella dichiarazione dei redditi un’eccedenza d’imposta risultante dalle precedenti dichiarazioni, ed utilizzata in compensazione, di importo superiore a quanto risulti all’anagrafe tributaria, l’Ufficio può rettificare l’imposta a credito indicata dal dichiarante, recuperando a tassazione la differenza effettivamente spettante mediante il ricorso al procedimento di cui all’art. 36 bis del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, poiché tale attività di rettifica implica semplicemente un ricalcolo dell’imposta risultante dalla liquidazione della dichiarazione ed un mero controllo cartolare di dati, con esclusione di qualunque valutazione giuridica, ed è pertanto inquadrabile nella fattispecie di cui al secondo comma, lett. a), del citato art. 36 bis che prevede la correzione degli « errori materiali e di calcolo commessi dai contribuenti nella determinazione degli imponibili, RAGIONE_SOCIALE imposte, dei contributi e dei premi » (Cass. n. 8140 del 2012). 3. Con il terzo motivo si deduce, « nullità della sentenza, in relazione ai nn. 3 e 5 del primo comma dell’art. 360 c.p.c. per violazione e falsa applicazione dell’art. 36 -bis DPR 600/73, in relazione all’art. 25 del DPR 602/1973 »; si denuncia la violazione del n. 3 dell’art. 360 comma 1 c.p.c. per violazione di quanto disposto dall’art. 36 -bis del d.P.R. n. 600/73 in relazione all’art. 25 del d.P.R. n. 602/1973, osservandosi che l’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE con la cartella di pagamento oggetto del presente ricorso
aveva proceduto al controllo del modello UNICO 2016 per anno di imposta 2015 riportando dei dati riferiti al quadro RU 46 « credito residuo precedente dichiarazione (2010) con importo dichiarato di €. 147.570,00 ed importo calcolato €. 123.442,00 » , come risultante dallo stralcio della dichiarazione modello unico 2016, e la CTR aveva recepito questa impostazione senza considerare che gli elementi che avevano determinato la decisione si riferivano all’anno 2010, periodo di imposta su cui era intervenuta la decadenza di cui all’art. 25 del d .P.R. n. 602/1973.
3.1. Il motivo è inammissibile.
3.2. In disparte la commistione tra il paradigma censorio del n. 5 e quello del n. 3 dell’art. 360 c.p.c., si tratta , come eccepito dall’RAGIONE_SOCIALE, di questione nuova perché non proposta nei precedenti gradi di giudizio, come sostanzialmente ammesso dalla contribuente in memoria («… una questione che, benché non esaminata e decisa dalla Commissione Tributaria Regionale Calabria, difatti non può non essere considerata dall’adita Corte in virtù del principio che le eccezioni in materia di prescrizione e decadenza sono rilevabili in qualsiasi stato e/o grado del giudizio »); l’esame, quindi, r esta precluso, poiché nel processo tributario la decadenza dell’Amministrazione finanziaria dall’esercizio del potere impositivo, in quanto stabilita a favore e nell’interesse esclusivo del contribuente, configura un’eccezione in senso stretto che deve essere necessariamente sollevata dallo stesso e non integra, pertanto, una circostanza rilevabile d’ufficio dal giudice (Cass. n. 24074 del 2018).
Le spese, liquidate come in dispositivo, vanno regolate secondo soccombenza.
P.Q.M.
rigetta il ricorso;
condanna la ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, RAGIONE_SOCIALE spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 4.300,00 per compensi, oltre alle spese prenotate a debito; ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma, il 23/04/2024.