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Controllo automatizzato: credito da omessa dichiarazione

La Corte di Cassazione chiarisce che l’Agenzia delle Entrate può legittimamente utilizzare la procedura di controllo automatizzato per disconoscere un credito d’imposta riportato in una dichiarazione, se questo deriva da una dichiarazione precedente omessa. L’ordinanza stabilisce che non è necessario un avviso di accertamento, ma il contribuente conserva il diritto di dimostrare l’effettiva esistenza del credito con idonea documentazione.

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Pubblicato il 23 agosto 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Controllo Automatizzato: Legittimo Disconoscere un Credito da Omessa Dichiarazione

Un’importante ordinanza della Corte di Cassazione interviene a fare chiarezza sui poteri dell’Agenzia delle Entrate in materia di controllo automatizzato. La questione centrale riguarda la possibilità per il Fisco di utilizzare questa procedura semplificata per disconoscere un credito d’imposta che un contribuente ha riportato nella sua dichiarazione, qualora tale credito provenga da un anno precedente per cui la dichiarazione era stata omessa. La Corte ha stabilito che tale procedura è legittima, ribaltando le decisioni dei giudici di merito e delineando i confini tra controllo formale e accertamento sostanziale.

I fatti di causa

Il caso ha origine dal ricorso di un contribuente contro una cartella esattoriale. L’Agenzia delle Entrate, a seguito di un controllo automatizzato ai sensi dell’art. 36-bis del d.P.R. 600/1973, aveva disconosciuto un credito IVA di oltre 35.000 euro. Il motivo del disconoscimento risiedeva nel fatto che il credito derivava da un’annualità d’imposta precedente (2008) per la quale il contribuente non aveva presentato la relativa dichiarazione IVA. Le commissioni tributarie, sia in primo che in secondo grado, avevano dato ragione al contribuente, sostenendo che per negare un credito in una simile circostanza, il Fisco avrebbe dovuto notificare un avviso di accertamento e non poteva limitarsi a una cartella di pagamento frutto di un controllo automatizzato.

La questione del controllo automatizzato e i poteri del Fisco

La controversia si è quindi incentrata sulla corretta interpretazione dei poteri conferiti all’amministrazione finanziaria dalla procedura di controllo automatizzato. I giudici di merito ritenevano che tale strumento fosse limitato alla correzione di meri errori materiali e di calcolo, senza poter entrare nel merito della sussistenza di un credito, specialmente se derivante da una dichiarazione omessa. L’Agenzia delle Entrate, invece, ha sostenuto in Cassazione che il controllo era idoneo a evidenziare l’incongruenza, poiché la verifica si estende anche ai dati presenti nell’anagrafe tributaria, dalla quale risultava l’omissione dichiarativa dell’anno precedente.

Le motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha accolto il ricorso dell’Agenzia delle Entrate, fornendo motivazioni chiare e in linea con il proprio orientamento consolidato. I giudici hanno affermato che l’art. 36-bis del d.P.R. n. 600 del 1973 consente all’Ufficio di verificare la correttezza delle dichiarazioni anche facendo riferimento a quelle degli anni precedenti. Questo tipo di verifica non costituisce un accertamento sostanziale, che richiederebbe valutazioni complesse o l’esame di documenti esterni alla dichiarazione.

Il punto cruciale della decisione risiede in un principio fondamentale del diritto tributario: il diritto al credito d’imposta non nasce dalla dichiarazione, ma direttamente dalla legge, al verificarsi dei presupposti sostanziali. La dichiarazione ha solo una funzione ricognitiva. Di conseguenza, anche se la dichiarazione dell’anno di maturazione del credito è stata omessa, il contribuente non perde automaticamente il diritto a tale credito.

Tuttavia, proprio perché il Fisco, attraverso il controllo automatizzato, può rilevare la discrepanza (credito riportato a fronte di una dichiarazione omessa), è legittimato a disconoscerlo in via provvisoria. A questo punto, l’onere della prova si sposta sul contribuente. Quest’ultimo, infatti, ha il pieno diritto di dimostrare, anche in sede contenziosa, l’effettiva esistenza del credito mediante la produzione di idonea documentazione contabile e fiscale. In questo modo, il contribuente viene posto nella stessa condizione in cui si sarebbe trovato se avesse presentato correttamente la dichiarazione, al netto di eventuali sanzioni.

Le conclusioni

L’ordinanza della Cassazione stabilisce un principio di equilibrio ed efficienza. Da un lato, si riconosce all’amministrazione finanziaria la facoltà di usare strumenti rapidi come il controllo automatizzato per correggere incongruenze evidenti, come quella di un credito riportato da un’omessa dichiarazione. Questo snellisce l’azione amministrativa. Dall’altro lato, viene pienamente tutelato il diritto sostanziale del contribuente, il quale non viene privato del suo credito ma è semplicemente chiamato a dimostrarne l’esistenza. La sentenza impugnata è stata quindi cassata perché ha erroneamente ritenuto sempre e comunque necessario un avviso di accertamento, ignorando la specifica natura del controllo effettuato e la possibilità per il contribuente di far valere le proprie ragioni.

L’Agenzia delle Entrate può usare un controllo automatizzato per negare un credito derivante da una dichiarazione omessa?
Sì. La Corte di Cassazione ha stabilito che il Fisco può legittimamente utilizzare la procedura di controllo automatizzato per disconoscere un credito d’imposta se la dichiarazione dell’anno in cui è maturato è stata omessa, in quanto tale incongruenza è rilevabile sulla base dei dati a sua disposizione.

È sempre necessario un avviso di accertamento per contestare l’esistenza di un credito d’imposta?
No. Secondo la Corte, nel caso specifico di un credito riportato da un’annualità con dichiarazione omessa, non è necessario un avviso di accertamento. È sufficiente la cartella di pagamento emessa a seguito del controllo automatizzato, poiché non si tratta di una valutazione di merito ma della rilevazione di un’incoerenza formale.

Un contribuente perde il diritto a un credito d’imposta se non presenta la dichiarazione?
No, il diritto al credito non si perde. Il diritto nasce dalla legge e non dalla dichiarazione. Tuttavia, se il Fisco contesta il credito a causa dell’omessa dichiarazione, spetta al contribuente l’onere di dimostrare, con documentazione adeguata, l’effettiva esistenza e spettanza di tale credito.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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