Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 21564 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 21564 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 27/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso n. 2508/2024 proposto da:
Agenzia delle Entrate, nella persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, presso i cui uffici è elettivamente domiciliata, in Roma, INDIRIZZO
PEC: EMAIL
– ricorrente –
contro
NOME, NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, nella qualità di eredi di COGNOME NOME, tutti rappresentati e difesi dall’avv. NOME COGNOME giuste procure speciali allegate (PEC: EMAIL
-controricorrenti-
avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della CALABRIA n. 2492/2022, depositata in data 4 agosto 2022, non notificata;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del l’11 giugno 2025 dal Consigliere NOME COGNOME
RITENUTO CHE
La Commissione tributaria regionale della Calabria ha rigettato l’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate avverso la sentenza di primo grado che aveva accolto il ricorso proposto da NOME COGNOME avente ad oggetto la cartella esattoriale emessa a seguito di controllo formale della dichiarazione Modello Irap/2009 e Mod. Unico 2009, ai sensi dell’art. 36 bis del d.P.R. n. 600 del 1973 e dell’art. 54 bis del d.P.R. n. 633 del 1972, con il quale era stato disconosciuto il credito di euro 35.354,00, per omessa dichiarazione Iva per l’anno d’imposta 2008.
I giudici di secondo grado, in particolare, hanno ritenuto che, secondo l’orientamento consolidato della Corte di Cassazione , il Fisco, se voleva disconoscere il riporto a n uovo credito d’imposta derivante da un’omessa dichiarazione precedente, doveva notificare un avviso di accertamento e non poteva emettere una cartella prodotta a seguito di controllo automatizzato, perché in tale tipo di controllo la liquidazione delle imposte e dei rimborsi dovuti in base alle dichiarazioni era limitata alla sola correzione degli errori materiali e di calcolo commessi dai contribuenti.
L’ Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione con atto affidato ad un unico motivo, cui resistono con controricorso NOME, NOME, NOME NOME, NOME NOME, NOME, NOME nella qualità di eredi di NOME.
CONSIDERATO CHE
1. Il primo ed unico motivo del ricorso principale deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 36 bis del d.P.R. n. 600 del 1973 e 54 bis del d.P.R. n. 602 del 1973 e con l’art. 2697 c.c., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., per avere la Corte di secondo grado ritenuto che la ripresa fiscale del tipo in esame richiedeva sempre e comunque la previa notifica di un avviso di accertamento. Nel caso di specie, il controllo automatizzato della dichiarazione era idoneo ad evidenziare l’incongruenza dei dati dichiarati ed era idoneo a consentire al contribuente di produrre la documentazione necessaria per dimostrare l’esistenza del credito. I giudici di secondo gra do avevano annullato l’atto impugnato non per valutazioni relative al fatto e alla prova del caso concreto, ma per una valutazione di diritto (non corretta) secondo cui il Fisco doveva notificare un avviso di accertamento e non poteva emettere una cartella prodotta a seguito di controllo automatizzato se voleva disconoscere il riporto a nuovo credito d’imposta derivante da una omessa dichiarazione precedente.
1.1
Il motivo è fondato.
1.2 Come già precisato da questa Corte l’art. 36 bis del d.P.R. n. 600 del 1973 (e così anche l’art. 54 bis del d.P.R. n. 633 del 1972) prevede che il controllo automatizzato sulle dichiarazioni presentate dal contribuente può riguardare anche la riduzione dei crediti di imposta esposti in misura superiore a quella prevista dalla legge ovvero non spettanti sulla base dei dati risultanti dalle dichiarazioni; ai fini della regolarità della procedura, il controllo viene compiuto « sulla base dei dati e degli elementi direttamente desumibili dalle dichiarazioni presentate e di quelli in possesso dell’anagrafe tributaria »; in termini generali, dunque, ai fini della legittimità dell’iscrizione a ruolo in conseguenza della previsione di cui all’art. 36 bis del d.P.R. n. 600 del 1973, di un credito di imposta indicato dal contribuente nella
dichiarazione dei redditi, l’Ufficio è legittimato a verificare la correttezza della suddetta indicazione anche facendo riferimento alle dichiarazioni presentate dal contribuente negli anni precedenti, senza che tale verifica comporti un accertamento sostanziale che presuppone valutazioni giuridiche o esame di atti non consentiti dalla procedura (Cass. civ., 16 novembre 2018, n. 29582).
Tuttavia, fermo restando il potere dell’amministrazione finanziaria di controllare la correttezza delle dichiarazioni dei redditi presentate e di correggere eventuali errori materiali o di calcolo, si pone la questione di stabilire quando, a seguito del suddetto controllo, possa essere emessa una cartella di pagamento ai fini del recupero dell’imposta non dovuta e, a tal proposito, va precisato che l’emissione della cartella di pagamento è legittima solo laddove, a seguito della verifica compiuta in sede di controllo automatizzato, l’amministrazione finanziaria accerti che, a causa di errori materiali o di calcolo, il contribuente ha illegittimamente utilizzato un credito di imposta sicché tale illegittimo utilizzo si traduce in un debito del contribuente nei confronti dell’amministrazione finanziaria che legittima la pretesa al recupero dell’importo mediante la notifica della cartella di pagamento; diversamente, nel caso di mancato utilizzo del credito di imposta, ove si sia accertato che lo stesso non era stato correttamente esposto, l’amministrazione finanziaria può solo procedere alla rettifica dell’errore materiale o di calcolo, ma non può emettere una cartella di pagamento ai fini del recupero di un credito di imposta che, in quanto non utilizzato, non si è tradotto in un debito del contribuente nei confronti dell’amministrazione finanziaria;
Questa Corte ha, infatti, affermato che « Il potere attribuito agli Uffici finanziari, in sede di liquidazione delle imposte e dei rimborsi dovuti in base alle dichiarazioni, è limitato alla correzione degli “errori materiali e di calcolo commessi dai contribuenti o dai sostituti d’imposta» (Cass., 22 febbraio 2013, n. 4539, in motivazione).
1.3 Nel caso di specie, è evidente che non si tratta di omesso versamento finalizzato al recupero di un’imposta non versata, ma del disconoscimento di un credito esposto nella dichiarazione dei redditi; appare pertanto illegittima l’automatica trasformazione di una voce di credito in una voce di debito, dovendo, in tal caso l’Ufficio disconoscere il diritto a fruire del credito residuo, con il conseguente corollario che « Ove l’Amministrazione finanziaria recuperi, ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 36 bis e del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54 bis, un credito esposto nella dichiarazione oggetto di liquidazione, maturato in una annualità per la quale la dichiarazione risulti omessa, il contribuente può dimostrare, mediante la produzione di idonea documentazione, l’effettiva esistenza del credito non dichiarato, ed in tale modo viene posto nella medesima condizione in cui si sarebbe trovato (salvo sanzioni ed interessi) qualora avesse presentato correttamente la dichiarazione, ciò sia in quanto il suo diritto nasce dalla legge, non dalla dichiarazione, e si concretizza in presenza dei presupposti» (Cass., Sez. U. , 8 settembre 2016, n. 17757; Cass., 23 febbraio 2018, n. 4392; Cass., 3 aprile 2018, n. 4392; Cass., 13 giugno 2018, n. 1545; Cass., 8 settembre 2016, n. 17758; Cass., 23 febbraio 2018, n. 43921) . In particolare, è stato precisato che, « nell’ipotesi in cui l’Amministrazione finanziaria recuperi, ai sensi degli artt. 36 bis del d.P.R. n. 600 del 1973 e 54 bis del d.P.R. n. 633 del 1972, un credito esposto nella dichiarazione oggetto di liquidazione, maturato in una annualità per la quale la dichiarazione risulti omessa, il contribuente può dimostrare, mediante la produzione di idonea documentazione, l’effettiva esistenza del credito non dichiarato, ed in tale modo viene posto nella medesima condizione in cui si sarebbe trovato (salvo sanzioni ed interessi) qualora avesse presentato correttamente la dichiarazione, atteso che, da un lato, il suo diritto nasce dalla legge e non dalla dichiarazione e, da un altro, in sede contenziosa, ci si può
sempre opporre alla maggiore pretesa tributaria del Fisco, allegando errori, di fatto o di diritto, commessi nella redazione della dichiarazione, incidenti sull’obbligazione tributaria » (Cass., 5 dicembre 2018, n. 31433).
1.4 La sentenza impugnata, nella parte in cui ha affermato che l ‘Ufficio, se voleva disconoscere il riporto a nuovo credito d’imposta derivante da un’omessa dichiarazione precedente, doveva notificare un avviso di accertamento e non poteva emettere una cartella prodotta a seguito di controllo automatizzato, non è conforme ai principi suesposti.
1.5 Da quanto rilevato deriva, in ultimo, il rigetto dell’ eccezione di inammissibilità del ricorso ex art. 360 bis n. 1 cod. proc. civ, sollevata dai controricorrenti , posto che l’onere di indicare nel ricorso la contrarietà dell’impugnata sentenza alla conforme giurisprudenza di legittimità, previa esatta individuazione delle decisioni e degli argomenti sui quali l’orientamento contestato si fonderebbe sussiste solo nell’ipotesi di una giurisprudenza di legittimità consolidata nella materia oggetto di controversia, contraria alla tesi della parte ricorrente (Cass., 2 agosto 2017, n. 19190), che è circostanza nella specie insussistente.
Per quanto esposto, il ricorso va accolto, la sentenza impugnata va cassata e la causa va rinviata alla Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado della Calabria, in diversa composizione, anche per la determinazione delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado della Calabria, in diversa composizione, anche per la determinazione delle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, in data 11 giugno 2025.