Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 21730 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 21730 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: LIBERATI NOME
Data pubblicazione: 28/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 14758/2022 R.G. proposto da : COGNOME avv. NOMECOGNOME rappresentata e difesa in proprio, (CODICE_FISCALE;
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE CANCELLERIA RAGIONE_SOCIALE VENEZIA
-intimate- avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del Veneto, n. 1427/2021 depositata il 25/11/2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 09/07/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
La ricorrente ha presentato ricorso alla Commissione Tributaria Provinciale di Venezia il 7 dicembre 2018, chiedendo l’annullamento dell’invito al pagamento notificato le via PEC l’8 ottobre 2018, per un importo di € 98,00, richiesto da Equitalia Giustizia S.p.A. per conto del Ministero della Giustizia (Corte d’Appello di Venezia). L’importo era riferito al mancato versamento del contributo unificato per una istanza
di sospensiva presentata nell’ambito del procedimento civile di secondo grado recante n. R.G. 1514/2015, dove l’Avv. COGNOME era parte appellante, avendo il difensore pagato il contributo unificato previsto (€ 355,50) al momento dell’iscrizione a ruolo dell’atto di appello, oltre alla marca da bollo da € 27,00, senza che la Cancelleria avesse richiesto ulteriori importi; solo successivamente, il 6 ottobre 2017, questa ha richiesto, con una PEC, il pagamento aggiuntivo di € 98,00 per la sospensiva, con diffida al versamento entro 15 giorni, pena il recupero coattivo.
La Commissione di primo grado ha accolto il ricorso con sentenza n. 113/2020 in relazione alla doglianza inerente alla mancata motivazione dell’invito al pagamento.
Avverso la sentenza di prime cure hanno proposto ricorso in appello sia la Cancelleria della Corte d’Appello di Venezia, sia RAGIONE_SOCIALE, quest’ultima formulando istanza di sospensione dell’esecutività della sentenza impugnata.
La Commissione tributaria regionale per il Veneto ha rigettato l’istanza di sospensiva, ma ha accolto, con la sentenza impugnata, gli appelli di Equitalia RAGIONE_SOCIALE e della Cancelleria della Corte d’Appello di Venezia, riformando integralmente la sentenza di primo grado. In particolare, la Commissione Tributaria Regionale ha riformato la sentenza di primo grado rilevando che la Commissione Provinciale aveva considerato l’invito al pagamento come il primo atto di riscossione, quando invece era stato preceduto da una richiesta amministrativa inviata dalla Corte d’Appello il 6 ottobre 2017; che l’invito al pagamento era pienamente conforme alla normativa vigente, in particolare al D.Mef. n. 321/99, al decreto della Direzione Generale del 28 giugno 1999, all’art. 16 del d.P.R. 115/2002 e alla circolare del Ministero della Giustizia n. 18/2008, e che il pagamento del contributo unificato è previsto dalla tabella 1 dell’art. 9 della legge 488/1999, escludendo altresì la mancanza di motivazione nell’atto i mpugnato.
Infine, il giudice di appello ha ritenuto infondato l’appello incidentale della contribuente circa la presunta richiesta di un doppio contributo e le irregolarità procedurali, precisando che il contributo era dovuto per la richiesta di una pronuncia anticipata sulla revoca della sentenza, trattandosi di un procedimento autonomo.
Avverso la suddetta sentenza di gravame la contribuente ha proposto ricorso per cassazione affidato a n. 4 motivi.
Le parti intimate non hanno depositato controricorso.
In data 27 giugno 2025 la parte ricorrente ha depositato memoria illustrativa.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Va trattato in primo luogo il motivo n. 4, avendo priorità dal punto di vista logico.
Con il quarto motivo di ricorso, si deduce invero la mancata motivazione dell’invito al pagamento, con violazione e falsa applicazione dell’art. 3 della legge 241/1990 e dell’art. 7 comma 1 dello Statuto dei diritti del contribuente, la violazione dell’art. 36 comma II n. 4 del D. Lgs. 546/1992, dell’art. 132 c.p.c. e dell’art. 111 comma VI della Costituzione in tema di motivazione della sentenza, con conseguente nullità della stessa, ex art. 360 comma I n. 4 c.p.c.
2.1. La ricorrente lamenta l’assenza di motivazione nell’invito al pagamento dell’importo aggiuntivo di € 98,00 per l’istanza di sospensione dell’esecuzione e tale mancanza, come ritenuto dalla Corte di primo grado, configurerebbe una violazione dell’obbli go di motivazione previsto dall’art. 3 della Legge 241/1990 e dall’art. 7 dello Statuto dei diritti del contribuente, che impongono all’amministrazione di indicare i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche dell’atto. La sentenza d’appello non avrebbe affrontato affatto questa censura, fornendo una motivazione solo apparente.
2.2. Deve rilevarsi che il motivo sconta innanzitutto un vizio di origine, stante la commistione della contestazione del vizio dell’atto con
quello della sentenza, che non ne consente una piena ed intellegibile distinzione.
2.3. Inoltre, la ricorrente non esplicita, ai sensi del principio di autosufficienza, quale sarebbe la parte della motivazione del provvedimento che non ne consentirebbe la comprensione. La individuabilità della pretesa va difatti valutata anche in relazione alla procedura in questione, che è specifica e ben comprensibile con il riferimento al numero di ruolo del procedimento tassato ed al l’importo della pretesa.
2.4. Il quarto motivo va rigettato.
Con il primo motivo di ricorso si deduce, in riferimento alla condanna della contribuente alle spese del doppio grado di giudizio in favore della C ancelleria civile della Corte d’Appello di Venezia nella sentenza di secondo grado, nonostante la contumacia, la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 91 comma I c.p.c. e 15 commi 1 e 2 sexies del d. lgs. 546/1992, in relazione all’art. 360 comma I n. 3 c.p.c., anche per la mancata diminuzione del 20% rispetto ai parametri forensi.
3.1. La ricorrente censura la sentenza d’appello per aver liquidato € 500,00 ad entrambe le controparti (RAGIONE_SOCIALE e la Cancelleria della Corte d’Appello di Venezia), equiparando la difesa svolta dall’avvocato di Equitalia a quella della Cancelleria.
3.2. Il motivo è fondato.
3.3. La Cancelleria della Corte di Appello di Venezia, come del resto anche dalla stessa riferito in atto di appello, non risultava costituita nel giudizio di primo grado, sicché non ha sostenuto spese legali.
La CTR ha conseguentemente errato nel condannare l’appellante incidentale anche alla refusione delle spese (comprensive del primo grado) in favore di una parte contumace.
3.4. La censura va dunque accolta, e non essendo necessari accertamenti fattuali, sussistono i presupposti per la decisione nel merito ex art.384 c.p.c..
3.5. Alla luce delle argomentazioni che precedono, va esclusa la spettanza delle spese di primo grado in favore della Cancelleria, che vanno dunque sottratte, rispetto al coacervo di I e II grado operato dalla CTR, per euro 250,00.
Con il secondo motivo di ricorso, parte ricorrente contesta, in riferimento alla condanna della contribuente alle spese del doppio grado di giudizio, la violazione e/o falsa applicazione dell’artt. 92 comma II c.p.c. in tema di compensazione delle spese di lite, la violazione e falsa applicazione dell’art. 15 comma 2 quater del d. lgs.vo n. 546/1992, la violazione dell’art. 36 comma II n. 4 del D. Lgs.vo 546/1992, dell’art. 132 c.p.c. e dell’art. 111 comma VI della Costituzione in tema di motivazione della sentenza, con conseguente nullità della stessa.
4.1. L’istanza di sospensiva di Equitalia è stata rigettata, configurando ad avviso della ricorrente una soccombenza parziale che avrebbe dovuto portare a una compensazione delle spese relative a Equitalia per il secondo grado di giudizio.
4.2. La censura non può essere accolta.
4.3. Spetta al giudice del gravame il compito di valutare, con piena discrezionalità, se nel caso concreto ricorra o meno una situazione di soccombenza reciproca tra le parti, ai fini della regolamentazione delle spese processuali. Tale valutazione, trattandosi di un apprezzamento di merito, non può essere sindacata in sede di legittimità.
Tanto più, tale sindacato risulta precluso quando la valutazione oggetto di contestazione riguarda una fase cautelare interna al medesimo procedimento, non autonoma rispetto al giudizio principale. In tal caso, la decisione sulle spese, anche riferita a una fase
intermedia, deve essere letta in funzione dell’esito complessivo del processo. Nel caso specifico, l’intero giudizio si è concluso in senso sfavorevole per la parte ricorrente, circostanza che rafforza la legittimità della decisione del giudice d’appello in ordine all’assenza di soccombenza reciproca.
4.4. Questa Corte ha del resto già chiarito che, ai fini della condanna alle spese di lite, l’istanza di sospensione dell’efficacia esecutiva o dell’esecuzione della sentenza impugnata, formulata ai sensi dell’art. 283 cod. proc. civ., mette capo ad un subprocedimento incidentale, che può risultare privo di autonomia rispetto al giudizio di merito, sicché la regolamentazione delle spese ad esso relative deve essere disposta, al pari di quella concernente le spese del procedimento principale, con il provvedimento che chiude quest’ultimo, tenendo conto del suo esito complessivo. Pertanto, ove la sentenza impugnata sia stata riformata ” in toto ” dal giudice d’appello, la liquidazione delle spese relative a tale subprocedimento non può essere esclusa sul presupposto che l’istanza di sospensione fosse stata, “medio tempore”, rigettata (Cass. 05/02/2013, n. 2671 (Rv. 624920 – 01)).
4.5. Il motivo va quindi rigettato.
Con il terzo motivo di ricorso, illustrato con successiva memoria, si lamenta la v iolazione e/o falsa applicazione dell’art. 1 comma II dello Statuto dei diritti del contribuente; comma II dell’art. 101 Cost.; art. 2 comma III dello Statuto dei diritti del contribuente; comma 4 bis della tabella 1, allegata all’art. 9 della legge 488/1999.
5.1. La ricorrente contesta la legittimità della richiesta di un ulteriore contributo unificato per l’istanza di sospensione dell’efficacia esecutiva della sentenza impugnata, prevista dall’art. 283 c.p.c., sostenendo che tale istanza costituisce un subprocedimento incidentale privo di autonomia rispetto al giudizio di merito.
La sentenza impugnata, secondo la ricorrente, ha erroneamente interpretato la normativa applicabile, ed in particolare il comma 4-bis
della tabella 1 allegata all’art. 9 della legge 488/1999, estendendone indebitamente l’ambito ai procedimenti di inibitoria ex art. 283 c.p.c., nonostante si tratti di procedimenti incidentali e non autonomi. Tale interpretazione viene ritenuta in contrasto con il principio di legalità in materia tributaria, che impone una previsione legislativa chiara e precisa per l’imposizione di tributi.
Viene inoltre rilevata la violazione di vari principi costituzionali e dello Statuto dei diritti del contribuente, in particolare l’art. 1, comma 2 (che vieta interpretazioni creative in materia fiscale), l’art. 2, comma 3 (che impone chiarezza nelle dispo sizioni richiamate), e l’art. 101, comma 2 della Costituzione (che sancisce la soggezione del giudice soltanto alla legge).
La ricorrente denuncia infine una disparità di trattamento rispetto al processo tributario, in cui non è previsto un ulteriore contributo unificato per l’istanza di sospensione dell’efficacia esecutiva della sentenza. Tale differenza viene ritenuta ingiustificata e lesiva del principio di uguaglianza sancito dall’art. 3 della Costituzione, e viene prospettata una questione di legittimità costituzionale.
5.2. Il motivo è infondato.
5.3. La ricorrente, a sostegno, richiama l’ordinanza della Corte di Cassazione n. 2671/2013, poc’anzi citata.
Tuttavia, la conclusione cui perviene la ricorrente deve ritenersi errata: la sentenza in analisi non esclude che la sospensiva possa costituire un procedimento autonomo in camera di consiglio per il quale sia giustificato un contributo unificato separato. Si pronuncia, invece, sulla -già ad altro fine ricordata – valenza complessiva ai fini della condanna alle spese di lite in favore delle controparti, in considerazione dell’esito del giudizio, operando dunque le proprie argomentazioni su un piano completamento diverso.
5.4. La debenza del contributo unificato, invero, è questione che attiene ex ante al rapporto con il fisco e alla necessaria tassazione degli
atti che, essendo improntata ad un criterio proporzionale, tiene in considerazione anche la maggiore attività (e dunque i maggiori costi) che una procedura cautelare determina.
5.5. Nella fattispecie il tributo è stato richiesto in base a specifica disposizione di legge.
L’art. 9, comma 1, del d.P.R. n. 115 del 30 maggio 2002 dispone che ‘1. È dovuto il contributo unificato di iscrizione a ruolo, per ciascun grado di giudizio, nel processo civile, compresa la procedura concorsuale e di volontaria giurisdizione, nel processo amministrativo e nel processo tributario, secondo gli importi previsti dall’artico lo 13 e salvo quanto previsto dall’articolo 10’. L’a rt. 13 d.P.R. 115/02 stabilisce: ‘I mporti. 1. Il contributo unificato è dovuto nei seguenti importi: (…) b) euro 98 per i processi di valore superiore a euro 1.100 e fino a euro 5.200 e per i processi di volontaria giurisdizione, nonché per i processi speciali di cui al libro IV, titolo II, capo I e capo VI, del codice di procedura civile, e per i processi contenziosi di cui all’articolo 4 della legge 1 dicembre 1970, n. 898 (…)’.
L’art. 351 c. 2 c.p.c. dispone che ‘La parte può, con ricorso al giudice, chiedere che la decisione sulla sospensione sia pronunciata prima dell’udienza di comparizione. Davanti alla corte d’appello il ricorso è presentato al presidente del collegio ‘, mentre il successivo comma 3 prevede che, in presenza di tale istanza, ‘il presidente del collegio ordina con decreto la comparizione delle parti in camera di consiglio davanti all’istruttore, se nominato, o davanti al collegio. Quando l’appello è proposto al tribunale, il giudice fissa l’udienza davanti a sé. Con lo stesso decreto, se ricorrono giusti motivi di urgenza, può essere provvisoriamente disposta l’immediata sospensione dell’efficacia esecutiva o dell’esecuzione della sentenza; in tal caso, con l’ordinanza non impugnabile pronunciata all’esito
dell’udienza in camera di consiglio il collegio o il tribunale conferma, modifica o revoca il decreto’ .
5.6. Si deve quindi considerare che il procedimento di sospensione della esecutorietà della decisione appellata è infatti una procedura che si svolge autonomamente, ai sensi dell’art. 283 c.p.c. e 351 c. 2 c.p.c., e risulta dunque chiaro che, con il deposito dell’istanza di sospensiva dell’efficacia esecutiva della sentenza di primo grado, si dà inizio ad un procedimento in camera di consiglio, autonomo rispetto alla causa di merito, per il quale, ai sensi dell’art. 9, comma 1, del d.P.R. n. 115 del 30 maggio 2002, è senza dubbio dovuto il versamento del relativo contributo.
Ciò vale però nel solo caso in cui sia stata chiesta dalla parte la trattazione anticipata ai sensi, appunto, del comma 2 dell’art. 351 c.p.c., altrimenti svolgendosi la trattazione della istanza nell’ambito del medesimo processo di appello e non in autonomo procedimento.
5.7. Nel caso di specie la ricorrente ha prodotto il frontespizio dell’atto di appello con istanza di sospensione, e successivo atto di richiesta anticipata di sospensione anche inaudita altera parte . Ha prodotto altresì lo storico del processo, dal quale risulta che è stato iscritto a ruolo il relativo sub-procedimento.
5.8. Ne consegue che ricorrevano i presupposti per il pagamento del contributo unificato ulteriore, come rettamente richiesto dalla cancelleria, in quanto si deve applicare il seguente principio di diritto: ‘è dovuto ulteriore contributo unificato ai sensi dell’art. 9, comma 1, del d.P.R. n. 115 del 30 maggio 2002, in caso di sub procedimento di cui all’art. 351 c. 2 c.p.c. con il quale si chiede autonoma fissazione di udienza anticipata per la trattazione della istanza di sospensione della sentenza gravata, in quanto, diversamente dalla ipotesi di cui al comma 1, dà luogo ad autonoma fissazione dell’udienza e ad autonoma definizione della istanza di sospensione ‘ .
5.9. Sotto questo punto di vista non può poi ritenersi che la norma sia inficiata da vizi di costituzionalità, neanche se confrontata con la diversa disciplina applicata nel rito tributario: rientra infatti nella discrezionalità del legislatore prevedere regole diverse nei diversi procedimenti, né la differenziazione in base ai riti concreta di per sé, proprio in ragione delle diverse caratteristiche e finalità dei plurimi modelli procedimentali, elemento di irragionevolezza o arbitrarietà (C.Cost. sent. n. 18/2000). Neppure sussiste alcuna violazione dell’art.3 della Costituzione, laddove si consider i che la regola della esenzione o della applicazione del contributo in una specifica fattispecie si applica a tutti i contribuenti in ragione del verificarsi del relativo presupposto. Il principio di eguaglianza non è difatti leso se il presupposto di partenza è il medesimo.
5.10 Il terzo motivo va perciò anch’esso rigettato.
Alla luce di quanto sopra esposto, il primo motivo va accolto e gli altri rigettati.
Pertanto, la sentenza impugnata va cassata e la causa, non necessitando di accertamenti fattuali, può essere decisa nel merito con la decurtazione delle spese di primo grado liquidate in favore della Cancelleria, da determinarsi in euro 250,00.
Le spese di legittimità vanno invece interamente compensate, in ragione della soccombenza della ricorrente riguardo al tributo oggetto del contenzioso ed alla questione giuridicamente di gran lunga più rilevante in causa.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso limitatamente al primo motivo, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e, decidendo nel merito, esclude la spettanza delle spese di primo grado in favore della Cancelleria della Corte di Appello di Venezia, che quantifica in euro 250,00.
Compensa le spese di legittimità.
Così deciso in Roma, il 09/07/2025 .