Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 9277 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 9277 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 08/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 28588/2022 R.G. proposto da :
TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER LA CAMPANIA, in persona del Segretario Generale pro tempore, domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (NUMERO_DOCUMENTO) che lo rappresenta e difende
-ricorrente-
CONTRO
NOME, elettivamente domiciliata in CASERTA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE che la rappresenta e difende
-controricorrente-
avverso SENTENZA della C.T.R. della Campania n. 4457/2022 depositata il 31/05/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 11/02/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania impugna la sentenza della C.T.R. del Lazio, con cui è stato rigettato l’appello avverso la sentenza della C.T.P. di Napoli, di accoglimento del ricorso formulato da NOME COGNOME per l’annullamento dell’invito al pagamento inerente all’omesso versamento del contributo unificato, in relazione alla proposizione di motivi aggiunti nel giudizio per l’annullamento della prova orale di concorso pubblico per la copertura di n. 2 posti a tempo pieno ed indeterminato nel profilo professionale di ‘istruttore tecnico direttivo’ presso il Comune di San Cipriano d’Aversa.
La C.T.R., premesso che la giurisprudenza di legittimità, in coerenza con i principi affermati dalla sentenza della C.G.U.E. C-61/14, ha ritenuto giustificato l’assoggettamento al contributo unificato solo per il caso in cui i motivi aggiunti proposti dal ricorrente avanti al T.A.R., determinino un ‘considerevole ampliamento’ dell’oggetto della controversia, ha rilevato che, nel caso di specie i motivi aggiunti sono caratterizzati da una ‘connessione forte’, con quelli introdotti dal ricorso principale, avendo natura meramente confermativa e come tali sono insuscettibili di ampliare la materia del contendere.
NOME COGNOME resiste con controricorso e memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il T.A.R. della Campania formula due motivi di ricorso.
Con il primo fa valere, ex art. 360, comma 1 n. 4 c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli artt. 36, comma 2 d.lgs. 546 del 1992 e 132, comma 2 n. 4 c.p.c., per essere la motivazione della sentenza impugnata meramente apparente, benché graficamente esistente. Richiama la giurisprudenza di legittimità sul controllo della motivazione, successiva alla riforma dell’art. 360, comma 1 n. 5 c.p.c. e rileva che dalla lettura
della sentenza non è dato comprendere le motivazioni che hanno indotto il giudice del gravame a confermare la sentenza di primo grado, senza, peraltro, provvedere alla disamina delle censure introdotte dalla parte appellante in ordine all’estensione del thema decidendum ed alla natura della connessione fra gli atti impugnati rispettivamente con il ricorso introduttivo ed i motivi aggiunti, essendo questi ultimi connotati da autonoma potenzialità lesiva.
Con il secondo motivo si duole, ex art. 360, comma 1 n. 3 c.p.c., della violazione e falsa applicazione dell’art. 13 bis, commi 6 bis e 6 bis.1 d.P.R. 115 del 2002 e dell’art. 117 Cost.. Richiamata la normativa applicabile e chiarita la nozione di ‘nuova domanda’, anche alla luce delle sentenze della Corte di Giustizia C-61/2014 e C-495/14, nonché dei precedenti di legittimità, precisa che allorquando il ricorrente con i motivi aggiunti impugni un provvedimento ulteriore e distinto, rispetto a quello già oggetto del giudizio, si integra il presupposto del ‘considerevole ampliamento dell’oggetto del giudizio’ come elaborato sia dalla Corte di giustizia, sia dalla Suprema Corte. Assume che, nel caso di specie, oggetto del ricorso principale era l’esito sfavorevole della prova orale sostenuta dalla ricorrente, mentre con i primi motivi aggiunti era stato impugnato il provvedimento di approvazione della graduatoria concorsuale, e con gli ulteriori motivi aggiunti erano stati innovativamente impugnati gli atti afferenti alla nomina di uno dei componenti della Commissione esaminatrice. Sostiene che l’affermazione della C.T.R. , secondo la quale il nesso di connessione fra i motivi originari e quelli aggiunti sia di tipo ‘forte’ , è rimasta assertiva e priva di giustificazione, non avendo il Collegio non solo considerato che il perseguimento del medesimo bene della vita è canone inconferente, ai fini della valutazione del rapporto fra i motivi, ma neppure che gli atti
impugnati sono riferibili a poteri amministrativi diversi. Ed invero, l’uno è rivolto all’individuazione dei vincitori del concorso, l’altro alla composizione della Commissione esaminatrice, ciò dimostrando l’autonoma potenzialità lesiva degli atti successivamente impugnati. D’altro canto, da un lato, con i motivi nuovi sono state introdotte censure diverse già quelle proposte con il ricorso introduttivo, dall’altro, è stato ampliato il perimetro soggettivo del giudizio già pendente, rendendo necessaria l’evocazione in giudizio del Comune, cui è imputabile l’atto di autorizzazione del dipendente a ricoprire l’incarico di commissario del concorso. Osserva che, pertanto, sono presenti tutti i profili qualificanti la ‘nuova domanda’ processuale.
Il primo motivo non è fondato.
Va preliminarmente ricordato che secondo le Sezioni Unite di questa Corte ‘La riformulazione dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., disposta dall’art. 54 del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, conv. in legge 7 agosto 2012, n. 134, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 delle preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della
motivazione. (Sez. U, n. 8053 del 07/04/2014; Sez. U, n. 22232 del 03/11/2016; da ultimo: Sez. 1 n. 7090 del 3/03/2022)
Ora, precisando il concetto di motivazione apparente la giurisprudenza di legittimità ha chiarito che ricorre il vizio di motivazione apparente della sentenza, denunziabile in sede di legittimità ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c. quando essa, benché graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche, congetture (così , da ultimo: Sez. 6 – 5, n. 13977 del 23/05/2019; negli stessi termini ex multis : Sez. 6 – 1, Ordinanza n. 6758 del 01/03/2022). O ancora, quando essa sia caratterizzata da considerazioni affatto incongrue rispetto alle questioni prospettate, utilizzabili, al più, come materiale di base per altre successive argomentazioni, invece mancate, idonee a sorreggere la decisione (cfr. Sez. U, n. 22232 del 03/11/2016; cfr. anche Sez. U, n. 8053 del 07/04/2014; Sez. 6 – 3, n. 22598 del 25/09/2018; Sez. 1 n. 7090 del 3/03/2022).
Per assolvere l’obbligo di motivazione costituzionalmente imposto alle decisioni giurisdizionali – come specificato dall’art. 132, comma 2, n. 4) e dall’art. 36, comma 2, n. 4, d.lgs. n. 546 del 1992 (in materia di processo tributario)- il giudice è, dunque, tenuto a precisare le ragioni e l’iter logico seguito per pervenire alla decisione assunta, chiarendo su quali prove ha fondato il proprio convincimento e sulla base di quali argomentazioni è pervenuto alla propria determinazione, rendendo così percepibile il fondamento della decisione, in tal modo consentendo anche di verificare se abbia effettivamente giudicato iuxta alligata et probata (in questo
senso Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 13977 del 23/05/2019, in motivazione).
Nel caso di specie, la motivazione, benché stringata, non può certamente dirsi apparente, alla luce dei principi testé enunciati, e ciò al di là della valutazione circa la sua correttezza giuridica.
La sentenza, infatti, non solo procede al riepilogo degli atti oggetto dei motivi originari di ricorso e dei motivi aggiunti, al fine di valutare l’ampliamento del thema decidendum , ma richiama la giurisprudenza di legittimità sul punto e ritiene, espressamente aderendo alla valutazione fatta dal primo giudice, di cui condivide le argomentazioni, la sussistenza di una connessione forte fra gli atti impugnati, in quanto legati da un rapporto di pregiudizialità- dipendenza.
Il secondo motivo è inammissibile.
Deve, innanzitutto, richiamarsi il consolidato orientamento di questa Sezione, secondo cui ‘Il ricorso amministrativo contenente motivi aggiunti ex art. 43 c.p.a. è soggetto al contributo unificato, previsto dall’art. 13, comma 6bis, del d.P.R. n. 115 del 2002, nel testo vigente ratione temporis, quando, in coerenza con il principio affermato dalla sentenza della CGUE 6 ottobre 2015, C-61/14, i motivi determinino un considerevole ampliamento dell’oggetto della controversia, che si verifica allorché, con il ricorso aggiuntivo, sia chiesto l’annullamento di uno o più provvedimenti autonomamente lesivi, ponendosi così in rapporto di connessione cd. debole, ossia meramente fattuale, con l’impugnazione dell’atto originario; al contrario, il ricorso aggiuntivo è esente dal contributo unificato quando abbia per oggetto uno o più atti in rapporto di pregiudizialità-dipendenza con il provvedimento originariamente impugnato, dando luogo a una connessione cd. forte di cause. (Nella specie, la S.C. ha
cassato la decisione impugnata, poiché non aveva escluso la debenza del contributo unificato sul ricorso aggiuntivo, con il quale era stato impugnato il decreto di proroga del termine per il compimento delle procedure espropriative, non tenendo conto del nesso di presupposizione che lo legava alla dichiarazione di pubblica utilità dell’opera, originariamente impugnata, dando luogo ad una connessione cd. forte di cause)’ (così Cass. Sez. 5, 29/01/2024, n. 2640; cfr. anche, ex multis e da ultimo: Sez. 5, del 21/10/2024 n. 27168; Sez. 6 – 5, del 01/09/2022 n. 25729).
Ora, il giudice di secondo grado, condividendo la sentenza appellata, ha ritenuto che i motivi aggiunti involgessero atti meramente confermativi del provvedimento impugnato con il ricorso principale, ponendosi i primi in un rapporto di pregiudizialità-dipendenza con il secondo, ciò non comportando un ‘considerevole’ ampliamento del thema decidendum.
In questa sede il T.A.R. ricorrente richiede, in buona sostanza, a questo giudice di legittimità di diversamente qualificare la natura della connessione fra l’atto originariamente impugnato e gli atti oggetto di motivi aggiunti, sollecitando un giudizio di fatto, riservato al giudice di merito, il quale, peraltro, non solo ha adeguatamente argomentato la decisione, ma si è allineato con la conforme giurisprudenza di questa Corte.
Al rigetto del ricorso consegue la condanna della parte ricorrente al pagamento delle spese di lite di questo giudizio di legittimità da liquidare in euro 600,00 per compensi, ad euro 200,00 per esborsi, rimborso forfettario nella misura del 15%, IVA e CPA come per legge.
Non si fa luogo alla pronuncia in ordine al pagamento del doppio contributo, ai sensi dell’art. 13 comma 1 -quater d.P.R. n. 115 del 2002, non sussistendone i presupposti.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese di lite di questo giudizio di legittimità, che liquida in euro 600,00 per compensi, oltre ad euro 200,00 per esborsi, rimborso forfettario nella misura del 15%, IVA e CPA come per legge.
Così deciso in Roma, in data 11 febbraio 2025 .