Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 25729 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 25729 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE Data pubblicazione: 20/09/2025
– SEZIONE TRIBUTARIA –
OGGETTO
composta dai seguenti magistrati:
NOME COGNOME
Presidente
NOME COGNOME
Consigliere
NOME COGNOME
Consigliere – rel.-
NOME COGNOME
Consigliere
NOME COGNOME
Consigliere
Ud. 09/07/2025
CONTRIBUTO UNIFICATO
ha deliberato di pronunciare la seguente
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 148/2018 del ruolo generale, proposto
DA
COGNOME NOME (codice fiscale CODICE_FISCALE) e COGNOME NOME (codice fiscale CODICE_FISCALE), rappresentati e difesi, in forza di procure speciali e nomine poste in calce al ricorso, dall’avv. NOME COGNOME (codice fiscale CODICE_FISCALE).
– RICORRENTE –
CONTRO
COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE DELLA TOSCANA (codice fiscale non indicato), in persona del legale rappresentante pro tempore.
– INTIMATA –
NONCHÈ
MINISTERO DELL ‘E CONOMIA E DELLE FINANZE (codice fiscale CODICE_FISCALE), in persona del Ministro pro tempore , rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato (codice fiscale CODICE_FISCALE). Numero sezionale 5873/2025 Numero di raccolta generale 25729/2025 Data pubblicazione 20/09/2025
– CONTRORICORRENTE – per la cassazione della sentenza n. 1290/2/2017 della Commissione tributaria regionale della Toscana, depositata il 15 maggio 2017, non notificata.
UDITA la relazione svolta all’udienza camerale del 9 luglio 2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Oggetto del contendere è l’avviso indicato in atti con cui l’Ufficio di segreteria della Commissione tributaria regionale della Toscana irrogava la sanzione di 760,00 € in relazione al parziale pagamento del contributo unificato relativo al giudizio n. 376/2014 di registro incardinato presso la predetta Commissione regionale.
La Commissione tributaria regionale della Toscana rigettava l’appello proposto dai contribuenti avverso la sentenza n. 348/5/2016 della Commissione tributaria provinciale di Firenze, assumendo che:
alle segreterie delle Commissioni tributarie spetta il compito di richiedere il pagamento del contributo unificato non versato o parzialmente corrisposto, applicando le sanzioni previste in relazione al numero di giorni di ritardo;
-il valore della controversia su cui parametrare l’importo del contributo non era indeterminabile, ma commisurato a quello indicato nel ricorso;
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-la prenotazione a debito a favore dell’amministrazione si risolve in un eventuale e successivo recupero del contributo per ovvie ragioni di opportunità e semplificazione; Data pubblicazione 20/09/2025
le questioni di costituzionalità sollevate erano state risolte dal Giudice delle leggi (pronunce nn. 195/2011, 284/2011, 69/2012 e 143/2012) o ritenute non rilevanti dalla Corte di cassazione (sentenze n. 4053/2013 e 5994/2012).
NOME ed NOME COGNOME proponevano ricorso per cassazione avverso detta pronuncia con atto notificato il 13 dicembre 2017, formulando un unico motivo di impugnazione e richiedendo il rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia Europea, depositando in data 25 giugno 2025 memoria ex art. 380bis. 1. c.p.c.
Il Ministero dell’Economia e delle Finanze ha resistito con controricorso notificato il 22 gennaio 2018.
La Commissione tributaria regionale della Toscana è restata intimata.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Gli istanti hanno, in primo luogo, avanzato richiesta di rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia Europea in merito all’applicazione degli artt. 2 e 9 del Trattato sull’Unione Europea, al fine di stabilire se tali articoli debbano essere interpretati nel senso che ostano all’applicazione della normativa nazionale di cui agli artt. 9, comma 1, 11 e 13, comma 1, nonché dell’art. 158 d.P.R. n. 115/ 2002, che prevedono, nel processo tributario, il pagamento del contributo unificato secondo la pretesa della controparte (amministrazione finanziaria).
I contribuenti hanno posto in evidenza che, mentre l’Agenzia delle Entrate, pur essendo parte processuale, non paga mai il contributo unificato, utilizzando il meccanismo della prenotazione a debito, le parti privati sono invece tenute a versarlo nella misura corrispondente alla pretesa stabilita dall’amministrazione con l’atto fiscale opposto. Numero sezionale 5873/2025 Numero di raccolta generale 25729/2025 Data pubblicazione 20/09/2025
In ciò gli istanti hanno ravvisato una diseguaglianza processuale tra il contribuente e l’ente impositore, giacchè il pagamento del contributo è posto a carico del solo cittadino ed è determinato sulla base di una pretesa, «molto spesso infondata» (v. pagina n. 12 del ricorso), della controparte pubblica.
2. Con la seconda censura, sviluppata ai sensi dell’art. 360, primo comma, num. 4, c.p.c., i ricorrenti hanno eccepito la violazione e la falsa applicazione degli artt. 36, comma 2, num. 4, d.lgs. n. 546/1992 e 112 c.p.c., nonché dell’art. 111 Cost., lamentando la sussistenza di una motivazione apparente, assumendo che la Commissione aveva genericamente ritenuto assorbite le altre questioni, senza fornire sul punto alcuna spiegazione, né sul motivo di appello che riguardava l’omessa motivazione del provvedimento di irrogazione delle sanzioni, poiché del tutto carente circa le modalità di determinazione del valore della causa in forza della quale veniva ricalcolata la misura del contributo in sede di riassunzione in grado di appello.
Tutto ciò, ricordando che i contribuenti avevano stabilito il valore della causa secondo il criterio della sua indeterminabilità, in ragione dell’ iter processuale che li aveva visti interamente vittoriosi, sia in primo grado che in appello, a cui era seguito un ricorso per Cassazione con parziale accoglimento dell’impugnazione proposta dall’amministrazione,
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laddove senza motivazione il Giudice regionale aveva ritenuto di dover far riferimento al valore iniziale, peraltro affermando, ultra petita , la debenza del contributo che non era mai stata negata, discutendosi solo della sua misura. Data pubblicazione 20/09/2025
Va preliminarmente dichiarato il difetto di legittimazione passiva del Ministero delle Finanze e dell’Economia.
Nel giudizio intrapreso dal contribuente, difatti, la legittimazione processuale passiva spetta alla (cancelleria o) segreteria dell’ufficio giudiziario che ebbe ad emettere l’invito al pagamento ex art. 248 d.P.R. n. 115/2002, come emerge dalla previsione dell’art. 247 del medesimo d.P.R., secondo cui: «Ai fini delle norme che seguono e di quelle cui si rinvia, l’ufficio incaricato della gestione delle attività connesse alla riscossione è quello presso il magistrato dove è depositato l’atto cui si collega il pagamento o l’integrazione del contributo unificato, nonché dall’inequivoco tenore dell’art. 11, comma 2, secondo periodo, d.lgs. 546/1992 (nel testo novellato dall’art. 9, comma 1, lett. d ), n. 1, d.lgs. n. 156/2015), secondo cui: «Stanno altresì in giudizio direttamente le cancellerie o segreterie degli uffici giudiziari per il contenzioso in materia di contributo unificato») (cfr. Cass., Sez. n. 11318/2020; Cass. n. 18029/2022).
Ne discende che la legittimazione processuale passiva deve essere esclusa nei confronti di qualsiasi altro soggetto per l’impugnazione degli atti di accertamento o di riscossione del contributo unificato, con la conseguenza che il ricorso originario non poteva essere proposto nei confronti del Ministero dell’Economia e delle Finanze (cfr., sul principio, Cass. 27064/2024 e, nello stesso senso, Cass., Sez. Un., n. 8810/2025).
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Non ricorrono le condizioni per disporre il rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea. Numero di raccolta generale 25729/2025 Data pubblicazione 20/09/2025
6.1. Come anche da ultimo ribadito dalle Sezioni Unite di questa Corte, l’art. 14 d.P.R. 115/2002 prevede che soggetto obbligato al versamento del contributo sia colui che iscrive una causa o che per primo si sia costituito.
L’amministrazione pubblica e gli eventuali enti pubblici ammessi a tale regime, trovandosi in quella posizione, vi adempiono virtualmente mediante le forme della prenotazione a debito e con annotazione ai sensi dell’art. 280 d.P.R. n. 115 cit.
Tale meccanismo non incide sull’identificazione del soggetto tenuto a provvedervi, ma sulle modalità d’adempimento, traducendosi, in luogo del versamento, in una annotazione a futura memoria di una voce di spesa. In conseguenza, l’astratto inadempimento non può attingere nel concreto l’amministrazione pubblica, attuandosi altrimenti una inutile partita di giro e d’altronde non avendo senso la previsione di un pagamento in favore di sé stesso.
La parte pubblica, che al contributo vi ha adempiuto virtualmente, deve recuperarlo dal soccombente, ma per solo ‘trasferire’ all’erario l’importo che risultava solo annotato sul registro delle spese (art. 280 d.P.R. n. 115/2002). Ciò che la ‘parte’ processuale Pubblica amministrazione non ha pagato prima, verserà all’erario dopo, e ovviamente nei limiti di quanto recuperato dal soccombente (così Cass., Sez. Un., n. 8810/2025).
Il predetto congegno rende evidente come il mancato versamento materiale delle somme relative al contributo unificato da parte dell’Amministrazione sia solo la logica, oltre
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che giuridica, conseguenza della non configurabilità di un pagamento a sè stesso, mentre la modalità procedurale della prenotazione a debito consente all’amministrazione (ricorrente) di recuperare dal soccombente l’importo virtualmente annotato. Data pubblicazione 20/09/2025
6.2. L’importo del contributo unificato tributario che deve, invece, versare il contribuente è commisurato dall’art. 14 d.P.R. n. 115/2002 al valore della controversia che si intende instaurare, che, per il processo tributario, corrisponde al valore dell’atto impugnato.
Il valore della controversia, ai sensi dell’art. 12, comma 2, d.lgs. n. 546/1992, è l’importo del tributo, al netto degli interessi e delle eventuali sanzioni irrogate con l’atto impugnato (Cass. n. 16283/2021 e Cass. n. 25607/2024).
La suddetta previsione, che commisura l’entità del contributo al valore della causa, costituisce scelta discrezionale legislativa ragionevole, dal contenuto certamente non eccentrico, anzi di applicazione comune in altri ordinamenti europei, come riconosciuto dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea con la pronuncia del 6 ottobre 2015 (C-61/14, sia pure con riferimento alle controversie amministrative in materia di appalti pubblici).
Del resto, si tratta di un onere economico che sarà rimborsato in caso di esito vittorioso della lite e che potrà essere evitato di corrispondere nelle ipotesi in cui il contribuente sia nelle condizioni di essere ammesso al patrocino a spese dello Stato.
Per tali motivi non vi è ragione di dar seguito alla richiesta dei contribuenti, appena aggiungendo sul punto che la Corte di Giustizia dell’Unione Europea, con sentenza 6 ottobre 2021 (in
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causa C-561/19; RAGIONE_SOCIALE c/ RAGIONE_SOCIALE), ha ribadito (§ 33), sulla base di numerosi richiami, che il giudice di ultima istanza è esonerato dal rinvio pregiudiziale ogniqualvolta abbia constatato che «la questione sollevata non è rilevante, o che la disposizione del diritto dell’Unione di cui si tratta è già stata oggetto d’interpretazione da parte della Corte, oppure che la corretta interpretazione del diritto dell’Unione si impone con tale evidenza da non lasciar adito a ragionevoli dubbi», vale dire qualora se ne ravvisino i presupposti di dubbio interpretativo, di interferenza con il diritto unionale e di rilevanza in causa (tra le altre, v. Cass., Sez. Un. n. 14042/16; n. 26145/17; n. 30301/17; Corte EDU 8 settembre 2015, RAGIONE_SOCIALE c/ Italia). Data pubblicazione 20/09/2025
E ciò, ferma restando (§ 50-57 della sentenza 6 ottobre 2021 in causa C-561/19, cit.) la doverosità di questa verifica, sicchè il giudice nazionale è tenuto a motivare le ragioni del ravvisato esonero da rinvio pregiudiziale, ponendosi questa scelta, da un lato, nell’ambito del sistema di cooperazione diretta tra Corte di Giustizia e giudici nazionali e, dall’altro, nell’esercizio di una funzione indipendente e non coercibile dalle parti (cfr. Cass. nn. 32408, 32404, 32403, 32393, 32387/2024).
7. Risulta infondato il secondo motivo di impugnazione.
7.1. Vale rammentare, s ul piano dei principi, che questa Corte (a partire da Cass., Sez. U., n. 8053/2014) ha ripetutamente precisato che deve ritenersi apparente la motivazione che, pur essendo graficamente (e, quindi, materialmente) esistente, come parte del documento in cui consiste il provvedimento giudiziale, non renda tuttavia percepibili le ragioni della decisione, perchè munita di
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argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere l’ iter logico seguito per la formazione del convincimento, in modo tale da non consentire alcun effettivo controllo sull’esattezza e sulla logicità del ragionamento del giudice, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture, restando, invece, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di sufficienza della motivazione (v., tra le tante, Cass., Sez. U., n. 19881/2014; Cass., Sez. U., n. 16599/2016; Cass., Sez. U., n. 22232/2016; Cass. n. 9105/2017; Cass., Sez. U., n. 7667/2017; Cass., Sez. U., n. 14430 / 2017; Cass., Sez. U., n. 16159/2018; Cass., Sez. U., n. 9558/2018 e Cass., Sez. U., n. 33679/2018; Cass. n. 23216/2019; Cass. n. 13977/2019; Cass. n. 2689/2023; e da ultimo Cass. n. 21174/2024). Data pubblicazione 20/09/2025
Va poi aggiunto che il giudice del merito non deve dar conto di ogni argomento difensivo sviluppato dalla parte, non è tenuto cioè a discutere ogni singolo elemento o ad argomentare sulla condivisibilità o confutazione di tutte le deduzioni difensive, essendo, invece, necessario e sufficiente, in base all’art. 132, secondo comma, num. 4, c.p.c., che esponga gli elementi in fatto e di diritto posti a fondamento della sua decisione, dovendo in tal modo ritenersi disattesi, per implicito, tutti gli argomenti non espressamente esaminati, ma considerati subvalenti rispetto alle ragioni della decisione (cfr. Cass., Sez. T, n. 12732/2024; Cass. n. 3108/2022, che richiama Cass. n. 12652/2020; Cass. n. 10937/2016; Cass. n. 12123/2013 e anche Cass. n. 19011/2017, Cass. n. 16056/2016 e Cass. n. 18103/2021).
7.2. Nella specie, il Giudice regionale ha ritenuto corretta la determinazione del valore della controversia in base al criterio generale e normativo del valore della causa, così non solo
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pronunciandosi sul motivo di appello, a dispetto della contestata violazione dell’art. 112 c.p.c., ma rendendo anche una motivazione intellegibile, laddove il motivo in esame cela, dietro la censura di una motivazione apparente, la non condivisione della valutazione, tema questo che però i contribuenti avrebbero dovuto coltivare sotto il paradigma, non utilizzato, della violazione di legge. Data pubblicazione 20/09/2025
Alla stregua delle osservazioni svolte il ricorso va respinto.
Non vi è ragione di liquidare le spese del presente grado di giudizio, stante l’inammissibile costituzione del Ministero e la circostanza che la Commissione regionale non ha svolto difese.
Nondimeno, va dato atto che sussistono i presupposti di cui all’art 13, comma 1 -quater , d.P.R. n. 115/2002, per il versamento da parte dei ricorrenti, in solido tra loro, di una somma pari a quella eventualmente dovuta a titolo di contributo unificato per il ricorso.
P.Q.M.
la Corte:
-dichiara l’inammissibilità del controricorso del Ministero dell’Economia e delle Finanze;
rigetta il ricorso;
-dà atto che ricorrono i presupposti di cui all’art 13, comma 1 -quater , d.P.R. n. 115/2002, per il versamento da parte della ricorrente di una somma pari a quella eventualmente dovuta a titolo di contributo unificato per la proposizione del ricorso.
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Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 9 luglio 2025. Numero di raccolta generale 25729/2025 Data pubblicazione 20/09/2025
IL PRESIDENTE
NOME COGNOME