Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 11301 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 11301 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 29/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 13948/2023 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante, elettivamente domiciliato in PADOVA INDIRIZZO RAGIONE_SOCIALE, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati NOME COGNOME (CODICE_FISCALE, NOME COGNOME (CODICE_FISCALE
-ricorrente-
CONTRO
TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE DELLA CAMPANIA, in persona del Segretario pro tempore, domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (NUMERO_DOCUMENTO) che lo rappresenta e difende
-controricorrente-
avverso SENTENZA di CORTE DI GIUSTIZIA TRIBUTARIA DI SECONDO GRADO DI NAPOLI n. 7842/2022 depositata il 12/12/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del l’ 11/02/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
La soc. RAGIONE_SOCIALE impugna la sentenza della Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Campania che ha riformato la sentenza della C.T.P. di Napoli di accoglimento del ricorso formulato dalla medesima società per l’annullamento dell’invito al pagamento del maggior contributo unificato, dovuto per la proposizione di motivi aggiunti nel giudizio instaurato avanti al T.A.R. della Campania avverso il provvedimento di esclusione da gara pubblica per i servizi di pulizia e sanificazione del complesso ospedaliero dell’A.O.U -Federico II di Napoli.
La Corte di giustizia tributaria di secondo grado ha ritenuto insussistente il rapporto di pregiudizialità-dipendenza fra il provvedimento di esclusione dalla gara pubblica, impugnato con il ricorso introduttivo ed il provvedimento di aggiudicazione della gara, impugnato con i motivi aggiunti, in quanto l’aggiudicazione culmina in una sequenza procedimentale distinta rispetto a quella relativa all’esclusione, benché i due provvedimenti ineriscano al medesimo procedimento di gara. Il conseguente ampliamento del thema decidendum , secondo la Corte, rende legittima la richiesta del maggior contributo unificato.
Il T.A.R. della Campania resiste con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
La soc. RAGIONE_SOCIALE formula tre motivi di ricorso.
Con il primo deduce, ex art. 360, comma 1 n. 3 cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione dell’art. 13, commi 6 bis e 6 bis .1 d.P.R. 115 del 2002, nonché di tutte le disposizioni che regolano il versamento del contributo unificato in materia di ricorsi amministrativi per l’annullamento di atti relativi a procedure di affidamento dei contratti pubblici, per come da interpretarsi alla luce dell’art. 1 della direttiva 89/665/CE e delle pronunce della Corte di giustizia dell’Unione europea. Sottolinea che la sentenza impugnata ha erroneamente ritenuto che la decisione C-61/14 della Corte di giustizia non si discostasse dalla precedente interpretazione dell’art. 13, commi 6 bis e 6 bis .1 cit., che distingueva fra motivi aggiunti propri ed impropri, mentre il criterio da tenere in considerazione è unicamente quello dell’ampliamento considerevole dell’oggetto della controversia. Assume che la sentenza ulteriormente erra laddove ritiene -senza comprendere la giurisprudenza di legittimità sul vincolo di connessione ‘forte’ che deve avvincere i provvedimenti impugnati con i motivi aggiunti a quelli impugnati con il ricorso principale- che la connessione debba essere tale per cui i provvedimenti devono avere sorte comune, avendo la Suprema Corte escluso l’esenzione per i soli casi di connessione c.d causale o fattuale. Ricorda che, nel caso di specie, il provvedimento di aggiudicazione è stato contestato con la riproposizione in via derivata degli stessi motivi di ricorso dedotti con riferimento al provvedimento di esclusione dalla gara, come evidenziato dal giudice di prima cura. Il giudice di appello, invece, ha omesso di operare il confronto, così non avvedendosi del legame di connessione ‘forte’, testimoniato dalla stessa
sentenza del T.A.R., che precisa come avverso il provvedimento impugnato con i motivi aggiunti siano state formulate in via derivata le stesse censure di cui al ricorso introduttivo. Ciò, d’altro canto , mirava al rientro in gara, al fine di conseguire l’aggiudicazione, come poi effettivamente avvenuto.
Con il secondo motivo fa valere, ex art. 360, comma 1 n. 4 c.p.c., la nullità della sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione dell’art. 11 Cost., nonché per violazione del principio di primazia del diritto dell’Unione Europea, nell’interpretazione dell’art. 13, commi 6 bis e 6 bis.1 d.P.R. 115 del 2002, per avere la sentenza impugnata del tutto pretermesso l’art. 1 della direttiva 89/665/CE, nonché i principi sanciti in materia dalla Corte di giustizia europea, giungendo ad affermare che la sentenza C-61/14 non abbia modificato alcunché, diversamente da quanto avvenuto.
Con il terzo motivo formula, in via subordinata, istanza di rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea, in applicazione dell’art. 276 TFUE. Osserva, in primo luogo, che il caso deciso dalla sentenza C-61/14 era più complesso di quello oggetto del presente ricorso, trattandosi di una vicenda volta a contestare sin dall’inizio l’esercizio della potestà amministrativa, con conseguente impugnazione di provvedimenti di diversa natura e contenuto e che, in secondo luogo, non erano presenti in quel procedimento aspetti essenziali che caratterizzano la fattispecie in esame: quali l’onere processuale di contestare l’aggiudicazione per non veder dichiarare inammissibile il ricorso sull’esclusione dalla gara e l’obbligo di proporre motivi aggiunti (e non ricorso autonomo) verso i provvedimenti emessi nell’ambito della stessa gara, successivi a quello impugnato. Rileva che gli orientamenti interpretativi sviluppatisi dopo la pronuncia C-61/14 rendono opportuno il rinvio pregiudiziale, al fine di chiarire se imporre ad un operatore economico, che abbia
impugnato un provvedimento di esclusione da una gara di appalto, il pagamento di un ulteriore contributo unificato per l’impugnazione nello stesso processo del successivo provvedimento di aggiudicazione, a mezzo di motivi aggiunti, ma per i medesimi vizi, sia lettura del diritto interno cui osta la direttiva europea 89/665/CEE
Il primo motivo è fondato.
Va, preliminarmente, richiamato il consolidato orientamento di questa Sezione, secondo cui ‘In tema di contributo unificato sul ricorso amministrativo contenente motivi aggiunti ex art. 43 c.p.a., la distinzione tra motivi aggiunti propri, che consentono al ricorrente principale ed incidentale di introdurre nuove ragioni a sostegno delle domande già proposte, ed impropri, volti all’impugnazione di uno o più provvedimenti connessi a quello già impugnato, non è rilevante ai fini della ricorrenza del presupposto impositivo, poiché, conformemente alla giurisprudenza dell’Unione europea (sentenza CGUE 6 ottobre 2015, C-61/14), occorre accertare se tali motivi determinino (o meno) un considerevole ampliamento del thema decidendum della causa principale e se il ricorso aggiuntivo abbia ad oggetto uno o più atti in rapporto di pregiudizialitàdipendenza con il provvedimento originariamente impugnato, dando luogo a una connessione cd. forte di cause. (Sez. 5, Ordinanza n. 27168 del 21/10/2024; cfr.: Cass. Sez. 5, 29/01/2024, n. 2640, Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 25729 del 01/09/2022).
Invero, la Corte di Giustizia europea (C-61/14) intervenendo proprio in materia di contributo unificato dovuto per giudizi riguardanti procedure di appalto, ha affermato che «La direttiva 89/665/CEE del Consiglio, del 21 dicembre 1989, che coordina le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative relative all’applicazione delle procedure di ricorso
in materia di aggiudicazione degli appalti pubblici di forniture e di lavori, come modificata, interpretata alla luce dell’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea e dei principi di equivalenza e di effettività, non osta ad una normativa nazionale che stabilisca un tariffario di contributi unificati applicabile solo ai procedimenti amministrativi in materia di contratti pubblici, purché l’importo del tributo giudiziario non costituisca un ostacolo all’accesso alla giustizia né renda l’esercizio del diritto al sindacato giurisdizionale in materia di appalti pubblici eccessivamente difficile. Non è compatibile con la direttiva 89/665, interpretata alla luce dell’articolo 47 della Carta, la riscossione di più tributi giudiziari cumulativi in procedimenti giurisdizionali in cui un’impresa impugni la legittimità di un’unica procedura di aggiudicazione di un appalto ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 1, lettera b), della direttiva 89/665, a meno che ciò possa essere giustificato ai sensi della Carta, il che deve essere valutato dal giudice del rinvio». La decisione della Corte di giustizia ha, altresì, chiarito che gli atti giuridici dell’Unione in materia di appalti pubblici hanno lo scopo di agevolare l’accesso ai mercati del settore pubblico a condizioni di non discriminazione e di trasparenza. La direttiva n. 89/665/CEE, in particolare, garantisce che l’attuazione giurisdizionale di tali norme di diritto dell’Unione sia disponibile ed effettiva per i privati. Come già ricordato dalla giurisprudenza di legittimità: ‘Il legislatore dell’Unione ha concepito una tutela giurisdizionale effettiva degli operatori economici interessati come mezzo per promuovere l’effetto utile del regime dell’Unione relativo agli appalti pubblici e, di conseguenza, gli obiettivi del mercato interno. Ciò in ossequio all’art. 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, riguardante il diritto ad un ricorso effettivo e a un giudice imparziale e ai molteplici arresti della giurisprudenza
della Corte sui principi di effettività e di equivalenza. La Corte di Giustizia ha, inoltre, affermato che spetta allo Stato membro decidere se le impugnazioni relative alle ultime fasi della procedura di aggiudicazione dell’appalto debbano essere concepite come sviluppo del ricorso originario che aveva impugnato la decisione sulla selezione dei partecipanti, o se debbano essere considerate come nuovi ricorsi per motivi aggiunti. Tuttavia, le norme procedurali devono essere dirette a garantire la certezza del diritto e la corretta amministrazione della giustizia. Essa ha, quindi, concluso nel senso che potrebbe essere incompatibile con l’articolo 47 della Carta la riscossione di più contributi giudiziari cumulativi nei procedimenti giurisdizionali, perlomeno qualora tale tassazione cumulativa abbia un effetto dissuasivo e sia sproporzionata se confrontata con la tassazione originaria’ (Sez. 5, Sentenza n. 13676 del 27/03/2024). Sicché spetta al giudice di merito valutare ‘se la seconda domanda, relativa all’annullamento dell’atto di dichiarazione di efficacia dell’aggiudicazione definitiva di un appalto, faccia parte di un’unica procedura e verificare il rispetto dei principi fissati dalla giurisprudenza della Corte, al fine di stabilire se la restrizione del diritto al «sindacato giurisdizionale», previsto dall’articolo 47 della Carta, provocata dalla tassazione cumulativa degli atti giudiziari, sia giustificata alla luce del criterio di proporzionalità stabilito dall’articolo 52, paragrafo 1, della Carta’ ( ibidem ), a mente del quale: «Eventuali limitazioni all’esercizio dei diritti e delle libertà riconosciuti dalla presente Carta devono essere previste dalla legge e rispettare il contenuto essenziale di detti diritti e libertà. Nel rispetto del principio di proporzionalità, possono essere apportate limitazioni solo laddove siano necessarie e rispondano effettivamente a finalità di interesse generale riconosciute dall’Unione o all’esigenza di proteggere i diritti e le libertà altrui»
Ora, il ragionamento del giudice di secondo grado interpreta l’intervento della sentenza della CGUE C -61/2014 come confermativo dell’orientamento giurisprudenziale formatosi in precedenza sull’art. 13, commi 6 bis e 6 bis.1 d.P.R. 115 del 2002, non cogliendone appieno la portata. Ed invero, nell’affrontare il caso di specie, esamina il rapporto intercorrente fra i due provvedimenti impugnati (esclusione dalla gara ed aggiudicazione della medesima) osservando che essi, pur ricadendo nel medesimo procedimento, pertengono a sequenze procedimentali diverse, tanto che non necessariamente i due provvedimenti ‘ simul stabunt, simul cadent’ , sicché la proposizione dei motivi aggiunti comporta un considerevole ampliamento dell’oggetto della controversia.
Si tratta di una motivazione che dimostra di non afferrare il legame fra i motivi proposti con il ricorso principale e quelli introdotti con i motivi aggiunti. Non può, innanzitutto, affermarsi come fa il giudice di seconda cura che non necessariamente i due atti simul stabunt, simul cadent’ , posto che l’aggiudicazione intervenuta a mezzo della illegittima pretermissione di uno dei concorrenti, ove impugnata, viene travolta dalla declaratoria di illegittimità dell’esclusione. Sicché, ove i motivi aggiunti ricalchino pedissequamente quelli originariamente proposti circostanza che non è contestata nel caso di specie- ancorché essi siano rivolti alla caducazione dell’atto conclusivo della procedura, atto questo strettamente conseguenziale rispetto alla legittimità dell’ammissione alla gara, diviene difficile dubitare dell’esistenza di una connessione forte. Diversamente, laddove i motivi aggiunti siano parzialmente diversi, attaccando la legittimità dell’atto originario o dell’atto conseguenziale anche per ragioni differenti da quelle originariamente dedotte per contestare l’esclusione dalla gara, allora il giudice deve valutare l’ampliamento del thema decidendum , verificando se motivi
aggiunti si pongano in rapporto di pregiudizialità-dipendenza con le contestazioni proposte mediante il ricorso introduttivo, rappresentando integrazione delle censure proposte avverso l’atto originariamente impugnato, oppure avverso l’atto amministrativo conseguenziale (in questo senso, seppure con riferimento a fattispecie diversa, Cass. Sez. 6, 01/09/2022, n. 25729).
D’altro canto, l’art. 120, comma 7 del c.p.a., sin dalla sua originaria formulazione impone che ‘i nuovi atti attinenti la medesima procedura di gara devono essere impugnati con ricorso per motivi aggiunti’ dimostrando la volontà legislativa di provvedere con un’unica pronuncia su tutti gli atti che attengono alla medesima gara. Mentre, con la novella dell’art. 120, comma 7, introdotta dall’art. 209 del d.lgs. 36/2023, il legislatore ha precisato che ‘I nuovi atti attinenti alla medesima procedura di gara sono impugnati con ricorso per motivi aggiunti, senza pagamento del contributo unificato’ dando una precisa indicazione sulla connessione fra motivi e motivi aggiunti proposti in relazione ad atti relativi alla stessa gara. Ancorché la disposizione entrata in vigore solo a far data dal 1^ gennaio 2023, e si dimostri molto più ampia dell’elaborazione giurisprudenziale in materia -essendo accomunati dalla modifica legislativa anche motivi aggiunti che ampliano il thema decidendum – tuttavia essa rappresenta un supporto alla tesi propugnata dalla ricorrente, secondo cui la stretta connessione fra gli atti impugnati, a fronte di identici motivi di impugnazione, non può che condurre al riconoscimento di una connessione forte, non ampliativa dell’oggetto della decisione.
Si palesa, dunque, l’errore interpretativo commesso dalla Corte di giustizia tributaria di secondo grado nella lettura dell’art. 13, commi 6 bis e 6 bis.1 del d.P.R. 115 del 2002, alla luce della sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea
C61/14, posto che, da un lato, le censure rivolte all’atto di esclusione dalla gara sono le stesse formulate in via derivata al provvedimento di aggiudicazione, dall’altro, fra i due atti -e non solo fra i motivi- esiste uno stretto rapporto di pregiudizialitàdipendenza che importa la caducazione del secondo in forza della caducazione del primo, per effetto dell’accoglimento dei medesimi motivi.
Le ulteriori doglianze devono ritenersi assorbite.
Il ricorso va, dunque, accolto e la sentenza – non essendo necessario alcun ulteriore accertamento- deve essere cassata , ai sensi dell’art. 384, comma 2 cod. proc. civ., con decisione nel merito di accoglimento dell’originario ricorso. Le spese di lite di questo giudizio di legittimità sono poste a carico del controricorrente e vanno liquidate in euro 3.000,00 oltre euro 200,00 per esborsi, rimborso forfettario nella misura del 15%, I.V.A. e C.P.A come per legge. Le spese dei giudizi di merito possono essere compensate stante il consolidarsi in corso di causa dei su riportati indirizzi.
P.Q.M.
In accoglimento del primo motivo di ricorso, assorbiti gli altri, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, accoglie l’originario ricorso di parte contribuente.
Condanna il controricorrente al pagamento delle spese di lite di questo giudizio di legittimità, che liquida in euro 3.000,00 per compensi, oltre euro 200,00 per esborsi, rimborso forfettario nella misura del 15%, I.V.A. e C.P.A come per legge.
Compensa le spese di lite dei gradi di merito. Così deciso in Roma, in data 11 febbraio 2025 .