Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 11298 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 11298 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 29/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 31544/2020 R.G. proposto da : MINISTERO ECONOMIA FINANZE, in persona del Ministro pro tempore, domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (NUMERO_DOCUMENTO) che lo rappresenta e difende ex lege
-ricorrente-
CONTRO
COGNOME rappresentata e difesa dall’avv. COGNOME (CODICE_FISCALE
-controricorrente-
avverso SENTENZA di C.T.R. della Lombardia n. 650/2020 depositata il 27/02/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del l’ 11/02/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Il Ministero dell’Economia e delle Finanz e ricorre avverso la sentenza della C.T.R. della Lombardia che ha rigettato l’appello proposto dall’Amministrazione contro la sentenza della C.T.P. di Milano, di accoglimento del ricorso formulato da NOME COGNOME per l’annullamento dell’atto di irrogazione di sanzioni per l’integrazione del contributo unificato, dovuto a seguito dell’instaurazione del giudizio per l’impugnazione di intimazione di pagamento.
La C.T.R. ha ritenuto che, diversamente da quanto rappresentato con il gravame dal Ministero appellante, il ricorso instaurato dalla contribuente per l’annullamento dell’intimazione di pagamento riguardasse esclusivamente detto atto e non anche le cartelle esattoriali sottostanti non notificate, evocate nell’atto introduttivo del giudizio al solo fine di impugnare autonomamente l’intimazione di pagamento. La C.T.R. ha, inoltre, escluso ai fini dell’individuazione degli atti impugnati e quindi della determinazione del valore della lite per il pagamento del contributo unificato- la rilevanza della formulazione delle conclusioni del ricorso, nella parte in cui si chiede l’annullamento dell’intimazione di pagamento e ‘di ogni atto presupposto, prodromico, connesso e correlato’, dovendo detta formula considerarsi meramente di stile, come tale non suscettibile di ampliare l’oggetto del giudizio, limitato alla sola intimazione.
NOME COGNOME resiste con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Il Ministero dell’Economia e delle Finanz e formula un unico motivo di ricorso con cui fa valere, ex art. 360, comma 1 n. 3 c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli artt. 12, comma 2 e 19 comma 3 d.lgs. 546 del 1992, nonché dell’art. 14 comma 3 bis d.P.R. 115 del 2000. Rileva che con il ricorso introduttivo del giudizio la contribuente aveva chiaramente chiesto l’annullamento , oltre che dell’intimazione di pagamento, anche delle cinque cartelle sottostanti, tanto è vero che, dopo avere eccepito l’omessa notifica delle cartelle, assumendo che la circostanza fosse di per sé idonea a caducare ‘tutti gli atti impugnati’, concludeva per l’annullamento dell’intimazione di pagamento ‘nonché di ogni atto presupposto, prodromico e correlato’. Richiama il testo dell’art. 14, comma 3 bis d.P.R. 115 del 2002 e dell’art. 12, comma 2 d.lgs. 546 del 1992 , sottolineando che il legislatore ha previsto per il processo tributario un sistema di calcolo diverso da quello stabilito per il processo civile dall’art. 10 c.p.c.. Ricorda che la Corte Costituzionale, con la pronuncia n. 78/2016, ha precisato che il combinato disposto delle due norme deve essere letto nel senso che è la prima previsione (art. 14 comma 3 bis cit.) che costituisce il principio per la determinazione del contributo unificato, mentre la seconda (art. 12, comma 2 cit.) funge da mero corollario, specificando come definire la base di calcolo. Osserva che la scelta di impugnare con uno o con separati ricorsi una pluralità di atti, rimessa alla parte, non può riverberarsi sull’importo del contributo unificato. Con la conseguenza che, dovendo ritenersi che, nel caso di specie, contrariamente a quanto asserito dai giudici di merito, siano state impugnate anche le cartelle di pagamento insieme con la relativa intimazione, il contributo unificato non può che essere calcolato in relazione a ‘ciascun atto impugnato’.
Il motivo è inammissibile.
Nonostante la corretta premessa giuridica (sul punto è sufficiente ribadire il consolidato orientamento secondo cui ‘In caso di ricorsi cumulativi tributari, il contributo unificato deve essere determinato sulla base della somma dei contributi dovuti per ciascun atto impugnato, ex art. 14, comma 3-bis, d.P.R. n. 115 del 2002 vigente “ratione temporis”, assumendo all’uopo rilievo il richiamo da esso operato all’art. 12, comma 2, d.lgs. n. 546 del 1992, che introduce una disciplina speciale rispetto alla norma generale di rinvio ex art. 1 del medesimo d.lgs.; di talché risulta priva di portata innovativa la modifica dell’art. 14, comma 3-bis, cit. intervenuta ad opera dell’art. 1, comma 598, lett. a), legge n. 147 del 2013’ (Sez. 5 – , Ordinanza n. 16283 del 10/06/2021; Cass. Sez. 6, n. 37386 del 21/12/2022; cfr. anche Sez. 5, Ordinanza n. 17510 del 31/05/2022 e Sez. 5, Ordinanza n. 17510 del 2022), la doglianza finisce per risolversi in una censura relativa ad un accertamento di fatto, in relazione alla valutazione operata sia dalla sentenza di secondo, che di primo grado, sul contenuto della domanda formulata con il ricorso introduttivo del giudizio.
Occorre tenere conto che, secondo la giurisprudenza di legittimità: ‘Il giudice del merito, nell’indagine diretta all’individuazione del contenuto e della portata delle domande sottoposte alla sua cognizione, non è tenuto ad uniformarsi al tenore meramente letterale degli atti nei quali esse sono contenute, ma deve, per converso, avere riguardo al contenuto sostanziale della pretesa fatta valere, come desumibile dalla natura delle vicende dedotte e rappresentate dalla parte istante, mentre incorre nel vizio di omesso esame ove limiti la sua pronuncia alla sola prospettazione letterale della pretesa, trascurando la ricerca dell’effettivo suo contenuto sostanziale’ (così Cass. Sez. 3, 12/12/2014, n. 26159, Rv. 633524; cfr.
anche Cass. Sez. 3, 19/10/2015, n. 21087; in precedenza: Cass. Sez. 1, 14/11/2011, n. 23794).
La C.T.R., peraltro, giustifica adeguatamente il proprio ragionamento affermando che le conclusioni relative agli atti presupposti e prodromici, per come formulate, da un lato, non possano che qualificarsi come clausola di stile, dall’altro, che esse non sono idonee ad ampliare il thema decidedum. La sentenza qui impugnata, invero, non erra affatto nell’interpretare il quadro normativo di riferimento, ma afferma che ‘il ricorso in questione risulta inteso a conseguire l’annullamento del solo atto di intimazione gravato’. Quella compiuta dalla sentenza, dunque, è una pura valutazione di merito, incensurabile in questa sede di legittimità.
L’inammissibilità del motivo comporta il rigetto del ricorso, con condanna del Ministero dell’Economia e delle Finanze al pagamento delle spese di lite di questo giudizio di legittimità, da liquidarsi in euro 1.400,00, oltre ad euro 200,00 per esborsi, rimborso forfettario nella misura del 15%, IVA e CPA come per legge, da distrarsi in favore del procuratore antistatario.
Non si fa luogo alla pronuncia in ordine al pagamento del doppio contributo, ai sensi dell’art. 13 comma 1 -quater d.P.R. n. 115 del 2002, non sussistendone i presupposti.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il Ministero dell’Economia e delle Finanze al pagamento delle spese di lite di questo giudizio di legittimità, che liquida in euro 1400,00, oltre ad euro 200,00 per esborsi, rimborso forfettario nella misura del 15%, IVA e CPA come per legge, da distrarsi in favore del procuratore antistatario.
Così deciso in Roma, in data 11 febbraio 2025 .