Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 25826 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 25826 Anno 2025
Presidente: COGNOME RAGIONE_SOCIALE
Relatore: NOME COGNOME
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE Data pubblicazione: 22/09/2025
– SEZIONE TRIBUTARIA –
OGGETTO
composta dai seguenti magistrati:
NOME COGNOME
Presidente
NOME COGNOME
Consigliere – rel.-
NOME di Pisa
Consigliere
NOME COGNOME
Consigliere
NOME COGNOME
Consigliere
Ud. 27/06/2025
CONTRIBUTO
CONSORTILE STRADALE
– RUOLO – PIANO DI
RIPARTIZIONE –
MOTIVAZIONE CARTELLA
ha deliberato di pronunciare la seguente
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 22203/2023 del ruolo generale, proposto
DA
DI NOME COGNOME (codice fiscale CODICE_FISCALE, rappresentata e difesa, in virtù di procura speciale alla lite e nomina poste a margine del controricorso, dall’avv. NOME COGNOME (codice fiscale CODICE_FISCALE.
– RICORRENTE –
CONTRO
il RAGIONE_SOCIALE (codice fiscale CODICE_FISCALE, in persona del Presidente, legale rappresentante pro-tempore.
NONCHÈ
l’ RAGIONE_SOCIALE (codice fiscale CODICE_FISCALE, in persona del Direttore pro tempore .
per la cassazione della sentenza n. 1677/3/2023 della Commissione regionale del Lazio, depositata il 27 marzo 2023. Numero sezionale 5607/2025 Numero di raccolta generale 25826/2025 Data pubblicazione 22/09/2025
UDITA la relazione della causa svolta dal consigliere NOME COGNOME nella camera di consiglio celebratasi in data 27 giugno 2025.
FATTI DI CAUSA
Oggetto di controversia è la pretesa contenuta nella cartella indicata in atti con cui l’agente della riscossione aveva richiesto alla contribuente il pagamento della somma di 393,72 € a titolo di quota consortile per l’anno 2017 di cui ai ruoli del consorzio stradale obbligatorio di Colle Romito.
La Commissione tributaria regionale del Lazio rigettava l’appello proposto dalla contribuente contro la sentenza n. 10776/6/2021 della Commissione tributaria provinciale di Roma ritenendo che:
il Consorzio era competente ad emettere i ruoli per la riscossione delle entrate di sua pertinenza, come previsto dall’art. 7 d.lgs.lgt. n. 1446/1918 nei termini interpretati dalla Corte di cassazione con la pronuncia resa a Sezioni unite del 6 maggio 2013, n. 10403;
la convenzione stipulata tra il consorzio ed il comune di Ardea, che prevedeva che dovesse essere il comune ad emettere i ruoli, non poteva derogare ad una competenza normativamente stabilita da una fonte primaria;
la cartella doveva ritenersi motivata, in quanto recava tutti gli elementi rappresentativi della pretesa fiscale;
la specifica approvazione del piano di riparto è richiesta solo quando si procede alla modifica di quello originariamente approvato.
Avverso tale pronuncia NOME Di NOME notificava in data ricorso per cassazione, formulando tre motivi d’impugnazione, depositando in data 17 giugno 2025 memoria ex art. 380bis .1. c.p.c. Numero sezionale 5607/2025 Numero di raccolta generale 25826/2025 Data pubblicazione 22/09/2025
Il Consorzio Stradale di Colle INDIRIZZO e l’Agenzia delle Entrate-Riscossione sono restati intimati.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso la ricorrente ha eccepito, ai sensi dell’art. 360, primo comma, num. 4, c.p.c., la nullità della sentenza per violazione degli «artt. 1.2 D.Lgs. 546/92» (così a pagina n. 4 del ricorso), censurando la pronuncia impugnata, in quanto -giova riportarlo testualmente:
«Una volta escluso quindi che i ruoli dovessero essere formati dal Comune di Ardea, la Corte territoriale ha implicitamente escluso altresì che gli stessi dovessero comunque essere ulteriormente subordinati all’approvazione di un piano di ripartizione da parte del Comune medesimo.
Tuttavia, tale ragionamento non appare condivisibile poiché a fronte di una specifica doglianza della odierna ricorrente sul tema specifico, la Corte territoriale non ha tenuto conto che il Consorzio non aveva argomentato nulla al riguardo, limitandosi a ribadire la legittimità del proprio operato (altre sentenze della CTR Lazio hanno al contrario evidenziato la fallacia dell’operato del Consorzio: CTR n. 1757/17/19 del 2019 e CTR n. 2235 del 2018)» (v. pagina n. 5 del ricorso);
b. «Nel corso del giudizio di merito l’odierna ricorrente aveva evidenziato la violazione e/o falsa applicazione delle disposizioni di cui all’art. 7 del decreto legislativo luogotenenziale del 1° settembre 1918, n. 1446 » (v. pagina n. 5 del ricorso);
« In sede di gravame la Corte di Giustizia Tributaria, in accoglimento dell’appello del Consorzio non ha dichiarato la nullità di una cartella palesemente priva di motivazione» (così a pagina n. 6 del ricorso); Numero sezionale 5607/2025 Numero di raccolta generale 25826/2025 Data pubblicazione 22/09/2025
posta la natura di ente pubblico del Consorzio « non potrebbe negarsi la natura vincolante ed autoritativa dei provvedimenti dell’amministrazione comunale anche successivamente alla costituzione del Consorzio.
Diretta conseguenza di ciò è che non verrebbe meno la possibilità per il Comune (la cui partecipazione, peraltro, per le strade vicinali di uso pubblico è obbligatoria ex art. 3 del citato d.l.l.) di sovrintendere ad ogni eventuale successiva statuizione» (così alle pagine nn. 6 e 7 del ricorso);
«L’assetto normativo voluto dal legislatore trova diretta conferma nello stesso art. 7 il quale prevede poi che il piano di ripartizione delle spese debba essere successivamente approvato dal Consiglio Comunale, prevedendosi all’interno del testo normativo una serie di poteri espressamente riservati al Sindaco ed al Consiglio Comunale (artt. 14 e 16).
Sulla scorta di quanto sopra esposto, appare evidente nel contesto ora devoluto alla Corte di Cassazione, che il giudice di seconde cure, nell’accogliere l’appello del Consorzio, non abbia preso in considerazione la questione -del tutto centrale -relativa all’arbitraria assunzione da parte del Consorzio di prerogative che la legge riconosce invece esclusivamente in capo al Comune essendo quest’ultimo l’unico ente deputato ad emettere i ruoli di riscossione» (così a pagina n. 7 del ricorso);
Appare evidente che la condotta del Consorzio il quale si è illegittimamente sostituito al Comune di Ardea nello svolgimento di funzioni attribuite a quest’ultimo, sia stata vieppiù del tutto
lesiva dei più fondamentali diritti di difesa dei consorziati e che si sia posta ab origine in aperto contrasto con le norme che regolano la motivazione degli atti impositivi basata sul mero rinvio ad altri atti, così come individuate dall’art. 7, primo comma, della legge n. 212 del 27 luglio 2000, nota come ‘Statuto del contribuente’, che ha esplicitamente esteso agli atti impositivi il dettato dell’art. 3, terzo comma, della legge 7 agosto 1990, n. 241 secondo cui: ‘Se le ragioni della decisione risultano da altro atto dell’amministrazione richiamato dalla decisione stessa, insieme alla comunicazione di quest’ultima deve essere indicato e reso disponibile…anche l’atto cui essa si richiama. Numero sezionale 5607/2025 Numero di raccolta generale 25826/2025 Data pubblicazione 22/09/2025
Nel caso che interessa, la mancanza di tali atti del procedimento ha impedito al consorziato di comprendere compiutamente le ragioni di una pretesa oscura ed ingiusta recata dalla cartella di pagamento impugnata. Emerge per tabulas che l’attività del Consorzio non è stata quindi supportata da alcuna motivazione oltre che apertamente contraddetta dalla normativa vigente» (v. pagina n. 8 del ricorso);
h. «La cartella impugnata non contiene gli elementi necessari alla corretta identificazione dell’asserito debito.
Manca la firma del responsabile del procedimento o meglio, anche se riportata è in copia non autenticata. Dal dettaglio riassuntivo della cartella sono menzionati degli interessi moratori. Di questi, non vi è traccia alcuna della loro determinazione impedendo di fatto di verificare la correttezza del calcolo degli interessi (Ordinanza Cassazione n. 10481/2018 del 21 marzo 2018, nonché Cassazione 8651/2009 e Cassazione n. 15554/2017).
Inoltre l’odierna ricorrente aveva contestato la stessa misura del preteso credito del Consorzio poiché riconducibile a spese e
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servizi in realtà di competenza del Comune di Ardea e per i quali il contribuente già versava i relativi tributi: si trattava della TARI (servizio di nettezza urbana comprensivo della raccolta del verde, dell’umido e degli ingombranti); della TASI (Tassa sui servizi indivisibili, tra i quali la pulizia delle strade, compreso il 43% delle strade del Consorzio). Vi era dunque una evidente duplicazione perché la contribuente, in buona sostanza, pagava sia al Comune che al Consorzio gli stessi servizi. Numero di raccolta generale 25826/2025 Data pubblicazione 22/09/2025
Ora, senza prendere atto del motivo di censura suddetto, la sentenza qui impugnata ha omesso di argomentare sull’inattendibilità dell’operato del Consorzio» (così a pagina n. 9 del ricorso).
Con la seconda censura l’istante ha eccepito, a mente dell’art. 360, primo comma, num. 4, c.p.c., la nullità della sentenza per violazione degli «artt. 1.2 D.Lgs. 546/92» (così a pagina n. 10 del ricorso), censurando la pronuncia impugnata, in quanto -giova riportarlo testualmente:
«In sede di gravame la Corte territoriale, omettendo di dichiarare la nullità di una cartella palesemente priva di motivazione, aveva costruito la propria decisione in modo tautologico (v. pagine nn. 10 ed 11 del ricorso);
posta la natura di ente pubblico del Consorzio « non potrebbe negarsi la natura vincolante ed autoritativa dei provvedimenti dell’amministrazione comunale anche successivamente alla costituzione del Consorzio.
Diretta conseguenza di ciò è che non verrebbe meno la possibilità per il Comune (la cui partecipazione, peraltro, per le strade vicinali di uso pubblico è obbligatoria ex art. 3 del citato d.l.l.) di sovrintendere ad ogni eventuale successiva statuizione.
Lo stesso art. 2 del d.l.l. n. 1446/1918 prevede che l’iniziativa per la creazione del consorzio sia rimessa agli organi del Comune, e che la costituzione del consorzio sia approvata dal Consiglio Comunale, decorsi i termini per la decisione sui reclami degli utenti (art. 3 co. 3) spettando anche al Consiglio Comunale l’approvazione dell’elenco degli utenti e del piano di ripartizione» (così a pagina n. 11 del ricorso); Numero sezionale 5607/2025 Numero di raccolta generale 25826/2025 Data pubblicazione 22/09/2025
Con la terza doglianza la contribuente ha eccepito, a mente dell’art. 360, primo comma, num. 4, c.p.c., la nullità della sentenza per violazione degli «artt. 1.2 D.Lgs. 546/92» (così a pagina n. 12 del ricorso), censurando la pronuncia impugnata, in quanto -giova riportarlo testualmente:
«La sentenza ha rigettato una domanda univocamente volta a far accertare l’illegittimità della cartella per vizio di motivazione per non essere stati chiariti i presupposti della pretesa.
Invero la cartella di pagamento si limita ad una generica indicazione dell’immobile assoggettandolo a contribuzione senza indicare le opere di cui avrebbe beneficiato e dalle quali si è generata la spesa sostenuta, la quota parte al netto di quella finanziata con contributi pubblici e la quota parte a carico del contribuente» (così a pagine n. 12 del ricorso);
«Nel caso che interessa, la mancanza di tali atti del procedimento ha impedito al consorziato di comprendere compiutamente le ragioni di una pretesa oscura ed ingiusta recata dalla cartella di pagamento impugnata. Emerge per tabulas che l’attività del Consorzio non è stata quindi supportata da alcuna motivazione oltre che apertamente contraddetta dalla normativa vigente» (così a pagine n. 13 del ricorso);
La cartella impugnata non contiene gli elementi necessari alla corretta identificazione dell’asserito debito.
Manca la firma del responsabile del procedimento o meglio, anche se riportata è in copia non autenticata. Dal dettaglio riassuntivo della cartella sono menzionati degli interessi moratori. Di questi, non vi è traccia alcuna della loro determinazione impedendo di fatto di verificare la correttezza del calcolo degli interessi (Ordinanza Cassazione n. 10481/2018 del 21 marzo 2018, nonché Cassazione 8651/2009 e Cassazione n. 15554/2017). Numero sezionale 5607/2025 Numero di raccolta generale 25826/2025 Data pubblicazione 22/09/2025
Inoltre nel giudizio era stata contestata la stessa misura del preteso credito del Consorzio poiché riconducibile a spese e servizi in realtà di competenza del Comune di Ardea e per i quali il contribuente già versava i relativi tributi con evidente duplicazione perché il contribuente, in buona sostanza, pagava sia al Comune che al Consorzio gli stessi servizi (così alle pagine nn. 13 e 14 del ricorso)».
I tre motivi vanno unitariamente trattati, in ragione della loro connessione, e vanno dichiarati inammissibili
4.1. Lo sono innanzitutto perché si richiamano ad un canone censorio inappropriato (art. 360, primo comma, num. 4, c.p.c. in relazione agli artt. «1.2» d.lgs. n. 546/1992) e non comprensibile, sfuggendo l’attinenza alla controversia in esame degli artt. 1 e 2 d.lgs. n. 546/1992 concernenti rispettivamente gli organi e l’oggetto della giustizia tributaria.
4.2. Lo sono, altresì, perché si qualificano per il loro carattere misto, essendo stati dedotti, peraltro in modo ripetitivo, vizi di violazione di legge, di omessa motivazione della sentenza e della cartella, nonchè di deficit probatorio della pretesa.
Questa Corte ha affermato il principio dell’inammissibilità della mescolanza e della sovrapposizione di mezzi d’impugnazione eterogenei, facenti cioè riferimento a teoriche -qui nemmeno
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dedotte – ipotesi contemplate dall’art. 360, primo comma, c.p.c. « non essendo consentita la prospettazione di una medesima questione sotto profili incompatibili e ciò in quanto una simile formulazione mira a rimettere al giudice di legittimità il compito di isolare le singole censure teoricamente proponibili, onde ricondurle ad uno dei mezzi d’impugnazione enunciati dall’art. 360 c.p.c., per poi ricercare quale o quali disposizioni sarebbero utilizzabili allo scopo, così attribuendo, inammissibilmente, al giudice di legittimità il compito di dare forma e contenuto giuridico alle lagnanze del ricorrente, al fine di decidere successivamente su di esse (Cass. Sez. 1 – Ordinanza n. 26874 del 23/10/2018; Cass. Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 7009 del 17/03/2017; Cass. Sez. 1, Sentenza n. 21611 del 20/09/2013; Cass. Sez. 1, Sentenza n. 19443 del 23/09/2011)» (così, anche da ultimo, Cass., Sez. L., 6 febbraio 2024, n. 3397). Numero di raccolta generale 25826/2025 Data pubblicazione 22/09/2025
Tale tecnica espositiva contrasta con il principio di tassatività dei motivi di impugnazione per cassazione e con l’orientamento della giurisprudenza di legittimità per cui essa riversa impropriamente sul giudice di legittimità il compito di isolare, all’interno di ciascun motivo, le singole censure cf. Cass., Sez. I, 2 maggio 2022, n. 13809, che richiama, « ex plurimis , Cass. n. 6866 del 2022; Cass. n. 33348 del 2018; Cass. n. 19761, n. 19040, n. 13336 e n. 6690 del 2016; Cass. n. 5964 del 2015; Cass. n. 26018 e n. 22404 del 2014».
4.3. Quanto al terzo motivo, calibrato sul difetto di motivazione della cartella, esso risulta inammissibile per il suo assoluto difetto di autosufficienza, avendo la difesa della contribuente omesso di illustrare, con riferimento ai dati contestati, il contenuto rilevante della cartella impugnata.
Va allora ribadito il consolidato principio espresso da questa Corte, in tema di avviso di accertamento, ma con affermazione di
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principio valevole anche per la cartella – secondo cui qualora il ricorrente censuri la sentenza di una commissione tributaria regionale sotto il profilo della congruità del giudizio espresso in ordine alla motivazione di un avviso di accertamento – il quale non è atto processuale, bensì amministrativo, la cui motivazione, comprensiva dei presupposti di fatto e delle ragioni giuridiche che lo giustificano, costituisce imprescindibile requisito di legittimità dell’atto stesso – è necessario, a pena di inammissibilità, che il ricorso riporti testualmente, o quantomeno riassuma ed illustri i passi della motivazione di detto atto che si assumono erroneamente interpretati o pretermessi dal giudice di merito, al fine di consentire alla Corte di cassazione di esprimere il suo giudizio sulla suddetta congruità esclusivamente in base al ricorso medesimo», occorrendo assolvere al duplice onere imposto dall’art. 366, primo comma, num. 6., c.p.c. di produrre agli atti il documento contestato e di indicarne il contenuto, trascrivendolo o riassumendolo nel ricorso (così, tra le tante, Cass., Sez. T, 27 giugno 2023, n. 18387; Cass., Sez. T, 21 giugno 2023, n. 17840, che richiama cfr. Cass., Sez. V, 28 giugno 2017, n. 16147, Cass. Sez. V, 13 febbraio 2015, n. 2928, Cass., Sez. V, 4 aprile 2013, n. 8312; Cass., Sez. V, 19 dicembre 2022, n. 37170; Cass., Sez. 5 civ., 13 novembre 2018, n. 29093, che richiama Cass. Sez. VI/III, 28 settembre 2016, n. 19048 e, sul piano generale, Cass., Sez. U. civ., 27 dicembre 2019, n. 34469; Cass., Sez. T., 25 ottobre 2022, n. 31554, che richiama Cass., Sez. V, 4 aprile 2013, n. 8312, Cass., Sez. V, 19 aprile 2013, n. 9536, Cass., Sez. V, 10 dicembre 2021, n. 39283, Cass., Sez. V, 6 novembre 2019, n. 28570, Cass., Sez. V, 14 marzo 2022, n. 8156, Cass., Sez. VI/V, 11 maggio 2022, n. 14905 ed ancora Cass., Sez. I, 19 aprile 2022, n. 12481; ancora, più recentemente, Cass., Sez. T., 25 gennaio 2024, n. 2456; Cass., Sez. T. 10 giugno 2024, n. 16096; in tema di cartella Data pubblicazione 22/09/2025
relativa a contributo consortili, sinteticamente, Cass., Sez. T. 28 aprile 2025, n. 11178). Numero di raccolta generale 25826/2025 Data pubblicazione 22/09/2025
5. Val la pena di aggiungere, per mera completezza di analisi, che la soluzione di merito fornita dal Giudice regionale risulta anche corretta, giacchè dal contesto normativo rilevante (art. 1, primo comma, 2 e 7 d.lgs.lgt. n. 1446/1918, 14 della legge n. 126/1958) emerge che compete al consiglio comunale l’approvazione del piano di ripartizione di spesa, mentre spetta al consorzio (ente pubblico obbligatorio; v. Cass., Sez. un., 6 maggio 2013, n. 10403) il potere impositivo e, con esso, la connessa attività di redazione dei ruoli compilati in base al piano di ripartizione approvato dal consiglio comunale (non per ciascuno anno) ed all’esattore comunale (ora ai soggetti abilitati ex art. 52 d.lgs. 446/1997) l’attività di riscossione dei contributi dovuti dai consorziati.
È, difatti, il consorzio ad essere titolare dell’attività gestoria dei beni e dunque del gettito contributivo che ne è correlato, cui si collega necessariamente il potere impositivo e, con esso, la connessa attività di redazione dei ruoli compilati in base al piano di ripartizione approvato dal consiglio comunale.
La disposizione, del resto, rimanda alle modalità della riscossione delle imposte dirette, mediante ruoli compilati in base al piano di ripartizione approvato dal consiglio comunale, il che, da un lato, consente di ritenere che sia il titolare della pretesa tributario (nella specie il consorzio) e quindi l’amministrazione creditrice ad essere il soggetto tenuto all’iscrizione a ruolo e, dall’altro, circoscrive l’attività comunale alla sola approvazione del piano ripartizione dei contributi dovuti, quale atto presupposto all’iscrizione a ruolo.
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Né può giustificare una diversa soluzione la previsione dell’art. 5 della convenzione del 7 maggio 2010 intercorsa tra i consorzio ed il comune di Ardea, giacchè non può una convenzione tra enti sovvertire il criterio normativo della competenza circa il potere impositivo, che, per quanto detto, appartiene al consorzio, al quale spetta il contributo consortile (v. Cass., Sez. un., 6 maggio 2013, n. 10403 cit.), e non anche al Comune cui compete solo l’approvazione (da parte del consiglio comunale) del piano di ripartizione.
Le illustrate riflessioni non possono essere precluse dal rilievo dei giudicati sollevato dalla ricorrente nella memoria di cui all’art. 380 -bis. 1. c.p.c., in cui ha segnalato una serie di sentenze alla medesima favorevoli sul tema (giuridico) dell’approvazione dei ruoli da parte del Consiglio Comunale ai sensi e per gli effetti dell’art. 7 d.lgs n. 1446/1918 e l’assenza di prova della delega rilasciata dal Comune all’agenzia della riscossione per la riscossione dei contributi consortili.
6.1. Quest’ultima circostanza riguarda un nuovo profilo, peraltro di natura fattuale, che non può ricevere ingresso nella sede che occupa.
6.2. Quanto alla titolarità del potere impositivo si tratta di questione squisitamente giuridica e va, quindi, rammentato il principio secondo il quale il giudicato può formarsi ed essere invocato solo sulle circostanze che hanno costituito oggetto di apprezzamenti di fatto e non anche su questioni giuridiche.
Per consolidata giurisprudenza di questa Corte, difatti, l’attività interpretativa delle norme giuridiche compiuta da un giudice, in quanto consustanziale allo stesso esercizio della funzione giurisdizionale, non può mai costituire limite all’attività esegetica esercitata da un altro giudice, né è suscettibile di passare in
giudicato autonomamente dalla domanda o dal capo di essa cui si riferiscono, assolvendo ad una funzione meramente strumentale rispetto alla decisione, dovendosi richiamare a tal proposito il distinto modo in cui opera il vincolo determinato dalla efficacia oggettiva del giudicato ex art. 2909 c.c. rispetto a quello imposto, in altri ordinamenti giuridici, dal principio dello ” stare decisis ” (cioè del-precedente giurisprudenziale vincolante”), che non trova riconoscimento nell’attuale ordinamento processuale (così Cass., Sez. V, 7 aprile 2022, n. 11331, che richiama Cass., Sez. 5, 21 ottobre 2013, n. 23723; Cass., Sez. 5, 15 luglio 2016, n. 14509 e Cass., Sez. T., 1° giugno 2021, n. 15215, cui adde , Cass., Sez. T., 23 marzo 2023, n. 8417; Cass., Sez. I, 4 gennaio 2024, n. 211 e Cass., Sez. T., 5 marzo 2024, n. 5822). Numero sezionale 5607/2025 Numero di raccolta generale 25826/2025 Data pubblicazione 22/09/2025
6.3. Privo di ogni rilievo risulta, infine il deposito, con la citata memoria, della pronuncia di questa Corte n. 15570 dell’11 giugno 2025, che ha ritenuto inficiata da difetto di motivazione la cartella (che ha costituito il primo atto notificato al contribuente) che non menzioni le delibere di approvazione del piano di classifica, del perimetro di contribuenza e di approvazione del bilancio consortile.
L’esame della questione della motivazione della cartella resta, infatti, a monte, preclusa dalla ritenuta inammissibilità del motivo.
Alla stregua delle riflessioni svolte, il ricorso va, quindi, dichiarato inammissibile.
Non vi è ragione di liquidare le spese di giudizio, non avendo il Consorzio e l’Agenzia delle Entrate -Riscossione svolto difese.
Nondimeno, va dato atto che sussistono le condizioni di cui all’art. 13, comma 1 -quater , d.P.R. n. 115/2002, per il
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versamento da parte del ricorrente di una somma ulteriore pari a quella eventualmente dovuta a titolo di contributo unificato. Numero di raccolta generale 25826/2025 Data pubblicazione 22/09/2025
P.Q.M.
la Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Dà atto che sussistono le condizioni di cui all’art. 13, comma 1 -quater , d.P.R. n. 115/2002, per il versamento da parte della ricorrente di una somma ulteriore pari a quella eventualmente dovuta a titolo di contributo unificato.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 27 giugno 2025.
IL PRESIDENTE NOME COGNOME