Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 19134 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 19134 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 11/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 16775/2021 R.G. proposto da:
COGNOME NOME rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME
-ricorrente-
contro
CONSORZIO DI RAGIONE_SOCIALE COGNOME RAGIONE_SOCIALE TRONTO TORDINO E COGNOME rappresentato e difeso dall’avv. COGNOME
-controricorrente-
avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. Abruzzo n. 609/2020 depositata il 07/12/2020.
Cui è riunito il ricorso iscritto al n. 16789/2021 RG proposto da:
COGNOME NOME rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME
-ricorrente-
contro
CONSORZIO DI RAGIONE_SOCIALE COGNOME RAGIONE_SOCIALE TRONTO TORDINO E COGNOME rappresentato e difeso dall’avv. COGNOME
-controricorrente-
NONCHE’
Agenzia delle Entrate -Riscossione
Intimata avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. Abruzzo n. 608/2020 depositata il 07/12/2020. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 29/05/2025
dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
1.Il 14 aprile 2017, l’Agenzia delle Entrate – Riscossione notificava alla sig.ra NOME COGNOME la cartella di pagamento n. 10820170001937324 per il contributo consortile per l’annualità 2016, relativo al Consorzio di Bonifica Nord – Bacino Tronto, Tordino e Vomano, per un totale di € 18,23. La cartella faceva riferimento a verifiche del Consorzio secondo cui la contribuente risultava debitrice per un’area di 800 mq.
La sig.ra COGNOME impugnava la cartella dinanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Teramo, chiedendone l’annullamento, deducendo che gli immobili di sua proprietà non ricevevano alcun beneficio dal Consorzio e che difettava l’indicazione specifica dell’immobile soggetto al tributo.
Con sentenza n. 224/2018 del 18 giugno 2018, i giudici di prossimità accoglievano il ricorso, ritenendo inesistenti i presupposti applicativi della pretesa tributaria per l’annualità 2016.
Sugli appelli di COGNOME e del Consorzio, la Commissione Tributaria Regionale (CTR) Abruzzo emetteva due sentenze separate, in data 18 giugno 2018, rigettando le domande della
contribuente e dichiarando l’improponibilità della riunione dei procedimenti.
La contribuente ricorre avverso entrambe le sentenze d’appello, nn . n. 609/2020 e 608/2020 del 24 ottobre 2019 e depositate il 7 dicembre 2020, svolgendo, nel ricorso n. Rg 16775/2021 tre motivi e nel ricorso n. R.G.16780/2021 sei motivi.
Replica, in entrambi i giudizi, con controricorso il Consorzio.
L’Agenzia delle Entrate riscossione deposita nota per la partecipazione all’udienza.
La contribuente ha depositato memorie difensive in prossimità dell’udienza.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1.In via preliminare deve essere disattesa l’eccezione di invalidità della procura sollevata dal Consorzio.
In caso di ricorso per cassazione nativo digitale, notificato e depositato in modalità telematica, l’allegazione mediante strumenti informatici di copia digitalizzata della procura alle liti redatta su supporto cartaceo, con sottoscrizione autografa della parte e autenticata con firma digitale dal difensore integra l’ipotesi ex art. 83 c.p.c., comma 3, di procura speciale apposta in calce al ricorso; inoltre, il requisito della specialità della procura, richiesto a pena di inammissibilità dall’art. 365 c.p.c., è integrato, indipendentemente dal suo contenuto, dalla congiunzione (cd. “collocazione topografica”) realizzata dall’avvocato, ex art. 83, comma 3, c.p.c., tra la procura rilasciata su foglio separato con firma autenticata e l’atto cui si riferisce, e quindi anche se la procura non contiene un espresso riferimento al provvedimento da impugnare o al giudizio da promuovere, purché da essa non risulti, in maniera evidente, la non riferibilità all’attività professionale tipica del giudizio di legittimità, ed il suo conferimento non sia antecedente alla pubblicazione di detto provvedimento o successivo alla
notificazione del ricorso( Cass. n. 8334/2024; S.U. n. 2075/2024; S.U. n. 2077/2024).
2.ll Collegio, preliminarmente, dispone, ai sensi dell’art. 274 c.p.c., la riunione al ricorso n. 16775/2021 del ricorso n. 16780/2021 in base al principio generale secondo cui il giudice può ordinare la riunione in un solo processo di impugnazioni diverse, oltre che nei casi espressamente previsti, anche ove ravvisi in concreto come nella specie appare del tutto evidente – elementi di connessione tali da rendere opportuno, per ragioni di economia processuale, il loro esame congiunto (Cass. Sez. un., n. 18050 del 2010).
Rg n. 16775/2021
1.Il primo motivo, introdotto ai sensi dell’art. 360, primo comma, nn. 3 e 4, c.p.c. deduce ; si assume che la Corte distrettuale, nonostante avesse correttamente disposto la riunione dei procedimenti relativi agli appelli della contribuente e del Consorzio (come da verbale d’udienza del 24.10.2019), ha successivamente dichiarato ‘improponibile’ tale riunione nella motivazione della sentenza impugnata. Questa contraddittorietà ha indotto la stessa Commissione regionale a pronunciarsi separatamente su questioni che avrebbero dovuto essere trattate unitariamente, costringendo la difesa a proporre due distinti ricorsi per Cassazione relativi alla stessa sentenza della CTP di Teramo.
Si osserva che detto modus operandi è illogico e contrario al disposto dell’art. 335 c.p.c., che impone la riunione di impugnazioni proposte separatamente contro la medesima sentenza. La mancata riunione ha determinato l’errore della Commissione d’appello nel pronunciarsi su questioni relative all’altro giudizio di impugnazione che, se correttamente riunito, sarebbe stato trattato congiuntamente.
Il motivo non merita accoglimento.
Avuto riguardo alla presente vicenda, secondo questa Corte l’inosservanza da parte del giudice di appello dell’obbligo di riunire in un unico procedimento tutti i gravami separatamente proposti contro la medesima sentenza non spiega effetti quando, nonostante la mancanza di un formale provvedimento di riunione, dette impugnazioni abbiano sostanzialmente avuto uno svolgimento unitario, in quanto chiamate alle stesse udienze, nonchè contestualmente discusse e decise dallo stesso collegio con il medesimo relatore, sicchè si resti nell’ambito della mera redazione separata di due pronunce per una decisione di tipo unitario (salva poi la facoltà di riunione dei ricorsi che siano stati proposti contro tali pronunce) (Cass. 6578/01; n. 20514/2016).
2. La seconda censura, proposta ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c., denuncia . Si afferma che il decidente non ha esaminato i numerosi elaborati tecnici prodotti sia dalla ricorrente che dal Consorzio di Bonifica, relativi all’esecuzione di opere di bonifica e ai benefici asseritamente arrecati all’immobile della sig.ra COGNOME.
La ricorrente rileva di aver prodotto due perizie tecniche nel primo grado (doc. 14 e doc. 15) e una ulteriore perizia nel secondo grado (doc. 16), tutte attestanti l’assenza di opere del Consorzio nell’area interessata e, quindi, di benefici al suo immobile; mentre il Consorzio ha prodotto una sola perizia (Geom. COGNOME) depositata in entrambi i gradi di giudizio, che afferma genericamente la realizzazione di opere infrastrutturali e idrauliche, senza specifici benefici per l’immobile della ricorrente. La sentenza della CTR
avrebbe ‘copiato’ alcuni passaggi del ricorso in appello del Consorzio, ignorando del tutto le perizie tecniche prodotte dalla ricorrente. Si obietta che il Collegio d’appello ha ignorato la documentazione tecnica prodotta dall’Ing. COGNOME la quale non conteneva solo fotografie ma anche descrizioni dettagliate dello stato dei luoghi, planimetrie catastali, cartografie ufficiali e inquadramenti territoriali. Il decidente, invece, ha affermato erroneamente che il ricorso introduttivo fosse basato solo su fotografie, interpretando il Piano di Classifica come prova di opere già realizzate, quando in realtà rappresenta la previsione di interventi futuri. La Commissione ha, dunque, adottato una motivazione tautologica, senza verificare la concretezza delle opere o dei benefici dichiarati, accogliendo le generiche allegazioni difensive del Consorzio, senza accertare quali opere siano state realizzate, dove e con quali benefici concreti per il fondo della contribuente.
Infine, si afferma che i lavori riportati nella Tabella dal 2006 al 2016 si riferiscono a zone distanti dall’immobile della contribuente, non apportando, pertanto, benefici diretti al fondo de quo, elementi ignorati dal Collegio d’appello che ha aderito acriticamente alle argomentazioni del Consorzio.
3. Il terzo mezzo di ricorso denuncia .
Si sostiene che l’art. 860 c.c. prevede che i contributi consortili siano dovuti solo se l’immobile tragga un beneficio diretto e specifico dalle opere di bonifica. La decisione della CTR si è basata, invece, su un Piano di classifica del 2001, non più in vigore
nell’anno 2016 (anno di riferimento del tributo) così come la perizia presentata dal Consorzio si basa su tale Piano ormai superato.
La Corte distrettuale afferma erroneamente che il terreno ricade nel bacino idrografico del Fiume Tordino, ancorchè la difesa abbia dimostrato che esso ricade nel bacino idrografico Giserga, reiterando le deduzioni difensive relative alla carenza probatoria delle opere di bonifica realizzate e dei conseguenti benefici specifici e diretti prodotti in favore dell’immobile in questione.
Si obietta che il giudicante ha confuso la contestazione del Piano di Classifica in sede tributaria con l’impugnazione amministrativa, evidenziando che se il contribuente contesta la vantaggiosità delle opere, il Consorzio ha l’onere di provare l’esistenza del beneficio diretto e specifico. In questo caso, tale prova è stata carente o del tutto assente.
Si osserva che, attraverso una serie di perizie tecniche, è stata fornita la prova dell’assenza di benefici diretti o specifici per il terreno di proprietà NOME derivanti dalle attività del Consorzio e che gli interventi sono stati realizzati in un’area posta a decine di chilometri di distanza dal terreno in questione e privi di correlazione con il fondo; l’unico intervento che avrebbe potuto riguardare la zona in cui ricade il fondo della ricorrente è la “sistemazione idraulica del INDIRIZZO Giserga”, ma anche questo intervento, seppur citato, non è stato dimostrato essere effettivamente utile per l’immobile della ricorrente.
4. Il secondo motivo di ricorso è parimenti inammissibile, per la sovrapposizione inestricabile di censure (la pretesa violazione di legge con l’assunto difetto assoluto della motivazione sul punto), peraltro tra loro anche inconciliabili; nel corpo del mezzo espone critiche in fatto ed in diritto contemporaneamente e senza alcuna gradazione o distinzione tra loro, dando luogo ad una sostanziale mescolanza e sovrapposizione di censure, con l’inammissibile prospettazione della medesima questione sotto profili incompatibili
(Cass. 23/10/2018, n. 26874; Cass. 23/09/2011, n. 19443; Cass. 11/04/2008, n. 9470), non risultando specificamente separati la trattazione delle doglianze relative all’interpretazione o all’applicazione delle norme di diritto appropriate alla fattispecie ed i profili attinenti alla ricostruzione del fatto (Cass. 11/04/2018, n. 8915; Cass. 23/04/2013, n. 9793). Si tratta quindi di censure non ontologicamente distinte dallo stesso ricorrente e quindi non autonomamente individuabili, senza un inammissibile intervento di selezione e ricostruzione del mezzo d’impugnazione da parte di questa Corte.
Ad ogni buon conto, l’inammissibilità resta, sia pure sotto altro profilo, anche operando, in base ad altro orientamento di questa Corte (cfr. Cass. n. 39169/2021, che richiama Cass. n. 26790/2018, Cass. n. 19893/2017, Cass. n. 7009/2017, Cass, Sez. Un., n. 9100/2015, Cass., Sez. Un., n. 17931/2013; Cass., Sez. Un., n. 32415/2021), una risistemazione dei motivi, una loro scissione, come se fossero separati, alternativi o subordinati, ricostruendoli, sotto il profilo della violazione di legge e del vizio di motivazione rilevante, in relazione alle questioni sostanziali sollevate. In tale prospettiva, infatti, i motivi si presentano, in larga misura, aspecifici, non confrontandosi con le ragioni poste a base della sentenza impugnata, né confutandole, limitandosi ad una riedizione delle difese in precedenza svolte, come se anche il giudizio di esame fosse un ulteriore, inammissibile, grado di merito (Cass. nn.39169 e 36881 del 2021; Cass. n. 3397/2024).
4.1.La censura, laddove propone il vizio cassatorio di cui al n. 5) dell’art. 360, primo comma c.p.c. concernente l’erronea valutazione delle perizie (o l’omesso esame delle stesse) cela in realtà la confutazione della valutazione che il giudice del merito ha svolto delle risultanze istruttorie, sulla base di un giudizio che in quanto tale non è sindacabile in sede di legittimità e ciò sia perché la contestazione della persuasività del ragionamento del giudice di
merito nella valutazione delle risultanze istruttorie attiene alla sufficienza della motivazione, non più censurabile secondo il nuovo parametro di cui all’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., sia perché con il ricorso per cassazione la parte non può rimettere in discussione, contrapponendovi la propria, la valutazione delle risultanze processuali e la ricostruzione della fattispecie operate dai giudici del merito, trattandosi di accertamento di fatto, precluso in sede di legittimità (Cass., sez. 6-5, 15/05/2018, n. 11863; Cass., sez. 6-5, 17/12/2017, n. 29404; Cass., sez. 1, 02/08/2016).
4.2. Il mezzo in rassegna spinge la Corte verso un’inammissibile rivalutazione delle questioni di merito oggetto di controversia, in particolare verso ad una rivisitazione dell’accertamento di fatto operato dai giudici distrettuali secondo cui .
E’ con tale giudizio che si scontra la valutazione di segno diverso contenuta nel motivo di censura, la quale resta pertanto sul piano dell’apprezzamento delle risultanze istruttorie; il giudizio sulla irrilevanza o non attendibilità di una perizia di parte è insindacabile in cassazione, involgendo una valutazione di fatto che può essere censurata soltanto se basata su erronei principi giuridici, ovvero su vizio motivazionale (Cass. n. 34189 del 2022).
4.3. La censura è inammissibile anche sotto il profilo del canone censorio della violazione di legge. In tema di ricorso per cassazione, la violazione dell’art. 2697 c.c. si configura soltanto nell’ipotesi in cui il giudice abbia attribuito l’onere della prova ad una parte diversa da quella su cui esso avrebbe dovuto gravare secondo le regole di scomposizione delle fattispecie basate sulla differenza tra fatti costitutivi ed eccezioni, mentre, per dedurre la violazione dell’art. 115 c.p.c., occorre denunziare che il giudice, contraddicendo espressamente o implicitamente la regola posta da tale disposizione, abbia posto a fondamento della decisione prove non introdotte dalle parti, ma disposte di sua iniziativa fuori dei poteri officiosi riconosciutigli, non anche che il medesimo, nel valutare le prove proposte dalle parti, abbia attribuito maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre, essendo tale attività consentita dall’art. 116 c.p.c. (Cass. n. 26739/2024;
26769 del 2018);mentre, per dedurre la violazione dell’art. 115 c.p.c., occorre denunziare che il giudice, contraddicendo espressamente o implicitamente la regola posta da tale disposizione, abbia posto a fondamento della decisione prove non introdotte dalle parti, ma disposte di sua iniziativa fuori dei poteri officiosi riconosciutigli, non anche che il medesimo, nel valutare le prove proposte dalle parti, abbia attribuito maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre, essendo tale attività consentita dall’art. 116 c.p.c.» (Cass. Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 26769 del 23/10/2018).
In ogni caso, nel caso di specie, non vi è stata inversione dell’onere della prova, atteso che la CTR ha fondato il proprio convincimento sulle perizie allegate dal Consorzio, ritenendo che gli elementi forniti dalle perizie di parte contribuente fossero del tutto inidonee a suffragare la tesi dalla predetta sostenuta.
4.4. Sotto altro profilo, si osserva che la perizia stragiudiziale, ancorché asseverata con giuramento, non è dotata di efficacia probatoria nemmeno rispetto ai fatti che il consulente asserisce di aver accertato, e ad essa si può solo riconoscere valore di indizio, al pari di ogni documento proveniente da un terzo, il cui apprezzamento è affidato alla valutazione discrezionale del giudice di merito, ma della quale non è obbligato in nessun caso a tenere conto. Né presenta le caratteristiche necessarie per rientrare nella nozione di “documento decisivo” ai sensi dell’art. 395, n. 3, cod. proc. civ., essendo per sua natura inidonea a fornire al giudice elementi probatori potenzialmente in grado di sovvertire la decisione della controversia (Cass. n.1914 del 23 gennaio 2023; Cass. maggio 2015, n. 9029/2015; Cass. n. 8621/2018; Cass.n. 20867, 30/09/2020, conf. Cass. n. 16016/2021). Il mezzo, peraltro, non si confronta con la pronuncia impugnata laddove contiene un accertamento di fatto desunto anche dalla perizia della
ricorrente, di guisa che non può configurarsi nemmeno in astratto un omesso esame della documentazione.
L’ultimo motivo è infondato, in disparte l’inammissibilità della questione relativa ad un Piano di classifica non più in vigore nel 2016, cui avrebbe fatto riferimento la CTR, in quanto questione che non risulta essere stata sottoposta alla Corte d’appello (come risulta dalla sentenza impugnata).
5.1.Questa Corte con sentenza del 21.07 2010, n. 17066 ha osservato che il contribuente è sempre ammesso a provare in giudizio -anche in assenza di impugnativa diretta in sede amministrativa del piano di classifica l’insussistenza del beneficio fondiario; sia sotto il profilo della sua obiettiva inesistenza, sia in ordine ai criteri con cui il Consorzio abbia messo in esecuzione le direttive del predetto atto amministrativo per la determinazione del contributo nei confronti dell’onerato. Con la conseguenza che soddisfatto l’onere probatorio così posto a carico del contribuente spetterà al giudice tributario di disapplicare, ex art. 7, 5 co., del d.lgs. del 30.12.1992, n. 546, il piano di classifica medesimo, in quanto illegittimo. Questo principio è poi stato successivamente ribadito da Cass. del 20.03.2014, n. 20681 e da Cass. dell’8.10.2014, n. n. 21176; Cass. del 23/04/2020, n. 8079 secondo cui: in tema di contributi di bonifica, il contribuente, anche qualora non abbia impugnato innanzi al giudice amministrativo gli atti generali presupposti (e cioè il perimetro di contribuenza, il piano di contribuzione ed il bilancio annuale di previsione del Consorzio), che riguardano l’individuazione dei potenziali contribuenti e la misura dei relativi obblighi, può contestare, nel giudizio avente ad oggetto la cartella esattoriale dinanzi al giudice tributario, la legittimità della pretesa impositiva dell’ente assumendo che gli immobili di sua proprietà non traggono alcun beneficio diretto e specifico dall’opera del Consorzio In tal caso, però, quando vi sia un piano di classifica approvato dalla
competente autorità, l’ente impositore è esonerato dalla prova del predetto beneficio, che si presume in ragione della comprensione dei fondi nel perimetro d’intervento consortile e dell’avvenuta approvazione del piano di classifica, salva la prova contraria da parte del contribuente ( v. anche Cass. del 18.04.2018 9511; Cass. del 29.11.2016. n. 24356).
5.2.Nella fattispecie, il consorzio ha, nel giudizio di merito, prodotto il piano di classifica, per cui è stato esonerato dal dimostrare concretamente i presupposti del potere impositivo e, in particolare, lo specifico beneficio conseguito dal fondo onerato; ciò in quanto il presupposto dell’obbligo di contribuzione è costituito, ai sensi dell’art. 860 cod.civ.., e r.d. 13 febbraio 1933, n. 215, art. 10, dal vantaggio diretto e immediato per il fondo, che deve ritenersi presunto in ragione dell’avvenuta approvazione del piano di classifica e della comprensione dell’immobile nel perimetro di intervento consortile (v. ancora Cass. n. 17066/10 già citata; Cass. del 06/06/2012, n. 9099; nonché Cass. dell’11.07.2014, n. 13176; Cass. del 6.02.2015, n. 2241, in motiv.).
5.3. Tuttavia, il presupposto di tale quadro di principi è dato dalla mancata specifica contestazione del piano di classifica. La contestazione specifica del piano, dinanzi al giudice tributario, è finalizzata non alla disapplicazione di un atto presupposto (come qui erroneamente paventato dalla contribuente), ma alla eliminazione della rilevanza della presunzione di esistenza del beneficio, consentendo di procedere, quindi, secondo la normale ripartizione dell’onere della prova, all’accertamento dell’esistenza dei vantaggi fondiari – immediati e diretti – derivanti dalle opere di bonifica per gli immobili di proprietà del consorziato posti all’interno del perimetro di contribuenza (v. sez. un. del 30.10.2008, n. 26009, cui adde Cass. del 21.07.2010, n. 17066; Cass. del 23/04/2020, n. 8079).
5.4.Quindi, alla luce di quanto stabilito da questa Corte con le sentenze citate, il contribuente, qualora contesti la fondatezza nel merito o la legittimità del piano di classifica, fa venir meno la presunzione del beneficio ritratto dagli immobili inseriti nel perimetro di contribuenza, con ciò determinando l’inversione dell’onere della prova sul Consorzio che, ai sensi dell’art. 2697 del codice civile, ha poi la necessità di dimostrare la sussistenza in concreto del beneficio.
5.5.Occorre allora esaminare i singoli rilievi evidenziati dalla contribuente per accertare la specificità della contestazione del Piano di classifica.
5.6. Alle pagine 20-23 delle controdeduzioni in appello (doc. 13 allegato al ricorso) si legge .
5.7. D’altra parte, la contribuente non ha trascritto nel ricorso i rilievi specifici rivolti al Piano di classifica, limitandosi ad affermare che se illegittimo può essere disapplicato dal giudice di merito, senza individuare i profili di illegittimità del Piano che ha rappresentato nel giudizio di merito. Detta contestazione, secondo la quale i cespiti di proprietà della ricorrente non riceverebbero benefici diretti, non attinge la legittimità del Piano di classifica, ma è diretta a contestare la sussistenza dei benefici originati dalle opere idrauliche che irradiano l’area nella quale è ubicata l’area inclusa nel piano di classifica (Cass. n. 9778/2023, in motiv.). Non vi è stata, dunque, la contestazione afferente alla mancata approvazione del Piano generale di bonifica, suscettibile di essere qualificata, alla stregua della giurisprudenza di questa Corte in materia (cfr. Cass. sez. 5, 6 febbraio 2015, n. 2241), contestazione specifica, in via incidentale, dinanzi al giudice tributario, del piano
di classifica. In difetto, quindi di puntuale e specifica contestazione della legittimità stessa del piano di classifica, regolarmente approvato, con conseguente riparto degli oneri, stante l’incontroversa ricomprensione dei fondi nel perimetro di contribuenza, i giudici regionali hanno fatto corretta applicazione dei principi costantemente affermati dalla giurisprudenza di questa Corte (tra le molte, più di recente, Cass. n. 9511/2018; Cass. n. 18891/2016; Cass. n. 24356/2016; n. 23223/2014; Cass. n. 13167/2014; Cass. n. 2831/2012; Cass. sez. 5, 18 gennaio 2012, n. 656 e 657, dopo gli interventi delle Sezioni Unite con le pronunce n. 26009 del 30 ottobre 2008 e n. 11722 del 14 maggio 2010), non ritenendo superata la presunzione che i fondi compresi nel suddetto perimetro di contribuenza avessero goduto dei benefici diretti e specifici dalle opere realizzate ed anzi accertando in concreto i benefici derivati dalle opere di bonifica alla contribuente. E, nonostante la persistenza della presunzione dei benefici, i giudici distrettuali hanno valutato la documentazione prodotta da entrambe le parti per affermare la sussistenza dei benefici ai fondi della contribuente.
5.8.Anche con detto motivo, la censura non investe in alcun modo il significato e la portata applicativa delle norme indicate in rubrica ma sono integralmente volte a criticare la ricostruzione della fattispecie concreta operata dalla Corte territoriale laddove ha ritenuto, con accertamento di fatto, in quanto fondato sugli elementi di causa, che anche i fondi della ricorrente ricevevano i benefici dalle opere realizzate dal consorzio, limitandosi ad una mera confutazione della valutazione che il giudice del merito ha svolto delle risultanze istruttorie, accertamento di fatto, precluso in sede di legittimità (Cass., sez. 6-5, 15/05/2018, n. 11863; Cass., sez. 6-5, 17/12/2017, n. 29404; Cass., sez. 1, 02/08/2016).
6.Segue il rigetto del ricorso.
Rg n. 16780/2021
1.Il primo motivo deduce . La CTR, nella sentenza impugnata, non ha dato conto del fatto che lo stesso Collegio ha dichiarato nella sentenza n. 609/V/2020 ‘ improponibile ‘ la riunione dei procedimenti (n. 183/2019 R.G.A. e n. 194/2019 R.G.A.) derivanti dall’appello della contribuente e dalla successiva impugnazione del Consorzio di bonifica dopo che, all’udienza del 24.10.2019, essa stessa aveva disposto la riunione dei procedimenti medesimi, con ciò venendo meno altresì al disposto di cui all’art. 335 c.p.c..
Il motivo non merita accoglimento.
Avuto riguardo alla presente vicenda, secondo questa Corte “L’inosservanza da parte del giudice di appello dell’obbligo di riunire in un unico procedimento tutti i gravami separatamente proposti contro la medesima sentenza non spiega effetti quando, nonostante la mancanza di un formale provvedimento di riunione, dette impugnazioni abbiano sostanzialmente avuto uno svolgimento unitario, in quanto chiamate alle stesse udienze, nonchè contestualmente discusse e decise dallo stesso collegio con il medesimo relatore, sicchè si resti nell’ambito della mera redazione separata di due pronunce per una decisione di tipo unitario (salva poi la facoltà di riunione dei ricorsi che siano stati proposti contro tali pronunce) (Cass. 6578/01; n. 20514/2026). Il che esclude la fondatezza della prima censura.
2. Il secondo motivo di ricorso denuncia ; per avere la Corte regionale erroneamente ritenuto la carenza di legittimazione passiva dell’Agenzia delle Entrate -Riscossione nel giudizio di primo grado. Ciò sulla base di
inconferenti richiami ad arresti giurisprudenziali di questa Corte (ignorando invece ampia giurisprudenza in senso contrario) e applicando erroneamente la normativa di riferimento. La CTR inoltre non ha considerato, ad avviso della ricorrente, che in primo grado aveva richiesto anche l’annullamento per motivi formali, ossia per indeterminatezza della cartella.
Invertendo l’ordine dei motivi, si riporta il sesto mezzo per connessione con il secondo.
4.L’ultima censura prospetta ex art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c. . Si assume di aver riproposto in sede di appello censure concernenti l’indeterminatezza della cartella esattoriale in quanto essa non individua in maniera dettagliata e precisa l’immobile soggetto a tassazione. La C.T.P. di Teramo respingeva implicitamente tale motivo sulla scorta della superata teoria della provocatio ad opponendum dell’atto accertativo mentre il collegio d’appello affermava la regolarità della cartella ex art. 12 d.P.R. 602/73, senza tuttavia, considerare le deduzioni difensive che la ricorrente aveva svolto con riferimento alla motivazione dell’atto impositivo.
4.1.La censura ripropone il motivo relativo al deficit contenutistico della cartella esattoriale lamentando l’omessa valutazione delle allegazioni difensive della contribuente rispetto alla cartella esattoriale impugnata – sulla quale i giudici di appello hanno così espressamente statuito .
I due mezzi vanno congiuntamente esaminati involgendo questioni connesse.
6.Il sesto motivo di ricorso non supera il vaglio di ammissibilità ed in tale valutazione resta assorbito l’esame del secondo mezzo, attinente al la legittimazione passiva dell’agente della riscossione in relazione al dedotto vizio della cartella.
6.1.Il suddetto motivo è, in particolare, inammissibile non potendo ravvisarsi, in relazione al profilo dedotto, la violazione di legge che qui trova un ostacolo insormontabile nel fatto che il ricorrente nel prospettare il motivo di ricorso de quo non dà alcuna indicazione, nemmeno in termini riassuntivi, del contenuto della cartella, sicchè l’accertamento in fatto sulla compiutezza della motivazione oggetto di congrua ricostruzione da parte dei giudici di merito rimane insuperato (Cass. n. 11178/2025; Cass. n. 2456/2024).
6.2.Il motivo, del resto, è aspecifico alla luce del fatto che tale vizio si configura non solo nel caso della indeterminatezza e genericità, ma anche per la mancanza di correlazione tra le ragioni argomentate dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell’impugnazione, questa non potendo ignorare le esplicitazioni del giudice censurato senza cadere nel vizio di aspecificità conducente all’inammissibilità (Cass. n. 7675/2019; S. U. n. 2719/2017).
7.Il terzo mezzo di ricorso prospetta, ex art. 360, primo comma, comma 4, c.p.c. ; difatti, dopo aver fissato l’udienza per la trattazione nel merito i Giudici di prime cure revocavano in quella sede la trattazione della sospensiva, mai disposta, ed in sentenza (anziché con ordinanza) liquidavano le spese per una fase cautelare mai discussa.
7.1. Con il quarto strumento di ricorso si lamenta ex art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c. . Si osserva che i giudici di secondo grado hanno violato il disposto dell’art. 47 d.lgs. 546/1992, decidendo su una fase cautelare mai fissata né trattata, senza separata e motivata ordinanza, ma direttamente nel dispositivo.
8.Il terzo ed il quarto motivo, che vanno scrutinati congiuntamente involgendo la medesima quaestio iuris, sono fondati.
8.1. Afferma il Collegio d’appello che .
8.2.Ebbene, la ricorrente aveva già rinunciato, in data 19 febbraio 2018, all’istanza cautelare, tanto che la segreteria della Commissione aveva comunicato l’ avviso di trattazione , ai sensi dell’art. 31 d.lgs. 31/12/1992, n. 546, per l’udienza del 28 marzo 2018, in cui parte contribuente ribadiva la rinuncia alla richiesta di sospensiva accettata dal consorzio; in quella sede la Commissione accoglieva le istanze e rinviava per la trattazione del merito della controversia, per poi chiedere con separata ordinanza l’esibizione dell’originale della cartella esattoriale. L’art. 15, comma 2 -quater, d.lgs. n. 546/92 sancisce .
8.3. A mente della previsione normativa appena menzionata, dunque, la Commissione di primo grado non avrebbe dovuto pronunciarsi con la sentenza conclusiva del giudizio anche sull’istanza di sospensiva ormai rinunciata , né liquidare le spese di una fase cautelare che non si era svolta, motivazione invece confermata dai giudici regionali.
9.Il quinto mezzo di ricorso deduce ex art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c. ; per avere il giudicante confermato la liquidazione delle spese stabilita dai Giudici di primo grado in favore dell’Agenzia delle Entrate Riscossione e del Consorzio in palese violazione dei parametri e dei criteri di cui all’art. 4 del d.m. n. 55/2014, senza alcuna motivazione e senza peraltro applicare la riduzione del 20% prevista dall’art. 15, co. 2 -sexies , d.lgs. 546/1992, dato che
l’Agente della riscossione è stato assistito nel giudizio di primo grado da un proprio funzionario.
9.1.Il quinto motivo di ricorso è parimenti fondato per aver i giudici di prossimità liquidato anche le spese della fase cautelare che non si era svolta, tanto che parte contribuente aveva rinunciato all’istanza di sospensiva con l’adesione del Consorzio; mentre per il giudizio di merito di primo grado sono state liquidate le spese di lite superando i massimi di tariffa, di cui al d.m. n. 55 del 2014 e trascurando di indicare i parametri che hanno guidato la liquidazione del compenso, omettendo altresì di provvedere alla riduzione del 20% prevista dall’art. 15, co. 2 -sexies, d.lgs. 546/1992 che così prevede .
9.2. In tema di liquidazione delle spese processuali, ai sensi dell’art. 4, comma 1, d.m. n. 55 del 2014, il giudice può scendere anche al di sotto o salire pure al di sopra dei limiti risultanti dall’applicazione delle massime percentuali di scostamento, purché ne dia apposita e specifica motivazione (Cass. n. 11601/2018; Cass. n. 30286/2017); il superamento, da parte del giudice, dei limiti minimi e massimi della tariffa forense nella liquidazione delle spese giudiziali configura un vizio “in iudicando” (Cass. n. 22983/2014).
La sentenza impugnata va dunque cassata nella parte in cui ha confermato la decisione di primo grado in punto di spese.
11.In conclusione, vanno accolti il terzo, il quarto e quinto motivo di cui al ricorso iscritto al n. 16780/2021, assorbito il secondo, respinto il primo strumento di ricorso e dichiarato inammissibile
l’ultimo; la sentenza impugnata va cassata e, decidendo nel merito, vanno riliquidate le spese del primo grado di giudizio di merito (al netto del l’inesistente fase cautelare e senza riconoscere, quindi, nulla nemmeno al consorzio a cui il giudice di primo grado aveva liquidato la somma di Euro 240,00 per la fase cautelare, compensando le spese di lite del merito), compensando nei confronti dell’Agenzia le spese dell’ appello (oltre che del presente grado), tenuto conto della sua parziale soccombenza, ferma restando per il predetto secondo grado la condanna a favore del consorzio nella misura di Euro 400,00 come disposto dal giudice dell’appello. Le spese del presente giudizio seguono il criterio della soccombenza, in modo distinto dal primo giudizio (cfr., tra le tante, Cass. n. 27295/2022).
12.Rigetta il ricorso iscritto al n. RG 16775/2021; le spese seguono il criterio della soccombenza. Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente incidentale dell’ulteriore importo pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte dispone la riunione al ricorso n. 16775/2021 del ricorso n. 16780/2021; decidendo sui ricorsi riuniti, accoglie il terzo, quarto e quinto motivo di cui al ricorso iscritto al n. 16780/2021, assorbito il secondo mezzo, respinto il primo e dichiarato inammissibile l’ultimo; cassa la sentenza n. 60 8/2020 della Commissione tributaria regionale dell’Abruzzo, nei limiti di cui in motivazione, e, decidendo nel merito, liquida in favore dell ‘agente della r iscossione la somma di euro 400,00 per competenze del primo grado di giudizio; compensa le spese del secondo grado di giudizio nei confronti dell ‘agente della r iscossione, nonché quelle del presente grado; condanna la ricorrente alla refusione delle spese del presente giudizio nei confronti del Consorzio che liquida in euro
500,00 per competenze, euro 200,00 per esborsi, oltre rimborso forfettario, accessori come per legge.
Rigetta il ricorso iscritto al n. 16775/2021; condanna la ricorrente alla refusione delle spese di lite del presente giudizio sostenute dal Consorzio che liquida in euro 500,00 per compensi, oltre 200,00 euro per esborsi, rimborso forfettario ed accessori come per legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente incidentale dell’ulteriore importo pari a quello previsto per il ricorso n. Rg 16775/2021, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio tenutasi in data 29