Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 19072 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 19072 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 11/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 14644/2020 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE
-ricorrente-
contro
CONSORZIO RAGIONE_SOCIALE rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE
-controricorrente-
nonchè
contro
AGENZIA ENTRATE RISCOSSIONE DIREZIONE PROVINCIALE DI COSENZA
-intimato- avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. CALABRIA n. 3523/2019 depositata il 07/10/2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 29/05/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1.La società RAGIONE_SOCIALE impugnava la cartella di pagamento n. NUMERO_CARTA con la quale veniva ingiunto il pagamento della somma di € 28.433,34 a titolo di Contributo Consortile per l’annualità 2015, eccependo l’illegittimità dell’iscrizione mediante ruolo del contributo consortile nonchè la nullità della cartella di pagamento per grave difetto di motivazione ed, infine, l’illegittimità della pretesa tributaria.
La Commissione Tributaria Provinciale di Cosenza, con la sentenza n. 2222/2018, depositata il 18/04/2018, respingeva il ricorso, condannando parte ricorrente al pagamento delle spese di giudizio in favore del Consorzio di Bonifica Integrale dei Bacini Settentrionali Cosentini.
Sull’appello della società RAGIONE_SOCIALE, la Commissione Tributaria Regionale di Catanzaro, con la sentenza n. 3523/2019, depositata il 7.10.2019, confermava la decisione di prime cure. In particolare, la CTR affermava che il Consorzio di Bonifica Integrale dei Bacini Settentrionali del Cosentino aveva dimostrato la sussistenza del vantaggio concreto e diretto legittimante l’assoggettamento al pagamento del canone.
Avverso detta sentenza propone ricorso per cassazione la società RAGIONE_SOCIALE svolgendo tre motivi.
Replica con controricorso il Consorzio di bonifica integrale dei bacini settentrionali del Cosentino.
MOTIVI DI DIRITTO
1.Il primo motivo di ricorso deduce . La società RAGIONE_SOCIALE critica la sentenza d’appello perché la Commissione avrebbe omesso di pronunciarsi sulle eccezioni inerenti la pretesa illegittimità della riscossione mediante ruolo del contributo consortile richiesto. In particolare, assume la società che l’art. 17 del d.lgs. 26 febbraio 1999, n. 46 consentiva la riscossione mediante ruolo delle entrate già riscosse con tale sistema e detta modalità di riscossione era prevista per i consorzi dal disposto dell’art. 21 r.d. 13 febbraio 1933, n. 215.
Si osserva che, con l’entrata in vigore della legge 28 novembre 2005, n. 246, veniva previsto che entro ventiquattro mesi dalla scadenza del termine di cui al comma 12, il Governo era delegato ad adottare, con le modalità di cui all’art. 20 legge 15 marzo 1997,n. 59, d.lgs che individuano le disposizioni legislative statali, pubblicate anteriormente al primo gennaio 1970 anche se modificate con provvedimenti successivi…>. L’art. 21 veniva abrogato dal meccanismo , disciplinato dall’art. 14 legge 28 novembre 2005, n. 246, in applicazione del quale veniva emanato il d.lgs. primo dicembre 2009 n. 179 il quale non confermava la vigenza del cit. art. 21, escludendo la possibilità per i Consorzi del potere di riscuotere mediante ruolo.
2.La censura non ha pregio.
Nessuna violazione è stata posta in essere dalla CTR, in quanto la sentenza pronunciata ha ritenuto legittima la pretesa tributaria riscossa mediante ruolo, così statuendo su quanto richiesto da parte ricorrente .
Giova rammentare che per integrare il vizio di omessa pronuncia non basta la mancanza di un’espressa statuizione del giudice ma è necessario che sia stato completamente omesso il provvedimento che si palesa indispensabile alla soluzione del caso concreto. Ciò non si verifica quando la decisione adottata comporti la reiezione della pretesa fatta valere dalla parte dovendosi, invece, ravvisare una statuizione implicita di rigetto quando la pretesa avanzata col capo di domanda non espressamente esaminato risulti incompatibile con l’impostazione logico -giuridica della pronuncia (cfr.Cass. n. 9262/2019; Cass. n. 27354 del 2019).
Il vizio di omessa pronuncia su una domanda o eccezione di merito, o su un motivo d’appello, che integra una violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato ex art. 112 c.p.c., è configurabile soltanto nell’ipotesi in cui sia mancata del tutto da parte del giudice ogni statuizione sulla domanda o eccezione proposta in giudizio o sul motivo di gravame, mentre rientra nell’ambito dell’art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c. e soggiace pertanto ai relativi limiti di ammissibilità ogni altra censura che riguardi il quomodo della motivazione ( Cass. n. 540/2020)
2.1.In ogni caso, l’eccezione formulata è nel merito infondata.
Secondo la giurisprudenza costante di questa Corte, i contributi di bonifica sono riscossi mediante ruolo secondo le norme che regolano l’esazione delle imposte dirette, in forza dell’art. 21 del r.d. 13 febbraio 1933, n. 215 (‘Nuove norme sulla bonifica integrale’), che continua ad essere applicabile ai sensi dell’art. 17
del d.lgs. 26 febbraio 1999, n. 46 (‘Riordino della disciplina della riscossione mediante ruolo, a norma dell’art. 1 della legge28 settembre 1998, n. 337’), dovendosi, per contro, escludere l’applicazione dell’art. 1, comma 161 e seguenti, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (‘Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato -legge finanziaria 2007’), che presuppone la preventiva notifica degli atti impositivi, mentre la riscossione di contributi di bonifica avviene con la sola notificazione della cartella di pagamento (Cass., Sez. 5^, 5 dicembre 2012, n. 21797; Cass., Sez. 5^, 5 aprile 2013, n. 8371; Cass., Sez. 5^, 14 febbraio 2014, n. 3594; Cass., Sez. 5^, 11 giugno 2014, n. 13165; Cass., Sez. Un., 20 febbraio 2017, n. 4309; Cass., Sez. 5^, 23 aprile 2020, n. 8080; Cass., Sez. 5^, 7 luglio 2021, n. 19192; Cass., Sez. 6^-5, 18 luglio 2022, n. 22483; Cass., Sez. Trib., 7 giugno 2023, nn. 16095, 16111, 16118 e 16122; Cass. n. 11303/2025), non essendo stato abrogato tale sistema dall’art. 14, comma 14, della legge 28 novembre 2005, n. 246 (Cass., Sez. 5^, 23 aprile 2020, n. 8080; Cass., Sez. 5^, 7 luglio 2021, n. 19192; Cass., Sez. Trib., 7 giugno 2023, n. 16122).
2.2. Il d.lgs. n. 246 del 2005, facendo salve le disposizioni tributarie, ammette la riconferma della legittimità del sistema di riscossione dei contributi consortili che, per espresso dettato normativo, costituiscono oneri reali e hanno natura tributaria e vengono riscossi con le stesse modalità previste, per la riscossione delle imposte dirette mediante ruoli esattoriali. L’attuale vigenza del cit. r.d. trova conferma nella motivazione della sentenza della Corte Cost. n. 188/2018 che, nel dichiarare l’illegittimità costituzionale della L.R. della Calabria n. 11 del 2003, ha affermato che “Fermo restando che la debenza dei contributi consortili trova la sua fonte (statale) ancora nell’art. 860 c.c., – che prescrive che i proprietari dei beni situati entro il perimetro del comprensorio sono obbligati a contribuire nella spesa necessaria per l’esecuzione, la
manutenzione e l’esercizio delle opere di bonifica (per cui, secondo la sentenza n. 5 del 1967, “l’obbligo di contribuenza deriva dalla legge”) – la norma di principio, che li governa, può ricavarsi dal canone generale della stessa disposizione che parametra il contenuto della prestazione patrimoniale obbligatoria al beneficio che i consorziati traggono dalla bonifica. Canone questo che è in stretta continuità sia con la previsione del (tuttora vigente) del R.D. n. 215 del 1933, art. 11, – secondo cui la ripartizione della “quota di spesa” tra i proprietari è fatta “in ragione dei benefici conseguiti” per effetto delle opere di bonifica e i criteri di ripartizione sono fissati negli statuti dei consorzi o con successiva deliberazione degli stessi -, sia con la richiamata intesa Stato-Regioni del 18 settembre 2008, che ha previsto che le spese del consorzio sono a carico dei consorziati “i cui immobili traggono beneficio dalle azioni dei Consorzi”.
2.3. Tuttavia, per un corretto inquadramento della questione, è necessario ricordare che il procedimento di riscossione a mezzo ruolo è stato ridisciplinato dal d.lgs. 26 febbraio 1999, n. 46, (“Riordino della disciplina della riscossione mediante ruolo, a norma della L. 28 settembre 1998, n. 337, art. 1”); in particolare, l’ambito di applicazione della riscossione mediante ruolo è stato determinato dal detto d.lgs., art. 17. Recita tale norma: “1. Salvo quanto previsto dal comma 2, si effettua mediante ruolo la riscossione coattiva delle entrate dello Stato, anche diverse dalle imposte sui redditi, e di quelle degli altri enti pubblici, anche previdenziali, esclusi quelli economici. 2. Può essere effettuata mediante ruolo affidato ai concessionari la riscossione coattiva delle entrate delle regioni, delle province, anche autonome, dei comuni e degli altri enti locali, nonchè quella della tariffa di cui al d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, art. 156. 3. Continua comunque ad effettuarsi mediante ruolo la riscossione delle entrate già riscosse con tale sistema in base alle disposizioni vigenti alla data di entrata in vigore del
presente decreto”. Anche dopo l’entrata in vigore di tale nuova disciplina, si è ritenuto che i consorzi di bonifica possano avvalersi della riscossione a mezzo ruolo
3. I consorzi hanno continuato a praticare la riscossione tramite ruolo in base alla c.d. “clausola di continuità” contenuta nel d.lgs. in questione, art. 17, comma 3, d.lgs. cit., a tenore del quale “Continua comunque ad effettuarsi mediante ruolo la riscossione delle entrate già riscosse con tale sistema in base alle disposizioni vigenti alla data di entrata in vigore del presente decreto”. Alla data del 1 luglio 1999, data di entrata in vigore di detto decreto, ai consorzi la riscossione mediante ruolo era consentita dal disposto del r.d. 13 febbraio 1933, n. 215, art. 21, secondo cui e, quindi, mediante l’utilizzo del ruolo.
3.1. Pertanto, anche a voler condividere la tesi secondo la quale il r.d. 13 febbraio 1933, n. 215, art. 21, che conferiva ai consorzi di bonifica il potere di riscuotere a mezzo ruolo, sia stato abrogato a far tempo dal 16.12.2010, il predetto d.lgs. n. 46 del 1999, art. 17, comma 3, (“Continua comunque ad effettuarsi mediante ruolo la riscossione delle entrate già riscosse con tale sistema in base alle disposizioni vigenti alla data di entrata in vigore del presente decreto”) ha stabilito una sorta di “ultra vigenza” della normativa richiamata dallo stesso decreto e soprattutto ha confermato la riscossione mediante ruolo delle entrate già riscosse con questo sistema. Si osservi come il precetto normativo intenda disciplinare nel senso della continuità la procedura e le modalità di riscossione
delle entrate, inclusi i contributi consortili, che già venivano riscosse mediante ruolo sin dalla fase originaria (Cass. sez. trib. n. 8371 del 2013; Cass. n. 8080/2020; S.U. n. 16125/2024, in motiv.).
4. La seconda censura denuncia ; per avere il decidente erroneamente ritenuto congrua la motivazione riportata nella cartella di pagamento impugnata, ancorchè non fosse stato notificato l’avviso prodromico, mentre il contenuto della cartella esattoriale renderebbe impossibile di individuare l’ iter logico giuridico della contribuzione consortile.
4.1.Il motivo è inammissibile.
Va premesso che ricorre, in proposito, quanto stabilito dalle SSUU n. 11722 del 14/05/2010 (proprio in fattispecie di riscossione di contributi consortili, ai sensi dell’art. 21 del r.d. 13 febbraio 1933, n. 215), secondo cui: ‘la cartella esattoriale che non segua uno specifico atto impositivo già notificato al contribuente, ma costituisca il primo ed unico atto con il quale l’ente impositore esercita la pretesa tributaria, deve essere motivata alla stregua di un atto propriamente impositivo, e contenere, quindi, gli elementi indispensabili per consentire al contribuente di effettuare il necessario controllo sulla correttezza dell’imposizione. Tale motivazione può essere assolta ‘ per relationem’ ad altro atto che costituisca il presupposto dell’imposizione, del quale, tuttavia, debbono comunque essere specificamente indicati gli estremi, anche relativi alla pubblicazione dello stesso su bollettini o albi ufficiali che eventualmente ne sia stata fatta a sensi di legge, affinché il contribuente ne abbia conoscenza o conoscibilità e l’atto
richiamato, quando di esso il contribuente abbia già integrale e legale conoscenza per effetto di precedente notificazione o pubblicazione, non deve essere necessariamente allegato alla cartella -secondo una interpretazione non puramente formalistica dell’art. 7, comma 1, della legge 27 luglio 2000, n. 212, (c.d. Statuto del contribuente) -sempre che in essa siano indicati nella cartella i relativi estremi di notificazione o di pubblicazione.
4.2.I requisiti motivazionali necessari e sufficienti, così come individuati da questo indirizzo giurisprudenziale, sono rinvenibili nella cartella di pagamento che contenga espresso riferimento al ‘ruolo, al criterio di calcolo dell’importo dovuto ‘secondo i parametri definiti dal piano di classifica degli immobili’, ai dati catastali di ciascuna proprietà immobiliare della società contribuente, ricompresa nel perimetro di contribuenza in cui al piano di classifica suddetto; alla qualificazione del tributo in termini di ‘contributo di bonifica idraulica’ ( Cass. n. 3602/2017; n. 8094/2023).
4.3.Pur volendo sottacere i profili di inammissibilità di una modalità di deduzione del tutto generica, priva di riferimenti normativi, che si sostanzia nella prospettazione di un elenco di argomentazioni, addossando alla S.C. il compito, ad essa non spettante, di individuare la violazione di legge nella quale sarebbe incorsa la pronunzia di merito, risulta già affermato da questa Corte che in base al principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, sancito dall’art. 366 c.p.c., nel giudizio tributario, qualora il ricorrente censuri la sentenza di una commissione tributaria regionale sotto il profilo del vizio di motivazione nel giudizio sulla congruità della motivazione dell’avviso di accertamento, è necessario che il ricorso riporti testualmente i passi salienti della motivazione di detto avviso, che si assumono erroneamente interpretati o pretermessi, al fine di consentire la verifica della censura esclusivamente mediante l’esame del ricorso. (Vedi Cass.
n. 16147 del 2017; Cass. n. n. 28570/2019; Cass. n. n. 382/2022; Cass. n. Cass. n. 3829/2023; Cass. n. 2456 del 2024).
4.4.Il motivo di ricorso è inammissibile, per difetto di autosufficienza, non avendo parte contribuente trascritto la motivazione d ell’atto di cui si afferma il deficit motivazionale, il che preclude al giudice di legittimità ogni valutazione sulla censura formulata (Vedi Cass. n. 2928 del 2015; Cass. n. 382/2022).
4.5.Per non incorrere nella declaratoria di inammissibilità processuale, occorre, difatti, che il ricorso contenga in sé tutti gli elementi utili e necessari per le quali si chiede la cassazione della sentenza impugnata, in virtù del principio dell’autosufficienza, il cui rispetto impone, dunque, che, in ricorso, vengano indicati esattamente sia le parti del ricorso introduttivo con le quali la questione controversa è stata dedotta in giudizio, sia quelle del ricorso in appello con l’indicazione dei documenti posti a corredo, senza la necessità per la Corte di rinviare a fonti esterne. Il richiamo a documenti e/o prove, infatti, deve essere preciso e specifico relativamente al contenuto degli stessi e alle modalità e luogo di produzione e formazione nel giudizio, sicché attraverso il ricorso, la Corte abbia una chiara e completa cognizione del fatto sostanziale che ha originato la controversia e del fatto processuale, senza dover ricorrere ad altre fonti.
4.6.Sotto altro versante, la nullità per omessa motivazione non può essere dichiarata se il contribuente, con l’impugnazione, dimostra di avere avuto piena conoscenza dei presupposti dell’imposizione puntualmente contestandoli e, dall’altro, non allega e prova quale sia in concreto il pregiudizio che il vizio dell’atto abbia determinato al suo diritto di difesa. Il principio di diritto è stato sancito dalla giurisprudenza di legittimità a Sezioni Unite con la sentenza n. 11722/2010, con la quale si chiarisce che il preteso difetto di motivazione della cartella, si riporta testualmente, ‘ non può, tuttavia, condurre all’astratta dichiarazione di nullità della
medesima, allorché la stessa sia stata impugnata dal contribuente, il quale abbia, da un lato, dimostrato di avere piena conoscenza dei presupposti dell’imposizione puntualmente contestandoli e, dall’altro, non abbia allegato e specificamente provato quale sia stato in concreto il pregiudizio che il vizio dell’atto abbia determinato al suo diritto di difesa ‘. Ed è proprio tale circostanza che è stata valorizzata dalla CTR nella sentenza impugnata, verificando, per l’appunto, l’adeguato esercizio del diritto di difesa da parte del contribuente appellante, ritenendo congrua la motivazione riportata nell’atto impugnato ‘ tanto da avere consentito l’impugnativa che ha dato origine al procedimento che occupa ‘ ( cfr. Cass. n. 3516/12).
5. Il terzo mezzo di ricorso, introdotto contestualmente attraverso i canoni di accesso di cui all’art. 360, primo comma, nn. 3 e n. 5 c.p.c., prospetta la violazione degli artt. 860 e 2697 c.c., nonchè degli artt. 10 r.d. n. 215 del 1933, 7 e 62 d.lgs. n. 546 del 1992; Illegittimità della pretesa tributaria>; si assume che la Commissione avrebbe erroneamente ritenuto legittima la pretesa tributaria, nella specie il contributo consortile, sulla base della perizia addotta dal Consorzio RAGIONE_SOCIALE dei Bacini Settentrionale del Cosentino, trascurando di valutare la perizia prodotta dalla stessa società RAGIONE_SOCIALE, adducendo, in tal caso il vizio di cui all’art. 360, primo comma, n. 5. In primo luogo, la società si duole del fatto che i giudici regionali abbiano inferito dalla perizia dalla stessa prodotta in giudizio i benefici di cui godevano i fondi della consorziata, serviti da impianto irriguo gestito dal consorzio, deducendo che, in realtà, gli elementi descritti non risponderebbero alle circostanze fattuali emergenti dalla perizia giurata del dr. A. COGNOME che viene trascritta integralmente alle pagine 15- 17 del ricorso. Si soggiunge che i giudici distrettuali avrebbero dovuto valutare la mancata
approvazione del Piano di classifica e disapplicarlo in quanto illegittimo.
Afferma la società che non è sufficiente che il fondo sia compreso nel perimetro del comprensorio, in quanto la delimitazione del territorio gravato dall’onere della contribuenza non coincide necessariamente con la delimitazione del comprensorio soggetto agli obblighi di bonifica, in quanto il beneficio conseguibile dal fondo deve essere diretto e specifico traducendosi in una qualità del fondo.
4.Il motivo, in disparte la sovrapposizione di canoni censori incompatibili tra loro quali la violazione di legge e l’omesso esame della perizia, incontra ulteriori profili di inammissibilità.
5.1.Non si configurano, nella fattispecie sub iudice, le violazioni di legge denunciate, soltanto enunciate nella rubrica non proponendo le censure una diversa interpretazione delle norme, né una questione di falsa applicazione della legge consistente nella sussunzione della fattispecie concreta in una qualificazione giuridica che non le si addice; né la società si duole delle conseguenze giuridiche tratte dalla norma applicata che ne contraddicano la pur corretta interpretazione (Cass. 30 aprile 2018, n. 10320; Cass. 25 settembre 2019, n. 23851).
5.2.Ebbene, nel motivo in esame, in chiave di apparente deduzione del vizio di violazione o falsa applicazione di diverse norme di diritto, la ricorrente in realtà, da un lato, critica l’apprezzamento probatorio compiuto dalla Corte di merito e, dall’altro, ne propone uno alternativo, in particolare riguardo alla perizia di parte. Le critiche che la ricorrente rivolge alla sentenza si risolvono, in effetti, al di là dell’apparente deduzione di vizi di violazione di legge, in una contestazione del cattivo esercizio del potere di apprezzamento delle prove (non legali) da parte del giudice di merito e non è, pertanto, inquadrabile né nel paradigma introdotto dalla ricorrente né ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod.
proc. civ. (che attribuisce rilievo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e presenti carattere decisivo per il giudizio), né in quello del precedente n. 4, nemmeno introdotto, disposizione che – per il tramite dell’art. 132, n. 4, cod. proc. civ. – dà rilievo unicamente all’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante (Cass., sez. 1, 26/09/2018, n. 23153; Cass., sez. 3, 10/06/2016, n. 11892); e ciò sia perché la contestazione della persuasività del ragionamento del giudice di merito nella valutazione delle risultanze istruttorie attiene alla sufficienza della motivazione, non più censurabile secondo il nuovo parametro di cui all’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., sia perché con il ricorso per cassazione la parte non può rimettere in discussione, contrapponendovi la propria, la valutazione delle risultanze processuali e la ricostruzione della fattispecie operate dai giudici del merito, trattandosi di accertamento di fatto, precluso in sede di legittimità (Cass., sez. 6-5, 15/05/2018, n. 11863; Cass., sez. 6-5, 17/12/2017, n. 29404; Cass., sez. 1, 02/08/2016, n. 16056). Infatti, ammettere in sede di legittimità la verifica della sufficienza o della razionalità della motivazione in ordine alle quaestiones facti significherebbe consentire un inammissibile raffronto tra le ragioni del decidere espresse nella decisione impugnata e le risultanze istruttorie sottoposte al vaglio del giudice del merito (Cass., sez. U, del 6.11. 2018, n. 28220; Cass. del 12.03.2018, n. 5939; Cass. del 16.04.2018, nr. 9275).
6. Sotto il profilo del vizio di cui al n. 5 dell’art. 360 , primo comma, c.p.c., la censura incorre nella preclusione già prevista dall’art. 348-ter, comma 5, c.p.c. e attualmente dall’art. 360, comma 4, c.p.c., nel caso, come quello in esame, in cui la sentenza di primo grado e quella di secondo grado siano state delibate nel merito, sulle medesime ragioni (Cass. n. 32019/2024).
6.1.Inoltre, si osserva che, nel processo tributario, la perizia stragiudiziale, come pure le perizie estimative, prodotte, singolarmente o nel contesto di scritti difensivi, dal contribuente o da organi tecnici dell’amministrazione, hanno contenuto di allegazione difensiva a contenuto tecnico; a ciò si aggiunge il fatto che la perizia giurata depositata da una parte nel giudizio non è dotata di efficacia probatoria nemmeno rispetto ai fatti che il consulente asserisce di aver accertato e, per tale ragione alle conclusioni raggiunte da simile perizia di parte confezionata ad di fuori del processo e depositata in giudizio, può essere riconosciuto valore indiziario (Cass. n. 33503/2018, conforme a Cass. n.4437/97; Cass. 29 settembre 2017, n. 22965; Cass. 11 novembre 2011, n. 23590; Cass. 1 aprile 2016, n. 6351; Cass. 19 ottobre 2016, n. 21132; Sez.Un., 3 giugno 2013, n. 13902; Cass. 24 agosto 2017, n. 20347). Inoltre, questa Corte ha già più volte condivisibilmente affermato (Cass., n.6774/2002; conforme a Cass. n. 1229/2019 e a Cass. n. 27000/2016) che, in tema di ricorso per cassazione, una censura relativa alla erronea valutazione di una perizia stragiudiziale non può essere dedotta, a meno che non si alleghi che il decidente abbia posto a base della decisione prove non dedotte dalle parti, ovvero disposte d’ufficio al di fuori dei limiti legali, o abbia disatteso, valutandole secondo il suo prudente apprezzamento, delle prove legali, ovvero abbia considerato come facenti piena prova, recependoli senza apprezzamento critico, elementi di prova soggetti invece a valutazione.
7.Sotto altro versante, la violazione dell’art. 2697 c.c. è censurabile per cassazione ai sensi dell’art. 360 c.p.c., primo comma, n. 3, soltanto nell’ipotesi in cui il giudice abbia attribuito l’onere della prova ad una parte diversa da quella che ne fosse onerata secondo le regole di scomposizione delle fattispecie basate sulla differenza tra fatti costitutivi ed eccezioni e non invece laddove oggetto di censura sia la valutazione che il giudice abbia svolto delle prove
proposte dalle parti, e che, in tema di valutazione delle prove, il principio del libero convincimento, posto a fondamento degli artt. 115 e 116 c.p.c., opera sul piano dell’apprezzamento di merito, insindacabile in sede di legittimità, pertanto, la denuncia della violazione delle predette regole da parte del giudice del merito non configura un vizio di violazione o falsa applicazione di norme, ma, piuttosto, un errore di fatto, che deve essere censurato nei limiti consentiti dall’art. 360 c.p.c., primo comma, n. 5 ( Cass. n. 14482/2024, in motiv.; Cass. n. 78/2024; Cass., sez. VI, 3.3.2023, n. 6374; sez. I, 28.6.2022, n. 20751; sez. I, 3.11.2021, n. 31510). 7. Ancora, il motivo, con riferimento alla mancata approvazione del piano di classifica si rivela inammissibile in quanto proposto per la prima volta in questa sede, come emerge palesemente dal ricorso; la questione che si sottopone alla Corte presuppone la proposizione delle relative questioni già nella fase di merito, in primis, nel giudizio di prime cure. Il ricorrente che proponga una questione ha l’onere di allegare l’avvenuta deduzione della questione nel giudizio di appello ed anche di indicare in quale atto processuale del giudizio precedente, in modo da consentire alla Corte l’accertamento ex actis della veridicità di tale asserzione prima di esaminare nel merito la questione stessa (Cass. n. 16502/2017, in motiv; n. 9138/2016). Secondo il consolidato orientamento di questa Corte, difatti, i motivi del ricorso per cassazione devono investire, a pena d’inammissibilità, questioni che siano già comprese nel tema del decidere del giudizio d’appello, non essendo prospettabili per la prima volta in sede di legittimità questioni nuove o nuovi temi di contestazione non trattati nella fase di merito, tranne che non si tratti di questioni rilevabili d’ufficio(v. Cass. Sez. 3, 09/01/2002 n. 194; più di recente, v. Cass. Sez. 6 1, 09/07/2013 n. 17041; n. 25319/2017; n. 907/2018).
8. Al rigetto del ricorso, segue la condanna al pagamento delle spese del giudizio di legittimità. Ai sensi dell’art.13 comma 1 quater
del d.P.R. 115/2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis dello stesso art.13
P.Q.M.
La Corte
Rigetta il ricorso; condanna parte ricorrente alla refusione delle spese sostenute dal consorzio che liquida in euro 4.300,00 per compensi, oltre 200,00 euro per esborsi, oltre rimborso forfettario ed accessori come per legge.
v.to l’art. 13, comma 1 quater, d.P.R. n. 115 del 2002, come modificato dalla legge n. 228 del 2012; – dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, a carico della parte ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1 bis dello stesso art.13, se dovuto.
Così deciso nella camera di consiglio della sezione tributaria della