Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 21392 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 21392 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 25/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n° 31515 del ruolo generale dell’anno 2021 , proposto da
Ministero dell’Interno (C.F. NUMERO_DOCUMENTO), Ministero dell’economia e delle finanze (C.F. 80207790587), in persona dei rispettivi Ministri pro tempore, rappresentati e difesi dall’Avvocatura Generale dello Stato (C.F. NUMERO_DOCUMENTO, per il ricevimento degli atti numero di fax NUMERO_TELEFONO e P.E.C. EMAIL), presso la cui sede in Roma, INDIRIZZO, sono domiciliati.
Ricorrenti
contro
Comune di Cavaion Veronese , (Vr) (P.IVA P_IVA) in persona del Sindaco pt,, elettivamente domiciliato per la Carica presso la Casa Comunale in Cavaion Veronese, alla INDIRIZZO, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME (C.F.CODICE_FISCALE) del Foro di Napoli, con studio in Napoli alla INDIRIZZO in virtù di procura speciale alle liti in allegato in calce al controricorso, come da Delibera di Giunta Comunale n. 1 del 13.01.2022 la quale dichiara di voler ricevere tutte le comunicazioni all’indirizzo pec
EMAIL ovvero al recapito Telefax NUMERO_TELEFONO
Controricorrente
avverso la sentenza della Corte d’appello di Venezia n° 1657 depositata il 7 giugno 2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 29 maggio 2025 dal consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1 .- Il Comune di Cavaion Veronese ha convenuto davanti al tribunale di Venezia i due Ministeri indicati in intestazione, onde ottenerne la condanna al pagamento di euro 49.548,41, a titolo di contributo compensativo pari ai minori introiti ICI per gli anni 2003-2009.
Il tribunale ha accolto la domanda e ha condannato i convenuti a pagare all’attore la predetta somma, oltre alle spese di lite.
2 .- I soccombenti in primo grado proponevano appello, formulando tre motivi.
Col primo denunciavano la violazione o falsa applicazione delle norme di cui all’art. 64 della legge n. 388/2000, integrato dal d.m. 197/2000.
Col secondo censuravano il rigetto dell’eccezione di prescrizione, sostenendo l’applicabilità dell’art. 2948, n. 4 in ordine a ” tutto ciò che deve pagarsi periodicamente ad anno o in termini più brevi “.
Col terzo si lamentavano del regolamento delle spese processuali, sussistendo, nel caso di specie, valide ragioni per disporne la compensazione.
La Corte d’appello rigettava i primi due mezzi e accoglieva il terzo, disponendo la compensazione del primo e del secondo grado di giudizio.
Osservava il giudice di secondo grado, conformemente a quanto già ritenuto con la propria sentenza n° 2129/2020, che l’art. 64 della legge 23 dicembre 2000, n° 388 (‘ Disposizioni per la formazione
del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2001) ‘) prende in considerazione i minori introiti derivanti dall’autodeterminazione provvisoria delle rendite in maniera globale e onnicomprensiva e non introduce alcuna distinzione fra l’anno in cui essi per la prima volta sono passati in autodeterminazione e i successivi.
L’interpretazione dei Ministeri, fondata sul d.m. di attuazione della legge (d.m. 1° luglio 2002, n° 197: ‘ Regolamento recante determinazione delle rendite catastali e conseguenti trasferimenti erariali ai comuni ‘), non era condivisibile, sia perché muoveva da una norma secondaria per giungere a sovvertire il chiaro disposto della norma primaria, sia perché la legge si riferisce ai ‘ minori introiti ‘ per effetto dei minori imponibili derivanti dall’autodeterminazione, senza alcun riferimento a ‘ consolidamenti ‘ (ai quali si fa riferimento unicamente con il d.m. 197/2002).
Pure da disattendere era il secondo motivo, in quanto in assenza di un’espressa previsione, era applicabile l’ordinaria prescrizione decennale ex art. 2946 cod. civ., non potendo applicarsi l’estinzione per decorso quinquennale prevista dall’art. 2948, primo comma, n° 4, cod. civ. ” per tutto ciò che deve pagarsi periodicamente ad anno o in termini più brevi “, perché non si è al cospetto di somme che devono ‘ pagarsi periodicamente ad anno ‘ sulla base di un unico titolo, ma di crediti distinti ed eventuali, che possono sorgere o meno di anno in anno sulla base delle certificazioni periodicamente inviate ai sensi del d.m. 197/2002.
Peraltro, non era contestato, che oggetto di causa fossero somme che lo Stato ha trattenuto detraendole dai futuri trasferimenti o non versandole, sicché il dies a quo doveva essere individuato nella data delle trattenute operate dal Ministero.
Peraltro, la prescrizione non poteva decorrere prima del 1° dicembre 2009, data del comunicato con il quale il Ministero
dell’Interno aveva dato conto della volontà di non voler più aderire all’interpretazione seguita sino ad allora: donde la tempestività dell’azione proposta dato che il Comune aveva inviato una diffida in data 1° marzo 2016.
Era, invece, fondato il terzo mezzo, in quanto l’assoluta novità della questione, la mancanza di precedenti di legittimità e il contrasto esistente nella giurisprudenza di merito avrebbero giustificato l’integrale compensazione delle spese del primo grado.
3 .- Avverso questa sentenza hanno proposto ricorso per cassazione i Ministeri indicati in epigrafe, affidando l’impugnazione a due motivi.
Resiste il Comune di Cavaion, che conclude per l’infondatezza del gravame.
Il ricorso è stato assegnato per la trattazione in Adunanza Camerale ai sensi dell’art. 380 -bis cod. proc. civ.
Non sono state depositate memorie.
RAGIONI DELLA DECISIONE
4 .- Col primo motivo di ricorso -intitolato ‘ Violazione di legge per erronea e falsa applicazione legge 388/2000 e art. 2948 c.c. in relazione all’art.360 c.1 n.3 c.p.c. ‘ -i ricorrenti si dolgono del rigetto dell’eccezione di prescrizione, facendo osservare che, contrariamente a quanto ritenuto dalla Corte territoriale, la variabilità dell’entità del credito non può assumere rilevanza alcuna, mentre l’unico criterio decisivo sarebbe la periodicità della prestazione e, in altre parole, l’esigibilità condizionata al trascorrere del tempo.
Il dies a quo non potrebbe essere fatto risalire che alla L. 388/2000, da cui chiaramente emerge il cambio operato dal Legislatore nel computo dei trasferimenti ai Comuni.
In subordine, il dies a quo dovrebbe essere individuato nella circolare 1° dicembre 2009, da cui il termine quinquennale appare
oramai decorso, risultando priva di efficacia interruttiva la messa in mora datata 29 gennaio 2016.
5 .- Il mezzo è inammissibile per più ragioni.
Anzitutto, esso non fa altro che riproporre nella presente sede una tesi già disattesa dalla Corte territoriale, senza aggredire il passaggio logico col quale essa ha ritenuto applicabile il termine di prescrizione decennale, ossia la sussistenza di crediti separati e distinti per ciascun anno sulla base delle certificazioni periodiche inviate dagli Enti locali.
In secondo luogo, il mezzo non considera la ratio in base alla quale è stata disattesa l’eccezione di prescrizione.
Il giudice di secondo grado, infatti, ha osservato che oggetto di causa erano somme che lo Stato aveva trattenuto detraendole dai futuri trasferimenti, o non versandole, e da questa premessa ha tratto la conclusione che il dies a quo dovesse essere individuato nella data delle trattenute operate dal Ministero.
Nella fattispecie, erano stati realizzati due ” recuperi ” in data 7 dicembre 2009 per euro 12.462,74 ed in data 6 dicembre 2010 per euro 15.232,92, oltre ad una ” revoca ” (ossia un mancato versamento) di ulteriori euro 21.852,75, avvenuto in data imprecisata.
Infine, ha aggiunto la Corte, che in ogni caso la prescrizione non sarebbe potuta decorrere prima del 1° dicembre 2009, data del comunicato con il quale il Ministero dell’Interno aveva dato conto della volontà di non voler più aderire all’interpretazione seguita sino ad allora.
Da tali presupposti la Corte ha convincentemente tratto la conclusione che la prescrizione non fosse maturata, posto che il Comune aveva inviato una diffida il 1° marzo 2016, notificando poi la citazione il 14 dicembre 2017.
Tutti i predetti snodi logici sono rimasti ignorati dal mezzo in esame, che pertanto deve essere considerato inammissibile.
6 .- Col secondo motivo -rubricato ‘ violazione di legge per erronea e falsa applicazione dell’art. 64 della legge 23 dicembre 2000, n. 388 e degli articoli 2 e 3 del decreto del Ministero dell’interno 1° luglio 2002, n. 197 ‘ -i Ministeri rimproverano alla Corte di non aver considerato che a decorrere dal 2001 il contributo, una volta quantificato in misura corrispondente alla perdita di gettito, si ‘ consolida ‘, così diviene un trasferimento erariale stabile in favore del Comune.
Di conseguenza, i minori introiti degli anni successivi a quello di riferimento sarebbero esclusivamente quelli derivanti dai nuovi immobili o dalla riduzione della rendita catastale, mentre le precedenti perdite non sarebbero più tali, essendo divenute entrate (art. 149 d.lgs. 18 agosto 2000 n° 267) grazie al trasferimento erariale.
7 .- Questo mezzo è fondato, nel senso appresso indicato, alla stregua della giurisprudenza ormai consolidata espressa nelle precedenti decisioni assunte da questa stessa Corte in altri giudizi di contenuto del tutto analogo (Cass., sez. 1, 28 maggio 2024, n° 14824, con menzione di altri precedenti; più recentemente: Cass., sez. I, 25 ottobre 2024, n° 27673; Cass., sez. I, 25 ottobre 2024, n° 27690; Cass., sez. I, 3 febbraio 2025, n° 2580; Cass., sez. I, 3 febbraio 2025, n° 2581).
La questione dibattuta consiste, in sostanza, nello stabilire se i Comuni, nel momento i cui rendono la dichiarazione contenuta nell’allegato A al d.m. 1° luglio 2002, n° 197 (‘ si dichiara che il comune di per i fabbricati classificabili nel gruppo catastale D a seguito dell’autodeterminazione provvisoria della rendita catastale secondo le procedure previste dal D.M. 19 aprile 1994, n. 701 del Ministero delle finanze, ha conseguito nell’anno minori introiti per un importo pari ad euro ‘), debbano indicare nello spazio riservato all’indicazione dell’importo la perdita Ici cumulativa subita a partire dal 2001, come sostiene il Comune, oppure se tale
indicazione debba essere limitata alla perdita dell’anno di riferimento.
Prima di entrare nel merito, giova ricordare brevemente il quadro normativo di riferimento e la sua evoluzione.
Com’è noto, con il d.lgs. n° 504/1992 è stata istituita l’imposta comunale sugli immobili (Ici), prevedendosi (per quello che qui interessa) che la base imponibile per i fabbricati accatastati sub lettera D, privi di rendita definitiva, fosse determinata, sino al momento della liquidazione definitiva di essa da parte dell’ufficio fiscale (per la quale l’art. 1 del d.m. n° 701/1994 fissava un termine di dodici o ventiquattro mesi), in base alle scritture contabili dell’imprenditore.
Prevede, infatti, l’art. 5, terzo comma, del d.lgs. n° 504/1992: ‘ Per i fabbricati classificabili nel gruppo catastale D, non iscritti in catasto, interamente posseduti da imprese e distintamente contabilizzati, fino all’anno nel quale i medesimi sono iscritti in catasto con attribuzione di rendita, il valore è determinato, alla data di inizio di ciascun anno solare ovvero, se successiva, alla data di acquisizione, secondo i criteri stabiliti nel penultimo periodo del comma 3, dell’articolo 7 del decreto-legge 11 luglio 1992, n° 333, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 agosto 1992, n° 359, applicando i seguenti coefficienti: … ‘.
D’altra parte, l’art. 7, terzo comma, del d.l. n° 333/1992 stabilisce che ‘ Per le unità immobiliari classificate o classificabili nel gruppo D possedute nell’esercizio d’impresa, il valore è costituito dall’ammontare, al lordo delle quote di ammortamento, che risulta dalle scritture contabili (…) ‘.
A seguito della generale (ed imprevista) diminuzione della base imponibile dell’imposta, calcolata col metodo delle scritture contabili, il legislatore ha introdotto un ausilio per i Comuni, istituendo un contributo per compensare la perdita del gettito Ici
per gli anni 1998 e 1999 (art. 31, terzo comma, legge n° 448/1998).
La perdita del gettito fiscale si è rivelata, tuttavia, strutturale ed il legislatore ha rimodulato tale contributo, già previsto -come detto -per le perdite degli anni 1998 e 1999, estendendolo anche alle perdite di gettito fiscale del 2000 (legge n° 388/2000, art. 53, quattordicesimo comma).
Tale disposizione è stata attuata con d.m. 30 gennaio 2001, col quale è stato approvato il modello di certificazione (allegato A) da trasmettere entro il 31 marzo 2001.
Lo stesso decreto, conformemente alla norma primaria, ha poi previsto che il contributo statale fosse commisurato alla differenza tra il gettito ICI dell’anno 1993 con l’aliquota del 4 per mille e quello riscosso in ciascuno degli anni 1998, 1999 e 2000, anch’esso calcolato con l’aliquota del 4 per mille (il tutto al netto del contributo minimo garantito, previsto dall’art. 36, comma 1, lettera b), del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n° 504, per il finanziamento dei servizi indispensabili per le materie di competenza statale delegate o attribuite ai comuni, per ciascuno degli anni 1998, 1999 e 2000 e del contributo erogato ai sensi dell’art. 31, comma 3, della legge 23 dicembre 1998, n° 448, nei confronti degli enti che ne avevano già usufruito).
Per il futuro, ossia per le annualità dal 2001 in poi, la stessa legge (la n° 388) ha previsto (art. 64, primo comma) non più un contributo, ma un « aumento dei trasferimenti statali » destinati a compensare il minor gettito Ici, a condizione, però, che la perdita fosse superiore a lire tre milioni ed allo « 0,5% della spesa corrente prevista per ciascun anno ».
Tali misure erano state determinate non solo dalla già menzionata imprevista diminuzione della base imponibile, ma anche dall’inerzia o, comunque, dal ritardo degli uffici fiscali nella attribuzione delle rendite immobiliari definitive.
A tale disfunzione se ne era, inoltre, aggiunta un’altra, consistente nell’inerzia o, comunque, nel ritardo dei Comuni nel richiedere il contributo a ristoro della perdita Ici, i quali presentavano domande cumulative, ossia per più anni.
Per porre rimedio a tale ultima prassi, il legislatore ha dapprima fissato il termine previsto dall’art. 1, comma 712, della legge 296/2006, prevedendo che la dichiarazione di minor gettito (disciplinata dal d.m. n° 197/2002) dovesse essere « inviata al Ministero dell’interno entro il termine perentorio, a pena di decadenza, del 30 giugno dell’anno successivo a quello in cui si è verificata la minore entrata ».
Successivamente, a fronte delle differenti dichiarazioni di assegnazione del contributo presentate dai Comuni (contenenti criteri non omogenei di calcolo), il legislatore ha disposto che gli Enti territoriali le ripresentassero.
Infatti, col d.l. n° 154/2008, art. 2quater , settimo comma, si è previsto che « e dichiarazioni di cui all’articolo 2, comma 4, del regolamento di cui al decreto del Ministro dell’interno 1° luglio 2002, n. 197, attestanti il minor gettito dell’imposta comunale sugli immobili derivante da fabbricati del gruppo catastale D per ciascuno degli anni 2005 e precedenti, anche se già presentate, devono essere trasmesse al Ministero dell’interno, a pena di decadenza, entro il 31 gennaio 2009 ed essere corredate da un’attestazione a firma del responsabile del servizio finanziario dell’ente locale, nonché asseverate dall’organo di revisione, che evidenzi le minori entrate registrate per ciascuno degli anni 2005 e precedenti e i relativi contributi statali a tale titolo comunicati ».
Tale termine è, stato, da ultimo prorogato con d.l. n° 78/2010 (art. 14, comma 33quater ), col quale si è stabilito che « l termine del 31 gennaio 2009, previsto dall’articolo 2-quater, comma 7, del decreto-legge 7 ottobre 2008, n. 154, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 dicembre 2008, n. 189, per la
trasmissione al Ministero dell’interno delle dichiarazioni, già presentate, attestanti il minor gettito dell’imposta comunale sugli immobili derivante da fabbricati del gruppo catastale D per ciascuno degli anni 2005 e precedenti, è differito al 30 ottobre 2010 ».
6 .- Passando ora ai fatti di causa, si è visto, nella precedente parte narrativa della presente ordinanza, che oggetto del presente contenzioso sono i contributi degli anni 2001-2009.
Occorre pertanto chiarire le modalità di calcolo del credito comunale previste dalla legge.
Ora, l’art. 64 della legge n° 388/2000 prevede che la perdita dei Comuni sugli introiti Ici relativi agli immobili di categoria catastale D privi di rendita definitiva (perdita, come si è detto, sofferta in ragione della determinazione della base imponibile col metodo del costo contabilizzato e, successivamente, col metodo dell’autodichiarazione ) sia compensata, a partire dal 2001, con un maggior trasferimento di fondi statali.
La stessa norma (art. 64, secondo comma) prevede anche un meccanismo di riduzione dei trasferimenti statali, ove intervenga l’attribuzione della rendita catastale definitiva.
In tal caso, qualora il Comune interessato percepisca un introito superiore almeno al 30% rispetto a quello percepito nella vigenza della rendita catastale provvisoria, ‘ i trasferimenti erariali di parte corrente spettanti agli stessi enti sono ridotti in misura pari a tale eccedenza ‘, con la precisazione che ‘ la riduzione si applica e si intende consolidata a decorrere dall’anno successivo ‘ a quello in cui la rendita è divenuta definitiva.
Ebbene, l’espressa previsione del meccanismo del « consolidamento » della riduzione del contributo (a fronte di un incremento del gettito Ici) implica necessariamente che anche la perdita di gettito riceva lo stesso trattamento e, dunque, che
anch’essa sia « consolidata », ossia compensata automaticamente e -per usare un’efficace espressione di Cass. 14824/2024 sia « trascinata » (volta che sia insorta in un determinato anno) negli anni successivi.
Questo sistema di attribuzione del contributo (aumento di trasferimenti statali) deve essere coordinato con la verifica del superamento della franchigia, prevista dall’art. 64 citato.
Ne deriva anche che, per dare un senso alle soglie previste dall’art. 64, primo comma, l’incremento di perdita Ici che dà diritto ad un incremento di contributo deve essere giocoforza calcolato sulle variazioni di gettito dell’anno di riferimento: ragionando diversamente le soglie sarebbero sempre superate, in ragione delle perdite pregresse e del consolidamento di esse.
In altre parole, l’ammissione a ristoro dell’ulteriore perdita di gettito Ici va verificata con le indicazioni fornite dalla più volte citata Cass. 14824/2024, ossia non tenendo conto delle perdite Ici relative agli anni anteriori ormai consolidate, ma solo sulle nuove perdite dell’anno fiscale in corso (come, dunque, pretendono i Ministeri ricorrenti).
Il diverso sistema di calcolo della franchigia, proposto dal Comune ricorrente, finirebbe, infatti, per annichilire il sistema delle soglie, poiché -volta che siano superate in un anno -il superamento permarrebbe anche in tutti gli anni a seguire grazie al principio di consolidamento.
Al contrario, per conservare un senso a tale previsione, ossia ad una soglia composta dai due elementi (numero fisso e percentuale sulle spese correnti), va seguita la tesi che ritiene superata la franchigia solo ove nell’anno di riferimento si siano verificate ulteriori perdite Ici superiori a lire tre milioni ed allo 0,5% della spesa corrente, ma con la precisazione che, nell’ipotesi in cui tale limite non risulti superato nell’anno in questione e, dunque, il Comune non riceva per tale esercizio alcun contributo -il
travalicamento della franchigia potrebbe intervenire nell’anno successivo, per effetto di ulteriori perdite (derivanti dall’accatastamento di altri immobili, dalla maggiorazione delle aliquote, ecc…) che vanno ad aggiungersi all’esercizio precedente.
Ne deriva, in conclusione, che, in questo caso, il superamento della soglia va verificato, sì, anno per anno, ma considerando anche le eventuali perdite e, dunque, le mancate compensazioni degli anni pregressi non entrate nel consolidamento.
È, infatti, evidente che, se la ratio del sistema è quella di compensare gli enti territoriali del minor gettito fiscale Ici, la perdita inferiore alla soglia (e ritenuta dal legislatore di modestia tale da non essere pareggiata) può incrementarsi negli esercizi seguenti: sicché non c’è ragione in questo caso, ossia volta che la perdita sia divenuta quantitativamente rilevante -di negare al Comune il contributo per il minor gettito fiscale.
Ne deriva che i Comuni hanno diritto ad ottenere automaticamente, per ogni anno, il ristoro delle perdite Ici emerse negli anni pregressi, ormai consolidate; hanno poi diritto di ottenere il ristoro delle perdite dell’anno in corso ove vi sia il superamento dei limiti fissati dall’art. 64, primo comma, per effetto, ad es., dell’accatastamento di nuovi immobili di categoria D (privi di rendita definitiva) entrati nel predetto anno nel perimetro della tassabilità Ici, oppure, altro es., per effetto dell’incremento delle aliquote.
A questo punto è chiaro che le modalità di comunicazione delle perdite al Ministero interni ha rilevanza nel solo procedimento amministrativo, in quanto è in quella sede che i dati forniti dal singolo Comune devono far comprendere per ogni anno la perdita di gettito Ici e, sempre per ogni anno, l’eventuale incremento di essa.
Non c’è, dunque, alcun contrasto tra normativa primaria e secondaria, poiché il d.m. n° 197/2002 dà attuazione al principio
del consolidamento quanto alle perdite Ici pregresse, mentre non detta alcuna disposizione in contrasto con la legge quanto alle modalità di calcolo delle soglie anno per anno.
7 .- In conclusione, la sentenza impugnata, che ha adottato un diverso criterio decisionale, deve essere cassata, con rinvio alla medesima Corte, la quale -tenendo presente quanto esposto ai precedenti paragrafi -dovrà verificare per ogni anno (dal 2001 al 2009) quale fosse il contributo consolidato e quale la maggior perdita fiscale.
Il giudice d’appello provvederà anche alla liquidazione delle spese del presente giudizio.
p.q.m.
la Corte dichiara inammissibile il primo motivo di ricorso. Accoglie il secondo. Cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’appello di Venezia, in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma il 29 maggio 2025, nella camera di