Ordinanza interlocutoria di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 28288 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 28288 Anno 2025
AVV_NOTAIO: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 24/10/2025
ORDINANZA INTERLOCUTORIA
sul ricorso iscritto al n. 18120/2017 R.G., proposto
DA
‘ RAGIONE_SOCIALE , con sede in Sacile (PN), in persona dell’amministratore unico pro tempore , rappresentata e difesa dal AVV_NOTAIO, con studio in Roma, ove elettivamente domiciliata (indirizzo pec per comunicazioni e notifiche: EMAIL ), giusta procura in calce al ricorso introduttivo del presente procedimento;
RICORRENTE
CONTRO
RAGIONE_SOCIALE, con sede in Roma, in persona del presidente del consiglio di amministrazione pro tempore , rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO e dal AVV_NOTAIO, entrambi con studio in Roma, ove elettivamente domiciliato (indirizzi pec per notifiche e comunicazioni: EMAIL ; EMAIL ), giusta procura in margine al controricorso di costituzione nel presente procedimento;
CONTRORICORRENTE
CONTRIBUTO AMBIENTALE RAGIONE_SOCIALE QUESTIONE DI GIURISDIZIONE RIMESSIONE ALLE SEZIONI UNITE
avverso la sentenza depositata dalla Commissione tributaria regionale per il Lazio il 15 marzo 2017, n. 1292/5/2017; udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 16 ottobre 2025 dal AVV_NOTAIO; udito il P.M., nella persona del Sostituto Procuratore Generale, AVV_NOTAIO, che ha concluso per il rigetto del ricorso; udito, per la ricorrente, il AVV_NOTAIO. AVV_NOTAIO, che ha concluso per l ‘accoglimento del ricorso; udito, per il controricorrente, l’AVV_NOTAIO NOME COGNOME, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
RILEVATO CHE:
1. La ‘ RAGIONE_SOCIALE ‘ ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza depositata dalla Commissione tributaria regionale per il Lazio il 15 marzo 2017, n. 1292/5/2017, che, in controversia avente ad oggetto l’ impugnazione (con separati ricorsi) degli atti notificatigli dal ‘ RAGIONE_SOCIALE l’8 gennaio 2013 e l’8 luglio 2013 , con i quali -a ll’esito di controlli ispettivi (come da verbale di verifica del 17 ottobre 2012/26 ottobre 2012) si intimava il pagamento RAGIONE_SOCIALE somme (IVA compresa) di € 57.606,58 (con il primo) e di € 33.806,18 (con il secondo), rispettivamente, per l’omesso versamento di contributi ambientali RAGIONE_SOCIALE nel periodo compreso dal l’anno 2002 al l’anno 2012 e per l’irrogazione RAGIONE_SOCIALE correlative sanzioni per il reiterato inadempimento, avendo aderito la ‘ RAGIONE_SOCIALE al ‘ RAGIONE_SOCIALE sin dal l’anno 1998 nella categoria degli utilizzatori di RAGIONE_SOCIALE (e nella sub-categoria dei commercianti e distributori), ha rigettato l’appello proposto dalla ‘ RAGIONE_SOCIALE ‘ nei confronti del ‘ RAGIONE_SOCIALE
avverso la sentenza depositata dalla Commissione tributaria provinciale di Roma il 26 ottobre 2015, n. 22043/48/2015, con condanna alla rifusione RAGIONE_SOCIALE spese giudiziali.
La Commissione tributaria regionale ha confermato la decisione di prime cure -che, dopo la riunione dei ricorsi originari, aveva dichiarato il difetto di giurisdizione del giudice tributario -« sia perché il RAGIONE_SOCIALE ha una connotazione tipicamente privatistica sia perché il servizio non è obbligatorio nella misura in cui una impresa è autonoma nello smaltimento degli RAGIONE_SOCIALE, per come è previsto dall’art. 221 del decreto legislativo n. 152/2006 ».
Il ‘ RAGIONE_SOCIALE ha resistito con controricorso.
Il P.M. ha depositato conclusioni scritte, che sono state confermate in pubblica udienza.
Ricorrente e controricorrente hanno depositato memorie illustrative ex art. 378 cod. proc. civ.
CONSIDERATO CHE:
Il ricorso -disattesa in limine l’eccezione di inammissibilità per la palese sussistenza dei requisiti di specificità, completezza e pertinenza – è affidato ad un unico motivo, col quale si denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 2 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 1), cod. proc. civ., per essere stata erroneamente confermata dal giudice di appello la dichiarazione del difetto di giurisdizione del giudice tributario nella presente controversia. 2. La ricorrente muove dal presupposto della natura tributaria della TIA (sulla base di una comparazione con il contributo ambientale RAGIONE_SOCIALE), contestando il richiamo del giudice di appello alla motivazione di Cass., Sez. Un., 15 febbraio 2006, n. 3274, secondo cui: « A seguito della trasformazione della
tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani in tariffa, disposta dall’art. 49 del d.lgs. 5 febbraio 1997, n. 22, le controversie aventi ad oggetto la debenza del corrispettivo dovuto per il predetto servizio in base alla tariffa esulano sia dalla giurisdizione RAGIONE_SOCIALE commissioni tributarie, essendo venuta meno la natura tributaria della prestazione (almeno quando, come nella fattispecie, la tariffa sia stata approvata), sia dalla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo in materia di pubblici servizi, prevista dall’art. 33, lettera e), del d.lgs. 31 marzo 1998, n. 80, come modificato dall’art. 7 della legge 21 luglio 2000, n. 205, nel testo risultante dalla dichiarazione d’incostituzionalità pronunciata dalla Corte costituzionale con sentenza n. 204 del 2004, e sono quindi devolute alla giurisdizione del giudice ordinario. La controversia, infatti, pur avendo ad oggetto una prestazione che si ricollega all’espletamento di un pubblico servizio, non afferisce ad un rapporto di concessione né implica un sindacato sulla legittimità di un provvedimento amministrativo, in quanto l’obbligo di pagamento sorge da presupposti interamente preregolati dalla legge, senza che siano riservati alla P.A. discrezionalità circa la concreta individuazione dei soggetti obbligati, i presupposti oggettivi o il quantum del corrispettivo dovuto ».
A suo dire: « a) la natura tributaria della tariffa di igiene ambientale è ormai diritto vivente, per quanto sia in tal senso orientata la ormai pacifica giurisprudenza successiva (Cass., n. 238/2009, n. 3756/2012, n. 17994/2014, e, a Sezioni Unite, n. 23114/2015 e n. 5078/2016; nonché Corte Cost., n. 64/2010). Quindi, per negare natura tributaria al contributo RAGIONE_SOCIALE, i giudici di secondo grado si riferiscono a una giurisprudenza abbondantemente superata nel senso della
natura tributaria (quindi opposto rispetto a quello che vorrebbero sostenere) dell’entrata pubblica colà valutata; b) nella tariffa di igiene ambientale, il soggetto creditore è il RAGIONE_SOCIALE, scolastico caso di ente pubblico (territoriale); il tutto quando poi il giudice di secondo grado sembra voglia a tale sentenza riferirsi (“l ‘orientamento della Suprema Corte è stato seguito anche dalla giurisprudenza di merito … che ha evidenziato la natura privatistica del RAGIONE_SOCIALE”), per affermare la natura privatistica di detto RAGIONE_SOCIALE, senza peraltro rendersi conto che mai l’odierna ricorrente ha sostenuto una conclusione diversa, visto che una tale natura, pubblica o privata che sia, è semplicemente irrilevante ai fini del riconoscimento della natura tributaria o meno di una certa entrata pubblica » (pagine 8 e 9 del ricorso).
Quindi, « la natura privatistica del soggetto attivo dell’obbligazione è del tutto irrilevante ai fini della qualificazione tributaria dell’obbligazione stessa, e infatti si tratta di un elemento che mai questa Corte e la Corte Costituzionale hanno indicato quale fattore costitutivo del tributo, rilevando, a tal fine, solo la funzione pubblica attribuita all’ente, pur privato » (pagina 9 del ricorso).
Di opposto tenore è la ricostruzione del controricorrente, secondo cui: « Il rapporto consortile sussistente tra la RAGIONE_SOCIALE e il RAGIONE_SOCIALE si realizza esclusivamente su un piano privatistico, nell’ambito di una relazione endo-consortile regolata dalle previsioni prima del decreto Ronchi e successivamente del d. lgs. n. 152/2006, nonché dallo statuto e dal regolamento del RAGIONE_SOCIALE » (pagina 19 del controricorso); e: « Lo strumento consortile previsto dal codice civile italiano (artt. 2602 ss. e 2612 ss.), utilizzato sul duplice piano del coordinamento e dell’operatività, ha fornito dunque una
risposta dello stesso mondo imprenditoriale alle esigenze ambientali relative al recupero e al riciclaggio dei rifiuti di RAGIONE_SOCIALEo, come sollecitato dalla stessa direttiva 94/62/CE all’art. 7.1, superando l’altrimenti inevitabile intervento autoritativo della pubblica amministrazione » (pagina 20 del controricorso).
Con la conseguenza che « il RAGIONE_SOCIALE…RAGIONE_SOCIALE è un ente di diritto privato di natura imprenditoriale, come del resto espressamente stabilito dalla legge (artt. 223, comma 2, e 224, comma l, del d.lgs. n. 152/2006; art. 40, comma 2, e art. 41, comma 6, del decreto Ronchi); e agisce senza fini di lucro sulla base di regole di tipo privatistico, dovendo perseguire anzitutto l’interesse di categoria dei suoi consorziati, un interesse che per scelta del legislatore è stato fatto convergere nel campo dei rifiuti di RAGIONE_SOCIALEo verso l’interesse di rilievo pubblicistico alla corretta gestione di tali rifiuti e alla protezione ambientale, quest’ultimo affidato alla cura RAGIONE_SOCIALE amministrazioni pubbliche, territoriali locali e statali » (pagina 20 del controricorso).
Pertanto, a suo dire, non diversamente dai contributi consortili previsti dall’art. 2614 cod. civ., che possono essere posti a carico dei consorziati anche a titolo di corrispettivo per l’utilizzo dei servizi prestati o di concorso al ripianamento nei costi sopportati dal consorzio, si può ritenere che: « Il pagamento del contributo ambientale da parte degli aderenti al RAGIONE_SOCIALE costituisce la modalità attraverso la quale i produttori e gli utilizzatori che immettono RAGIONE_SOCIALE nell’ambiente sopportano i costi relativi alla loro rac colta, recupero e riciclaggio (…) » (pagina 21 del controricorso ) , concludendone che « nei rapporti tra il RAGIONE_SOCIALE e i consorziati il contributo ambientale è un vero e proprio corrispettivo che le imprese produttrici e utilizzatrici di
RAGIONE_SOCIALE sono tenute a pagare a fronte RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE di raccolta, recupero e riciclaggio degli RAGIONE_SOCIALE materialmente svolte dai RAGIONE_SOCIALE, vale a dire di un servizio prestato dai secondi a favore RAGIONE_SOCIALE prime » (pagina 22 del controricorso). È stato, altresì, aggiunto che, « proprio perché il contributo ambientale RAGIONE_SOCIALE costituisce un vero e proprio corrispettivo da versarsi a fronte del servizio di raccolta, recupero e riciclaggio dei rifiuti di RAGIONE_SOCIALE, il legislatore richiede logicamente che tale corrispettivo sia direttamente proporzionale “alla quantità totale, al peso ed alla tipologia del materiale di RAGIONE_SOCIALEo immessi sul mercato RAGIONE_SOCIALE” (art. 41, comma 2, lett. h, del d. lgs. n. 22/97; art. 224, comma 3, lett. h, del d.lgs. n. 152/2006), poiché è l’immissione sul mercato dell’RAGIONE_SOCIALEo a far sì che quest’ultimo, al termine del suo ciclo vitale, diventi rifiuto destinato a essere gestito nell’ambito del sistema RAGIONE_SOCIALE » (pagina 23 del controricorso).
Tale ricostruzione vale anche per le sanzioni irrogabili in base allo statuto (art. 8) e al regolamento (art. 14) per le inadempienze degli obblighi consortili, le quali possono essere ricondotte alla previsione generale dell’art. 2603, secondo comma, n. 7), cod. civ., atteggiandosi alla stregua di « un sistema di penali di natura privata connesse all’inadempimento RAGIONE_SOCIALE obbligazioni negoziali di fonte legale e statutaria », « la cui finalità non è certo quella (pubblicistica) punitivosanzionatoria, bensì quella (privatistica) di rafforzamento RAGIONE_SOCIALE obbligazioni consortili e di predeterminazione del risarcimento del danno conseguente al loro eventuale inadempimento » (pagina 24 del controricorso).
Delineate per sommi capi le contrapposte posizioni RAGIONE_SOCIALE parti, si rende opportuna una breve illustrazione del quadro normativo di riferimento.
In coerenza con i suoi settimo e diciottesimo considerando, a tenore dei quali, rispettivamente, « la gestione degli RAGIONE_SOCIALE e dei rifiuti di RAGIONE_SOCIALEo dovrebbe prevedere in via prioritaria, la prevenzione dei rifiuti di RAGIONE_SOCIALEo e avere, come ulteriori principi fondamentali, il reimpiego degli RAGIONE_SOCIALE, il riciclaggio e le altre forme di recupero dei rifiuti di RAGIONE_SOCIALEo e, quindi, la riduzione dello smaltimento finale di tali rifiuti » e « la gestione degli RAGIONE_SOCIALE e dei rifiuti di RAGIONE_SOCIALEo impone di istituire negli Stati membri sistemi di restituzione, raccolta e recupero; (…) tali sistemi devono essere aperti alla partecipazione di tutte le parti interessate e concepiti in modo da evitare discriminazioni tra i prodotti importati nonché ostacoli agli scambi o distorsioni della concorrenza e in modo da garantire il massimo rendimento possibile degli RAGIONE_SOCIALE e dei rifiuti di RAGIONE_SOCIALEo, in conformità con il trattato », la direttiva n. 94/62/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 20 dicembre 1994 sugli RAGIONE_SOCIALE e sui rifiuti di RAGIONE_SOCIALEo, aveva disposto (art. 7, par. 1) che: « Gli Stati membri adottano le misure necessarie per garantire che siano introdotti sistemi di: a) restituzione e/o raccolta degli RAGIONE_SOCIALE usati e/o dei rifiuti di RAGIONE_SOCIALEo generati dal consumatore, da altri utenti finali o dal flusso di rifiuti per smistarli verso le soluzioni di gestione dei rifiuti più appropriate; b) reimpiego o recupero, incluso il riciclaggio degli RAGIONE_SOCIALE e/o dei rifiuti di RAGIONE_SOCIALEo raccolti, al fine di conformarsi agli obiettivi definiti nella presente direttiva. Questi sistemi sono aperti alla partecipazione degli operatori economici dei settori interessati e alla partecipazione RAGIONE_SOCIALE competenti autorità pubbliche. Essi si applicano anche ai prodotti importati in condizioni non discriminatorie, incluso quanto attiene alle modalità previste e alle eventuali tariffe
imposte per accedere a detti sistemi, e devono essere concepiti in modo da evitare ostacoli agli scambi o distorsioni della concorrenza in conformità con il trattato ».
In tale cornice di fonte comunitaria, il contributo ambientale RAGIONE_SOCIALE trova il suo originario fondamento nell’art. 41 del d.lgs. 5 febbraio 1997, n. 22 (‘ Attuazione RAGIONE_SOCIALE direttive 91/156/CEE sui rifiuti, 91/689/CEE sui rifiuti pericolosi e 94/62/CE sugli RAGIONE_SOCIALE e sui rifiuti di RAGIONE_SOCIALEo ‘), il quale aveva previsto che i produttori e gli utilizzatori di RAGIONE_SOCIALE costituissero in forma paritaria il RAGIONE_SOCIALE (denominato ‘ RAGIONE_SOCIALE ‘), contemplando tra le relative funzioni (comma 2, let t. h) anche la ripartizione tra i medesimi soggetti dei « costi della raccolta differenziata, del riciclaggio e del recupero dei rifiuti di RAGIONE_SOCIALE primari, o comunque conferiti al servizio di raccolta differenziata, in proporzione alla quantità totale, al peso ed alla tipologia del materiale di RAGIONE_SOCIALEo immessi sul mercato RAGIONE_SOCIALE, al netto RAGIONE_SOCIALE quantità di RAGIONE_SOCIALE usati riutilizzati nell’anno precedente per ciascuna tipologia di materiale ».
In seguito, l’art. 224 del d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152 (‘ Norme in materia ambientale ‘), ha confermato che, nel quadro della responsabilità per la « corretta ed efficace gestione ambientale degli RAGIONE_SOCIALE e dei rifiuti di RAGIONE_SOCIALEo generati dal consumo dei propri prodotti » e per la « corretta ed efficace gestione ambientale dei rifiuti riferibili ai propri prodotti definiti in proporzione alla quantità di RAGIONE_SOCIALE immessi sul mercato RAGIONE_SOCIALE » (art. 221, comma 1, del medesimo decreto), per raggiungere gli obiettivi globali di recupero e di riciclaggio e per garantire il necessario coordinamento dell’RAGIONE_SOCIALE di raccolta differenziata, « i produttori e gli utilizzatori (…) [da intendersi, i primi, come « i fornitori di materiali di RAGIONE_SOCIALEo, i fabbricanti, i trasformatori e gli importatori di RAGIONE_SOCIALE vuoti
e di materiali di RAGIONE_SOCIALEo », e, i secondi, come « i commercianti, i distributori, gli addetti al riempimento, gli utenti di RAGIONE_SOCIALE e gli importatori di RAGIONE_SOCIALE pieni » (art. 218, comma 1, lett. r) e s), del medesimo decreto] partecipano in forma paritaria al RAGIONE_SOCIALE, in seguito denominato RAGIONE_SOCIALE, che ha personalità giuridica di diritto privato senza fine di lucro ed è retto da uno statuto approvato con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare di concerto con il Ministro RAGIONE_SOCIALE produttive », demandando ancora una volta a tale ente la funzione di ripartire « tra i produttori e gli utilizzatori il corrispettivo per i maggiori oneri della raccolta differenziata di cui all’articolo 221, comma 10, lettera b), nonché gli oneri per il riciclaggio e per il recupero dei rifiuti di RAGIONE_SOCIALEo conferiti al servizio di raccolta differenziata, in proporzione alla quantità totale, al peso ed alla tipologia del materiale di RAGIONE_SOCIALEo immessi sul mercato RAGIONE_SOCIALE, al netto RAGIONE_SOCIALE quantità di RAGIONE_SOCIALE usati riutilizzati nell’anno precedente per ciascuna tipologia di materiale », con la determinazione e l’imposizione a carico dei consorziati, secondo « le modalità individuate dallo statuto », del « contributo denominato contributo ambientale RAGIONE_SOCIALE » (comma 3, lett. h).
In proposito, lo statuto consortile (approvato con d.m. 12 aprile 2022) -oltre a ribadire l’attribuzione relativa alla determinazione ed all’imposizione a carico dei consorziati (art. 3, comma 2, lett. h) -ha dettato una disciplina dettagliata sulla ripartizione, la riscossione e la destinazione del contributo ambientale RAGIONE_SOCIALE (art. 14), la cui funzione si compendia (comma 1), per un verso, nel ripianamento dei costi derivanti dai maggiori oneri della raccolta differenziata e dalle RAGIONE_SOCIALE di recupero, riciclo e valorizzazione dei rifiuti di RAGIONE_SOCIALEo (in
particolare, « per il ritiro degli RAGIONE_SOCIALE primari o comunque conferiti al servizio pubblico e, in via accessoria, per l’organizzazione dei sistemi di raccolta, recupero e riciclaggio dei rifiuti di RAGIONE_SOCIALEo secondari e terziari ») (comma 2), per altro verso, nella copertura RAGIONE_SOCIALE spese gestionali (comma 4), ferma restando la facoltà per il consiglio di amministrazione, in presenza « di particolari esigenze », di determinarlo in misura forfettaria, di differenziarlo (per una o più tipologie di RAGIONE_SOCIALEo), di ridurlo o escluderlo, dettando specifiche modalità relative alla sua applicazione, liquidazione, dichiarazione, versamento (« se e nei limiti in cui sussistano obiettive ragioni tecniche, economiche od organizzative risultanti da indagini e studi adeguatamente documentati, relativi alle caratteristiche, alle modalità di utilizzazione o commercializzazione, alle funzioni o destinazioni della tipologia di RAGIONE_SOCIALEo, e/o attinenti il conferimento, la selezione, il riciclo o il riutilizzo dei relativi rifiuti, nel rispetto dei principi della responsabilità condivisa, della collaborazione e della concorrenza posti a fondamento del sistema di gestione degli RAGIONE_SOCIALE ») (comma 5).
Tali previsioni sono ribadite nel regolamento consortile (approvato con deliberazione adottata dall’assemblea dei consorziati il 14 luglio 2021), il quale detta la disciplina dettagliata sul prelievo (art. 4) e sulla determinazione (art. 6) del contributo ambientale RAGIONE_SOCIALE a carico dei consorziati, nonché sulla tipizzazione RAGIONE_SOCIALE violazioni degli obblighi consortili e RAGIONE_SOCIALE sanzioni irrogabili per ogni violazione (art. 14) e sulle modalità di applicazione RAGIONE_SOCIALE sanzioni a consorziati inadempienti (art. 15).
5. La natura (tributaria o civilistica) del contributo ambientale RAGIONE_SOCIALE non è stata specificamente scrutinata sino ad oggi da
questa Corte in relazione alla spettanza della giurisdizione sulla cognizione RAGIONE_SOCIALE relative controversie.
Invero, con i suoi interventi, la giurisprudenza di legittimità, per un verso, si è limitata ad escludere per il contributo ambientale RAGIONE_SOCIALE il privilegio previsto per i ‘ tributi indiretti ‘ dall’art. 2758, primo comma, cod. civ. (Cass., Sez. 1^, 6 novembre 2013, n. 24970) e, per altro verso, ha deciso (come giudice munito di giurisdizione) controversie sul recupero (anche in sede fallimentare) del contributo ambientale RAGIONE_SOCIALE dai consorziati obbligati (Cas., Sez. 1^, 21 ottobre 2020, n. 22959; Cass., Sez. 3^, 9 maggio 2023, n. 12458; Cass., Sez. 1^, 5 luglio 2023, n. 18965).
In particolare, pronunciando sul privilegio riconosciuto dall’art. 2758, primo comma, cod. civ., il giudice di legittimità ha argomentato -nell’occasione, con riguardo all’analogia sostenuta dalla parte ricorrente rispetto al contributo ambientale RAGIONE_SOCIALE – che la TIA « non è un tributo indiretto, bensì una “tassa di scopo” e il privilegio che le compete è quello riconosciuto dall’art. 2752 c.c., u.c., ai tributi degli enti locali (da ult. Cass. 2320/2012). E poiché esclusivamente la qualifica di tributo indiretto rileva agli effetti dell’invocato art. 2758 c.c., comma 1, l’esclusione di essa, correttamente argomentata dalla Corte d’appello, rende superfluo interrogarsi sulla natura “paratributaria” o meno del contributo RAGIONE_SOCIALE; tanto più che l’art. 2758, comma 1, cit., assicura il privilegio esclusivamente allo Stato e non certo a soggetti privati, qual è pacificamente il RAGIONE_SOCIALE. Né, infine, può esservi spazio per una interpretazione estensiva o analogica della norma codicistica, considerati i chiari limiti lessicali della stessa e la mancanza di identità di ratio tra le due fattispecie che si vorrebbe disciplinare uniformemente ».
6. Nell’esegesi costante della giurisprudenza costituzionale, al fine di qualificare come tributarie le entrate erariali, occorre che, indipendentemente dal nomen iuris utilizzato dalla normativa che disciplina tali entrate, siano presenti le caratteristiche della doverosità della prestazione ed il collegamento di questa alla pubblica spesa, con riferimento ad un presupposto economicamente rilevante. In particolare, si è detto che una prestazione deve ritenersi di natura tributaria (art. 53 Cost.), indipendentemente dalla qualificazione offerta dal legislatore, laddove si riscontrino tre requisiti: a) la disciplina legale deve essere diretta, in via prevalente, a procurare una definitiva decurtazione patrimoniale a carico del soggetto passivo; b) la decurtazione non deve integrare una modifica di un rapporto sinallagmatico; c) le risorse, connesse ad un presupposto economicamente rilevante e derivanti dalla suddetta decurtazione, debbono essere destinate a sovvenire pubbliche spese (tra le tante: Corte Cost., 11 ottobre 2012, n. 223; Corte Cost., 12 dicembre 2013, n. 304; Corte Cost., 17 dicembre 2013, n. 310; Corte Cost., 4 giugno 2014, n. 154; Corte Cost., 30 aprile 2015, n. 70; Corte Cost., 23 giugno 2015, n. 178; Corte Cost., 6 maggio 2016, n. 96; Corte Cost., 10 novembre 2017, n. 236; Corte Cost., 26 aprile 2018, n. 89; Corte Cost., 21 dicembre 2019, n. 240; Corte Cost, 4 dicembre 2020, n. 263; Corte Cost., 28 gennaio 2022, n. 27; Corte Cost., 26 maggio 2022, n. 128; Corte Cost., 9 maggio 2024, n. 80; Corte Cost., 24 luglio 2025, n. 124).
L’elemento fondamentale della definizione, che individua il carattere proprio e fondamentale dei tributi, è posto al termine dell’ultima proposizione: le risorse derivanti dalla decurtazione « devono essere destinate a sovvenire pubbliche spese ». L’istituzione del tributo, o la modifica della sua disciplina
sostanziale, implica l’individuazione di chi, tra i consociati, dovrà sopportare il relativo onere e la fissazione della misura dell’onere stesso per ciascuno dei soggetti prescelti. Per assolvere a tale funzione, il tributo deve necessariamente risolversi in disciplina idonea ad individuare: le spese cui si deve sovvenire (di regola mediante l’identificazione del soggetto attivo, ma, nei tributi di scopo, anche tramite specifiche prescrizioni circa la destinazione del gettito); i soggetti che dovranno a tali spese concorrere, sopportandone l’onere; le condizioni perché il concorso stesso si realizzi (cioè i fatti e situazioni al cui verificarsi esso è doveroso); la misura della compartecipazione di ciascuno (dall’abbandono del sistema del ‘ contingente ‘ stabilita, per i tributi maggiori, mediante identificazione di un parametro e di un rapporto tra questo e l’importo a carico di ciascun contribuente).
La clausola della ‘ destinazione a sovvenire pubbliche spese ‘ presuppone una nozione di ‘ spese pubbliche ‘. Il criterio di identificazione RAGIONE_SOCIALE pubbliche spese cui si fa implicito riferimento è quello soggettivo: sono pubbliche le spese degli enti pubblici. Ad esse è destinata, indistintamente, ogni entrata degli enti stessi secondo il principio dell’unicità del bilancio. Pertanto, ai fini dell’identificazione dei tributi, è sufficiente che la relativa disciplina indichi come soggetto attivo un ente pubblico . Tuttavia, il principio dell’unicità del bilancio è derogabile dalla legge, che può espressamente destinare le ‘ risorse derivanti dalla decurtazione ‘ ad una specifica spesa che, se soggettivamente riferibile ad ente pubblico, è pubblica secondo lo stesso criterio soggettivo summenzionato; può darsi, però (si pensi all’eventualità di tributi con soggetti attivi di cui è per lo meno dubbia la natura pubblicistica) che la natura pubblica della spesa debba essere stabilita
oggettivamente, sulla base di criteri analoghi a quelli utilizzati, ad es., in materia di servizi pubblici.
Il soggetto attivo, generalmente, è unico e per la maggior parte dei casi è rappresentato dallo Stato o da enti territoriali che utilizzano i tributi per la copertura RAGIONE_SOCIALE proprie spese. In alcuni casi, la parte attiva del rapporto tributario può anche essere rappresentata da soggetti a carattere privato, che svolgano servizi di interesse generale.
7. Ora, secondo la previsione del l’art. 372, primo comma, cod. proc. civ.: « La Corte pronuncia a sezioni unite nei casi previsti nel n. 1) dell’articolo 360 e nell’articolo 362 . Tuttavia, tranne che nei casi di impugnazione RAGIONE_SOCIALE decisioni del Consiglio di Stato e della Corte dei conti, il ricorso può essere assegnato alle sezioni semplici, se sulla questione di giurisdizione proposta si sono già pronunciate le sezioni unite ».
Per cui, in totale assenza di una pregressa pronuncia RAGIONE_SOCIALE Sezioni Unite, la prospettata questione di giurisdizione non può essere decisa, per la sua novità, in questa sede dalla Sezione Tributaria.
Invero, il collegio non ignora il recente arresto di questa Corte, a tenore del quale, ai sensi dell’art. 374, primo comma, ultima parte, cod. proc. civ., le Sezioni semplici della Corte di Cassazione possono conoscere della questione di giurisdizione oggetto del ricorso, non essendo necessaria la sua devoluzione alle Sezioni Unite, quando queste ultime si siano già espresse sulla medesima questione, ancorché non sullo specifico caso, affermando sul punto chiari e precisi principi informatori, suscettibili di rappresentare una guida orientativa per le sezioni semplici (in termini: Cass., Sez. 1^, 17 marzo 2025, n. 7152), il quale si pone in sintonia e
continuità con un precedente decreto della Prima AVV_NOTAIO della Corte a norma dell’art. 363 -bis , terzo comma, cod. proc. civ. (quale introdotto dall’art. 3, comma 27, lett. c), del d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 149), in cui è stato affermato il principio che una questione non presenta il requisito della grave difficoltà interpretativa, richiesta per l’ammissibilità del rinvio pregiudiziale, ove nella giurisprudenza della Corte di Cassazione si rinvenga l’enunciazione dei principi suscettibili di orientare la risoluzione del dubbio posto dal rimettente (Pres. Cass., 17 maggio 2024, n. 13749).
Tuttavia, allo stato, non si ritiene di poter individuare l’ univoca enunciazione di criteri idonei a dirigere ed indirizzare questa Sezione verso una ponderata decisione in subiecta materia .
Difatti, con riguardo alla tassazione dei rifiuti (comprensivi degli RAGIONE_SOCIALE), dopo le sentenze della Corte Costituzionale n. 238 del 24 luglio 2009 e n. 64 del 22 febbraio 2010 (che hanno affermato la natura tributaria della TIATARGA_VEICOLO e ribadito la giurisdizione del giudice tributario nella cognizione RAGIONE_SOCIALE relative controversie), unico riferimento per delineare un adeguato sistema di coordinate interpretative sembra essere rappresentato dagli ultimi arresti RAGIONE_SOCIALE Sezioni Unite, secondo cui le controversie aventi ad oggetto la tariffa per la gestione dei rifiuti di cui all’abrogato art. 49 del d.lgs. 5 febbraio 1997, n. 22 (c.d. TIA-1), dovuta nel periodo di vigenza di detta disposizione (dunque, fino al 31 maggio 2010, data di entrata in vigore dell’art. 14 del d.l. 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122), competono alla giurisdizione tributaria, indipendentemente dalla data in cui sono sorte, spettando, invece, alla giurisdizione ordinaria le controversie in materia di TIA-1, sorte successivamente al 31 maggio 2010 e aventi ad oggetto
la relativa debenza per il periodo successivo all’abrogazione (ad opera del d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152) del citato art. 49 del d.lgs. 5 febbraio 1997, n. 22, in ragione dell’applicazione della tariffa ” in regime transitorio “, nonché quelle relative alla tariffa introdotta dall’art. 238 del d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152 (c.d. TIA-2), sorte anch’esse dopo il 31 maggio 2010 (Cass., Sez. Un., 27 gennaio 2020, n. 1839; Cass., Sez. Un., 19 luglio 2025, n. 20260 -vedansi anche, nel senso che le controversie riguardanti la debenza della TIA-1 erano devolute alla giurisdizione tributaria, trattandosi non di un’entrata patrimoniale di diritto privato, ma di una mera variante della TARSU, di cui conservava la qualifica di tributo: Cass., Sez. Un., 21 giugno 2010, n. 14903; Cass., Sez. Un., 12 novembre 2015, n. 23114; Cass., Sez. Un., 20 dicembre 2016, n. 28268; Cass., Sez. Un., 11 luglio 2017, n. 17113; Cass., Sez. Un., 10 aprile 2018, n. 8822).
Peraltro, tale indirizzo si pone in palese dissonanza da una più risalente pronuncia (Cass., Sez. Un., 15 febbraio 2006, n. 3274), secondo cui, a seguito della trasformazione della tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani in tariffa, disposta dall’art. 49 del d.lgs. 5 febbraio 1997, n. 22, le controversie aventi ad oggetto la debenza del corrispettivo dovuto per il predetto servizio in base alla tariffa esulano dalla giurisdizione RAGIONE_SOCIALE commissioni tributarie, essendo venuta meno la natura tributaria della prestazione (almeno quando, come nella fattispecie, la tariffa sia stata approvata), sia dalla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo in materia di pubblici servizi, prevista dall’art. 33, lett. e), del d.lgs. 31 marzo 1998, n. 80, come modificato dall’art. 7 della legge 21 luglio 2000, n. 205, nel testo risultante dalla dichiarazione d’incostituzionalità pronunciata con sentenza della Corte Costituzionale n. 204 del
2004, e sono quindi devolute alla giurisdizione del giudice ordinario.
È evidente, quindi, che le oscillazioni sulla natura tributaria o contrattuale della TIA-1 nella stessa giurisprudenza RAGIONE_SOCIALE Sezioni Unite lasciano apprezzare l’insussistenza di « chiari e precisi principi informatori » che possano guidare la Sezione Tributaria nella decisione della odierna questione di giurisdizione, non essendosi consolidato e sedimentato un chiaro e preciso orientamento sui caratteri identificativi RAGIONE_SOCIALE prestazioni tariffarie sulla raccolta dei rifiuti, al punto che sulla spettanza della relativa giurisdizione si è reso necessario un intervento chiarificatore del legislatore con una norma di interpretazione autentica (art. 14, comma 33, del d.l. 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122: « Le disposizioni di cui all’articolo 238 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, si interpretano nel senso che la natura della tariffa ivi prevista non è tributaria. Le controversie relative alla predetta tariffa, sorte successivamente alla data di entrata in vigore del presente decreto, rientrano nella giurisdizione dell’autorità giudiziaria ordinaria »).
Alla stregua RAGIONE_SOCIALE suesposte argomentazioni, dunque, il collegio ritiene di dover rimettere la causa al AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO della Corte Suprema di Cassazione affinché valuti la sua eventuale assegnazione alle Sezioni Unite Civili, ai sensi dell’art. 374, primo comma, cod. proc. civ. (in combinato disposto con l’art. 360, primo comma, n. 1), cod. proc. civ.) , per rispondere al quesito : ‘ Se la cognizione sulle controversie relative al contributo ambientale RAGIONE_SOCIALE di cui, dapprima, a ll’art. 41 del d.lgs. 5 febbraio 1997, n. 22 (‘Attuazione RAGIONE_SOCIALE direttive 91/156/CEE sui rifiuti, 91/689/CEE sui rifiuti pericolosi
e 94/62/CE sugli RAGIONE_SOCIALE e sui rifiuti di RAGIONE_SOCIALEo’), e, poi, al l’art. 224 del d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152 (‘Norme in materia ambientale’), in base alla sua natura tributaria o contrattuale, sia devoluta alla giurisdizione del giudice tributario ( ex art. 1 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546), o alla giurisdizione del giudice ordinario ( ex art. 1 cod. proc. civ. )».
P.Q.M.
La Corte rimette la causa al AVV_NOTAIO per l’eventuale assegnazione alle Sezioni Unite Civili in ordine alla questione di giurisdizione di cui in motivazione.
Così deciso a Roma nella camera di consiglio del 16 ottobre 2025 .
IL PRESIDENTE
NOME COGNOME