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Contributo AGCM: la Cassazione conferma la legittimità

Una società operante nel settore mangimistico ha impugnato una cartella di pagamento relativa al contributo AGCM per gli anni 2013-2015, sostenendone l’illegittimità costituzionale e il contrasto con il diritto UE. La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 15963/2024, ha rigettato il ricorso. Ha stabilito che il sistema di finanziamento dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, basato su un contributo obbligatorio per le sole imprese con fatturato superiore a 50 milioni di euro, non è discriminatorio né sproporzionato. La Corte ha qualificato il contributo come una prestazione di natura tributaria, legittimamente basata su un criterio selettivo che rispecchia la capacità contributiva e l’impatto di tali imprese sul mercato, confermando la linea già tracciata dalla Corte Costituzionale.

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Pubblicato il 26 novembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Contributo AGCM: La Cassazione ne Ribadisce la Piena Legittimità

La Corte di Cassazione, con la recente sentenza n. 15963 del 7 giugno 2024, è tornata a pronunciarsi sulla legittimità del contributo AGCM, il versamento obbligatorio destinato a finanziare l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato. La pronuncia chiarisce in modo definitivo perché il sistema, che pone l’onere a carico delle sole imprese di maggiori dimensioni, sia conforme ai principi costituzionali e al diritto dell’Unione Europea, respingendo le doglianze di una società che ne contestava la natura discriminatoria e sproporzionata.

I fatti di causa: una cartella di pagamento contestata

Una società operante nel settore mangimistico ha ricevuto una cartella di pagamento per il mancato versamento del contributo AGCM relativo alle annualità 2013, 2014 e 2015, per un importo totale di circa 16.700 euro. L’azienda ha impugnato l’atto, sollevando diverse questioni, tra cui:

* Illegittimità costituzionale: La normativa violerebbe i principi di uguaglianza (art. 3 Cost.) e di capacità contributiva (art. 53 Cost.), imponendo il pagamento solo alle società con ricavi superiori a 50 milioni di euro.
* Contrasto con il diritto UE: Il sistema sarebbe sproporzionato rispetto ai reali fabbisogni dell’Autorità e discriminatorio, in violazione dei principi di libertà d’impresa e di non discriminazione.
* Vizio procedurale: La cartella non era stata preceduta da un formale avviso di accertamento, atto ritenuto indispensabile.

Dopo la soccombenza nei primi due gradi di giudizio, la società ha presentato ricorso in Cassazione.

La decisione della Suprema Corte sul contributo AGCM

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, confermando la validità dell’impianto normativo che regola il finanziamento dell’AGCM. L’analisi dei giudici ha toccato tutti i punti sollevati dalla ricorrente, fornendo chiarimenti fondamentali.

La natura tributaria del contributo e la procedura di riscossione

In primo luogo, la Corte ha chiarito che il contributo AGCM ha natura di prestazione tributaria. Si tratta di un’imposizione patrimoniale coattiva, prevista dalla legge per finanziare una spesa pubblica (il funzionamento dell’AGCM) e basata su un presupposto economico rilevante (il fatturato). Proprio per questa sua natura, e poiché il suo ammontare è determinato da un semplice calcolo aritmetico basato su dati oggettivi (il fatturato dell’ultimo bilancio), non è necessario un avviso di accertamento preventivo. La legge non lo prevede, e la comunicazione inviata dall’Autorità con il bollettino MAV è sufficiente a rendere edotto il contribuente della pretesa.

Legittimità del sistema di finanziamento: le motivazioni della Corte

Il cuore della sentenza riguarda la presunta incostituzionalità e il contrasto con il diritto UE. La Corte ha smontato queste argomentazioni, basandosi su un ragionamento solido e coerente con la giurisprudenza della Corte Costituzionale (in particolare la sentenza n. 269/2017).

Nessuna discriminazione: La scelta di porre il contributo a carico delle sole imprese con fatturato superiore a 50 milioni di euro non viola il principio di uguaglianza. Al contrario, tratta in modo diverso situazioni oggettivamente diverse. Le grandi imprese, per la loro dimensione e il loro impatto sui mercati, sono i soggetti che più di tutti impegnano l’attività di vigilanza dell’AGCM e che, al contempo, beneficiano maggiormente di un mercato concorrenziale. La soglia di fatturato è un criterio ragionevole per individuare le realtà economiche che, in base all’ id quod plerumque accidit* (ciò che accade di solito), sono i destinatari principali dell’attività dell’Autorità.

* Rispetto della capacità contributiva: La scelta del fatturato come parametro è coerente con l’art. 53 della Costituzione. Esso rappresenta un indice affidabile della forza economica di un’impresa e della sua capacità di incidere sulle dinamiche di mercato. L’esclusione delle imprese “sotto-soglia” è una scelta discrezionale del legislatore, pienamente legittima.

* Conformità al principio di proporzionalità: La Corte ha ritenuto il sistema proporzionato. Anche la presenza di eventuali avanzi di bilancio dell’AGCM non dimostra di per sé una sproporzione, in quanto tali risorse possono essere destinate a coprire costi futuri o a ridurre l’aliquota del contributo negli anni successivi, come di fatto è avvenuto.

* Inapplicabilità dei principi UE invocati: I principi di sussidiarietà e proporzionalità del Trattato UE, citati dalla ricorrente, regolano i rapporti di competenza tra l’Unione e gli Stati membri, non la legislazione fiscale interna di uno Stato. Pertanto, non sono pertinenti al caso di specie.

Le conclusioni: implicazioni pratiche della sentenza

La sentenza consolida un orientamento giurisprudenziale ormai granitico: il sistema di finanziamento dell’AGCM è legittimo. Le imprese con un fatturato superiore alla soglia stabilita sono tenute al versamento del contributo, e le contestazioni basate su presunte discriminazioni o sproporzioni non troveranno accoglimento. La pronuncia ribadisce che il legislatore gode di un’ampia discrezionalità nel disegnare il sistema fiscale, purché le sue scelte non siano manifestamente irragionevoli o arbitrarie, limite che, nel caso del contributo AGCM, non è stato superato.

È legittimo che solo le imprese con fatturato superiore a 50 milioni di euro debbano versare il contributo AGCM?
Sì. Secondo la Corte di Cassazione, questa scelta non è discriminatoria ma tratta in modo diverso situazioni oggettivamente diverse. Le grandi imprese hanno un impatto maggiore sul mercato e sono i principali soggetti dell’attività di vigilanza dell’AGCM, giustificando un onere contributivo selettivo che rispetta il principio di capacità contributiva.

È necessario un avviso di accertamento prima di ricevere una cartella di pagamento per il contributo AGCM non versato?
No. La Corte ha stabilito che, poiché l’importo del contributo deriva direttamente dalla legge e da un calcolo aritmetico basato sul fatturato, non è necessario un atto di accertamento discrezionale. La comunicazione inviata dall’AGCM è sufficiente per la riscossione tramite cartella di pagamento in caso di inadempimento.

Il sistema di finanziamento dell’AGCM viola il principio di proporzionalità del diritto europeo?
No. La Corte ha chiarito che i principi di proporzionalità e sussidiarietà del Trattato UE regolano la ripartizione di competenze tra Unione e Stati membri e non si applicano direttamente alla legislazione fiscale interna di uno Stato. La normativa nazionale sul contributo è stata giudicata proporzionata e ragionevole rispetto allo scopo di garantire l’indipendenza e il funzionamento dell’Autorità.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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