Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 15963 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 5 Num. 15963 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME RAGIONE_SOCIALE
Data RAGIONE_SOCIALEzione: 07/06/2024
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 8563/2020 R.G. proposto da: RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE) rappresentato e difeso dagli avvocati COGNOME NOME (CODICE_FISCALE), COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (P_IVAP_IVA che lo rappresenta e difende
-controricorrente-
nonchè contro
AGENZIA DELLE ENTRATE RISCOSSIONE
-intimato- avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. LAZIO n. 4529/2019 depositata il 23/07/2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 17/05/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
Udito il P.G. che ha concluso per il rigetto del ricorso; Udito il difensore dell’RAGIONE_SOCIALE.
FATTI DI CUASA
1. La società RAGIONE_SOCIALE impugnava la cartella di pagamento notificata a mezzo PEC il 18.11.2016 ed avente per oggetto ‘ contributo RAGIONE_SOCIALE annualità 2013, 2014, 2015′ per la somma totale di Euro 16.760,58 per le annualità 2013-2014-2015, per ottenere l’annullamento RAGIONE_SOCIALE stessa, eccependo i seguenti motivi: 1. Illegittimità costituzionale dell’art. 10, commi 7 -ter e 7quater, RAGIONE_SOCIALE L. n. 287/1990 -per avere il nuovo sistema di contribuzione di RAGIONE_SOCIALE, introdotto dall’art. 5 -bis, comma 1, del d.l. n. 1/2012, previsto un’imposizione tributaria a favore di RAGIONE_SOCIALE in violazione dei principi costituzionali di uguaglianza (art. 3), di capacità contributiva (art. 53, comma 1) e di progressività (art. 53, comma 2), il tutto richiamando, tra l’altro, l’Ordinanza n. 208 del 18.03/02.05.2016, CTP di Roma, Sez. 5, in causa R.G.R. n. 24878/2014, che, nella stessa materia, aveva ritenuto non manifestamente infondata la questione, disponendo il rinvio alla Corte Costituzionale; 2. -Illegittimità derivata per mancata disapplicazione RAGIONE_SOCIALE normativa interna (commi 7, 7-ter e 7quater, dell’art. 10, RAGIONE_SOCIALE legge n. 287/1990, introdotti ai sensi dell’art. 5 -bis, comma 1, del d.l. n. 1/2012) non conforme all’art. 5 del Trattato sull’Unione Europea (TUE), agli artt. 16, 17, 20 e 21
RAGIONE_SOCIALE Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, agli 101 e 102 del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea (TFUE), al Reg. (CE) n. 1/2003 e ai principi comunitari di proporzionalità e di ragionevolezza nonché ai diritti fondamentali di uguaglianza, non discriminazione, proprietà e libertà di impresa Eccesso di potere’ -per essere il nuovo sistema di contribuzione previsto a favore di RAGIONE_SOCIALE in contrasto anche con i trattati, le normative UE ed i principi comunitari citati; il difetto di notifica dell’atto prodromico RAGIONE_SOCIALE cartella di pagamento, per essere stata la cartella impugnata notificata in difetto RAGIONE_SOCIALE previa notifica dell’avviso di accertamento presupposto; e chiedendo, previa sospensiva, l’annullamento degli atti impugnati, previo eventuale rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia.
Con sentenza n. 155/2018 la Commissione Tributaria Provinciale di Roma respingeva il ricorso con decisione che veniva appellata dalla contribuente. Con Sentenza n. 4529/2019, depositata in segreteria il 23 luglio 2019, la Commissione Tributaria Regionale del Lazio, rigettava l’appello proposto dalla società, sul rilievo che la cartella era impugnabile solo per vizi propri e non anche per vizi dell’atto presupposto, ritualmente notificato e non opposto. Affermava altresì che la mancanza nel prodromico atto ritualmente notificato ( intimazione di pagamento) RAGIONE_SOCIALE indicazione dell’autorità competente per l’eventuale impugnazione rappresentava una mera irregolarità che avrebbe comportato solo una mera rimessione in termini a determinate condizioni. Aggiungendo che il prodromico atto conteneva le delibere con i criteri di determinazione degli importi dovuti a titolo di contributi, con l’avvertimento che, in mancanza, si sarebbe proceduto alla riscossione coattiva. Le residue questioni di costituzionalità e di contrasto con la normativa europea avevano, di poi, ad avviso RAGIONE_SOCIALE CTR, trovato soluzione nella decisione RAGIONE_SOCIALE Corte Costituzionale n. 269/2017.
Ricorre per la cassazione RAGIONE_SOCIALE prefata sentenza, la società RAGIONE_SOCIALE, svolgendo tre motivi. Replica con controricorso l’RAGIONE_SOCIALE.
Il P.G. ha concluso per il rigetto del ricorso.
MOTIVI DI DIRITTO
La prima censura deduce la violazione dell’art. 19 d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, ex art. 360, primo comma, n. 3), cod.proc.civ. ; per avere i giudici territoriali statuito l’impugnabilità RAGIONE_SOCIALE cartella solo per vizi propri, ancorchè non preceduto da un avviso di accertamento, bensì da una intimazione di pagamento non compresa tra gli atti tassativamente impugnabili ex art. 19 d.lgs. cit. Si deduce di aver ricevuto una mera comunicazione nella quale si avvertiva che, in base al nuovo sistema di finanziamento di cui all’art. 7 -ter , dell’art. 10 legge 10 ottobre 1990, n. 287, la società era tenuta al versamento di un contributo obbligatorio corrispondente a quanto indicato nel Mav allegato.
Il secondo mezzo di ricorso denuncia la violazione e falsa applicazione RAGIONE_SOCIALE norme di diritti per mancata disapplicazione RAGIONE_SOCIALE normativa interna (commi 7, 7ter e 7quater , dell’art. 10, RAGIONE_SOCIALE legge 10 ottobre 1990, n. 287 introdotti ai sensi dell’art. 5 -bis , comma 1, del d.l. 24 gennaio 2012, n. 1) siccome non conforme all’art. 5 del Trattato sull’Unione Europea (TUE), agli artt. 16, 17, 20 e 21 RAGIONE_SOCIALE Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, agli 101 e 102 del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea (TFUE), al Reg. (CE) n. 1/2003 e ai principi comunitari di proporzionalità e di ragionevolezza nonché ai diritti fondamentali di uguaglianza, non discriminazione, proprietà e libertà di impresa Eccesso di potere. Ad avviso RAGIONE_SOCIALE ricorrente la normativa interna risulta in contrasto con i principi e le norme comunitarie (avanzando in proposito anche una apposita istanza di rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia UE), e segnatamente: – con il principio comunitario di proporzionalità ora codificato nell’art. 5,
comma 3, del TUE (e, quale principio dell’ordinamento comunitario, inserito dal legislatore nazionale tra i principi generali dell’attività amministrativa ex art. 1, comma 1, RAGIONE_SOCIALE legge 7 agosto 1990, n. 241, come modificata dalla legge n. 15/2005) – il quale postula che le autorità comunitarie e nazionali non possono imporre, né con atti normativi, né con atti amministrativi, obblighi e restrizioni alle libertà del cittadino, tutelate dal diritto comunitario, in misura superiore (ossia sproporzionata) a quella strettamente necessaria nel pubblico interesse per il raggiungimento RAGIONE_SOCIALE scopo che l’autorità medesima è tenuta a perseguire, nonché con i diritti fondamentali di libertà di impresa, di proprietà, di uguaglianza e di non discriminazione, tutelati in sede UE ai sensi degli artt. 16 (libertà d’impresa), 17 (diritto di proprietà), 20 (uguaglianza di fronte alla legge) e 21 (non discriminazione) RAGIONE_SOCIALE Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea.
Osserva, in proposito, che RAGIONE_SOCIALE, ai sensi del comma 7, dell’art. 10 RAGIONE_SOCIALE legge n. 278/90 cit. ‘… provvede all’autonoma gestione RAGIONE_SOCIALE spese per il proprio funzionamento …’ e che, a seguito RAGIONE_SOCIALE soppressione del comma 7bis , e dell’introduzione dei commi 7 -ter e 7quater, all’art. 10, RAGIONE_SOCIALE legge 10 ottobre 1990 n. 287, operata ai sensi dell’art. 5 -bis , commi 1 e 2, del d.l. 24 gennaio 2012, n. 1, convertito con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 27 (con il quale è stato in parte modificato anche il comma 7 del medesimo art. 10), il sistema di finanziamento dell’RAGIONE_SOCIALE è stato radicalmente mutato. Ed infatti, mentre, in passato, il finanziamento dell’RAGIONE_SOCIALE si basava sulla contribuzione dovuta dalle imprese in caso di operazioni di concentrazione e sulla partecipazione ad una quota dei proventi derivanti dalle sanzioni in materia di pratiche commerciali scorrette e RAGIONE_SOCIALEtà ingannevole, con la modifica del comma 7 e l’introduzione dei commi 7 -ter e 7quate r all’art. 10 RAGIONE_SOCIALE legge n. 278/90 cit. , aggiunti dall’art. 5 -bis, comma 1, del d.l. n. 1/2012 cit. , è stata prevista anche per l’RAGIONE_SOCIALE una contribuzione
annuale obbligatoria calcolata, in percentuale, sul fatturato (fino alla soglia massima di contribuzione pari a cento volte la misura minima) a carico di tutte le società di capitali con ricavi complessivi superiori a 50 milioni di Euro, sia italiane che estere aventi sedi secondarie in Italia con rappresentanza stabile soggette ad obbligo di iscrizione nel Registro RAGIONE_SOCIALE Imprese. Ebbene, tale nuova modalità di contribuzione sarebbe ad avviso RAGIONE_SOCIALE società del tutto sproporzionata (per eccesso) rispetto ai reali fabbisogni dell’RAGIONE_SOCIALE (come risulta evidente dai rendiconti finanziari dell’RAGIONE_SOCIALE per gli esercizi 2012, 2013, 2014 e 2015, assumendo che detta normativa interna risulta del tutto discriminatoria, sia perché introduce una evidente disparità di trattamento, a fronte di situazioni omogenee, in quanto appunto impone che solo le imprese con fatturato superiore ai 50 milioni di euro siano soggette alla contribuzione, mentre non lo sono le imprese con fatturato inferiore al limite soglia, pur beneficiando anch’esse dell’attività di RAGIONE_SOCIALE, sia perché l’imposizione di una soglia massima di contribuzione impone sacrifici maggiori alle imprese di dimensioni minori rispetto a quelle di dimensioni maggiori. Afferma che il principio comunitario di proporzionalità codificato nell’art. 5, comma 3, del Trattato UE3 – postula che le RAGIONE_SOCIALE comunitarie e nazionali non possono imporre, né con atti normativi, né con atti amministrativi, obblighi e restrizioni alle libertà del cittadino, tutelate dal diritto comunitario, in misura superiore (ossia sproporzionata) a quella strettamente necessaria nel pubblico interesse per il raggiungimento RAGIONE_SOCIALE scopo che l’RAGIONE_SOCIALE medesima è tenuta a perseguire. Ciò premesso, risulterebbe che le norme italiane con le quali il legislatore ha inteso assicurare ad RAGIONE_SOCIALE un’autonomia finanziaria, sono state emanate per garantire l’indipendenza RAGIONE_SOCIALE ridetta RAGIONE_SOCIALE e quindi l’effettività RAGIONE_SOCIALE sua azione, assicurando così nel contempo l’applicazione in Italia RAGIONE_SOCIALE normativa RAGIONE_SOCIALE di cui agli artt. 101 e 102 del TFUE e di cui al
Reg. (CE) n. 1/2003; tuttavia, in quanto emanate al fine di dare applicazione del Trattato UE (e del Reg. (CE) n. 1/2003) all’interno RAGIONE_SOCIALE Stato italiano, anche le norme di cui ai commi 7, 7ter e 7quater dell’art. 10 RAGIONE_SOCIALE legge n. 287/90 cit. dovrebbero comunque rispettare il principio di proporzionalità, ossia essere . Le norme andrebbero ad incidere anche sui diritti fondamentali di proprietà e libertà di impesa, tutelati anche in sede UE ai sensi degli artt. 16 (libertà d’impresa) e 17 (diritto di proprietà) RAGIONE_SOCIALE Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, in quanto del tutto sproporzionate (per eccesso) ad assicurare il reale fabbisogno di spesa corrente di RAGIONE_SOCIALE, tanto da aver creato avanzi di gestione pari a centinaia di milioni di euro, come risulta dai rendiconti finanziari di RAGIONE_SOCIALE del 2012, del 2013, del 2014 e del 2015.
Si sostiene che, secondo la costante interpretazione RAGIONE_SOCIALE Corte di Giustizia, troverebbe applicazione anche con riguardo alle misure, normative o amministrative, adottate dagli Stati membri in esecuzione degli obblighi derivanti dal diritto dell’Unione, i principi affermati dalla Corte di Giustizia nella Sentenza 6 marzo 2014 in causa C206/14, punto 34: .
La terza doglianza lamenta la violazione dell’art. 14 d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602 ex art. 380, primo comma, n.3) cod.proc.civ. ; per avere il decidente respinto l’eccezione secondo la quale la cartella avrebbe dovuto essere preceduta dall’avviso di accertamento, atteso che si possono riscuotere mediante ruolo solo le ritenute alla fonte, le imposte liquidate ai sensi degli artt. 36 -bis e 6ter d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600. Si obietta la necessità RAGIONE_SOCIALE notifica di un prodromico avviso di accertamento in quanto l’amministrazione è tenuta ad esplicitare le ragioni per cui ha ritenuto di discostarsi dagli elementi indicati nella disposizione normativa la quale non prevede l’applicazione del tributo a società diverse da quelle di capitali.
In via preliminare merita divisare la terza doglianza. Essa è nel suo complesso infondata.
Quanto all’omessa notifica di un avviso prodromico, la normativa di settore non prevede alcun onere di siffatta natura a carico dell’autorità indipendente. Il comma 7 -quater dell’art. 10 RAGIONE_SOCIALE legge n.287/1990 prevede . La normativa non prevede affatto la necessità di emettere un prodromico avviso di pagamento, potendo l’autorità che si avvale dell’RAGIONE_SOCIALE, ottenere la riscossione direttamente tramite l’emissione RAGIONE_SOCIALE cartella.
Allorquando l’importo di cui alla pretesa tributaria trova, come nel caso di specie, diretta fonte nella legge e la determinazione RAGIONE_SOCIALE somma dovuta dal contribuente è stabilita sulla base di mere operazioni aritmetiche, non vi è obbligo giuridico di far precedere la
cartella dall’avviso di accertamento. Peraltro, l’appellante principale omette di rammentare che l’RAGIONE_SOCIALE, prima di trasmettere gli atti all’agente RAGIONE_SOCIALE riscossione, ha inviato formali richieste di pagamento, indicando l’importo, le ragioni RAGIONE_SOCIALE pretesa tributaria e l’annualità di riferimento ( come da allegato MAV). La deduzione difensiva secondo la quale la prodromica intimazione di pagamento non conteneva le ragioni per le quali la normativa interna veniva estesa anche alle società non di capitali contrasta con la natura RAGIONE_SOCIALE società contribuente, la quale è una società a responsabilità limitata che trova la propria disciplina agli articoli 2462 e seguenti del codice civile . È una società di capitali le cui partecipazioni sono rappresentate da quote e non da azioni. I soci rispondono RAGIONE_SOCIALE obbligazioni sociali nei limiti di quanto hanno conferito e per le obbligazioni sociali risponde solo la società con il suo patrimonio. Appare dunque evidente che la società a responsabilità limitata sia connotata da un’autonomia patrimoniale perfetta in quanto dotata di personalità giuridica.
Inoltre, la delibera del 9 maggio 2013 dell’A GCM fissa la misura e le modalità di versamento del contributo dovuto all’RAGIONE_SOCIALE, per le relative annualità dai soggetti che operano nel settore, stabilendo le riduzioni RAGIONE_SOCIALE percentuali di contribuzione trascritte nel ricorso e dunque ben note alla contribuente; con l’ovvia conclusione che trattandosi di un mero calcolo aritmetico fondato su una percentuale calcolata sul lordo del fatturato ( 0,008), ove percentuale e misura del contributo sono stati indicati nell’intimazione con allegato Mav, come confermato dalla contribuente, correttamente l’RAGIONE_SOCIALE ha proceduto in seguito all’inadempimento alla riscossione mediante ruolo.
La prima censura è fondata nei termini che seguono.
L’impugnazione dell’ intimazione di pagamento e del l’avviso bonario, pur se non compresi nell’elenco di cui all’art. 19 del d. lgs. n. 546/1992 cit., costituisce, per il contribuente, una facoltà e non
un onere, il cui mancato esercizio non preclude quindi la possibilità d’impugnazione con l’atto successivo, nel caso di specie la cartella di pagamento: cfr., quantunque riguardo a fattispecie diverse, Cass. sez. unite 27 luglio 2011, n. 16100; Cass. 27 luglio 2011, n. 16100; Cass. sez. 5, 25 marzo 2015, n. 5966; Cass. 18/07/2016, n. 14675; Cass. 05/06/2017, n. 13963). In tema di contenzioso tributario, l’elencazione degli atti impugnabili contenuta nell’art. 19 del d.lgs. n. 546 del 1992 ha natura tassativa ma non preclude la facoltà di impugnare anche altri atti, ove con gli stessi l’amministrazione porti a conoscenza del contribuente una ben individuata pretesa tributaria, esplicitandone le ragioni fattuali e giuridiche, siccome è possibile un’interpretazione estensiva RAGIONE_SOCIALE disposizioni in materia in ossequio alle norme costituzionali di tutela del contribuente (artt. 24 e 53 Cost.) e di buon andamento dell’amministrazione (art. 97 Cost.) ed in considerazione dell’allargamento RAGIONE_SOCIALE giurisdizione tributaria operato con la l. n. 448 del 2001. Ne consegue che il contribuente ha la facoltà e non l’onere di impugnare l’avviso bonario atteso che lo stesso non è atto rientrante nelle tipologie elencate dall’art. 19 del d.lgs. n. 546 del 1992, ma provvedimento con cui l’amministrazione porta a conoscenza del contribuente, pur senza efficacia vincolante per questi, il proprio convincimento in ordine ad un determinato rapporto tributario (Cass.06/10/2017, n. 23469).
Tuttavia, l’astratta fondatezza del motivo non conduce alla cassazione RAGIONE_SOCIALE decisione impugnata che ha comunque esaminato le censure dedotte dalla società.
Il secondo strumento di ricorso è destituito di fondamento.
L’art. 10, commi 6 e 7, legge 10 ottobre 1990, n. 287, attribuisce all’RAGIONE_SOCIALE il potere di emanare le norme organizzative interne necessarie per il proprio funzionamento, il trattamento RAGIONE_SOCIALE e giuridico del personale e l’ordinamento RAGIONE_SOCIALE carriere, nonché quelle dirette a disciplinare la gestione RAGIONE_SOCIALE spese nei limiti
previsti dalla legge istitutiva dell’RAGIONE_SOCIALE, anche in deroga alle disposizioni sulla contabilità generale RAGIONE_SOCIALE Stato, e il potere di gestire autonomamente le spese per il proprio funzionamento, con obbligo di rendicontazione alla Corte dei Conti sulla gestione finanziaria, sottoposta al controllo RAGIONE_SOCIALE stessa magistratura contabile, senza alcuna approvazione e controllo da parte dell’Esecutivo. L’autonomia e indipendenza dell’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE è dunque garantita, oltre che dalla composizione e dal procedimento di nomina dei relativi componenti, dall’autonomia organizzativa, contabile, amministrativa e finanziaria ad essa attribuita. Originariamente, le risorse finanziarie provenivano in via esclusiva da un fondo all’uopo stanziato nel bilancio RAGIONE_SOCIALE Stato, iscritto in un capitolo RAGIONE_SOCIALE stato di previsione RAGIONE_SOCIALE spesa del RAGIONE_SOCIALE. Successivamente, è stata introdotta una forma aggiuntiva di finanziamento di tipo ‘contributivo’ da parte RAGIONE_SOCIALE imprese, che si realizzava sia in occasione dell’attività di controllo svolta dall’RAGIONE_SOCIALE sulle operazioni di concentrazione, sia in conseguenza dell’irrogazione RAGIONE_SOCIALE sanzioni amministrative pecuniarie per le pratiche commerciali scorrette e la RAGIONE_SOCIALEtà ingannevole e comparativa illecita, assegnate all’RAGIONE_SOCIALE nel limite di Euro 50.000 per ogni sanzione. Con la disposizione di cui all’art. 10, comma 7ter , legge n. 287 del 1990, inserito dall’art. 5 -bis d.l. n. 1 del 2012, convertito nella legge n. 27 del 2012, per far fronte ai costi derivanti dal funzionamento dell’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE è stata introdotta un’apposita contribuzione a carico RAGIONE_SOCIALE società di capitale con ricavi totali superiori a 50 milioni di Euro mediante un contributo ammontante allo 0,08 per mille del fatturato risultante dall’ultimo bilancio (con una soglia massima di contribuzione a carico di ciascuna impresa non superiore a cento volte la misura minima). Al fine di rafforzare l’indipendenza dell’RAGIONE_SOCIALE da condizionamenti che potevano derivare dal precedente sistema misto di finanziamento -condizionamenti che potevano provenire
da soggetti di varia natura (politica, economica, finanziaria) -il citato art. 5bis, d.l. 24 gennaio 2012, n. 1 convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 27 ha introdotto un nuovo sistema di finanziamento, basato su contributi obbligatori.
11.La nuova disciplina – come risulta anche dai RAGIONE_SOCIALE preparatori persegue il principale obiettivo, nel quadro dei crescenti vincoli posti alla finanza RAGIONE_SOCIALE, di riduzione RAGIONE_SOCIALE spesa, mediante il trasferimento integrale sui soggetti sottoposti alla RAGIONE_SOCIALE dell’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE totalità dei costi di funzionamento RAGIONE_SOCIALE stessa, al contempo RAGIONE_SOCIALEndone l’autonomia finanziaria e L’oggetto RAGIONE_SOCIALE disposizioni impugnate è, dunque, la disciplina dei contributi obbligatori gravanti sui soggetti sottoposti alla RAGIONE_SOCIALE e ai poteri sanzionatori dell’RAGIONE_SOCIALE, destinati alla copertura dei costi di funzionamento dell’RAGIONE_SOCIALE medesima con riguardo a tutte le funzioni ad essa attribuite dalla legge. Tali contributi, in quanto costituiscono risorse -in precedenza, quantomeno in parte, reperite attraverso la fiscalità generale – per il funzionamento di un organo quale l’RAGIONE_SOCIALE, chiamata a svolgere funzioni di RAGIONE_SOCIALE e sanzionatorie a tutela RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE nei mercati nazionali, sono riconducibili alla categoria RAGIONE_SOCIALE entrate tributarie, di cui soddisfano i principali requisiti. Si tratta, infatti, di una contribuzione imposta dalla legge e connessa ad una particolare situazione in cui i soggetti obbligati si vengono a trovare per effetto dell’attività dell’RAGIONE_SOCIALE, destinata al finanziamento RAGIONE_SOCIALE spese necessarie a consentire l’esercizio RAGIONE_SOCIALE sua attività istituzionale, che si caratterizza per la doverosità RAGIONE_SOCIALE prestazione, il collegamento di questa ad una RAGIONE_SOCIALE spesa e il riferimento ad un presupposto economicamente rilevante (v., nel senso RAGIONE_SOCIALE natura tributaria di contributi obbligatori quali quelli in esame, Corte Cost. n. 256/2007, con riferimento alla contribuzione obbligatoria per il funzionamento dell’RAGIONE_SOCIALE). Più precisamente, la disposizione citata ha introdotto il comma 7ter
all’art. 10 RAGIONE_SOCIALE legge del 10 ottobre 1990, n. 287 prevedendo che, all’onere derivante dal funzionamento dell’RAGIONE_SOCIALE, si provveda mediante contributi, nella misura RAGIONE_SOCIALE 0,08 per mille del fatturato risultante dall’ultimo bilancio approvato, con la previsione di una soglia massima RAGIONE_SOCIALE contribuzione (non superiore a cento volte il minimo stabilito), dovuti dalle società di capitale che abbiano realizzato ricavi totali superiori a cinquanta milioni di euro.
Con l’introduzione di questa nuova forma di finanziamento a partire dal 2013 (art. 10, comma 7quater ) sono state eliminate tutte le fonti precedenti, compresa la filing fee dovuta dalle imprese notificanti una concentrazione. Lo stesso comma 7quater stabilisce poi che, a decorrere dall’anno 2014, «il contributo è versato, entro il 31 luglio di ogni anno, direttamente all’RAGIONE_SOCIALE con le modalità determinate dall’RAGIONE_SOCIALE medesima con propria deliberazione». Inoltre, «ventuali variazioni RAGIONE_SOCIALE misura e RAGIONE_SOCIALE modalità di contribuzione possono essere adottate dall’RAGIONE_SOCIALE medesima con propria deliberazione, nel limite massimo RAGIONE_SOCIALE 0,5 per mille del fatturato risultante dal bilancio approvato precedentemente all’adozione RAGIONE_SOCIALE delibera, ferma restando la soglia massima di contribuzione di cui al comma 7ter». Il contributo dovuto all’RAGIONE_SOCIALE sulla base dell’art. 10, commi 7 -ter e 7quater, non è giustificato da alcun rapporto negoziale con l’RAGIONE_SOCIALE indipendente, ma configura una prestazione patrimoniale imposta dalla legge a favore RAGIONE_SOCIALE medesima RAGIONE_SOCIALE, che dispone di poteri coercitivi per imporre il pagamento. Esso ha, quindi, carattere coattivo e prescinde completamente da qualsiasi rapporto sinallagmatico con l’RAGIONE_SOCIALE, alla quale è dovuto indipendentemente dal fatto che il contribuente sia stato destinatario dei poteri dell’ente o abbia beneficiato RAGIONE_SOCIALE sua attività.
Il quadro legislativo di settore non è, dunque, regolato dall’art. 3 RAGIONE_SOCIALE Direttiva 2002/21/CE, come modificato dalla direttiva
2009/140/CE, che concerne la contribuzione RAGIONE_SOCIALE ANR nel settore RAGIONE_SOCIALE fornitura di reti o RAGIONE_SOCIALE di comunicazioni elettroniche. Anche le sentenze RAGIONE_SOCIALE Corte di giustizia Europea citate nel ricorso riguardano l’interpretazione dell’articolo 12 RAGIONE_SOCIALE direttiva 2002/20/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 7 marzo 2002, relativa alle autorizzazioni per le reti e i RAGIONE_SOCIALE di comunicazione elettronica (direttiva autorizzazioni), laddove il legislatore comunitario ha introdotto anche l’obbligo di garantire l’indipendenza funzionale, ossia un grado di autonomia che non preveda interferenze o potere di indirizzo da parte di altre organismi e l’indipendenza finanziaria che impone di dotare le RAGIONE_SOCIALE di una disponibilità di risorse finanziarie e di strumenti operativi che consentano di svolgere autonomamente la propria missione istituzionale. Ne è conferma la sentenza RAGIONE_SOCIALE Corte Cost. sopra citata.
Tanto premesso, la contribuzione è connessa a un presupposto RAGIONE_SOCIALE, essendo commisurata al volume di fatturato che viene assunto a indice di capacità contributiva. Sulla destinazione del contributo ad una RAGIONE_SOCIALE spesa, infine, occorre ricordare che la Suprema Corte ha già ritenuto soddisfatto tale requisito in un analogo caso relativo all’RAGIONE_SOCIALE, ove si afferma che i «contributi, in quanto costituiscono risorse per il funzionamento di un organo quale l’RAGIONE_SOCIALE, chiamata a svolgere una funzione di RAGIONE_SOCIALE sui RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE sono riconducibili alla categoria RAGIONE_SOCIALE entrate tributarie statali, di cui soddisfano i principali requisiti » (sentenza n. 256 del 2007). Nella specie, il contributo è destinato a finanziare le spese di funzionamento dell’RAGIONE_SOCIALE in relazione ai RAGIONE_SOCIALE che essa è istituzionalmente chiamata a svolgere, nella delicata ed essenziale funzione di salvaguardia RAGIONE_SOCIALE regole del RAGIONE_SOCIALE a tutela RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, radicata in interessi RAGIONE_SOCIALE di valore costituzionale ai sensi degli artt. 3 e 41 Cost. Nel rispetto del tetto massimo di contribuzione,
RAGIONE_SOCIALE determina, di anno in anno, con una prima delibera, adottata di norma negli ultimi mesi dell’anno precedente, l’ammontare e le modalità di versamento in capo ai soggetti regolati e, con una seconda delibera assunta nei primi mesi dell’anno di competenza, le istruzioni per il versamento del contributo tramite gli strumenti telematici. A partire dal 2010, il contributo statale ai costi di funzionamento di RAGIONE_SOCIALE è stato del tutto marginale e dal 2013 l’onere del mantenimento è passato interamente in capo agli operatori dei mercati oggetto di RAGIONE_SOCIALE e di RAGIONE_SOCIALE.
Con la legge 27 dicembre 2013, n. 147 (Legge di stabilità 2014) vengono imposti, all’articolo 1, comma 321, ulteriori tagli di spesa ‘che garantiscano …un risparmio di spesa complessivo annuo maggiorato del 10 per cento rispetto agli obiettivi di risparmio stabiliti a legislazione vigente’. Di particolare rilievo risulta anche la previsione secondo cui l’RAGIONE_SOCIALE nonché le autorità RAGIONE_SOCIALE dei RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE dovevano garantire . Già nel 2013 diverse RAGIONE_SOCIALE, tra cui RAGIONE_SOCIALE, non ricevevano alcuna contribuzione da parte RAGIONE_SOCIALE Stato, raccogliendo le risorse necessarie per le proprie attività istituzionali dagli operatori presenti nei mercati oggetto di RAGIONE_SOCIALE. La questione del riversamento allo Stato di una parte del risparmio di spesa è stata già affrontata dal Consiglio di Stato in due pareri richiesti da RAGIONE_SOCIALE e da RAGIONE_SOCIALE nei quali si é affermato, in sintesi, che .
Ovviamente, i contributi devono essere esclusivamente destinati alla copertura di costi relativi alle attività espletate dall’autorità, in modo che la totalità dei ricavi ottenuti a titolo di detto diritto non superi i costi complessivi relativi a tali attività e che lo stesso diritto sia imposto alle singole imprese in modo proporzionato e trasparente; siffatti diritti non possono quindi comprendere altre voci di spesa e non sono volti a coprire i costi amministrativi di qualsivoglia tipologia sostenuti dall’RAGIONE_SOCIALE.
Con riferimento a detta destinazione, la censura svolta dalla società si limita ad affermare la sussistenza di un avanzo di amministrazione per l’annualità 2012, anno di imposta non oggetto dell’impugnata cartella, che avrebbe indotto nell’anno 2014 a restituire in parte le risorse contributive alle imprese e per il resto a destinarle allo Stato, per poi esaminare l’avanzo di amministrazione dell’anno 2015, senza alcun riferimento all’annualità 2013 per cui è causa, rispetto alla quale il conto consuntivo pubblico dell’RAGIONE_SOCIALE evidenzia invece una differenza positiva tra entrate ed uscite di circa 2.600.000, 000 euro.
La presenza di risorse in bilancio non è significativo di una sproporzione tra costi e contributi, atteso che non si contesta una destinazione estranea alle finalità dell’autorità, ma solo la presenza di una riserva. I diritti sono destinati a coprire le spese dell’autorità e la circostanza che per singoli anni vi sia un risparmio di spesa non dimostra l’eccedenza del contributo, sia perché una parte del risparmio di spesa è destinata allo Stato sia perché l’attivo viene destinato a coprire spese di esercizio degli anni successivi, nei quali difatti l’autorità ha proceduto alla riduzione RAGIONE_SOCIALE percentuale dei diritti amministrativi. La soglia di fatturato introdotta dal novellato art. 10, comma 7te r, legge n. 287 del 1990 (Euro 50 milioni) e l’individuazione, con un criterio generale, RAGIONE_SOCIALE categoria di
operatori assoggettati all’obbligo contributivo (società di capitale) risultano in realtà coerenti con l’intero contesto normativo che regola l’attività dell’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, nonché aderenti ai principi di proporzionalità, ragionevolezza e non discriminazione, influendo le imprese di maggiori dimensioni, a struttura di società di capitale, in maniera preponderante sui mercati nazionali assoggettati alle funzioni di RAGIONE_SOCIALE e sanzionatorie attribuite all’RAGIONE_SOCIALE, e impegnando le stesse in maniera quasi assorbente l’attività dell’RAGIONE_SOCIALE. Infatti, l’imposizione contributiva quale disciplinata dalla disposizione in esame – laddove assoggetta alla contribuzione obbligatoria le imprese caratterizzate da una presenza significativa nei mercati di riferimento tutelati dall’attività dell’RAGIONE_SOCIALE e dunque destinatarie assolutamente prevalenti dell’attività dell’RAGIONE_SOCIALE medesima e beneficiarie dei conseguenti effetti positivi – risulta commisurata a fatti economici reali, evidenti e calcolabili, e incide secondo una stretta correlazione (di pertinenza e causalità) tra il fatto e la spesa finanziabile, inserendosi, quanto all’ammontare RAGIONE_SOCIALE soglia prefissata e alla struttura sociale, in modo coerente nel sistema normativo che presiede alle funzioni attribuite all’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE (v., al riguardo, anche l’art. 16 L. n. 287 del 1990 e le relative deliberazioni attuative, in tema di soglia per l’obbligo di comunicazione RAGIONE_SOCIALE concentrazioni, pure attualmente stabilito nell’ammontare di 50 milioni di Euro).
Emerge poi che i diritti imposti alle imprese sono proporzionati alla loro capacità contributiva e l’esclusione RAGIONE_SOCIALE imprese con un fatturato al di sotto di un certo importo rientra nelle scelte del legislatore tributario. La Corte Cost. con sentenza n.269/2017 ha chiarito, in sintonia con la Commissione Europea, che risulta equa l’imposizione a carico RAGIONE_SOCIALE imprese che hanno un peso più significato nel settore, perché dotate di una rilevante consistenza economica per cui in base all’id quod prelumque accidit sono destinatarie dell’attività dell’autorità e quindi le maggiori
responsabili RAGIONE_SOCIALE spesa sostenuta, di talchè si ritiene osservato il dedotto criterio di proporzionalità, mentre il criterio RAGIONE_SOCIALE trasparenza è assicurato dalla RAGIONE_SOCIALEzione dei bilanci da cui la stessa ricorrente ha tratto i dati sulla base dei quali afferma la contrarietà RAGIONE_SOCIALE normativa alla direttiva comunitaria; criteri di proporzionalità e trasparenza entrambe ravvisabili nella specie.
In presenza dell’evidenziato contesto giuridico, nel quale si svolge l’attività dell’RAGIONE_SOCIALE, si porrebbe invece in contrasto con il principio di parità di trattamento un’estensione dell’obbligo contributivo a tutte le imprese, di qualunque dimensione e struttura, operanti sui mercati in ambito nazionale, poiché in tale caso verrebbe a mancare qualsiasi nesso di pertinenza, causalità e proporzionalità tra attività d’impresa e attribuzioni dell’RAGIONE_SOCIALE al cui funzionamento la contribuzione è destinata.
Pertanto, in presenza di situazioni intrinsecamente eterogenee, non può essere invocato il principio di eguaglianza, che postula invece l’omogeneità RAGIONE_SOCIALE situazioni giuridiche messe a confronto, non imponendo l’art. 3 Cost. che situazioni, seppure analoghe, debbano necessariamente essere sempre sottoposte ad identico trattamento normativo, e rientrando nella discrezionalità legislativa il compito di dettare anche normative differenziate, purché non irragionevolmente discriminatorie e giustificate dagli elementi di eterogeneità RAGIONE_SOCIALE situazioni oggetto di disciplina.
Con riguardo alla prospettata violazione dell’art. 53 Cost., la predeterminazione di una soglia economica e di una struttura societaria, al fine di individuare la dimensione economica del contribuente consente di rispettare il principio RAGIONE_SOCIALE capacità contributiva di ciascuna RAGIONE_SOCIALE imprese assoggettate all’obbligo contributivo, restando legittimamente (sotto un profilo costituzionale) escluse le imprese non ‘toccate’, per la loro dimensione infra-soglia, dall’attività istituzionale dell’RAGIONE_SOCIALE.
La presenza di un tetto massimo alla contribuzione è coerente con la finalità ultima del tributo in questione, che non è quella di introdurre una nuova forma di prelievo sul reddito, ma quello di far concorrere al finanziamento dell’RAGIONE_SOCIALE i soggetti cui principalmente si rivolge l’attività di garanzia RAGIONE_SOCIALE stessa. Un tale sistema corrisponderebbe a due ragionevoli esigenze equitative: quella di contenere il carico RAGIONE_SOCIALE posto a carico del singolo operatore e quella di evitare che alcuni operatori possano trasformarsi in “super-finanziatori” dell’RAGIONE_SOCIALE, finendo per comprometterne di fatto l’indipendenza. La distribuzione del finanziamento dell’RAGIONE_SOCIALE secondo criteri che, imponendo l’onere di contribuzione a partire da certi limiti minimi di fatturato, ne determinano l’ammontare secondo una percentuale fissa, sino ad un importo massimo non superabile, impedisce di creare una ristretta cerchia di finanziatori egemoni: sotto questo profilo il sistema disegnato dal legislatore risulta, dunque, non solo compatibile con i principi costituzionali di cui agli artt. 3 e 53 Cost., ma addirittura rispondente a esigenze di ragionevolezza” (citata Corte Cost. 269/2017).
Del resto è il fatturato a caratterizzare la dimensione economica dell’impresa e la sua capacità a incidere sulle relazioni economiche di RAGIONE_SOCIALE, integranti il criterio cardine per l’assoggettamento, effettivo e fattuale, di un operatore di RAGIONE_SOCIALE alle attività di RAGIONE_SOCIALE e sanzionatorie dell’RAGIONE_SOCIALE, essendo a tal fine per contro irrilevante che l’operatore sia incorso in un’eventuale perdita di esercizio o abbia conseguito utili di ridotta entità. La censurata previsione normativa appare, pertanto, manifestamente compatibile con l’art. 53 Cost., in punto di individuazione RAGIONE_SOCIALE capacità contributiva degli operatori rientranti nella platea dei soggetti obbligati” (in termini Corte Cost. 14/12/2017, n. 269).
Per quanto concerne l’art. 5 del trattato UE citato dalla ricorrente, esso concerne l’esercizio RAGIONE_SOCIALE competenze dell’Unione e non è
indirizzato agli stati membri; la norma si fonda sui principi di sussidiarietà e proporzionalità: . Le norme del citato Trattato invocate dalla società regolano esclusivamente i principi cui è conformata l’attribuzione di competenze in capo all’UE e regola i rapporti tra l’Unione e gli stati membri, stabilendo i presupposti che consentono all’Unione di intervenire così come il principio di proporzionalità concerne la portata dell’azione dell’Unione.
E la circostanza che l’RAGIONE_SOCIALE operi, come assume la società, sulla base degli artt. 101 e 102 del trattato UE non significa che l’imposizione fiscale è disciplinata dai criteri dettati dalle norme del trattato in relazione ai rapporti tra Stati membri e Unione (si veda
Corte di giustizia 15 aprile 2015 nella causa C-457/09). Del resto, le citate norme regolano le intese restrittive RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE e dell’abuso di posizione dominante.
Il richiamo alle norme fondamentali RAGIONE_SOCIALE Carta dei diritti fondamentale dell’Uomo appare inconferente, applicabili alle norme europee e a quelle nazioni derivate da norme europee, venendo nella specie in evidenza norme nazionali che non costituiscono attuazione di norme sovranazionali.
Quanto all’invocato contrasto coi principi di eguaglianza e non discriminazione, la Corte Costituzionale ha affermato con sentenza n. 269/2017 che «al legislatore spetta un’ampia discrezionalità in relazione alle varie finalità alle quali s’ispira l’attività di imposizione fiscale» (sentenza n. 240 del 2017), con il solo il limite RAGIONE_SOCIALE non arbitrarietà e RAGIONE_SOCIALE non manifesta irragionevolezza e sproporzione. In questa prospettiva, costantemente ribadita dalla giurisprudenza di questa Corte, non può ritenersi costituzionalmente illegittima la scelta del legislatore di imporre la contribuzione in esame esclusivamente a carico RAGIONE_SOCIALE imprese che si contraddistinguono per una presenza significativa sui mercati, perché dotate di una particolare struttura e perché caratterizzate da una rilevante dimensione economica: tali imprese, infatti, in base all’id quod plerumque accidit , sono le destinatarie prevalenti dell’attività dell’RAGIONE_SOCIALE medesima e, quindi, le maggiori responsabili RAGIONE_SOCIALE relativa spesa. Alla luce di tale ratio la selezione legislativa dei soggetti tenuti alla contribuzione non appare né arbitraria, né irragionevole. Non inficia l’opzione legislativa neppure il fatto che l’attività dell’RAGIONE_SOCIALE possa indirizzarsi talvolta anche verso soggetti non tenuti alla contribuzione, come gli imprenditori cosiddetti sotto-soglia, le pubbliche amministrazioni, le imprese senza stabile organizzazione in Italia o gli stessi consumatori. Sul piano dell’effettività, l’RAGIONE_SOCIALE antritust è prevalentemente impegnata dalle attività economiche degli imprenditori di medie e grandi
dimensione e ciò basta ad escludere la manifesta irragionevolezza RAGIONE_SOCIALE normativa in esame>. E ancora .
Il ricorso in definitiva va respinto.
In considerazione RAGIONE_SOCIALE novità RAGIONE_SOCIALE questione sottoposta al vaglio di questa Corte e RAGIONE_SOCIALE mancanza di precedenti di legittimità, appare opportuno compensare le spese di lite.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso; compensa le spese di lite.
v.to l’art. 13, comma 1 -quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 come modificato dalla legge 24 dicembre 2012, n. 212, si dà atto RAGIONE_SOCIALE sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, a carico RAGIONE_SOCIALE parte ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1 -bis RAGIONE_SOCIALE stesso art.13, se dovuto.
Così deciso all’udienza RAGIONE_SOCIALE sezione tributaria RAGIONE_SOCIALE Corte di