Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 15941 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 15941 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 14/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 5972/2020 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME COGNOME (CODICE_FISCALE) rappresentata e difesa dagli avvocati COGNOME (CODICE_FISCALE), COGNOME (CODICE_FISCALE
-ricorrente
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore generale pro tempore, domiciliata ex lege in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (NUMERO_DOCUMENTO) che la rappresenta e difende
AGENZIA DELLE ENTRATE – RISCOSSIONE, AUTORITÀ GARANTE DELLA CONCORRENZA E DEL MERCATO
-intimati- sul controricorso incidentale proposto da
AUTORITÀ GARANTE DELLA CONCORRENZA E DEL MERCATO, in persona del Direttore generale pro tempore, domiciliata ex lege in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (NUMERO_DOCUMENTO) che la rappresenta e difende
-ricorrente incidentale-
contro
AGENZIA DELLE ENTRATE – RISCOSSIONE
-intimato- avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. LAZIO n. 3964/2019 depositata il 01/07/2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 15/04/2025 dal Co: COGNOME NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
La contribuente soc. RAGIONE_SOCIALE era destinataria di avviso bonario di mora, cui seguiva cartella di pagamento per la mancata corresponsione del contributo di sostentamento della Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, di cui all’art. 10, comma 7ter , della l. n. 287/1990.
Proponeva ricorso al giudice di prossimità, senza trovare apprezzamento delle proprie ragioni nei gradi di merito.
Parimenti, l’incaricato per la riscossione chiedeva di essere estromesso dal giudizio che non riguardava aspetti attinenti alla riscossione.
L’Autorità evocata ha contestato la giurisdizione del giudice tributario e proposto appello incidentale sul punto, che è stato parimenti rigettato.
Propone quindi ricorso per cassazione la cooperativa contribuente, affidandosi a tre motivi, cui replica l’Autorità spiegando controricorso ed interponendo altresì ricorso incidentale affidato a due motivi. Resta intimata l’Agenzia delle entrate Riscossione.
In prossimità dell’adunanza, la parte contribuente ha depositato altresì memoria ad illustrazione delle proprie ragioni.
CONSIDERATO
Vengono proposti tre motivi di ricorso principale.
1.1. Con il primo motivo di ricorso principale si profila censura ai sensi dell’articolo 360, primo comma, numero 3 del codice di procedura civile per violazione e falsa applicazione dell’articolo 10, comma 7 ter, della legge numero 287 del 1990.
Nello specifico si contesta che la disposizione in oggetto preveda quali soggetti chiamati a corrispondere il contributo di funzionamento dell’AGCM solo le società di capitali, tale non essendo la società contribuente che è una cooperativa agricola.
1.2. Con il secondo motivo di ricorso principale si profila censura ai sensi dell’articolo 360, primo comma, numero 3 del codice di procedura civile per violazione e falsa applicazione di norme di diritto e per mancata disapplicazione della norma nazionale in contrasto con il Trattato dell’Unione Europea. Nel particolare, si ritiene che la legge numero 287 del 1990 risulti in contrasto con l’articolo 5 del predetto Trattato, nonché con gli articoli 16, 17, 20 e 21 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, nonché con gli articoli 101 e 102 del Trattato
sul funzionamento dell’Unione europea. Si protesta il carattere discriminatorio delle modalità di prelievo del predetto contributo.
1.3. Con il terzo motivo si profila ancora censura ai sensi dell’articolo 360, primo comma, numero 3 del codice di procedura civile per violazione e falsa applicazione dell’articolo 14 del DPR numero 602 del 1973, per essere stata la cartella esattoriale notificata in assenza di presupposto avviso di accertamento, trattandosi di necessaria attività accertativa e non mera liquidazione o riscossione.
Vengono proposti due motivi di ricorso incidentale.
2.1. Con il primo motivo di ricorso incidentale si prospetta censura ai sensi dell’articolo 360, primo comma, numero 1 del codice di procedura civile per violazione dell’articolo 133, la lettera l) , del codice del processo amministrativo e per falsa applicazione dell’articolo 2 del decreto legislativo numero 546 del 1992. Nello specifico si lamenta l’omesso rilievo del difetto di giurisdizione del giudice tributario.
2.2. Con il secondo motivo di ricorso incidentale si protesta censura ai sensi dell’articolo 360, primo comma, numero 3 del codice di procedura civile per violazione dell’articolo 19, terzo comma, del decreto legislativo numero 546 del 1992. Nello specifico si contesta l’inammissibilità del ricorso originario della parte contribuente perché proposto avverso la cartella e non verso l’atto presupposto.
Deve essere esaminato con priorità il ricorso incidentale, vertendo su profili pregiudiziali di rito e di merito che attengono alla struttura del giudizio.
3.1. Il primo motivo di ricorso incidentale è infondato. È ormai stata riconosciuta la giurisdizione del giudice tributario per i contributi al funzionamento dell’AGCM.
Ed infatti, i contributi per il funzionamento dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato, previsti dall’art. 10, commi 7 ter e
7 quater , della l. n. 287 del 1990, hanno natura tributaria, trattandosi di prestazioni patrimoniali imposte dalla legge a favore dell’autorità indipendente, caratterizzate dal carattere coattivo in assenza di qualsiasi rapporto sinallagmatico con la beneficiaria, collegate ad una pubblica spesa (quale risorsa per il funzionamento di un’autorità chiamata a svolgere servizi a salvaguardia delle regole del mercato a tutela della concorrenza) e riferite ad un presupposto economicamente rilevante, in quanto commisurate al volume di fatturato assunto ad indice della capacità contributiva; pertanto, ai sensi dell’art.2 del d.lgs. n. 546 del 1992, come modificato dall’art.12 della l. n. 448 del 2001 (che ha esteso la giurisdizione tributaria a tutte le cause aventi ad oggetto tributi di ogni genere), le controversie relative alla riscossione dei predetti oneri di funzionamento sono devolute alla giurisdizione del giudice tributario, la quale ha carattere pieno ed esclusivo, includendo, oltre ai giudizi sull’impugnazione del provvedimento impositivo, anche quelli relativi alla legittimità di tutti gli atti del procedimento (cfr. Cass. S.U. n. 10577/2020).
3.2. Neppure può essere accolto il secondo motivo del ricorso incidentale, ove si protesta l’inammissibilità del ricorso introduttivo della parte contribuente, diretto verso la cartella esattoriale, senza aver previamente impugnato l’avviso bonario di mora.
Ed infatti, in tema di contenzioso tributario, sono qualificabili come avvisi di accertamento o di liquidazione, impugnabili ai sensi dell’art. 19 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, tutti quegli atti con cui l’Amministrazione comunica al contribuente una pretesa tributaria ormai definita, ancorché tale comunicazione non si concluda con una formale intimazione di pagamento, sorretta dalla prospettazione in termini brevi dell’attività esecutiva, bensì con un invito bonario a versare quanto dovuto, non assumendo alcun rilievo la mancanza della formale dizione “avviso di liquidazione” o “avviso di pagamento” o la mancata indicazione del termine o delle
forme da osservare per l’impugnazione o della commissione tributaria competente, le quali possono dar luogo soltanto ad un vizio dell’atto o renderlo inidoneo a far decorrere il predetto termine, o anche giustificare la rimessione in termini del contribuente per errore scusabile. Spetta al giudice del merito individuare – mediante l’esame degli aspetti sostanziali, anche non completamente corrispondenti a quelli formali, e fornendo congrua motivazione – quali atti siano impugnabili in quanto impositivi (cfr. Cass. V, n. 14373/2010).
In altri termini, il presupposto invito di pagamento, non essendo iscritto nell’elenco di cui all’art. 19 d.lgs. n. 546/1992, né avendo i caratteri dell’intimazione formale, pur essendo impugnabile, non doveva esserlo a pena di inammissibilità. Per contro, come si avrà modo di dire, la cartella esattoriale è atto impo-esattivo, derivante da mancato pagamento di tributo, già individuato e conseguente alla ricognizione del mancato saldo del contributo di funzionamento della AGCM.
Il ricorso incidentale non può pertanto essere accolto e va ora esaminato il ricorso principale.
4.1. Con il primo motivo di ricorso principale si contesta la soggezione al contributo di funzionamento dell’AGCM da parte della contribuente che è società cooperativa agricola, estranea alle quattro forme in cui si sostanziano la società di capitali. In questo senso, l’art. 10, comma 7 -ter , della l. n. 287/1990, dove parla di ‘società di capitali’, sarebbe riferibile solamente alle società per azioni, società in accomandita per azioni, società a responsabilità limitata e società a responsabilità limitata semplificata.
Così non è, dacché la questione è già stata risolta dalla Corte costituzionale con sentenza 269/2017, laddove -rigettando le questioni i legittimità costituzionale delle disposizioni soprarichiamate- ha ritenuto non discriminatoria la disciplina di contributo per il funzionamento della AGCM, ritenendolo riferibile a
tutte le forme di società di capitali, intendendo per comprese le società agricole e cooperative, mutualistiche o speculative in quanto capaci di produrre reddito, laddove sviluppino un fatturato che raggiunge un certo limite e con una rilevanza operativa capace di incidere sul mercato. In altri termini, seguendo un approccio sostanziale di stampo eurounitario, la Consulta ha ritenuto che la platea di soggetti contribuenti debba avere riferimento alla natura di operatori nel mercato, piuttosto che all’etichetta di stretto diritto.
4.2. Per lo stesso motivo non può essere accolto il secondo motivo di ricorso principale, laddove contesta il carattere discriminatorio della disciplina e la contrarietà con i principi dell’Unione.
Così non è, posto che l’amplia platea sostanziale, da un lato, ed i rilevanti limiti di consistenza, dall’altro, definiscono con precisione i soggetti tenuti a concorrere alle spese di funzionamento della AGCM, senza entrare in conflitto con la disciplina comunitaria che lascia all’autonomia organizzativa degli Stati le modalità operative per riscuotere il prefato contributo.
4.3. Non può essere accolto neppure il terzo motivo di ricorso principale, laddove si lamenta che la cartella di pagamento avrebbe dovuto essere preceduta da avviso di accertamento, perché non è atto di mera riscossione.
Per il vero, la cartella in esame è atto impo-esattivo, derivante dalla constatazione del mancato pagamento di un contributo alla cui corresponsione il soggetto è tenuto e che non ha versato nei termini di legge. Gli atti di tale categoria non sono preceduti da avviso di accertamento, come accade per i controlli automatici ai sensi dell’art. 36 bis del D.P.R. n. 600/1973. Ed infatti, la cartella è stata preceduta da mero avviso di mora, atto non obbligatoriamente impugnabile. La decadenza dal potere impoesattivo, configurata dall’art. 25, comma 1, del d.P.R. n. 602 del 1973, è impedita dalla notifica della cartella con cui viene intimato
il pagamento della relativa pretesa, ancorché l’amministrazione abbia proceduto ad una seconda notifica della stessa, poiché il ripetersi delle notifiche della cartella, atto che ha lo scopo di preannunciare l’esecuzione forzata mediante riscossione al pari dell’atto di precetto nel caso dell’esecuzione civile, non ha alcuna influenza sulla portata della prima fra esse e della relativa efficacia impeditiva del compiersi della decadenza; ciò a differenza del caso in cui l’amministrazione ritenga di ripetere non la semplice notifica, ma l’atto impo-esattivo (nella specie, la cartella) (cfr. Cass. T., n. 722/2023).
In limine , occorre osservare che la parte privata ha avuto piena contezza degli elementi essenziali del rapporto tributario, tanto da poter spiegare adeguate difese, anche in questa sede, essendo stato posto nelle condizioni sostanziali che avrebbe avuto seguendo la procedura ordinaria.
In definitiva, tanto il ricorso principale che il ricorso incidentale vanno rigettati. La reciproca soccombenza giustifica la compensazione delle spese.
Rilevato, quanto al ricorso incidentale, che risulta soccombente parte ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato per essere amministrazione pubblica difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, non si applica l’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. 30 maggio 2002 n. 115.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso principale e il ricorso incidentale.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , d.P.R. n. 115/2002 la Corte dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente principale dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto. Così deciso in Roma, il 15/04/2025. Il Presidente