Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 15766 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 15766 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 05/06/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
RAGIONE_SOCIALE , in persona del Direttore, legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa, ex lege , dall’RAGIONE_SOCIALE, e domiciliata presso i suoi uffici, alla INDIRIZZO in Roma;
-ricorrente –
contro
COGNOME NOME , rappresentato e difeso, in virtù di procura speciale stesa in calce al controricorso, dall’AVV_NOTAIO del Foro di Parma, che ha indicato recapito EMAIL, non avendo il controricorrente eletto domicilio fisico;
-controricorrente –
avverso
la sentenza n. 2230, pronunciata dalla Commissione Tributaria Regionale dell’Emilia Romagna il 5.7.2016, e pubblicata il 13.9.2016;
ascoltata la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; la Corte osserva:
Fatti di causa
Oggetto: Irpef 2006 – Diniego di rimborso – Previdenza RAGIONE_SOCIALE – Banca Commerciale Italiana – Contributi versati volontariamente – In assenza di obbligo di legge –
Conseguenze.
NOME NOME, dipendente della Banca Commerciale Italiana dal 16.4.1962 al 30.9.1996, era stato costantemente iscritto al RAGIONE_SOCIALE previdenziale integrativo dell’Istituto di credito, versando una percentuale variabile della sua retribuzione (dal 4,50% al 7,75%), comunque sempre superiore al 4%, e conseguendo il diritto alla percezione di una rendita. L’erogazione della rendita era stata interrotta il 1°.1.2006, e sostituita con la corresponsione di un importo in forma capitale, pari ad Euro 47.085,66. Il RAGIONE_SOCIALE, operando quale sostituto d’imposta, assoggettava l’intera somma ad imposizione, senza dedurre le somme versate dal contribuente nella misura pari al 4% RAGIONE_SOCIALE retribuzioni che, invece, secondo la tesi del contribuente, avrebbero dovuto rimanere esenti ai sensi dell’art. 17 (ora 19) del Tuir, nel testo vigente ratione temporis .
Il contribuente proponeva perciò istanza di rimborso dell’importo di Euro 3.614,00. L’RAGIONE_SOCIALE finanziaria non rispondeva.
Maturati i termini di legge, NOME COGNOME impugnava il silenzio rifiuto opposto dall’RAGIONE_SOCIALE, innanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Parma. La CTP riteneva fondate le difese proposte dal contribuente, ed affermava il suo diritto a conseguire la restituzione richiesta.
L’RAGIONE_SOCIALE spiegava appello avverso la decisione sfavorevole conseguita dai primi giudizi insistendo nel contestare, tra l’altro, che i contributi previdenziali per cui è causa erano stati versati dal contribuente a titolo volontario, e non risultano pertanto deducibili. La CTR confermava la decisione adottata dalla CTP.
Ha proposto ricorso per cassazione, avverso la pronuncia del giudice dell’appello, l’RAGIONE_SOCIALE finanziaria, affidandosi ad uno strumento d’impugnazione. Resiste mediante controricorso il contribuente.
4.1. La causa è stata chiamata per la trattazione innanzi alla sottosezione sesta della sezione tributaria della Corte di Cassazione, all’udienza del 19.4.2018 ed il Collegio, ritenuto che non ricorressero i presupposti di cui all’art. 375 cod. proc. civ., con ord. dep. Il 25.5.2018, n. 13213, rimetteva il fascicolo per la decisione alla sezione tributaria. Compatibilmente con le esigenze del ruolo, era pertanto fissata una nuova udienza per la definizione del processo, innanzi alla sezione tributaria.
Ragioni della decisione
Con il suo motivo di ricorso, proposto ai sensi dell’art. 360, comma primo, n. 3, cod. proc. civ., l’RAGIONE_SOCIALE contesta la violazione o falsa applicazione, nella versione vigente ratione temporis , degli artt. 17 (ora 19), comma 2, e 48 (ora 51), comma 2, lett. a), del Dpr n. 917 del 1986 (Tuir), per avere la CTR erroneamente ritenuto operante la deduzione dall’imponibile di somme corrisposte in relazione a contributi previdenziali versati dal lavoratore a titolo volontario.
Sostiene l’Ente impositore che il diniego di rimborso risulta legittimo, perché i contributi versati dal lavoratore a titolo volontario, e non per obbligo di legge, hanno dato origine ad un capitale erogato dall’Istituto previdenziale che non può essere escluso dall’imposizione neppure nella misura del 4%, perché detta esenzione è prevista con riferimento ai soli contributi erogati per obbligo di legge. ‘Infatti essendo la RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE facoltativa, ad essa va applicato l’art. 48, comma 2, lett. a) TUIR (ora 51) secondo cui ‘non concorrono a formare il reddito (solo) i contributi previdenziali e assistenziali versati dal datore di lavoro o dal lavoratore in ottemperanza di disposizioni di legge” (ric., p. 11).
2.1. La CTR espone, nella parte descrittiva della sua decisione, che l’RAGIONE_SOCIALE finanziaria aveva contestato l’infondatezza dell’istanza restitutoria in conseguenza della non deducibilità RAGIONE_SOCIALE
somme accumulate mediante contributi volontari. Nella parte motivazionale scrive poi: ‘Nel caso in esame non appare contestato che a carico del contribuente, che non aveva sottoscritto alcun accordo transattivo e non aveva firmato alcuna liberatoria in favore della RAGIONE_SOCIALE, fu posta una quota di contribuzione superiore al 4 per cento della retribuzione imputata a contribuzione del RAGIONE_SOCIALE, sottoposta a tassazione preventiva dedotta dalla retribuzione lorda. Pertanto, poiché dalla somma liquidata al contribuente non sono stati detratti i contributi versati direttamente sulla retribuzione fino al 31/12/1994 nella misura non eccedente il 4 per cento della retribuzione, il ricorso deve essere accolto limitatamente ai contributi versati direttamente dal contribuente entro il limite del 4% del reddito da lavoro. L’appello va quindi rigettato …’ (sent. CTR, p. IV). Il giudice dell’appello, pertanto, non esamina specificamente la questione sottoposta dall’RAGIONE_SOCIALE finanziaria, secondo cui sono deducibili nella misura massima del 4% della retribuzione solo i contributi previdenziali corrisposti dal lavoratore che trovino fondamento in contribuzioni obbligatorie per legge, e non quelli versati per scelta volontaria, come si è verificato nel caso di specie.
2.2. Il contribuente replica che l’RAGIONE_SOCIALE finanziaria introduce solo nel ricorso per cassazione la questione relativa al chi abbia effettuato il versamento al RAGIONE_SOCIALE pensioni, il lavoratore o il datore di lavoro, che è però una questione nuova e perciò preclusa nel giudizio di legittimità, e comunque l’Ente impositore censura l’istaurazione di un meccanismo di incrocio contributivo, secondo il quale vi sarebbe soltanto imputazione formale alla Banca del contributo previdenziale ed al lavoratore del contributo per il RAGIONE_SOCIALE, tesi che non trova alcun riscontro documentale. Sostiene, quindi, che i precedenti della giurisprudenza di legittimità invocati da controparte sono inconferenti, perché relativi ad ipotesi in cui l’ex dipendente aveva
stipulato un accordo transattivo con l’Ente erogatore, ipotesi che non ricorre nel caso di specie. Osserva ancora il contribuente che ‘la deducibilità dei soli contributi versati in ottemperanza alle norma sull’assicurazione obbligatoria decorre dalla data di entrata in vigore del d.lgs. 47/2000 (ovvero il 1°/1/2001) e non può produrre effetti per il periodo precedente’ (controric., p. 12).
2.3. Invero questa Corte regolatrice ha ripetutamente esaminato la questione oggetto del presente giudizio, anche in relazione ad ex dipendenti della Banca Commerciale Italiana iscritti al RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE aziendale, ed ha raggiunto un orientamento condivisibile che gli scarni rilievi del giudice del gravame e le argomentazioni proposte dal controricorrente non inducono a rivedere.
Si è infatti osservato che ‘il RAGIONE_SOCIALE ha operato in regime sostitutivo del regime generale di RAGIONE_SOCIALE obbligatoria per invalidità e vecchiaia per i dipendenti della Banca Commerciale Italiana. Inizialmente, dunque, la partecipazione di essi al RAGIONE_SOCIALE era obbligatoria, costituendo parte integrante del contratto di lavoro con la Banca Commerciale Italiana. Successivamente, dal 1° gennaio 1955, a seguito della decisione governativa di estendere l’iscrizione dei dipendenti della banca all’assicurazione generale obbligatoria presso l’RAGIONE_SOCIALE, con attivazione dei corrispondenti obblighi contributivi, il RAGIONE_SOCIALE, da funzione sostitutiva dell’assicurazione generale obbligatoria, ha iniziato a svolgere la funzione di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE (Cass. 28/12/2016, n. 27079). Il RAGIONE_SOCIALE, dunque, in quanto iscritto all’albo dei fondi presso la RAGIONE_SOCIALE e assoggettato alla sua vigilanza, costituisce una forma di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, concretizzandosi in una prestazione in forma di rendita realizzata in modo volontario, con lo scopo di integrare la RAGIONE_SOCIALE pubblica, al fine di garantire all’avente diritto un adeguato tenore di vita all’età
pensionabile (in tal senso Cass. n. 27078 del 2016; Cass. n. 27079 del 2016)’.
2.3.1. Si è quindi chiarito che ‘per evitare una doppia trattenuta sulle retribuzioni, una a favore dell’RAGIONE_SOCIALE e l’altra a favore del RAGIONE_SOCIALE, veniva applicato, sulla base di accordo tra la Banca ed organi di rappresentanza dei lavoratori, il meccanismo dell’incrocio contributivo ( chassé croisé ). Tale meccanismo, sorto come puro strumento di semplificazione contabile, imputava formalmente alla banca il contributo previdenziale obbligatorio gravante per legge sul lavoratore e destinato all’RAGIONE_SOCIALE, mentre imputava formalmente al lavoratore quello destinato al RAGIONE_SOCIALE. Pertanto, supponendo la corrispondenza dei due contributi, quello destinato all’RAGIONE_SOCIALE doveva ritenersi sostanzialmente a carico del lavoratore, in conformità alla previsione legislativa in materia; mentre quello destinato al RAGIONE_SOCIALE doveva considerarsi, per il periodo compreso tra il 1955 e 1994, come posto sostanzialmente a carico della Banca.
Dal 1995 al 1999, poi, il contributo al RAGIONE_SOCIALE era stato posto unicamente a carico della Banca. La questione dei presupposti dell’esenzione pro quota di cui all’art. 17, comma 2, del d.P.R. n. 917 del 1986, nel caso sub iudice , attiene sì all’individuazione del soggetto che ha effettivamente pagato i contributi al RAGIONE_SOCIALE, ma si innesta inevitabilmente anche sulla natura obbligatoria o facoltativa dei contributi erogati al RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE.
Sulla questione, la giurisprudenza di legittimità ha recentemente ribadito che «Questa Corte (Cass., sez. 6-5, 1 luglio 2020, n. 13353), con orientamento consolidato (Cass., sez. 6-5, 10 dicembre 2020, n. 28125; Cass., sez. 6-5, 19 dicembre 2019, n. 33828), ha ritenuto che la prestazione di capitale in RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE per il personale di un istituto bancario (nella specie, il RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE per il personale della Banca Commerciale Italiana), effettuata in favore di
un ex dipendente, in forza di accordo risolutivo di ogni rapporto inerente al trattamento pensionistico integrativo in godimento (“zainetto”), costituisce, ai sensi dell’art. 6, comma 2, del d.P.R. n. 917 del 1986, reddito della stessa categoria della “RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE” cui il dipendente ha rinunciato e va, quindi, assoggettato al medesimo regime fiscale cui sarebbe stata sottoposta la predetta forma di RAGIONE_SOCIALE. Ne consegue che la base imponibile su cui calcolare l’imposta è costituita dall’intera somma versata dal RAGIONE_SOCIALE, senza che sia possibile defalcare da essa i contributi versati, in quanto, ai sensi della lettera a) dell’art. 48 del d.P.R. n. 917 del 1986, nel testo in vigore fino al 31 dicembre 2003, gli unici contributi previdenziali e/o assistenziali che non concorrono a formare il reddito sono quelli versati in ottemperanza a disposizioni di legge (Cass., sez. 5, 8 maggio 2019, n. 1215; Cass., sez. 6-5, 4 gennaio 2018, n. 124; Cass., sez. 6-5, 19 dicembre 2019, n. 33827)’.
2.3.2. Si è quindi evidenziato che ‘l’imponibile RAGIONE_SOCIALE prestazioni erogate dei fondi di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE per il personale degli istituti bancari include pertanto anche i contributi versati al dipendente, attesa la natura facoltativa degli stessi (Cass. n. 27078 del 2016; Cass. n. 27079 del 2016). Sono dunque fiscalmente esenti a norma dell’art. 48 del d.P.R. n. 917 1986 soltanto i contributi previdenziali obbligatori, quelli versati “in ottemperanza a disposizioni di legge”» (Cass. 16/09/2021, n. 25035, in motivazione, in particolare ai punti 1.4., 1.5 ed 1.6; in senso conforme, ex multis , Cass. 12/03/2020, n. 7103; Cass. 11/02/2020, n. 3330; Cass. 05/03/2018, n. 5144; Cass. 07/05/2010, n. 11156; Cass., Sez. U., Sentenza n. 22 giugno 2011, 13669). In particolare, in ordine alla natura volontaria e non obbligatoria della contribuzione al RAGIONE_SOCIALE per cui è causa, è stato rilevato (v. le citate Cass. n. 27078 e 27079 del 2016, in motivazione) che «il RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, in quanto iscritto
all’Albo dei fondi presso la RAGIONE_SOCIALE e assoggettato alla sua vigilanza, costituisce una forma di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, concretizzandosi in una prestazione in forma di rendita realizzata in modo volontario, con lo scopo di integrare la RAGIONE_SOCIALE pubblica». E si è aggiunto che «proprio per il fatto che – come deduce lo stesso ricorrente – l’iscrizione al RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE in oggetto trova titolo nella convenzione tra datore di lavoro e lavoratore e non anche nella legge ed è, quindi, facoltativa, la base imponibile RAGIONE_SOCIALE prestazioni effettuate dal suddetto RAGIONE_SOCIALE non può che essere costituita dall’intera somma da esso erogata, comprensiva dei contributi versati dal lavoratore, laddove gli unici contributi previdenziali che non concorrono a formare il reddito e restano fiscalmente esenti (o, comunque, assoggettati a diverso regime di computo della base imponibile, come in materia di applicazione della franchigia per cui é causa) sono quelli di carattere obbligatorio, versati in ottemperanza a disposizioni di legge (Cass., Sez. VI, 19 dicembre 2019, n. 33827)» (Cass. n. 34707/2023. 28125 del 2020, cit., in motivazione)’, Cass. sez. V, 12.12.2023, n. 34707 (conf. Cass. sez. VI-V, 19.12.2019, n. 33827; Cass. sez. VI-V, 4.1.2018, n. 124).
2.4. La negazione della deducibilità, correttamente affermata dall’RAGIONE_SOCIALE finanziaria, dipende pertanto dal fatto che i contributi sono stati pacificamente versati dal lavoratore a titolo convenzionale, non sussistendo alcun obbligo di legge di provvedervi, ed occorre allora evidenziare come rimanga irrilevante che la somma la quale rappresenta la capitalizzazione dei versamenti effettuati sia stata erogata al contribuente in conseguenza di un accordo transattivo con il datore di lavoro, oppure di una iniziativa unilaterale del RAGIONE_SOCIALE previdenziale.
2.5. Il motivo di ricorso introdotto dall’RAGIONE_SOCIALE finanziaria risulta pertanto fondato e deve essere accolto. Non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, questa Corte di
legittimità può decidere nel merito, ai sensi dell’art. 384, secondo comma, cod. proc. civ., rigettando l’originario ricorso proposto dal contribuente.
Le spese di lite dei gradi di merito del giudizio possono essere compensate tra le parti, mentre le spese processuali del giudizio di legittimità seguono l’ordinario criterio della soccombenza e sono liquidate in dispositivo, in considerazione della natura RAGIONE_SOCIALE questioni affrontate e del valore della controversia.
La Corte di Cassazione,
P.Q.M .
accoglie il ricorso proposto dall’ RAGIONE_SOCIALE , cassa la decisione impugnata e, decidendo nel merito, rigetta l’originario ricorso proposto dal contribuente.
Compensa tra le parti le spese di lite dei gradi di merito del processo, e condanna il controricorrente al pagamento in favore della ricorrente RAGIONE_SOCIALE spese processuali del giudizio di cassazione, che liquida in complessivi Euro 1.100,00, oltre spese prenotate a debito.
Così deciso in Roma, il 23.5.2024.