Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 25569 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 25569 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 24/09/2024
IRPEF, IVA E
IRAP, ACCERTAMENTO
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 23671/2016 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, domiciliata ex lege in Roma, INDIRIZZO, presso l’Avvocatura generale dello Stato che la rappresenta e difende;
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante p.t., e in proprio COGNOME NOME, rappresentati e difesi dall’AVV_NOTAIO e dall’AVV_NOTAIO in virtù di procura speciale in calce alla memoria, elettivamente domiciliati presso lo studio dei difensori in Roma, INDIRIZZO;
-resistenti – e contro
COGNOME NOME, COGNOME NOME;
-intimatiavverso la sentenza della COMM.TRIB.REG. della SARDEGNACAGLIARI n. 76/01/2016 depositata il 14/03/2016; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 18
settembre 2024 dal consigliere NOME COGNOME;
Rilevato che:
l’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE ebbe a emettere tre avvisi di accertamento nei confronti della RAGIONE_SOCIALE per gli anni di imposta 2003, 2004 e 2005 contestando alla società la mancata contabilizzazione tra i ricavi di importi ricevuti a titolo di contributi in conto impianti e la indebita deduzione di Iva per fatture rivelatesi, a seguito di controlli incrociati, emesse per operazioni inesistenti. Veniva rettificato il reddito e venivano recuperate le imposte.
1.1. Con separati avvisi veniva rettificato il reddito di partecipazione dei soci COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME, con tre distinti accertamenti per ciascuno dei soci.
La società impugnava gli accertamenti innanzi alla Commissione tributaria provinciale di Nuoro. I soci, a loro volta, impugnavano gli accertamenti loro notificati. La Commissione tributaria provinciale di Nuoro riuniti i ricorsi, li accoglieva parzialmente con la sentenza 23/03/2013 del 23/05/2013: confermava gli accertamenti con riguardo ai maggiori ricavi accertati e, invece, annullava gli accertamenti in ordine alla ritenuta indeducibilità dell’Iva.
Sia i contribuenti sia l’RAGIONE_SOCIALE spiegavano appello verso la sentenza chiedendo la riforma della pronuncia nella parte a ciascuno sfavorevole. La Commissione tributaria regionale di Cagliari, con la sentenza impugnata, n. 76/01/2016 del 14/03/2016, accoglieva l’appello dei contribuenti e respingeva quello della Amministrazione, così disponendo l’annullamento integrale degli accertamenti oggetto del giudizio.
Avverso la pronuncia della CTR di Cagliari l’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione articolato su tre motivi. L’RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante p.t., e COGNOME NOME in proprio e quale socio, non si sono costituiti con controricorso ma hanno
depositato memoria ribadendo la legittimità dell’operato fiscale della società e chiedendo il rigetto dell’impugnazione.
5. Di seguito l’RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante p.t., e COGNOME NOME in proprio e quale socio hanno presentato istanza di sospensione del giudizio ai sensi dell’art. 6, comma 10, d.l. 23/10/2018, n. 119 e, contestualmente, i medesimi resistenti hanno proposto richiesta di estinzione del giudizio per cessata materia del contendere.
Il ricorso è stato trattato dal Collegio nella camera di consiglio del 18/09/2024.
Considerato che:
L’art. 6, comma 8, del d.l. n. 119 del 2018 prevede che «8. Entro il 31 maggio 2019, per ciascuna controversia autonoma è presentata una distinta domanda di definizione esente dall’imposta di bollo ed effettuato un distinto versamento». Il successivo comma 10 prevede che «10. Le controversie definibili non sono sospese, salvo che il contribuente faccia apposita richiesta al giudice, dichiarando di volersi avvalere RAGIONE_SOCIALE disposizioni del presente articolo. In tal caso il processo è sospeso fino al 10 giugno 2019. Se entro tale data il contribuente deposita presso l’organo giurisdizionale innanzi al quale pende la controversia copia della domanda di definizione e del versamento degli importi dovuti o della prima rata, il processo resta sospeso fino al 31 dicembre 2020». Il comma 12 della medesima disposizione prevede che «12. L’eventuale diniego della definizione va notificato entro il 31 luglio 2020 con le modalità previste per la notificazione degli atti processuali. ». Il comma 13 della stessa disposizione prevede, infine, che «13. In mancanza di istanza di trattazione presentata entro il 31 dicembre 2020 dalla parte interessata, il processo è dichiarato estinto, con decreto del Presidente».
1.1. Come rilevato, i contribuenti RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante
p.t., e COGNOME NOME in proprio e quale socio hanno rappresentato e documentato, con riferimento al presente giudizio e agli atti di accertamento che ne costituiscono oggetto, di aver presentato domanda di definizione agevolata e di aver provveduto al pagamento di quanto dovuto. Risulta la regolare definizione della controversia tra gli stessi contribuenti e l’assenza, allo stato, di diniego da parte della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE ai sensi dell’art. 6, comma 12, del d.l. 119 del 2018. In relazione al rapporto processuale tra gli stessi contribuenti e l’RAGIONE_SOCIALE, relativamente agli atti di accertamento emessi nei confronti della società e del socio COGNOME NOME, il giudizio va dichiarato estinto. Le spese rimangono a carico RAGIONE_SOCIALE parti che le hanno anticipate ex art. 6, comma 13, del citato decreto-legge. In ragione della definizione agevolata della controversia, non si ravvisano i presupposti per imporre il pagamento del c.d. doppio contributo unificato, siccome misura applicabile ai soli casi tipici di rigetto, inammissibilità o improcedibilità del gravame e, pertanto, non suscettibile, per la sua natura lato sensu sanzionatoria, di interpretazione estensiva o analogica (tra le tante Cass. 18/01/2022, n. 1420).
Con riguardo ai soci COGNOME NOME e COGNOME NOME, rimasti intimati nel presente giudizio nonostante rituale notifica del ricorso per cassazione, non risultano istanze di definizione agevolata, sicché l’impugnazione dell’RAGIONE_SOCIALE deve trovare definizione.
2.1. Con il primo motivo di ricorso l’RAGIONE_SOCIALE deduce nullità della sentenza ex artt. 36, comma 2, d.lgs. 31/12/1992, n. 546, 132 cod. proc. civ. e 118 disp. att. cod. proc. civ. in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ.. L’Ufficio ricorrente denuncia una motivazione apparente circa il recupero a tassazione quali ricavi dei contributi in conto impianti contestato dall’accertamento alla società. Il motivo è fondato; la sentenza
impugnata così si esprime sul punto: «la commissione non condivide la decisione impugnata sul punto della correttezza della soluzione adottata dall’Ufficio che ha ritenuto che i contributi dovessero essere dichiarati in un’unica soluzione, in mancanza di un piano di imputazione articolato per esercizi finanziari. Non si può non tener conto del principio contabile di cui alla difesa degli appellati-appellanti incidentali e, pertanto, il contributo in conto impianti dovrà essere valutato alla stregua del principio contabile dell’OIC 16. I contributi in conto impianti per l’acquisizione di beni strumentali non rientrano né tra le sopravvenienze attive come quelli in conto capitale né tra i ricavi come quelli in conto esercizio» di seguito la motivazione riporta per intero e per esteso il principio contabile citato OIC 16. Orbene la motivazione della sentenza appare per questa via del tutto monca, ellittica e non perspicua, nella misura in cui non prende affatto in considerazione la principale obiezione sollevata prima dall’accertamento poi dall’Ufficio in fase contenziosa, vale a dire la ritenuta inapplicabilità del principio OIC 16 in assenza di alcuna contabilizzazione dei contributi effettuata dalla società che li ha percepiti. Costante orientamento di questa Corte afferma che: «in tema di determinazione del reddito d’impresa, i contributi in conto capitale (compresi quelli in conto impianti, che ne costituiscono una sottospecie) ed i contributi in conto di esercizio (anche nella forma di contributi a fondo perduto), pur avendo diverse caratteristiche, sono egualmente destinati ad integrare i ricavi o a ridurre i costi della gestione caratteristica dell’impresa o RAGIONE_SOCIALE gestioni accessorie differenti da quella finanziaria, come si ricava sia dagli artt. 85, 102 e 103 del d.P.R. n. 917 del 1986, sia dai principi contabili e, pertanto, devono essere tutti iscritti in bilancio nel conto economico dell’impresa» (Cass. 21/03/2019, n. 7950); ed ancora: «in tema di determinazione del reddito d’impresa, i contributi “in conto impianti”, i quali sono destinati all’acquisto di beni (materiali o
immateriali) strumentali, nel regime introdotto dalla l. n. 449 del 1997 non generano né sopravvenienze attive né ricavi, ma rilevano in diminuzione del costo fiscalmente riconosciuto del cespite cui afferiscono, concorrendo a formare il reddito d’impresa per competenza nel quale confluiscono sotto forma di quote di ammortamento deducibili, potendo essere contabilizzati, a scelta del contribuente, in base ai principi contabili nazionali (OIC 16, par. F), imputando i contributi percepiti a riduzione diretta del cespite, oppure con la tecnica dei risconti passivi mediante imputazione graduale a conto economico pari alla stessa misura adottata per gli ammortamenti del cespite agevolato; pertanto, la loro ascrivibilità a fattori di produzione ad utilità ripetuta fa sì che la determinazione dell’obbligazione tributaria non sia istantanea e coincidente con l’incasso dei contributi stessi, ma prolungata a più periodi di imposta, in quanto collegata agli ammortamenti» (Cass. 06/08/2020, n. 16776).
Ebbene, i principi di diritto affermati dalla Corte in ordine al trattamento fiscale dei contributi in conto impianti si fondano, in modo evidente, sulla contabilizzazione dei contributi stessi che nella fattispecie, come incontestato tra le parti, era mancata del tutto. Per questa via la motivazione della sentenza -che riporta il principio contabile OIC 16 senza affrontare il problema della sua applicabilità in assenza di emergenze contabili e senza criticare sotto questo profilo l’imputazione ai ricavi operata dall’accertamento è apparente, nulla.
Si consideri, in proposito, che: «in tema di ricorso per cassazione, è nulla, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c., per violazione dell’art. 132, comma 2, n. 4, c.p.c., la motivazione solo apparente, che non costituisce espressione di un autonomo processo deliberativo, quale la sentenza di appello motivata per relationem alla sentenza di primo grado, attraverso una generica condivisione della ricostruzione in fatto e RAGIONE_SOCIALE argomentazioni svolte dal primo
giudice, senza alcun esame critico RAGIONE_SOCIALE stesse in base ai motivi di gravame» (Cass. 25/10/2018, n. 27112).
3. Con il secondo motivo di ricorso l’RAGIONE_SOCIALE deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 17, 19, 21 e 54 d.P.R. 26/10/1972, n. 633, 39, comma 1, lett. d), d.P.R. 29/09/1973, n. 600 e degli artt. 2697 e 2729 cod. civ. in relazione all’articolo 360, primo comma, n. 3), cod. proc. civ.. In particolare, si critica la sentenza nella parte in cui, nel respingere l’appello dell’Ufficio quanto alla indeducibilità dell’Iva recuperata a tassazione, ascrive alla Amministrazione l’onere della prova circa l’inesistenza RAGIONE_SOCIALE operazioni. Il motivo è fondato: si trattava RAGIONE_SOCIALE fatture emesse dalla società RAGIONE_SOCIALE che, come chiaramente riferito dall’accertamento e non contestato dai contribuenti ovvero dalla sentenza, non trovarono corrispondenza nella contabilità della società che aveva emesso la fattura, società che nemmeno operava come dichiarato dall’amministratore e legale rappresentante di essa. In questo contesto, l’Ufficio aveva provato l’inesistenza oggettiva RAGIONE_SOCIALE prestazioni fatturate, perché comunque non realizzate e non riconducibili alla società alla quale erano intestate le fatture. Spettava, a quel punto, al contribuente offrire prova dell’esistenza RAGIONE_SOCIALE operazioni fatturate e in tal senso non poteva certo assumere rilievo l’esistenza di manufatti simili a quelli descritti nelle fatture, valorizzata quale elemento decisivo dalla sentenza impugnata con operazione logica che merita censura. Si consideri, infatti, come la motivazione della sentenza, che inferisce l’inversione dell’onere della prova dalla esistenza dei manufatti benchè si fosse accertato che dette opere non erano state realizzate dalla società che emise le fatture, viola pacifici principi di diritto affermati da questa corte: «in tema di IVA, una volta assolta da parte dell’Amministrazione finanziaria la prova (ad esempio, mediante la dimostrazione che l’emittente è una cartiera o una società fantasma) dell’oggettiva inesistenza RAGIONE_SOCIALE operazioni, spetta
al contribuente, ai fini della detrazione dell’IVA e/o della deduzione dei relativi costi, provare l’effettiva esistenza RAGIONE_SOCIALE operazioni contestate, senza che, tuttavia, tale onere possa ritenersi assolto con l’esibizione della fattura ovvero in ragione della regolarità formale RAGIONE_SOCIALE scritture contabili o dei mezzi di pagamento adoperati, che vengono di regola utilizzati proprio allo scopo di far apparire reale un’operazione fittizia» (Cass. 05/07/2018, n. 17619); ed ancora «in tema di IVA, l’onere della prova relativa alla presenza di operazioni oggettivamente inesistenti è a carico dell’Amministrazione finanziaria e può essere assolto mediante presunzioni semplici, come l’assenza di una idonea struttura organizzativa (locali, mezzi, personale, utenze), mentre spetta al contribuente, ai fini della detrazione dell’IVA e della deduzione dei relativi costi, provare l’effettiva esistenza RAGIONE_SOCIALE operazioni contestate, non potendo tale onere ritenersi assolto con l’esibizione della fattura ovvero in ragione della regolarità formale RAGIONE_SOCIALE scritture contabili o dei mezzi di pagamento adoperati, in quanto essi vengono di regola utilizzati proprio allo scopo di far apparire reale un’operazione fittizia» (Cass. 10/04/2024, n. 9723).
Con il terzo motivo di ricorso l’RAGIONE_SOCIALE deduce nullità della sentenza e/o del procedimento ex artt. 112 cod. proc. civ. e artt. 18 e 53 d.lgs. 546/1992 in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ. in ragione della mancata pronuncia sulla correzione della rettifica del reddito operata dalla sentenza di primo grado per errore di calcolo. Il motivo è fondato. La sentenza impugnata ha omesso qualsiasi osservazione sul punto, nonostante l’appellante avesse riportato e descritto l’errore di calcolo, che emergeva in modo evidente, e ne avesse chiesto la correzione.
Con riguardo al rapporto processuale riguardante i soci COGNOME NOME e COGNOME NOME il ricorso della RAGIONE_SOCIALE
va accolto in relazione a tutti e tre i motivi spiegati, la sentenza deve essere cassata con rinvio alla CGT competente che, in diversa composizione, provvederà anche per le spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
dichiara estinto il giudizio per cessata materia del contendere con riguardo alla RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante p.t., e a COGNOME NOME in proprio e quale socio, con compensazione RAGIONE_SOCIALE spese;
accoglie il ricorso proposto dalla RAGIONE_SOCIALE nei confronti dei soci COGNOME NOME e COGNOME NOME, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado di Cagliari, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche per le spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 18 settembre 2024.