Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 15414 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 15414 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 09/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 27285/2022 R.G. proposto da:
ASCOLESE ALDO rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME come da comparsa con relativa procura speciale del 26 aprile 2025
-ricorrente-
Contro
CONSORZIO DI RAGIONE_SOCIALE rappresentato e difeso dagli avv.ti NOME COGNOME e COGNOME Guglielmo
-controricorrente-
nonché contro
RAGIONE_SOCIALE
-intimata-
avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. Campania n. 3256/2022 depositata il 07/04/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 23/04/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1.NOME COGNOME impugnava l’ingiunzione di pagamento n. 4891129208, notificata il 18 ottobre 2019, con cui gli veniva intimato il versamento dell’importo di € 243,10 a titolo di contributo consortile per l’anno 2018. Il ricorrente contestava la legittimità dell’imposizione fiscale, sostenendo che il piano di classifica su cui si fondava la richiesta di pagamento risaliva al 1997 ed era stato approvato prima dell’introduzione della Legge Regionale 4/2003, che ridefiniva i comprensori; che tale Piano, non aggiornato, non rispondeva più all’assetto territoriale attuale, con la conseguente mancanza di benefici diretti. Eccepiva dunque l’illegittimità del piano di classifica, in quanto inadeguato, soprattutto in relazione alla mancanza di manutenzione effettiva sul Canale Sarno e la prescrizione quinquennale della pretesa tributaria.
La Commissione Tributaria Provinciale di Salerno rigettava il ricorso con la sentenza n. 434/2021, accogliendolo limitatamente all’annualità 2009. Sull’appello del contribuente, la Commissione Tributaria Regionale della Campania confermava la decisione di primo grado con la sentenza n. 3256/2022, affermando che l’inserimento degli immobili nel piano di classifica implica una presunzione di vantaggio, non risultando necessaria la prova di un beneficio diretto, in quanto il contributo deriva da opere di manutenzione generali.
NOME COGNOME ha proposto ricorso per Cassazione sulla base di tre motivi.
Replica il Comprensorio di bonifica del Sarno.
MOTIVI DI DIRITTO
1.Il primo motivo di ricorso deduce . Si assume di aver eccepito la inadeguatezza del piano di classifica vigente sul presupposto che a norma dell’art. 12 della legge regionale n. 4/2003, . La censura si basa sul la circostanza che il Consorzio di Bonifica non ha predisposto, per il proprio comprensorio, il Piano Generale di Bonifica, che avrebbe dovuto rispettare le linee guida regionali e provinciali e prevedere: 1) l’uso razionale delle risorse idriche, la tutela dell’ambiente e la difesa del suolo; 2) le opere pubbliche di bonifica necessarie per tali obiettivi. Si assume che la relazione tecnica dell’ente impositore, riguardo al 2018, non riportava l’esecuzione di opere o di attività di bonifica programmate che i giudici di secondo grado non avevano adeguatamente considerato, ritenendo genericamente formulata la relativa contestazione.
2.La seconda censura reca il vizio di ; per avere la Corte distrettuale erroneamente omesso di valutare che i benefici derivanti dall’attività di bonifica devono consistere in un vantaggio diretto e specifico delle opere di bonifica funzionale ad un loro incremento di valore e che tale prova non era stata offerta dal consorzio ai sensi dell’ art. 2697 c.c.. In particolare, si afferma che non sono state adeguatamente valutate le prove in merito alla
mancata dimostrazione da parte del Consorzio RAGIONE_SOCIALE dell’esistenza di opere che giustificano il contributo richiesto, tanto più che il consorzio ha presentato un Piano di bonifica inidoneo a giustificare la pretesa tributaria, in quanto quello citato nell’atto impositivo opposto, è stato adottato in epoca antecedente alla legge reg. Campania n. 4/2003.
Inoltre, il decidente avrebbe errato nell’applicare la presunzione di vantaggio derivante dal solo inserimento nel Piano di classifica, senza esaminare adeguatamente le specifiche contestazioni avanzate dal ricorrente, che avrebbe dovuto condurre il collegio alla disapplicazione del piano di classifica.
4.Il Consorzio eccepisce l’inammissibilità del primo motivo di ricorso.
Si afferma che difetta il requisito di autosufficienza, poiché il ricorrente non ha fornito tutti gli atti processuali necessari né la documentazione specifica a supporto delle sue ragioni e che la censura è inadeguata, poiché mescola due fattispecie diverse e non specifica come i vizi del piano di classifica possano configurare una violazione di legge.
5.La prima censura, in disparte il profilo di inammissibilità discendente dalla sovrapposizione dei vizi dedotti, si palesa inammissibile in quanto per la pima volta, in sede di appello, come emerge sia dalle sentenze di primo e di secondo grado versate in atti che dal ricorso in appello, il contribuente ha dedotto l’assenza del Piano generale di Bonifica. Il contribuente, difatti, non ha prospettato di aver eccepito la mancanza del Piano generale di bonifica nel giudizio di primo grado, né ha versato in atti il ricorso introduttivo del giudizio da cui inferire che la relativa eccezione venne prospettata già in quella sede. L’assenza della deduzione difensiva emerge dalla decisione di primo grado in cui non si fa riferimento alla formulazione di una contestazione relativa alla
mancata adozione del Piano generale di bonifica, dedotta per la prima volta con il ricorso in appello.
D’altra parte, il ricorrente, ha trascurato, in ossequio al principio di specificità, in quanto formulato in violazione dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6), di indicare specificamente i contenuti dell’atto processuale -nella specie il ricorso originario -su cui fondava la doglianza (mancata adozione del Piano generale di bonifica) mancando di riportarne il contenuto e di allegarlo agli atti del presente giudizio, impedendo a questa Corte, in mancanza della descrizione del fatto processuale, di procedere alla preliminare verifica di ammissibilità del motivo di ricorso mediante accertamento della rilevanza e decisività del vizio denunciato rispetto alla pronuncia impugnata per cassazione.
Il principio di autosufficienza, infatti, impone di trascrivere il testo integrale o la parte significativa del documento nel ricorso al fine di consentire il vaglio di decisività ovvero di localizzare l’atto nel corpo del quale la censura sarebbe stata formulata, nonché di specificare gli argomenti, deduzioni o istanze che, in relazione alla pretesa fatta valere, siano stati formulati nell’atto introduttivo del giudizio di merito, pena l’irrilevanza giuridica della sola produzione, che non assicura il contraddittorio e non comporta, quindi, per il giudice alcun onere di esame e ancora meno di considerazione dei documenti ai fini della decisione (Cass. n. 125/2022; n. 8439/2020).
Nel giudizio di appello era stata prospettata l’illegittimità del Piano di classifica in quanto adottato in epoca antecedente alla legge reg.4/2003 e per la prima volta la mancata adozione del Piano generale di Bonifica. Il motivo, con riferimento a detto profilo è dunque inammissibile, in quanto che presuppone la proposizione delle relative questioni, in primis, nel giudizio di prime cure.
Trattandosi di domanda nuova inerente un profilo di illegittimità autonomo e distinto da quelli allegati in primo grado (Cass.
16/01/2023, n. 1078, Cass., 23/09/2020, n. 19929), essa non poteva essere proposta nel secondo grado di giudizio, pena la violazione della preclusione «propria del sistema delle impugnazioni e della conservazione degli atti, nonché della stabilizzazione degli effetti degli atti amministrativi, nelle parti non oggetto di impugnazione giurisdizionale» (Corte di Cassazione, sez. trib., sent. 21 gennaio 2024, n. 2199). «Il principio che regola il contenzioso tributario in ragione del combinato disposto di cui agli artt. 18 e 24 d.lgs. n. 546 del 1992, è che esso abbia un oggetto rigidamente delimitato dalle contestazioni comprese nei motivi dedotti col ricorso introduttivo; i motivi di impugnazione avverso l’atto impositivo costituiscono, pertanto, la causa petendi rispetto all’invocato annullamento dell’atto medesimo, con conseguente inammissibilità di un mutamento delle deduzioni avanti al giudice di secondo grado (Cass. 24/06/2011, n. 13934; Cass. n. 13/10/2006, Cass. 24/07/2018, n. 19616, n. 22010; Cass. 26/09/2019, n. 24040; Cass., sez. trib., sent. 21 gennaio 2024, n. 2199).
6.Sotto altro versante, la censura è infondata.
Il piano di classifica in forza del quale è stato quantificato il contributo consortile oggetto del presente giudizio è stato elaborato nella vigenza della l. r. Campania n. 23 del 1995. Tale legge è stata espressamente abrogata dalla l. r. Campania n. 29 del 2012 (vedi allegato A della legge citata), la quale, all’art. 2, dispone «1. Sono o restano abrogate le leggi regionali riportate nell’allegato A… omissis… 3. Le disposizioni abrogate con la presente legge continuano ad applicarsi ai rapporti sorti nel periodo della loro vigenza e per l’esecuzione degli accertamenti dell’entrata e degli impegni di spesa assunti». Già tale norma depone nel senso del perdurare dei piani di classifica precedentemente adottato. Va ricordato, inoltre, che tra la legge reg. Campania n. 23 del 1995 e la l. r. Campania n. 29 del 2012, sopra richiamate è intervenuta la legge reg. Campania n. 4 del 2003, sulla Bonifica integrale, la
quale prevede che il piano generale di bonifica sia attuato attraverso piani triennali, la cui mancata adozione, peraltro, non rende invalido o inefficace il piano generale di bonifica (in questo senso già Cass. n. 19036 del 2023). La costituzione del Piano di classifica è, poi, analiticamente disciplinata nell’art. 12 della citata legge Reg. Campania n. 4 del 2003. L’art. 17, comma 3, della legge regionale da ultimo citata, prevede che «In sede di prima applicazione della presente legge, entro il termine perentorio di sessanta giorni dalla sua entrata in vigore, i Consorzi RAGIONE_SOCIALE adeguano lo Statuto alle norme della legge medesima e lo inviano alla Giunta regionale per l’approvazione che deve avvenire nel termine massimo di sessanta giorni dall’inoltro. Decorso inutilmente il termine fissato per l’adeguamento dello Statuto, vi provvede la Giunta regionale attraverso la nomina di un commissario ad acta appositamente nominato.». Lo Statuto del consorzio, in esecuzione di tale disposizione, è stato adottato con provvedimento commissariale n. 614/AG del 20 maggio 2003 e approvato con modifiche dalla Giunta regionale (deliberazione n. 0153/AC del 25 luglio 2003).
La summenzionata legge reg. ha, dunque, previsto il riordino e la delimitazione dei Consorzi di bonifica, nei termini su brevemente esposti, ma nulla ha disposto specificamente in ordine all’efficacia dei Piani di classifica adottati nella vigenza della previgente l. n. 23 del 1995. All’art. 38, ha, tuttavia, previsto come disposizione finale, «1. Per quanto non espressamente disciplinato dalla presente legge si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni di cui al Regio Decreto 13 febbraio 1933, n. 215, e successive modificazioni». Il r.d. citato, all’art. 11, prevede che «I criteri di ripartizione sono fissati negli statuti dei consorzi o con successiva deliberazione, da approvarsi dal Ministero dell’agricoltura e delle foreste». Lo Statuto del ricorrente, approvato in esecuzione della legge reg. Campania n. 3 del 2004, all’art. 36, comma 3, prevede che «Nelle more
dell’adozione del Piano di Classifica per il riparto degli oneri di contribuenza, trova applicazione il previgente Piano, salvo conguaglio». La legge reg. Campania n. 29 del 2012 (vedi allegato A della legge citata), all’art. 2, comma 3, come sopra riportato, ha previsto che «3. Le disposizioni abrogate con la presente legge continuano ad applicarsi ai rapporti sorti nel periodo della loro vigenza e per l’esecuzione degli accertamenti dell’entrata e degli impegni di spesa assunti». Il quadro normativo fin qui delineato garantisce, pertanto, l’assenza di soluzione di continuità nel riparto della contribuenza con conseguente continuità dell’obbligo al versamento, nel rispetto delle disposizioni di legge, peraltro salvo conguaglio, come previsto dall’art. 36 dello Statuto.
Si può, pertanto, ritenere che restano salvi i Piani di classifica adottati sotto la legge previgente. Da un punto di vista sistematico generale si osserva, inoltre, che il presupposto impositivo del tributo in esame non può mutare in relazione al variare della legge regionale, in quanto si tratta di un tributo di natura derivata (v., altresì, v. Corte Cost., 19 ottobre 2018, n. 188). Ciò può affermarsi (anche) sulla base della giurisprudenza di legittimità sopra richiamata che si è soffermata lungamente sulla natura di tale tributo. Tali conclusioni sono, peraltro, in linea con un principio cardine del nostro ordinamento sull’efficacia della legge nel tempo, fissato dall’art. 11 delle disposizioni sulla legge in generale, secondo cui «La legge non dispone che per l’avvenire». Sarebbe, del resto, contro il principio di stabilità prevedere che, in generale gli atti amministrativi generali adottati nella vigenza di una disposizione di legge successivamente abrogata, perdano efficacia in assenza di una disposizione espressa. Il motivo è, dunque, infondato e può essere enunciato in proposito il seguente principio di diritto: «In materia di contributi consortili, il piano di classifica adottato sulla base di una normativa regionale successivamente abrogata non perde validità ed efficacia, in ragione della natura
derivata del tributo e dei principi generali di efficacia della legge nel tempo» (Cass. 4145/25).
7.La contestazione, pertanto, oltre che generica si rivela infondata, come risulta dall’esame del secondo motivo di ricorso.
8.La seconda censura, difatti, non ha pregio.
Si osserva che la materia dei contributi consortili di bonifica è stata oggetto di numerose pronunce della Corte di legittimità, che anche a sezioni unite ha tracciato il perimetro dei principi che ispirano i rapporti tra l’Ente ed i contribuenti. L’inclusione dell’immobile nel perimetro di contribuenza e la sua valutazione nell’ambito di un piano di classifica, comporta l’onere per il contribuente, che impugni la cartella esattoriale o l’atto impositivo, affermando l’insussistenza del dovere contributivo, di provare l’inadempimento delle indicazioni contenute nel piano di classifica e segnatamente la mancata esecuzione o il non funzionamento delle opere da questo previste, poichè il vantaggio diretto ed immediato per il fondo, che costituisce il presupposto dell’obbligo di contribuzione, ai sensi dell’art. 860 c.c. e art. 10 r.d. n. 215 del 1933, deve ritenersi presunto in ragione dell’avvenuta approvazione del medesimo piano di classifica e della comprensione dell’immobile nel perimetro di intervento consortile (vedi da ultimo Cass., Sez. 5, n. 20359/2021). L’adozione del Piano di classifica, infatti, ingenera una presunzione di vantaggiosità dell’attività di bonifica svolta dal Consorzio per i fondi ricompresi nell’area di intervento; qualora il Piano di classifica venga specificamente impugnato dal consorziato, la suddetta vantaggiosità deve essere provata dal Consorzio che la deduca, secondo la regola generale di cui all’articolo 2697 cod.civ.; qualora, invece, non vi sia stata impugnativa specifica del Piano di classifica, la presunzione in oggetto (di natura non assoluta, ma juris tantum ) deve essere superata con onere della prova a carico del consorziato. Già le SSUU hanno avuto modo di affermare, in particolare, che “quando la cartella esattoriale emessa per la
riscossione dei contributi di bonifica sia motivata con riferimento ad un “piano di classifica” approvato dalla competente autorità regionale, la contestazione di tale piano da parte di un consorziato, in sede di impugnazione della cartella, impedisce di ritenere assolto da parte del Consorzio il proprio onere probatorio, ed il giudice di merito deve procedere, secondo la normale ripartizione dell’onere della prova, all’accertamento dell’esistenza di vantaggi fondiari immediati e diretti derivanti dalle opere di bonifica per gli immobili di proprietà del consorziato stesso situati all’interno del perimetro di contribuenza; in quanto, se la (verificata) inclusione di uno (specifico) immobile nel perimetro di contribuenza può essere decisiva ai fini della determinazione dell” an” del contributo determinante ai fini del “quantum” è l’accertamento della legittimità e congruità del “piano di classifica” con la precisa identificazione degli immobili e dei relativi vantaggi diretti ed immediati agli stessi derivanti dalle opere eseguite dal Consorzio” (SSUU n. 11722 del 14/05/2010). E’ stato anche deciso (Cass.n.17066/10) che il contribuente è sempre ammesso a provare in giudizio – anche in assenza di impugnativa diretta in sede amministrativa del piano di classifica – l’insussistenza del beneficio fondiario; sia sotto il profilo della sua obiettiva inesistenza, sia in ordine ai criteri con cui il Consorzio abbia messo in esecuzione le direttive del predetto atto amministrativo per la determinazione del contributo nei confronti dell’onerato. Con la conseguenza che – soddisfatto l’onere probatorio così posto a carico del contribuente – spetterà al giudice tributario di disapplicare, ex art.7 d.lgs. 546/92, il piano di classifica medesimo in quanto illegittimo.
Tuttavia, la contestazione specifica del Piano, dinanzi al giudice tributario, serve non per disapplicare un atto presupposto, ma per eliminare la rilevanza della presunzione di esistenza del beneficio, e consentire di procedere, quindi, secondo la normale ripartizione
dell’onere della prova, all’accertamento dell’esistenza dei vantaggi fondiari – immediati e diretti – derivanti dalle opere di bonifica per gli immobili di proprietà del consorziato posti all’interno del perimetro di contribuenza (v. Cass. Sez. Un. n. 26009-08, cui adde Cass. n. 17066-10; (Cass. n. 22912/23; Cass., Sez. 5, Ordinanza n. 20359 del 16/07/2021; Cass. n. 13501 del 2.07.2020; Cass. n.19192/2021; n. 9511 del 2018; nello stesso senso in precedenza Cass. n. 24356 del 2016; Cass. n. 24070 del 2014; Cass.n.654 de1 2012).
Va altresì tenuto presente che, ove i fondi siano compresi nel perimetro di contribuenza, in difetto di specifica contestazione, da parte del contribuente, della legittimità del Piano di classifica, che può ritenersi integrata unicamente dal rilievo della mancata approvazione del piano generale di bonifica, ovvero in conseguenza della infondatezza della contestazione, si presume che gli stessi abbiano goduto dei benefici diretti delle opere realizzate dal consorzio richiedente (Cass., Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 24356 del 29/11/2016).
9.Nella fattispecie in esame è incontestata la sussistenza sia del Piano di classifica che del Perimetro di contribuenza nonché l’inclusione dei fondi di proprietà Ascolese in entrambi; con riferimento alla predicata non debenza del contributo consortile, il contribuente si è limitato a dedurre la mancata esecuzione delle opere e l’insussistenza di un beneficio fondiario diretto e specifico.
Il presupposto impositivo, che si basa sull’esistenza di un beneficio fondiario specifico e non generico, è intrinseco nell’ipotesi di opere di difesa idraulica del territorio, in quanto i fondi che ne sono difesi acquistano di per sé maggior valore per effetto di tali opere» (cfr. Cass. n. 2705/20; Cass. n. 29668/2021; Cass. n. 27469/2016); tale interpretazione è rispettosa della sentenza n. 188/2018 della Corte Costituzionale, secondo cui il beneficio che giustifica l’assoggettamento a contribuzione consortile non è correlato, con
nesso sinallagmatico di corrispettività, all’attività di bonifica, come sarebbe se si trattasse di un canone o di una tariffa, che invece tale nesso sinallagmatico presuppongono, nondimeno, nel caso dei contributi consortili di bonifica, il beneficio per il consorziato contribuente deve necessariamente sussistere per legittimare l’imposizione fiscale, ed esso però consiste non solo nella fruizione, ma anche nella fruibilità, comunque concreta e non già meramente astratta, dell’attività di bonifica, che, in ragione del miglioramento che deriva all’immobile del consorziato, assicura la capacità contributiva che giustifica l’imposizione di una prestazione obbligatoria di natura tributaria (cfr. Corte Cost. sent. n. 188/2018, cit., in motivazione); pertanto, la sussistenza del beneficio idraulico, presupposto dell’imposizione, può essere esclusa solo in ragione dell’asserita mancata esecuzione, da parte del Consorzio, di specifici interventi di manutenzione, che non sono in relazione sinallagmatica con l’obbligo di contribuzione (Cass. n.22076/2023). 10.Non ha pregio, in quanto contraria al r.d. n. 215 del 1933, art. 10, la tesi del contribuente secondo cui il contributo doveva implicare l’esecuzione di opere consortili direttamente sui fondi assoggettati. In base all’art. 10 citato, cui si sono conformate le legislazioni regionali, ivi compresa quella della Regione Campania, nella spesa delle opere di competenza statale che non siano a totale carico dello Stato sono tenuti a contribuire i proprietari degli immobili del comprensorio “che traggono beneficio dalla bonifica”, secondo il perimetro di contribuenza reso pubblico col mezzo della trascrizione. on rileva il luogo di esecuzione delle opere, ma il beneficio che ne deriva. Il beneficio in questione deve essere di tipo fondiario, e cioè strettamente incidente sull’immobile soggetto a contribuzione; il che vuoi dire che deve discendere, non dalla pura e semplice inclusione del bene nel comprensorio, ma dalla bonifica. Anche ove correlato a un vantaggio generale, riguardante un insieme rilevante di immobili che tutti ricavano il beneficio, anche
solo potenziale o futuro, esso non cessa di essere specifico ove discendente dall’opera di bonifica, perché giustappunto non attiene al territorio nel suo complesso, ma al bene di cui si tratta.
11.Alla stregua dei principi giurisprudenziali su richiamati, che perimetrano l’onere probatorio che incombe sulle parti nel giudizio avanti le commissioni tributarie in tema di contributi consortili si rileva che, a tenore della motivazione della sentenza impugnata, la Corte distrettuale ha fatto corretta applicazione dei principi costantemente affermati dalla giurisprudenza di questa Corte (Cass. n. 9511/2018; Cass. n. 18891/2016; Cass. n. 24356/2016; n. 23223/2014; Cass. n. 13167/2014; Cass. n. 2831/2012; Cass. n. 656 e 657/2012, dopo gli interventi delle Sezioni Unite su citati), ritenendo provato il beneficio al fondo in quanto il fondo ricade nel perimetro di contribuenza e nel Piano di classifica ed è servita da grandi opere idrauliche.
12.Al rigetto del ricorso, segue la condanna al pagamento delle spese del giudizio di legittimità.
Ai sensi dell’art.13 comma 1 quater del d.P.R. 115/2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis dello stesso art.13
P.Q.M.
La Corte
Rigetta il ricorso; condanna parte ricorrente alla refusione delle spese sostenute dal consorzio che liquida in euro 536,00 per compensi, oltre 200,00 euro per esborsi, oltre rimborso forfettario ed accessori come per legge.
v.to l’art. 13, comma 1 quater, d.P.R. n. 115 del 2002, come modificato dalla legge n. 228 del 2012; – dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, a carico della parte ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato,
pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1 bis dello stesso art.13, se dovuto.
Così deciso nella camera di consiglio della sezione tributaria della