Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 4016 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 4016 Anno 2025
Presidente: COGNOME RAGIONE_SOCIALE
Relatore: LIBERATI NOME
Data pubblicazione: 17/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 4301/2017 R.G. proposto da: NOMECOGNOME rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE;
-ricorrente-
contro
CONSORZIO COGNOME, rappresentato e difeso dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE ;
-controricorrente-
avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale dell’Umbria – Perugia n. 333/2016 depositata il 07/07/2016. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 24/10/2024 dal
Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
La Commissione tributaria regionale dell’Umbria, con la sentenza in epigrafe indicata, ha respinto l’appello proposto dall a contribuente nei confronti del Consorzio di Bonifica Tevere-Nera avverso la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Terni n. 286/2014, di rigetto del ricorso proposto dal contribuente avverso l’invito al pagamento (n. 0560034607 trib. Locali 2007), con il quale il
consorzio aveva richiesto il pagamento di euro 92,72 a titolo di quota consortile di competenza per l’anno 2007.
1.1. In particolare, la CTR nel ritenere corretto l’operato della CTP – ha ritenuto che il Consorzio avesse adempiuto al proprio onere probatorio; che il contributo fosse comunque dovuto per la stessa appartenenza all’area interessata, a prescindere dalla fruizione di specifiche opere di bonifica per ogni singolo anno, in ragione della funzi one preventiva dell’attività svolta dal Consorzio; che l’eccezione di giudicato riferito a diverse annualità costituisse ius novorum inammissibile in sede di gravame; che la coincidenza del perimetro del comprensorio con il piano di bonifica costituisse aspetto da impugnare innanzi al GA come già stabilito dalla Corte di cassazione (Cass. 13169/2014) e comunque legittimo.
Avverso la suddetta sentenza il contribuente ha proposto ricorso per cassazione affidato a n. 5 motivi, cui ha resistito con controricorso il consorzio di bonifica.
Le parti hanno altresì depositato memoria ex art. 380 bis.1 c.p.c.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c. , il ricorrente lamenta la violazione dell’art. 2909 c.c.: la CTR avrebbe omesso di considerare altra sentenza emessa tra le parti e risolta favorevolmente alla contribuente.
1.1. Il motivo è inammissibile e infondato.
1.2. In primo luogo, deve rilevarsi come la censura violi il principio di specificità di cui all’art. 366 primo comma n. 6 c.p.c.: non indica né gli estremi della sentenza che assumerebbe rilievo, né il contenuto della stessa che sarebbe rilevante nel presente giudizio, limitandosi invece ad affermare che tale decisione è allegata al n. 3 del ricorso originario, senza però spiegare in quale parte farebbe stato tra le parti (Cass. 31/01/2022, n. 2924, punto 3.2-3.7.).
1.3. Il motivo è, inoltre, anche infondato: come già chiarito dalla giurisprudenza di questa Corte, a partire dalla pronuncia delle sezioni unite 16 giugno 2006, n. 13916, se l’efficacia ultrattiva del giudicato non trova ostacolo, in materia tributaria, nel principio dell’autonomia dei periodi d’imposta, ciò non di meno è prospettabile soltanto in relazione agli elementi costitutivi della fattispecie che, estendendosi ad una pluralità di periodi d’imposta «assumono carattere tendenzialmente permanente», non anche con riferimento ai fatti «non aventi caratteristica di durata e comunque variabili da periodo a periodo» (v., altresì, Cass., 16 maggio 2019, n. 13152; Cass., 3 gennaio 2019, n. 37; Cass., 1 luglio 2015, n. 13498; Cass., 30 ottobre 2013, n. 24433; Cass., 29 luglio 2011, n. 16675; Cass., 22 aprile 2009, n. 9512);).
1.4. L’accertamento condotto con riferimento all’insussistenza del beneficio specifico e diretto per diverse annualità contributive non può allora considerarsi suscettibile di applicazione ultrattiva venendo, per l’appunto, in rilievo elemento di fattispecie che (ben) può variare in relazione ai diversi periodi di imposizione (Cass., 26 luglio 2023, n. 22697).
1.5. Tali considerazioni consentono di superare anche la censura relativa alla violazione dello ius novorum , come erroneamente affermata nella decisione di gravame, che, sul punto, deve essere semplicemente corretta, ai sensi dell’art. 384 c. 4 c.p.c., atteso che il dispositivo deve essere confermato.
Con il secondo motivo di ricorso, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., il ricorrente lamenta la violazione degli 2697 c.c. e 115 c.p.c. : la CTR avrebbe confuso i concetti di ‘comprensorio’ e di ‘perimetro di contribuenza’ , ritenendoli sovrapponibili, mentre il Consorzio avrebbe dovuto dimostrare, tramite emissione di un atto amministrativo che indicasse concretamente una o più opere e le ponesse in relazione ad una o più zone individuate all’interno del
comprensorio (p. 11 del ricorso), la necessità del fondamento della pretesa, provando quindi sia la necessità di realizzazione delle opere, che il beneficio che ne deriva per ogni singolo contribuente.
Il motivo non può essere accolto.
2.1. Va rilevato che, nella fattispecie, è incontestato che nel giudizio di primo grado sia stato prodotto il Perimetro di contribuenza confermato dalla delibera dal Consiglio dei Delegati n. 12/C dell’ 8 maggio 2007 e dalla Regione dell’Umbria con D.G. n. 1155 del 5 luglio 2007.
2.2. Va premesso che secondo la costante giurisprudenza di questa Corte:
i contributi consortili di bonifica costituiscono oneri reali, giusta l’art. 21 del r.d. n. 215 del 1933, dovuti da chi, al tempo della loro esazione, sia proprietario del fondo situato nel perimetro del comprensorio e trovano giustificazione nei benefici, concreti o anche solo potenziali, che si presumono apportati al terreno dalle opere eseguite dal consorzio, senza che quest’ultimo ne sia onerato della prova, spettando, invece, al proprietario dimostrare il contrario, vale a dire l’assenza di benefici senza che, a tal fine, rilevi l’aver manifestato, per scelta personale o per situazioni particolari, l’intenzione di non usufruire di quanto realizzato dal primo (cfr. Cass. n. 23815/2015);
l’adozione del piano di classifica ingenera una presunzione di vantaggiosità dell’attività di bonifica svolta dal Consorzio per i fondi ricompresi nell’area di intervento, e qualora il piano di classifica venga specificamente impugnato dal consorziato, il suddetto beneficio deve essere provato dal Consorzio che lo deduca, secondo la regola generale di cui all’articolo 2697 cod. civ., mentre qualora non vi sia stata impugnativa specifica del piano di classifica, la presunzione in oggetto (di natura non assoluta, ma juris tantum ) deve essere superata con onere della prova a carico del consorziato (Cass. 6839/2020);
– quando la cartella esattoriale emessa per la riscossione dei contributi di bonifica sia motivata con riferimento ad un “piano di classifica” approvato dalla competente autorità regionale, la contestazione di tale piano da parte di un consorziato, in sede di impugnazione della cartella, impedisce di ritenere assolto da parte del Consorzio il proprio onere probatorio, ed il Giudice di merito deve procedere, secondo la normale ripartizione dell’onere della prova, all’accertamento dell’esistenza di vantaggi fondiari immediati e diretti derivanti dalle opere di bonifica per gli immobili di proprietà del consorziato stesso situati all’interno del perimetro di contribuenza; in quanto, se la (verificata) inclusione di uno (specifico) immobile nel perimetro di contribuenza può essere decisiva ai fini della determinazione dell” an ” del contributo, determinante ai fini del ” quantum ” è l’accertamento della legittimità e congruità del “piano di classifica” con la precisa identificazione degli immobili e dei relativi vantaggi diretti ed immediati agli stessi derivanti dalle opere eseguite dal Consorzio (cfr. Cass. SS.UU. n. 11722/2010); – in tema di contributi consortili, allorquando la cartella esattoriale emessa per la riscossione dei contributi medesimi sia motivata con riferimento ad un “piano di classifica” approvato dalla competente autorità regionale, è onere del contribuente che voglia disconoscere il debito contestare specificamente la legittimità del provvedimento ovvero il suo contenuto, nessun ulteriore onere probatorio gravando sul Consorzio, in difetto di specifica contestazione», ma «resta ovviamente ferma la possibilità da parte del Giudice tributario di avvalersi dei poteri ufficiosi previsti dall’art. 7, d.lgs. n. 546 del 1992, ove ritenga necessaria una particolare indagine riguardo alle modalità con le quali il Consorzio stesso è in concreto pervenuto alla liquidazione del contributo (vedi SS.UU. n. 26009/2008).
2.3. La esistenza del perimetro di contribuenza determina dunque , per definizione, l’ambito dei soggetti onerati dal contributo, in relazione all’appartenenza allo spazio interessato (il perimetro appunto) ed ha natura di atto amministrativo, immediatamente lesivo, essendone collegate ex lege le conseguenze impositive. In mancanza di impugnazione di tale atto innanzi all’AGA da parte del contribuente, il perimetro costituisce atto presupposto cui è ricollegato il pagamento dei tributi consortili.
2.4. L’adozione del piano di classifica e ripartizione ingenera , come accennato, una presunzione ( iuris tantum ) di vantaggiosità dell’attività di bonifica svolta dal Consorzio – ossia di benefici fondiari immediati e diretti derivanti dalle opere di bonifica per i fondi di proprietà dei consorziati ricompresi nel perimetro di contribuenza – così che incombe sul co nsorziato l’onere di fornire la prova contraria (della non vantaggiosità, per il proprio fondo, dell’attività di bonifica svolta dal Consorzio; cfr., ex plurimis, Cass., 8 aprile 2022, n. 11431; Cass., 29 agosto 2019, n. 21820; Cass., 8 aprile 2022, n. 11431; Cass., 18 aprile 2018, n. 9511; Cass., 24 maggio 2017, n. 13130; Cass., 29 novembre 2016, n. 24356; Cass., 31 ottobre 2014, n. 23220; Cass., 8 ottobre 2014, n. 21176; Cass., 6 giugno 2012, n. 9099; Cass. S.U., 14 maggio 2010, n. 11722).
2.5. La giurisprudenza di questa Corte si è già pronunciata sulla questione, rilevando, coerentemente, come sia onere del contribuente -laddove non abbia impugnato l’atto presupposto innanzi al giudice amministrativo -dimostrare l’insussistenza del beneficio fondiario (Cass. 21/01/2022 n. 2924, punto 1.7., che richiama Cass. 17066/2010).
2.6. Premesso che sulla questione del perimetro di contribuenza riferito al Consorzio di Bonifica Tevere si è pronunciata la Corte di Cassazione, confermandone l’esistenza (cfr. Ordinanza n. 1129/2014), e che l’esistenza del perimetro costituisce atto presupposto ormai
definitivo, consegue che il motivo -in quanto volto a rimettere indirettamente in discussione la validità del perimetro e la sua piena efficacia ai fini del pagamento del tributo -è infondato.
2.7. Non v’è dunque ragione di discostarsi dal consolidato principio che ha sancito che ‘in tema di contributi di bonifica, ove i fondi siano compresi nel perimetro consortile, in difetto di specifica contestazione del piano di classifica e ripartizione da parte del contribuente, grava sullo stesso l’onere di superare, mediante prova contraria, la presunzione del beneficio diretto e specifico derivante dalle opere realizzate dal consorzio’ (Cass. 2924/2022, cui adde Cass. nn. 9511/2018, 24356/2018, 23220/2014).
2.8. Non vi è stata dunque né alcuna violazione dell’onere probatorio (art. 2697 c.c.), né alcuna violazione del principio di disponibilità della prova (art. 115 c.p.c.).
Con il terzo motivo di ricorso, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., il ricorrente lamenta la violazione degli artt. 3 comma 4, 7 comma 4, 1 o, 11 e seguenti r.d. n.215/1933; dell’art. 860 c.c. e degli artt. 23 e 44 Cost., nonché della L.R. Umbria n.30/2004. In particolare, la CTR avrebbe omesso ogni riferimento alle specifiche opere di bonifica, alla loro localizzazione ed al tipo di beneficio che ne avrebbe ricavato il ricorrente.
3.1. La censura è infondata.
3.2. Al di là del fatto che le deduzioni implicano, almeno in parte, verifiche in fatto, non consentite in sede di legittimità, deve rilevarsi che parte ricorrente riproduce sostanzialmente le medesime argomentazioni di cui al secondo motivo, richiamando diversa normativa. Vale dunque quanto già osservato con riferimento all’obbligo del contribuente che non abbia impugnato l’atto amministrativo presupposto di dimostrare l’insussistenza del beneficio fondiario (Cass. 21/01/2022 n. 2924, punto 1.7., che richiama Cass.
17066/2010), peraltro oggetto di ulteriore integrazione probatoria in sede di giudizio da parte del Consorzio.
3.3. Inoltre, l’obbligo di contribuire alle opere eseguite da un consorzio di bonifica e, quindi, l’assoggettamento al potere impositivo di quest’ultimo, postulano, ai sensi degli articoli 860 c.c. e 10 R.D. 13 febbraio 1933 n. 215, la proprietà di un immobile che sia incluso nel perimetro consortile e che tragga vantaggio da quelle opere; detto vantaggio, peraltro, deve essere diretto e specifico, conseguito o conseguibile a causa della bonifica, tale cioè da tradursi in una “qualità” del fondo (Cass., 10 settembre 2015, n. 17900; Cass., 12 novembre 2014, n. 24066; Cass., 10 aprile 2009, 8770; Cass., 8 settembre 2004, n. 18079; Cass. Sez. U., 14 ottobre 1996, n. 8960; Cass., 4 maggio 1996, n. 4144).
Ove vengano in considerazione opere di difesa idraulica del territorio, il beneficio si deve considerare intrinseco alle opere stesse senza che per questo cessi di essere specifico, essendo evidente che i fondi, difesi da opere idrauliche, acquistano di per sé un maggior valore per effetto delle opere stesse (Cass., 26 luglio 2023, n. 22697; Cass., 30 dicembre 2016, n. 27469; Cass., 19 dicembre 2014, n. 27057; Cass., 12 novembre 2014, n. 24066; Cass., 7 giugno 2013, n. 14404; Cass., 29 marzo 2011, n. 7159).
Il principio è giustificato dalla distinzione tipologica tra opere di semplice bonifica e opere di difesa idraulica (Cass., 12 novembre 2014, n. 24066), nel senso che in tal secondo caso vengono normalmente in rilievo dei benefici indiretti per i fondi inclusi nella zona di intervento. I quali benefici, tuttavia, sono pur sempre specifici. Difatti, il principio del beneficio intrinseco sta a significare che, nel caso di contributi per l’esecuzione di opere idrauliche, il beneficio fondiario è normalmente un beneficio generale (appunto intrinseco) senza per questo cessare di essere specifico per tutti gli immobili collocati in una determinata zona perimetrale.
Ne consegue che non muta il presupposto dell’obbligazione, che resta pur sempre ancorato all’esistenza del beneficio specifico (ancorché, come detto, generale e indiretto). Semplicemente non rileva il luogo di esecuzione delle opere, quanto piuttosto il beneficio che ne deriva.
3.4. Il motivo non può dunque essere accolto.
Con il quarto motivo di ricorso, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c. , il ricorrente lamenta l’omesso esame del fatto decisivo e controverso costituito dall’esistenza di un beneficio fondiario concreto derivante da opere di bonifica consortili, anche alla luce delle risultanze della CTU.
4.1. Rinviando a quanto appena detto con riferimento al motivo che precede, deve altresì rilevarsi che il motivo è privo del requisito di autosufficienza, non essendo indicato neppure se tale censura sia stata oggetto di motivo di appello, atteso anche che il controricorrente eccepisce espressamente essere un motivo del tutto nuovo.
4.2. La motivazione del giudice del gravame contiene, in realtà, una valutazione della situazione fattuale e una giustificazione della debenza del tributo, specificando (pag. 9 riga 11 e seguenti) perché sarebbe stato comunque superfluo per il consorzio pronunciarsi nel caso di specie sul beneficio specifico e diretto, essendo comunque correlato alla prevenzione di eventi connessi alla inadeguata manutenzione o omessa realizzazione delle opere di bonifica, che si traduce, per quanto detto, in un vantaggio specifico, ancorché intrinseco.
4.3. Se letto sotto diverso profilo, il motivo attiene invece ad una diversa lettura del fatto – traducendosi nella richiesta di verificare la esistenza o meno di opere di bonifica di qualche utilità per il fondo, anche alla luce della CTU – che non è consentita al giudice di legittimità: il ricorso per cassazione, fondato sull’affermazione che il giudice di merito abbia travisato le risultanze della consulenza tecnica, è
inammissibile, configurandosi in questa ipotesi esclusivamente il rimedio della revocazione, ai sensi dell’art. 395, n. 4, c.p.c. (Cass. 08/02/2019, n. 3867 (Rv. 653090 – 01)).
Con il quinto motivo di ricorso, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c. , il ricorrente lamenta l’omesso esame del fatto decisivo e controverso costituito dalla astratta legittimità del criterio utilizzato per l’assoggettamento a tributo, del tutto indipendente dal beneficio fondiario diretto.
5.1. Anche con riferimento a questa censura, vale quanto appena detto con riferimento al terzo e quarto motivo, anche con riferimento al difetto di autosufficienza, essendo dedotta la medesima questione, ma sotto il conseguente e successivo profilo del riparto del contributo in relazione al concreto vantaggio conseguito.
5.2. In sostanza, le censure devolvono alla Corte un esame del piano di classifica che, in disparte la sua omessa specifica indicazione, si risolve comunque in un nuovo giudizio, quando l’atto di approvazione avrebbe dovuto formare oggetto di impugnazione davanti al giudice amministrativo ovvero di richiesta di disapplicazione davanti ai giudici del merito (disapplicazione della quale la parte non fa alcuna menzione).
In conclusione, il ricorso va rigettato.
Le spese di giudizio seguono la soccombenza, secondo la liquidazione di cui al dispositivo.
In conseguenza dell’esito del giudizio ricorrono i presupposti processuali per dichiarare la sussistenza dei presupposti per il pagamento di una somma pari al contributo unificato previsto per la presente impugnazione, se dovuto, ai sensi dell’art. 13, com ma 1quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna la ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 700,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200,00, ed agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 24/10/2024.