Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 14755 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 14755 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 01/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 953/2023 R.G. proposto da: COGNOME rappresentato e difeso dall’avv. COGNOME NOME (CODICE_FISCALE
-ricorrente-
contro
CONSORZIO DI RAGIONE_SOCIALE
-intimati-
Cui è riunito il giudizio n. 1006/2023 proposto da
COGNOME rappresentato e difeso dall’avv. COGNOME NOME
ricorrente-
contro
CONSORZIO DI RAGIONE_SOCIALE rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME
contro
ricorrente
NONCHE’ RAGIONE_SOCIALE
-intimata- avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. Campania n. 4330/2022 depositata il 24/05/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 23/04/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME NOME impugnava l’ingiunzione di pagamento, notificata il 7 agosto 2018, con cui gli venivano richiesti i contributi consortili per le annualità di imposta 2009-2015.
Il ricorrente contestava la legittimità dell’imposizione fiscale, sostenendo che il piano di classifica su cui si fondava la richiesta di pagamento risaliva al 1997 ed era stato approvato prima dell’introduzione della Legge Regionale 4/2003, che ridefiniva i comprensori; che tale piano, non aggiornato, non rispondeva più all’assetto territoriale attuale e deducendo la mancanza di benefici diretti e di criteri di calcolo basati sulla rendita catastale, trasformando il contributo in una sorta di imposta erariale, illegittima secondo il ricorrente. Eccepiva altresì l’illegittimità del piano di classifica, in quanto inadeguato, soprattutto in relazione
alla mancanza di manutenzione effettiva sul INDIRIZZO Sarno, una delle principali opere di bonifica.
La Commissione Tributaria Provinciale di Salerno rigettava il ricorso, accogliendolo limitatamente all’annualità 2009. Sull’appello del contribuente, la Commissione Tributaria Regionale della Campania confermava la decisione di primo grado con la sentenza n. 4330/2022 ritenendo che l’inserimento degli immobili nel piano di classifica implicasse una presunzione di vantaggio e che non fosse necessaria la prova di un beneficio diretto, in quanto il contributo derivava da opere di manutenzione generali. In particolare, la C.T.R. statuiva .
NOME COGNOME ha proposto ricorso per Cassazione sulla base di tre motivi, iscrivendo a ruolo due identici ricorsi avverso la medesima decisione, che hanno originato due numeri di registro diversi.
Nel giudizio n. R.G. 1006/2023, introdotto dal medesimo contribuente, avverso la medesima sentenza d’appello e sulla base degli stessi motivi, il Consorzio ha replicato con controricorso, mentre nel giudizio iscritto al n. R.G. 953/2023 è rimasto intimato.
MOTIVI DI DIRITTO
In tema di impugnazione della medesima sentenza con più ricorsi per Cassazione, sussiste l’obbligo di riunione dei procedimenti ai sensi dell’art. 335 c.p.c. al fine di prevenire il rischio di giudicati contrastanti. La necessità di riunione può essere rilevata sia d’ufficio dal Collegio che su istanza di parte; la ratio sottesa a tale obbligo processuale risiede nell’esigenza di garantire l’uniformità delle decisioni giurisdizionali ed evitare pronunce potenzialmente contraddittorie sulla medesima questione, assicurando così la certezza del diritto e l’economia processuale (Cass. n. 28026/24; Cass. n.16140/23). Ne consegue che il procedimento n. R.G. 1006/2023 va riunito al giudizio iscritto al n. R.G. 953/2023.
Secondo la giurisprudenza di questa Corte nell’ordinamento processuale civile vige il principio generale della consumazione del potere di impugnazione, per effetto del quale, la parte che abbia esercitato tale potere esaurisce la facoltà di critica della decisione che lo pregiudica, senza poter proporre una successiva
impugnazione, salvo che la prima impugnazione sia invalida, non sia stata ancora dichiarata inammissibile o improcedibile e venga rispettato il termine di decadenza previsto dalla legge. Pertanto, ove la stessa sentenza di appello venga impugnata tempestivamente con due identici ricorsi per cassazione, proposti l’uno di seguito all’altro, si pongono due sole alternative, a seconda che il primo di essi abbia, o meno, validamente introdotto il giudizio di legittimità: nell’un caso, il ricorso successivamente proposto va dichiarato inammissibile; nell’altro, invece, deve essere esaminato in ragione dell’inammissibilità del primo (Cass. n. 24332 del 29/11/2016; Cass. n. 21145 del 19/10/2016; Cass. n. 25437 del 11 novembre 2020).
3.Il primo motivo deduce ; per avere il giudice d’appello dichiarato inammissibile l’eccezione di prescrizione poiché ritenuta nuova e non appartenente al thema decidendum cristallizzato nel ricorso introduttivo. Tuttavia, si obietta che l’eccezione era già stata sollevata in primo grado e che i giudici hanno erroneamente ritenuto la documentazione prodotta dagli appellati in secondo grado come valida prova dell’interruzione della prescrizione, nonostante fosse tardiva e priva di conformità agli originali. Si afferma che l’eccezione di prescrizione si fonda sul presupposto che in primo grado né l’Ente impositore né la convenuta società di riscossione avevano fornito la prova dell’avvenuta notificazione degli avvisi di notifica n. NUMERO_DOCUMENTO (asseritamente notificato in data 28.1.20 15), 4861003484 (asseritamente notificato in data 6.8.2015) e n. 4860313895 (asseritamente notificato in data 12.10.2015) inerenti le annualità 2010, 2011, 2012, 2013, 2014 e 2015.
4.In primo luogo, la censura si rivela inammissibile, perché nel corpo del mezzo espone critiche in fatto ed in diritto contemporaneamente e senza alcuna gradazione o distinzione tra loro, dando luogo ad una sostanziale sovrapposizione di censure, con l’inammissibile prospettazione della medesima questione sotto profili incompatibili (Cass. 23/10/2018, n. 26874; Cass. 23/09/2011, n. 19443; Cass. 11/04/2008, n. 9470), non risultando specificamente separati la trattazione delle doglianze relative all’interpretazione o all’applicazione delle norme di diritto appropriate alla fattispecie ed i profili attinenti alla ricostruzione del fatto (Cass. 11/04/2018, n. 8915; Cass. 23/04/2013, n. 9793). Si tratta quindi di censure non ontologicamente distinte dallo stesso ricorrente e quindi non autonomamente individuabili, senza un inammissibile intervento di selezione e ricostruzione del mezzo d’impugnazione da parte di questa Corte.
4.1.Ad ogni buon conto, l’inammissibilità resta, sia pure sotto altro profilo, anche operando, in base ad altro orientamento di questa Corte (cfr. Cass. n. 39169/2021, che richiama Cass. n. 26790/2018, Cass. n. 19893/2017, Cass. n. 7009/2017, Cass, Sez. Un., n. 9100/2015, Cass., Sez. Un., n. 17931/2013; Cass., Sez. Un., n. 32415/2021), una risistemazione dei motivi, una loro scissione, come se fossero separati, alternativi o subordinati, ricostruendoli, sotto il profilo della violazione di legge e del vizio di motivazione rilevante, in relazione alle questioni sostanziali sollevate. In tale prospettiva, infatti, i motivi si presentano, in larga misura, aspecifici, non confrontandosi con le ragioni poste a base della sentenza impugnata, né confutandole, limitandosi ad una riedizione delle difese in precedenza svolte, come se anche il giudizio di esame fosse un ulteriore, inammissibile, grado di merito (Cass. nn.39169 e 36881 del 2021; Cass. n. 3397/2024).
4.2.In ogni caso, risulta dalla lettura del ricorso di primo grado e dalla sentenza della C.T.P. che, effettivamente, il ricorrente aveva
eccepito la prescrizione quinquennale delle pretese tributarie. Tuttavia, il Collegio d’appello ha affermato che .
5. I giudici distrettuali hanno correttamente affermato la novità della eccezione relativa alla omessa notifica degli atti prodromici, non proposta con il ricorso introduttivo del giudizio di merito nonché quella concernente l’incoerenza tra gli atti depositati ed il numero identificativo degli avvisi, avendo il ricorrente assunto genericamente che detti atti erano stati depositati in sede di appello, ancorché dalla sentenza di primo grado emerga con tutta evidenza che la società RAGIONE_SOCIALE ed il Consorzio avevano depositato già in prime cure la documentazione relativa alla notifica degli avvisi prodromici, ritenuti validamente interruttivi della eccepita prescrizione quinquennale dai giudici di prossimità.
4.3.La censura in rassegna non coglie la ratio decidendi che sorregge la pronuncia impugnata, in quanto nell’affermare che l’allegata incoerenza tra atti interruttivi e crediti erariali era stata prospettata per la prima volta in sede di appello, i giudici regionali hanno confermato la decisione di primo grado là dove è stata esclusa l’estinzione per prescrizione dei debiti tributari, alla luce dei prodotti atti interruttivi della prescrizione.
Con il secondo mezzo di ricorso si prospetta
Il ricorrente deduce la non debenza del contributo di bonifica sul presupposto che i propri immobili alcun beneficio avevano tratto dalle opere di bonifica se ed in quanto eseguite dall’ente impositore.
Al riguardo reitera le difese già svolte nel giudizio di merito concernete la inadeguatezza del Piano di Classifica vigente sul presupposto che a norma dell’art. 12 della legge regionale n. 4/2003, ciascun Consorzio predispone un piano di classifica per il riparto della contribuenza consortile che, in base a parametri ed elementi obiettivi di individuazione e quantificazione dei benefici tratti dagli immobili, stabilisce gli indici di attribuzione dei contributi alle singole proprietà, i cui dati identificativi sono custoditi ed aggiornati nell’apposito catasto consortile’. La censura si fonda sul fatto che il Consorzio RAGIONE_SOCIALE non aveva predisposto, con riferimento al comprensorio di rispettiva competenza, il Piano generale di bonifica che, in coerenza con gli strumenti di programmazione regionale e provinciale vigenti, avrebbe dovuto prevedere: la possibilità di valorizzazione dei diversi ambiti del territorio comprensoriale, attraverso il razionale impiego della risorsa idrica, la tutela dello spazio rurale, la difesa del suolo e dell’ambiente;
le opere pubbliche di bonifica da realizzare per il perseguimento delle predette finalità.
Il Piano generale di bonifica è attuato attraverso i piani triennali .
Si soggiunge che nella relazione tecnica prodotta dall’ente impositore (specificatamente contestata dal ricorrente) nulla si rinveniva in punto di opere ed attività di bonifica e miglioramento fondiario programmate e da realizzare negli anni di riferimento per
cui veniva richiesto il pagamento del tributo. Detta relazione, come più volte evidenziato, faceva riferimento ad opere svolte, se ed in quanto svolte, nell’anno 2018, non oggetto di indagine.
6.La censura, in disparte il profilo di inammissibilità discendente dalla mescolanza dei vizi dedotti, si palesa altresì inammissibile poiché per la pima volta, in sede di appello, come emerge sia dalle sentenze di primo e di secondo grado versate in atti che dal ricorso in appello, il contribuente ha dedotto la mancata adozione del Piano generale di Bonifica, mentre nel precedente grado di giudizio aveva dedotto esclusivamente l’inadeguatezza del Piano di classifica. L’assenza della deduzione difensiva emerge, in particolare, dalla decisione di primo grado in cui non si fa riferimento alla formulazione di una contestazione relativa alla mancata adozione del Piano generale di bonifica. Con le memorie depositate in sede di appello veniva prospettata per la prima volta la mancata adozione del Piano generale di Bonifica.
6.1. Il motivo, con riferimento a detto ultimo profilo è dunque inammissibile, in quanto che presuppone la proposizione delle relative questioni già nella fase di merito, in primis, nel giudizio di prime cure. Trattandosi di domanda nuova inerente un profilo di illegittimità autonomo e distinto da quelli allegati in primo grado (Cass. 16/01/2023, n. 1078, Cass., 23/09/2020, n. 19929), essa non poteva essere proposta nel secondo grado di giudizio, pena la violazione della preclusione «propria del sistema delle impugnazioni e della conservazione degli atti, nonché della stabilizzazione degli effetti degli atti amministrativi, nelle parti non oggetto di impugnazione giurisdizionale» (Corte di Cassazione, sez. trib., sent. 21 gennaio 2024, n. 2199). «Il principio che regola il contenzioso tributario in ragione del combinato disposto di cui agli artt. 18 e 24 d.lgs. n. 546 del 1992, è che esso abbia un oggetto rigidamente delimitato dalle contestazioni comprese nei motivi dedotti col ricorso introduttivo; i motivi di impugnazione avverso l’atto
impositivo costituiscono, pertanto, la causa petendi rispetto all’invocato annullamento dell’atto medesimo, con conseguente inammissibilità di un mutamento delle deduzioni avanti al giudice di secondo grado (Cass. 24/07/2018, n. 19616, Cass. 24/06/2011, n. 13934). Si ha, quindi, domanda nuova per modificazione della causa petendi , quando i nuovi elementi comportino il mutamento dei fatti costitutivi del diritto azionato, modificando l’oggetto sostanziale dell’azione ed i termini della controversia, in modo da porre in essere, in definitiva, una pretesa diversa, per la sua intrinseca essenza, da quella fatta valere in primo grado e sulla quale non si è svolto in quella sede il contraddittorio (cfr. Cass. n. 13/10/2006, n. 22010; Cass. 26/09/2019, n. 24040; Cass., sez. trib., sent. 21 gennaio 2024, n. 2199).
6.2.Sotto altro versante, il motivo relativo alla contestazione del piano di classifica, è infondato.
7.Questa Corte da molto tempo ha chiarito che la legge determina direttamente i requisiti per la spettanza del potere impositivo e l’assoggettamento ad esso, ma ne affida poi la quantificazione alle decisioni discrezionali dei consorzi medesimi, al fine dell’applicazione nel caso concreto del principio della loro corrispondenza o proporzionalità rispetto al grado del beneficio conseguito o conseguibile dall’opera consortile (Cass., Sez. U, n. 4542/1986, Rv. 447285 -01). Il piano di classifica in forza del quale è stato quantificato il contributo consortile oggetto del presente giudizio è stato elaborato nella vigenza della l. r. Campania n. 23 del 1995. Tale legge è stata espressamente abrogata dalla l. r. Campania n. 29 del 2012 (vedi allegato A della legge citata), la quale, all’art. 2, dispone «1. Sono o restano abrogate le leggi regionali riportate nell’allegato A… omissis… 3. Le disposizioni abrogate con la presente legge continuano ad applicarsi ai rapporti sorti nel periodo della loro vigenza e per l’esecuzione degli accertamenti dell’entrata e degli impegni di spesa
assunti». Già tale norma depone nel senso del perdurare dei piani di classifica precedentemente adottato. Va ricordato, inoltre, che tra la l. r. Campania n. 23 del 1995 e la l. r. Campania n. 29 del 2012, sopra richiamate è intervenuta la l. r. Campania n. 4 del 2003, sulla Bonifica integrale, la quale prevede che il piano generale di bonifica sia attuato attraverso piani triennali, la cui mancata adozione, peraltro, non rende invalido o inefficace il piano generale di bonifica (in questo senso già Cass. n. 19036 del 2023). 7.1.La costituzione del piano di classifica è, poi, analiticamente disciplinata nell’art. 12 della citata l. r. Campania n. 4 del 2003. L’art. 17, comma 3, della legge regionale da ultimo citata, prevede che «In sede di prima applicazione della presente legge, entro il termine perentorio di sessanta giorni dalla sua entrata in vigore, i Consorzi RAGIONE_SOCIALE adeguano lo Statuto alle norme della legge medesima e lo inviano alla Giunta regionale per l’approvazione che deve avvenire nel termine massimo di sessanta giorni dall’inoltro. Decorso inutilmente il termine fissato per l’adeguamento dello Statuto, vi provvede la Giunta regionale attraverso la nomina di un commissario ad acta appositamente nominato.». Lo Statuto del consorzio, in esecuzione di tale disposizione, è stato adottato con provvedimento commissariale n. 614/AG del 20 maggio 2003 e approvato con modifiche dalla Giunta regionale (deliberazione n. 0153/AC del 25 luglio 2003). La l.r. Campania n. 4 del 2003, dunque, ha previsto il riordino e la delimitazione dei Consorzi di bonifica, nei termini su brevemente esposti, ma nulla ha disposto specificamente in ordine all’efficacia dei piani di classifica adottati nella vigenza della previgente l. n. 23 del 1995. All’art. 38, ha, tuttavia, previsto come disposizione finale, «1. Per quanto non espressamente disciplinato dalla presente legge si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni di cui al Regio Decreto 13 febbraio 1933, n. 215, e successive modificazioni». Il r.d. citato, all’art. 11, prevede che «I criteri di ripartizione sono fissati negli
statuti dei consorzi o con successiva deliberazione, da approvarsi dal Ministero dell’agricoltura e delle foreste». Lo Statuto del ricorrente, approvato in esecuzione della l. r. Campania n. 3 del 2004, all’art. 36, comma 3, prevede che «Nelle more dell’adozione del Piano di Classifica per il riparto degli oneri di contribuenza, trova applicazione il previgente Piano, salvo conguaglio». La l.r. Campania n. 29 del 2012 (vedi allegato A della legge citata), all’art. 2, comma 3, come sopra riportato, ha previsto che «3. Le disposizioni abrogate con la presente legge continuano ad applicarsi ai rapporti sorti nel periodo della loro vigenza e per l’esecuzione degli accertamenti dell’entrata e degli impegni di spesa assunti». Il quadro normativo fin qui delineato garantisce, pertanto, l’assenza di soluzione di continuità nel riparto della contribuenza con conseguente continuità dell’obbligo al versamento, nel rispetto delle disposizioni di legge, peraltro salvo conguaglio, come previsto dall’art. 36 dello Statuto.
7.2. Si può, pertanto, ritenere che restano salvi i piani di classifica adottati sotto la legge previgente. Da un punto di vista sistematico generale si osserva, inoltre, che il presupposto impositivo del tributo in esame non può mutare in relazione al variare della legge regionale, in quanto si tratta di un tributo di natura derivata (v., altresì, v. Corte Cost., 19 ottobre 2018, n. 188). Ciò può affermarsi (anche) sulla base della giurisprudenza di legittimità sopra richiamata che si è soffermata lungamente sulla natura di tale tributo. Tali conclusioni sono, peraltro, in linea con un principio cardine del nostro ordinamento sull’efficacia della legge nel tempo, fissato dall’art. 11 delle disposizioni sulla legge in generale, secondo cui «La legge non dispone che per l’avvenire». Sarebbe, del resto, contro il principio di stabilità prevedere che, in generale gli atti amministrativi generali adottati nella vigenza di una disposizione di legge successivamente abrogata, perdano efficacia in assenza di una disposizione espressa.
7.3. Il motivo è, dunque, infondato e può essere enunciato in proposito il seguente principio di diritto: « In materia di contributi consortili, il piano di classifica adottato sulla base di una normativa regionale successivamente abrogata non perde validità ed efficacia, in ragione della natura derivata del tributo e dei principi generali di efficacia della legge nel tempo »( Cass. 4145/25).
8.La contestazione, pertanto, oltre che generica si rivela infondata, come risulta dall’esame del terzo strumento di ricorso.
9.Si osserva che la materia dei contributi consortili di bonifica è stata oggetto di numerose pronunce della Corte di legittimità, che anche a sezioni unite ha tracciato il perimetro dei principi che ispirano i rapporti tra l’Ente ed i contribuenti. Innanzitutto va ricordato che i contributi consortili di bonifica costituiscono oneri reali, giusta l’art. 21 del r.d. n. 215 del 1933, dovuti da chi, al tempo della loro esazione, sia proprietario del fondo situato nel perimetro del comprensorio, e trovano giustificazione nei benefici, concreti o anche solo potenziali, che si presumono apportati al terreno dalle opere eseguite dal consorzio, senza che quest’ultimo ne sia onerato della prova spettando, invece, al proprietario dimostrare il contrario, vale a dire l’assenza di benefici, senza che, a tal fine, rilevi l’aver manifestato, per scelta personale o per situazioni particolari, l’intenzione di non usufruire di quanto realizzato dal primo (Cass.23815/2015). L’inclusione dell’immobile nel perimetro di contribuenza e la sua valutazione nell’ambito di un piano di classifica, comporta l’onere per il contribuente, che impugni la cartella esattoriale o l’atto impositivo, affermando l’insussistenza del dovere contributivo, di provare l’inadempimento delle indicazioni contenute nel piano di classifica e segnatamente la mancata esecuzione o il non funzionamento delle opere da questo previste, poiché il vantaggio diretto ed immediato per il fondo, che costituisce il presupposto dell’obbligo di contribuzione, ai sensi dell’art. 860 c.c. e art. 10 r.d. n. 215 del 1933, deve ritenersi
presunto in ragione dell’avvenuta approvazione del medesimo piano di classifica e della comprensione dell’immobile nel perimetro di intervento consortile (vedi da ultimo Cass., Sez. 5, n. 20359/2021).
9.1.L’adozione del piano di classifica, infatti, ingenera una presunzione di vantaggiosità dell’attività di bonifica svolta dal Consorzio per i fondi ricompresi nell’area di intervento; qualora il piano di classifica venga specificamente impugnato dal consorziato, la suddetta vantaggiosità deve essere provata dal Consorzio che la deduca, secondo la regola generale di cui all’articolo 2697 cod. civ.; qualora, invece, non vi sia stata impugnativa specifica del piano di classifica, la presunzione in oggetto (di natura non assoluta, ma juris tantum ) deve essere superata con onere della prova a carico del consorziato. Già le SSUU hanno avuto modo di affermare, in particolare, che “quando la cartella esattoriale emessa per la riscossione dei contributi di bonifica sia motivata con riferimento ad un “piano di classifica” approvato dalla competente autorità regionale, la contestazione di tale piano da parte di un consorziato, in sede di impugnazione della cartella, impedisce di ritenere assolto da parte del Consorzio il proprio onere probatorio, ed il giudice di merito deve procedere, secondo la normale ripartizione dell’onere della prova, all’accertamento dell’esistenza di vantaggi fondiari immediati e diretti derivanti dalle opere di bonifica per gli immobili di proprietà del consorziato stesso situati all’interno del perimetro di contribuenza; in quanto, se la (verificata) inclusione di uno (specifico) immobile nel perimetro di contribuenza può essere decisiva ai fini della determinazione dell ‘ ” an” del contributo determinante ai fini del “quantum” è l’accertamento della legittimità e congruità del “piano di classifica” con la precisa identificazione degli immobili e dei relativi vantaggi diretti ed immediati agli stessi derivanti dalle opere eseguite dal Consorzio” (SSUU n. 11722 del 14/05/2010).
9.2.E’ stato anche deciso (Cass.n.17066/10) che il contribuente è sempre ammesso a provare in giudizio – anche in assenza di impugnativa diretta in sede amministrativa del piano di classifica l’insussistenza del beneficio fondiario; sia sotto il profilo della sua obiettiva inesistenza, sia in ordine ai criteri con cui il Consorzio abbia messo in esecuzione le direttive del predetto atto amministrativo per la determinazione del contributo nei confronti dell’onerato. Con la conseguenza che -soddisfatto l’onere probatorio così posto a carico del contribuente – spetterà al giudice tributario di disapplicare, ex art.7 d.lgs. 546/92, il piano di classifica medesimo in quanto illegittimo. Tuttavia, la contestazione specifica del piano, dinanzi al giudice tributario, serve non per disapplicare un atto presupposto, ma per eliminare la rilevanza della presunzione di esistenza del beneficio, e consentire di procedere, quindi, secondo la normale ripartizione dell’onere della prova, all’accertamento dell’esistenza dei vantaggi fondiari – immediati e diretti – derivanti dalle opere di bonifica per gli immobili di proprietà del consorziato posti all’interno del perimetro di contribuenza (v. Cass. Sez. Un. n. 26009-08, cui adde Cass. n. 17066-10; (Cass. n. 22912/23; Cass., Sez. 5, Ordinanza n. 20359 del 16/07/2021; Cass. n. 13501 del 2.07.2020; Cass. n.19192/2021; n. 9511 del 2018; nello stesso senso in precedenza Cass. n. 24356 del 2016; Cass. n. 24070 del 2014; Cass.n.654 de1 2012).
9.3.Va altresì tenuto presente che, ove i fondi siano compresi nel perimetro di contribuenza, in difetto di specifica contestazione, da parte del contribuente, della legittimità del piano di classifica, che può ritenersi integrata unicamente dal rilievo della mancata approvazione del piano generale di bonifica, ovvero in conseguenza della infondatezza della contestazione, si presume che gli stessi abbiano goduto dei benefici diretti delle opere realizzate dal
consorzio richiedente (Cass., Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 24356 del 29/11/2016).
9.4.Nella fattispecie in esame è incontestata la sussistenza sia del piano di classifica che del perimetro di contribuenza e che i fondi del contribuente fossero inclusi nel perimetro consortile e di contribuenza e che lo stesso si sia limitato a dedurre la mancata esecuzione delle opere e, in genere, l’insussistenza di un beneficio fondiario diretto e specifico.
10.Il presupposto impositivo, che si basa sull’esistenza di un beneficio fondiario specifico e non generico, è intrinseco nell’ipotesi di opere di difesa idraulica del territorio, in quanto i fondi che ne sono difesi acquistano di per sé maggior valore per effetto di tali opere» (cfr. Cass. n. 2705/20; Cass. n. 29668/2021; Cass. n. 27469/2016); tale interpretazione è rispettosa della sentenza n. 188/2018 della Corte Costituzionale, secondo cui il beneficio che giustifica l’assoggettamento a contribuzione consortile non è correlato, con nesso sinallagmatico di corrispettività, all’attività di bonifica, come sarebbe se si trattasse di un canone o di una tariffa, che invece tale nesso sinallagmatico presuppongono, nondimeno, nel caso dei contributi consortili di bonifica, il beneficio per il consorziato contribuente deve necessariamente sussistere per legittimare l’imposizione fiscale, ed esso però consiste non solo nella fruizione, ma anche nella fruibilità, comunque concreta e non già meramente astratta, dell’attività di bonifica, che, in ragione del miglioramento che deriva all’immobile del consorziato, assicura la capacità contributiva che giustifica l’imposizione di una prestazione obbligatoria di natura tributaria (cfr. Corte Cost. sent. n. 188/2018, cit., in motivazione); pertanto, la sussistenza del beneficio idraulico, presupposto dell’imposizione, può essere esclusa solo in ragione dell’asserita mancata esecuzione, da parte del Consorzio, di specifici interventi di manutenzione, che non sono in relazione sinallagmatica con l’obbligo di contribuzione (Cass. n.22076/2023).
Non ha pregio, in quanto contraria al r.d. n. 215 del 1933, art. 10, la tesi del contribuente secondo cui il contributo doveva implicare l’esecuzione di opere consortili direttamente sui fondi assoggettati. In base all’art. 10 citato, cui si sono conformate le legislazioni regionali, ivi compresa quella della Regione Campania, nella spesa delle opere di competenza statale che non siano a totale carico dello Stato sono tenuti a contribuire i proprietari degli immobili del comprensorio “che traggono beneficio dalla bonifica”, secondo il perimetro di contribuenza reso pubblico col mezzo della trascrizione. on rileva il luogo di esecuzione delle opere, ma il beneficio che ne deriva.
10.1.Il beneficio in questione deve essere di tipo fondiario, e cioè strettamente incidente sull’immobile soggetto a contribuzione; il che vuoi dire che deve discendere, non dalla pura e semplice inclusione del bene nel comprensorio, ma dalla bonifica. Anche ove correlato a un vantaggio generale, riguardante un insieme rilevante di immobili che tutti ricavano il beneficio, anche solo potenziale o futuro, esso non cessa di essere specifico ove discendente dall’opera di bonifica, perché giustappunto non attiene al territorio nel suo complesso, ma al bene di cui si tratta.
11.Alla stregua dei principi giurisprudenziali su richiamati, che perimetrano l’onere probatorio che incombe sulle parti nel giudizio avanti le commissioni tributarie in tema di contributi consortili si rileva che, a tenore della motivazione della sentenza impugnata, la CTR ha fatto corretta applicazione dei principi costantemente affermati dalla giurisprudenza di questa Corte (Cass. n. 9511/2018; Cass. n. 18891/2016; Cass. n. 24356/2016; n. 23223/2014; Cass. n. 13167/2014; Cass. n. 2831/2012; Cass. n. 656 e 657/2012, dopo gli interventi delle Sezioni Unite su citati), ritenendo provato il beneficio al fondo sulla base delle risultanze peritali allegate dal consorzio, dalle quali emerge che il fondo
ricade nel perimetro di contribuenza e nel Piano di classifica ed è servita da grandi opere idrauliche.
12.Segue il rigetto del ricorso iscritto al n. R.G. 953/2023 e l’inammissibilità del giudizio riunito n. R.G. 1006/2023
Le spese seguono il criterio della soccombenza,
Ai sensi dell’art.13 comma 1 quater del d.P.R. 115/2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per i ricorsi, a norma del comma 1-bis dello stesso art.13
P.Q.M.
Dispone la riunione del giudizio iscritto al n. R.G. 1006/2023 al giudizio iscritto al n. R.G. 953/2023;
Rigetta il ricorso n. R.G. 953/2023; dichiara inammissibile il ricorso n. 1006/2023; condanna il ricorrente alla refusione delle spese sostenute dal consorzio, che liquida in euro 536,00, oltre 200,00 euro per esborsi, rimborso forfettario ed accessori come per legge v.to l’art. 13, comma 1 quater, d.P.R. n. 115 del 2002, come modificato dalla legge n. 228 del 2012; – dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, a carico della parte ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per entrambi i ricorsi, a norma del comma 1 bis dello stesso art.13, se dovuto.
Così deciso nella camera di consiglio della sezione tributaria della Corte di cassazione del 23 aprile 2025
Il Presidente NOME COGNOME