Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 14751 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 14751 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 01/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 24144/2023 R.G. proposto da:
COGNOME NOME rappresentato e difeso dall’avv. COGNOME NOME
-ricorrente-
contro
CONSORZIO DI RAGIONE_SOCIALE SARNORAGIONE_SOCIALE
rappresentato e difeso dall’avv. COGNOME
-controricorrente-
nonché contro
RAGIONE_SOCIALE
-intimata- avverso SENTENZA di CORTE DI GIUSTIZIA TRIBUTARIA II GRADO CAMPANIA n. 2589/2023 depositata il 24/04/2023.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 23/04/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1.NOME COGNOME impugnava l’avviso n. NUMERO_DOCUMENTO con cui si intimava il pagamento di € 155,80 a titolo di quote consortili di bonifica e miglioramento fondiario per l’annualità 2018.
A sostegno della propria opposizione eccepiva la non debenza del contributo richiesto poiché il proprio immobile alcun beneficio trae dalle attività del Consorzio; in particolare, rilevava che la richiesta del contributo contestato si fondasse sul ‘Piano di classifica’ del Consorzio risalente al 1997 e che per effetto della entrata in vigore della legge regionale n. 4/2003 era divenuto inadeguato, per cui eccepiva l’illegittimità dei contributi richiesti in ragione della mancata attualizzazione del piano di classifica la mancata individuazione del ‘perimetro di contribuenza’. Assumeva, di poi, che il tributo non era ricollegabile né direttamente né indirettamente ai benefici di cui gli immobili del ricorrente godrebbero in ragione della partecipazione al consorzio.
Con la sentenza n. 492 del 21 febbraio 2021, la Commissione Tributaria Provinciale di Salerno rigettava il ricorso.
Avverso detta pronuncia, il contribuente proponeva appello innanzi alla Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado della Campania
Con la sentenza n. 2589/2023 la Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado della Campania, depositata il 24 aprile 2023 rigettando l’appello, così decideva: .
Il contribuente ha proposto ricorso per la cassazione sulla base di tre motivi.
Replica con controricorso il Consorzio.
MOTIVI DI DIRITTO
Il primo motivo di ricorso deduce . Si afferma che la sentenza impugnata ha rigettato l’appello del ricorrente, ritenendo inammissibili le doglianze formulate solo con la memoria ex art. 32 del d.lgs. 546/92, in quanto tardive. Tuttavia, il ricorrente contesta detta affermazione, sostenendo che la memoria illustrativa del 20.03.2023 non introduceva nuovi motivi, ma si limitava a sviluppare e approfondire argomentazioni già esposte nell’atto di appello. Pertanto, la dichiarazione di inammissibilità sarebbe errata e in violazione di legge, in particolare dell’art. 112 c.p.c. e dell’art. 32 d.lgs. 546/92.
La prima censura è inammissibile, in quanto aspecifica, non chiarendo quali sono le doglianze illustrate nelle memorie depositata nel giudizio di impugnazione che il Collegio d’appello non avrebbe esaminato in quanto tardivamente proposte
La seconda censura reca il vizio . Si deduce che la sentenza d’appello ha ritenuto infondato il gravame del contribuente sulla base dell’asserita mancata prova dell’assenza di benefici fondiari, confermando la presunzione legale operante in materia. Tuttavia, i giudici di secondo grado hanno omesso di esaminare le specifiche doglianze sollevate, in particolare la mancata adozione del Piano Generale di Bonifica da parte del Consorzio.
Si soggiunge che erano stati prodotti in giudizio rilievi fotografici -non contestati dalla controparte -per dimostrare l’assenza di benefici derivanti dalle opere di difesa idraulica e che era stata eccepita l’inadeguatezza del Piano di Classifica vigente, richiamando l’obbligo, previsto dalla normativa regionale, di adottare un Piano Generale di Bonifica. Inoltre, erano state contestate le risultanze della relazione tecnica prodotta dall’Ente impositore, evidenziando l’assenza di opere di bonifica programmate per l’anno in esame (2018). La sentenza impugnata risulterebbe quindi viziata poiché ha omesso di considerare una contestazione specifica e rilevante ai fini della ripartizione dell’onere della prova.
Il terzo mezzo rappresenta <la violazione e falsa applicazione di norme di diritto, ovvero dell'art. 2697 c.c., degli artt. 115 e 116
c.p.c. in relazione all'art. 860 c.c., nonché dell'art. 21 r.d. 215/1933, ex art. 360 c.p.c., comma 1 n. 3); per aver erroneamente il decidente omesso di valutare che i benefici derivanti dall'attività di bonifica devono consistere in un vantaggio diretto e specifico delle opere di bonifica funzionale ad un loro incremento di valore e che tale prova non era stata offerta dal consorzio ex art. 2697 c.c.
La seconda censura è inammissibile, prima ancora che infondata.
Va precisato che l'omessa pronuncia si configura con la completa omissione del provvedimento indispensabile per la soluzione del caso concreto, traducendosi in una violazione dell'art. 112 cod. proc. civ., diversamente dall'omessa motivazione, in cui il giudice di merito ha proceduto all'esame della questione oggetto di doglianza ma il ricorrente lamenta che la soluzione sia giuridicamente non corretta ovvero sia senza adeguata giustificazione. La differenza è stata ben messa in luce dalla giurisprudenza di questa Corte: «Quanto al vizio di omessa motivazione, la detta riformulazione dell'art. 360 c.p.c., comma 1 è in particolare interpretata da questa Corte, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall'art. 12 preleggi, come riduzione al "minimo costituzionale" del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l'anomalia motivazionale che si tramuti in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all'esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella "mancanza assoluta di motivi sotto l'aspetto materiale e grafico", nella "motivazione apparente", nel "contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili" e nella "motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile", esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di "sufficienza" della motivazione (Cass. Sez. U., 07/04/2014, n. 8053, Rv.
629830-01; Cass. Sez. U., 07/04/2014, n. 8054, Rv. 629832-01 e successive conformi, tra le quali anche Cass. sez. 3, 12/10/2017, n. 23940, Rv. 645828-01, per la quale, quindi, non sono più ammissibili mere censure di contraddittorietà ed insufficienza motivazionale ma solo quelle deducenti violazione dell'art. 132, comma 2, n. 4, e quindi causa di nullità della sentenza, e Cass. sez. 6-3, 25/09/2018, n. 22598, Rv. 650880-01, che riconduce il vizio in oggetto ad una nullità processuale denunciabile ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4). Sicché, anche dopo la riformulazione di cui innanzi, l'omessa pronunzia continua a sostanziarsi nella totale carenza di considerazione della domanda e dell'eccezione sottoposta all'esame del giudicante (nella specie, del motivo d'appello), il quale manchi completamente perfino di adottare un qualsiasi provvedimento, quand'anche solo implicito, di accoglimento o di rigetto, invece indispensabile alla soluzione del caso concreto. Per converso, il vizio motivazionale, come introdotto nel 2012 ed innanzi interpretato, presuppone che un esame della questione oggetto di doglianza vi sia pur sempre stato da parte del Giudice di merito, ma che esso sia affetto dalla totale pretermissione di uno specifico fatto storico, oppure che (sotto il profilo dell'omessa motivazione) che si tramuti in "violazione di legge costituzionalmente rilevante", in quanto attinente all'esistenza della motivazione in sé nei termini innanzi descritti (circa le persistenti differenze tra omessa pronuncia e vizio motivazionale dopo la riformulazione nel 2012 dell'art. 360 c.p.c. si vedano: Cass. sez. 6-3, 08/10/2014, n. 21257, Rv. 632914-01; Cass. sez. 6-3, 20/11/2015, n. 23828, Rv. 637781-019). Ne consegue quindi, nei termini innanzi evidenziati, la persistente incompatibilità, già sul piano astratto, dei dedotti vizi di omessa pronuncia e di omessa motivazione, anche dopo la riformulazione dell'art. 360 c.p.c. con D.L. n. 83 del 2012. Sicché, è inammissibile il ricorso per cassazione il quale cumuli in un unico motivo (c.d.
"misto" o "composito") le censure di omessa pronuncia (anche, come nella specie, in merito a specifico motivo d'appello) e di omessa motivazione in ordine a punto o questioni ricadenti nella dedotta omessa pronuncia.» (Corte di cassazione, sez. trib., sent. 5 aprile 2019, n. 9590).
La censura è inammissibile anche sotto diverso profilo, rispetto alla dedotta mancata adozione del Piano generale di Bonifica, atteso che per la prima volta, in sede di appello, come emerge sia dalla sentenza di prime cure che dal ricorso in appello, il contribuente ha proposto detta eccezione.
7.1.Il contribuente, difatti, non ha prospettato, con l'originario ricorso, la mancata adozione del Piano generale di bonifica, bensì la mancanza di perimetrazione all'interno del Piano di classifica e l'inadeguatezza di quest'ultimo provvedimento.
L'assenza della deduzione difensiva emerge, in particolare, dalla decisione di primo grado in cui non si fa riferimento alla formulazione di una contestazione relativa alla mancata adozione del Piano generale di bonifica.
7.2 . Con il ricorso d'appello veniva, invece, prospettata sia l'illegittimità del piano di classifica in quanto adottato in epoca antecedente alla legge reg. n. 4/2003 già dedotta in primo grado e, per la prima volta, la mancata adozione del Piano generale di Bonifica, questioni sulle quali il Collegio d'appello non ha motivato. Trattandosi di domanda nuova inerente un profilo di illegittimità autonomo e distinto da quelli allegati in primo grado (Cass. 16/01/2023, n. 1078, Cass., 23/09/2020, n. 19929), essa non poteva essere proposta nel secondo grado di giudizio, pena la violazione della preclusione «propria del sistema delle impugnazioni e della conservazione degli atti, nonché della stabilizzazione degli effetti degli atti amministrativi, nelle parti non oggetto di
impugnazione giurisdizionale» (Corte di Cassazione, sez. trib., sent. 21 gennaio 2024, n. 2199). «Il principio che regola il contenzioso tributario in ragione del combinato disposto di cui agli artt. 18 e 24 d.lgs. n. 546 del 1992, è che esso abbia un oggetto rigidamente delimitato dalle contestazioni comprese nei motivi dedotti col ricorso introduttivo; i motivi di impugnazione avverso l'atto impositivo costituiscono, pertanto, la causa petendi rispetto all'invocato annullamento dell'atto medesimo, con conseguente inammissibilità di un mutamento delle deduzioni avanti al giudice di secondo grado (Cass. 24/07/2018, n. 19616, Cass. 24/06/2011, n. 13934). Si ha, quindi, domanda nuova per modificazione della causa petendi, quando i nuovi elementi comportino il mutamento dei fatti costitutivi del diritto azionato, modificando l'oggetto sostanziale dell'azione ed i termini della controversia, in modo da porre in essere, in definitiva, una pretesa diversa, per la sua intrinseca essenza, da quella fatta valere in primo grado e sulla quale non si è svolto in quella sede il contraddittorio (cfr. Cass. n. 13/10/2006, n. 22010; Cass. 26/09/2019, n. 24040; Cass., sez. trib., sent. 21 gennaio 2024, n. 2199).
8.L 'omessa pronuncia su alcuni dei motivi di appello così come l'omessa pronuncia su domanda, eccezione o istanza ritualmente introdotta in giudizio -risolvendosi nella violazione della corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato, integra un difetto di attività del giudice di secondo grado, che deve essere fatto valere dal ricorrente non con la denuncia della violazione di una norma di diritto sostanziale ex art. 360, n.3, c.p.c., o del vizio di motivazione ex art. 360, n. 5, c.p.c., in quanto siffatte censure presuppongono che il giudice del merito abbia preso in esame la questione oggetto di doglianza e l'abbia risolta in modo giuridicamente non corretto ovvero senza giustificare (o non giustificando adeguatamente) la decisione al riguardo resa, ma attraverso la specifica deduzione del relativo error in procedendo -ovverosia della violazione dell'art.
112 c.p.c., in relazione all'art. 360, n.4, c.p.c. la quale soltanto consente alla parte di chiedere e al giudice di legittimità -in tal caso giudice anche del fatto processuale -di effettuare l'esame, altrimenti precluso, degli atti del giudizio di merito e, così, anche dell'atto di appello (cf. Cass. 13/10/2022, n. 29952; n. 10226/2023).
9. Va qui richiamato l'insegnamento di questa Corte secondo cui, alla luce dei principi di economia processuale e della ragionevole durata del processo come costituzionalizzato nell'art. 111, comma secondo, Cost., nonché di una lettura costituzionalmente orientata dell'attuale art. 384 cod. proc. civ. ispirata a tali principi, una volta verificata l'omessa pronuncia su un motivo di appello, la Corte di cassazione può omettere la cassazione con rinvio della sentenza impugnata e decidere la causa nel merito allorquando la questione di diritto posta con il suddetto motivo risulti infondata, di modo che la pronuncia da rendere viene a confermare il dispositivo della sentenza di appello (determinando l'inutilità di un ritorno della causa in fase di merito), sempre che si tratti di questione che non richiede ulteriori accertamenti di fatto (cfr. Cass. nn. 16171/2017, 2313/2010).
La questione posta con il motivo in rassegna può essere esaminata, in disparte il profilo di inammissibilità, prescindendo da riscontri fattuali(Cass. n. 10773/2024).
10.Nella specie, la questione va risolta alla luce dei principi di seguito esposti.
Questa Corte da molto tempo a tale proposito ha chiarito che la legge determina direttamente i requisiti per la spettanza del potere impositivo e l'assoggettamento ad esso, ma ne affida poi la quantificazione alle decisioni discrezionali dei consorzi medesimi, al fine dell'applicazione nel caso concreto del principio della loro
corrispondenza o proporzionalità rispetto al grado del beneficio conseguito o conseguibile dall'opera consortile (Cass., Sez. U, n. 4542/1986, Rv. 447285 -01). Restando su questa linea, è stato affermato che i contributi in favore dei consorzi di bonifica, nella disciplina del r.d. 13 febbraio 1933 n. 215 e successive modificazioni, costituiscono prestazioni patrimoniali di natura pubblicistica rientranti nella categoria generale dei tributi e con riguardo ai quali la legge determina direttamente i requisiti sia del potere impositivo sia dell'assoggettamento ad esso, affidandone, poi, la quantificazione alla determinazione discrezionale dei consorzi stessi, per l'applicazione al caso concreto in corrispondenza o proporzione al grado del beneficio conseguito o conseguibile con l'opera consortile (Cass., Sez. U, n. 2852/1992, Rv. 476147 – 01). Nessun dubbio, pertanto, sulla natura derivata del tributo. Il piano di classifica in forza del quale è stato quantificato il contributo consortile oggetto del presente giudizio è stato elaborato nella vigenza della l. r. Campania n. 23 del 1995. Tale legge è stata espressamente abrogata dalla l. r. Campania n. 29 del 2012 (vedi allegato A della legge citata), la quale, all'art. 2, dispone «1. Sono o restano abrogate le leggi regionali riportate nell'allegato A… omissis… 3. Le disposizioni abrogate con la presente legge continuano ad applicarsi ai rapporti sorti nel periodo della loro vigenza e per l'esecuzione degli accertamenti dell'entrata e degli impegni di spesa assunti». Già tale norma depone nel senso del perdurare dei piani di classifica precedentemente adottato. Va ricordato, inoltre, che tra la l. r. Campania n. 23 del 1995 e la l. r. Campania n. 29 del 2012, sopra richiamate è intervenuta la l. r. Campania n. 4 del 2003, sulla Bonifica integrale, la quale prevede che il piano generale di bonifica sia attuato attraverso piani triennali, la cui mancata adozione, peraltro, non rende invalido o inefficace il piano generale di bonifica (in questo senso già Cass. n. 19036 del 2023). La costituzione del piano di classifica è, poi,
analiticamente disciplinata nell'art. 12 della citata l. r. Campania n. 4 del 2003. L'art. 17, comma 3, della legge regionale da ultimo citata, prevede che «In sede di prima applicazione della presente legge, entro il termine perentorio di sessanta giorni dalla sua entrata in vigore, i Consorzi RAGIONE_SOCIALE adeguano lo Statuto alle norme della legge medesima e lo inviano alla Giunta regionale per l'approvazione che deve avvenire nel termine massimo di sessanta giorni dall'inoltro. Decorso inutilmente il termine fissato per l'adeguamento dello Statuto, vi provvede la Giunta regionale attraverso la nomina di un commissario ad acta appositamente nominato.». Lo Statuto del consorzio, in esecuzione di tale disposizione, è stato adottato con provvedimento commissariale n. 614/AG del 20 maggio 2003 e approvato con modifiche dalla Giunta regionale (deliberazione n. 0153/AC del 25 luglio 2003). La l.r. Campania n. 4 del 2003, dunque, ha previsto il riordino e la delimitazione dei Consorzi di bonifica, nei termini su brevemente esposti, ma nulla ha disposto specificamente in ordine all'efficacia dei piani di classifica adottati nella vigenza della previgente l. n. 23 del 1995. All'art. 38, ha, tuttavia, previsto come disposizione finale, «1. Per quanto non espressamente disciplinato dalla presente legge si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni di cui al Regio Decreto 13 febbraio 1933, n. 215, e successive modificazioni». Il r.d. citato, all'art. 11, prevede che «I criteri di ripartizione sono fissati negli statuti dei consorzi o con successiva deliberazione, da approvarsi dal Ministero dell'agricoltura e delle foreste». Lo Statuto del ricorrente, approvato in esecuzione della l. r. Campania n. 3 del 2004, all'art. 36, comma 3, prevede che «Nelle more dell'adozione del Piano di Classifica per il riparto degli oneri di contribuenza, trova applicazione il previgente Piano, salvo conguaglio». La l.r. Campania n. 29 del 2012 (vedi allegato A della legge citata), all'art. 2, comma 3, come sopra riportato, ha previsto che «3. Le disposizioni abrogate con la presente legge continuano ad
applicarsi ai rapporti sorti nel periodo della loro vigenza e per l'esecuzione degli accertamenti dell'entrata e degli impegni di spesa assunti». Il quadro normativo fin qui delineato garantisce, pertanto, l'assenza di soluzione di continuità nel riparto della contribuenza con conseguente continuità dell'obbligo al versamento, nel rispetto delle disposizioni di legge, peraltro salvo conguaglio, come previsto dall'art. 36 dello Statuto. Si può, pertanto, ritenere che restano salvi i piani di classifica adottati sotto la legge previgente. Da un punto di vista sistematico generale si osserva, inoltre, che il presupposto impositivo del tributo in esame non può mutare in relazione al variare della legge regionale, in quanto si tratta di un tributo di natura derivata (v., altresì, v. Corte Cost., 19 ottobre 2018, n. 188). Ciò può affermarsi (anche) sulla base della giurisprudenza di legittimità sopra richiamata che si è soffermata lungamente sulla natura di tale tributo. Tali conclusioni sono, peraltro, in linea con un principio cardine del nostro ordinamento sull'efficacia della legge nel tempo, fissato dall'art. 11 delle disposizioni sulla legge in generale, secondo cui «La legge non dispone che per l'avvenire». Sarebbe, del resto, contro il principio di stabilità prevedere che, in generale gli atti amministrativi generali adottati nella vigenza di una disposizione di legge successivamente abrogata, perdano efficacia in assenza di una disposizione espressa. Il motivo è, dunque, infondato e può essere enunciato in proposito il seguente principio di diritto: «In materia di contributi consortili, il piano di classifica adottato sulla base di una normativa regionale successivamente abrogata non perde validità ed efficacia, in ragione della natura derivata del tributo e dei principi generali di efficacia della legge nel tempo».( Cass. 4145/25).
11.La contestazione, pertanto, oltre che generica si rivela infondata, come risulta dall'esame del terzo strumento di ricorso.
12. Si osserva che la materia dei contributi consortili di bonifica è stata oggetto di numerose pronunce della Corte di legittimità, che anche a sezioni unite ha tracciato il perimetro dei principi che ispirano i rapporti tra l'Ente ed i contribuenti. Innanzitutto va ricordato che i contributi consortili di bonifica costituiscono oneri reali, giusta l'art. 21 del r.d. n. 215 del 1933, dovuti da chi, al tempo della loro esazione, sia proprietario del fondo situato nel perimetro del comprensorio, e trovano giustificazione nei benefici, concreti o anche solo potenziali, che si presumono apportati al terreno dalle opere eseguite dal consorzio, senza che quest'ultimo ne sia onerato della prova spettando, invece, al proprietario dimostrare il contrario, vale a dire l'assenza di benefici, senza che, a tal fine, rilevi l'aver manifestato, per scelta personale o per situazioni particolari, l'intenzione di non usufruire di quanto realizzato dal primo (Cass.23815/2015). L'inclusione dell'immobile nel perimetro di contribuenza e la sua valutazione nell'ambito di un piano di classifica, comporta l'onere per il contribuente, che impugni la cartella esattoriale o l'atto impositivo, affermando l'insussistenza del dovere contributivo, di provare l'inadempimento delle indicazioni contenute nel piano di classifica e segnatamente la mancata esecuzione o il non funzionamento delle opere da questo previste, poiché il vantaggio diretto ed immediato per il fondo, che costituisce il presupposto dell'obbligo di contribuzione, ai sensi dell'art. 860 c.c. e art. 10 r.d. n. 215 del 1933, deve ritenersi presunto in ragione dell'avvenuta approvazione del medesimo piano di classifica e della comprensione dell'immobile nel perimetro di intervento consortile (vedi da ultimo Cass., Sez. 5, n. 20359/2021). L'adozione del piano di classifica, infatti, ingenera una presunzione di vantaggiosità dell'attività di bonifica svolta dal Consorzio per i fondi ricompresi nell'area di intervento; qualora il piano di classifica venga specificamente impugnato dal consorziato, la suddetta vantaggiosità deve essere provata dal Consorzio che la
deduca, secondo la regola generale di cui all'articolo 2697 cod. civ.; qualora, invece, non vi sia stata impugnativa specifica del piano di classifica, la presunzione in oggetto (di natura non assoluta, ma juris tantum ) deve essere superata con onere della prova a carico del consorziato. Già le SSUU hanno avuto modo di affermare, in particolare, che "quando la cartella esattoriale emessa per la riscossione dei contributi di bonifica sia motivata con riferimento ad un "piano di classifica" approvato dalla competente autorità regionale, la contestazione di tale piano da parte di un consorziato, in sede di impugnazione della cartella, impedisce di ritenere assolto da parte del Consorzio il proprio onere probatorio, ed il giudice di merito deve procedere, secondo la normale ripartizione dell'onere della prova, all'accertamento dell'esistenza di vantaggi fondiari immediati e diretti derivanti dalle opere di bonifica per gli immobili di proprietà del consorziato stesso situati all'interno del perimetro di contribuenza; in quanto, se la (verificata) inclusione di uno (specifico) immobile nel perimetro di contribuenza può essere decisiva ai fini della determinazione dell" an" del contributo determinante ai fini del "quantum" è l'accertamento della legittimità e congruità del "piano di classifica" con la precisa identificazione degli immobili e dei relativi vantaggi diretti ed immediati agli stessi derivanti dalle opere eseguite dal Consorzio" (SSUU n. 11722 del 14/05/2010). E' stato anche deciso (Cass.n.17066/10) che il contribuente è sempre ammesso a provare in giudizio – anche in assenza di impugnativa diretta in sede amministrativa del piano di classifica – l'insussistenza del beneficio fondiario; sia sotto il profilo della sua obiettiva inesistenza, sia in ordine ai criteri con cui il Consorzio abbia messo in esecuzione le direttive del predetto atto amministrativo per la determinazione del contributo nei confronti dell'onerato. Con la conseguenza che – soddisfatto l'onere probatorio così posto a carico del contribuente – spetterà al giudice tributario di disapplicare, ex
art.7 d.lgs. 546/92, il piano di classifica medesimo in quanto illegittimo. Tuttavia, la contestazione specifica del piano, dinanzi al giudice tributario, serve non per disapplicare un atto presupposto, ma per eliminare la rilevanza della presunzione di esistenza del beneficio, e consentire di procedere, quindi, secondo la normale ripartizione dell'onere della prova, all'accertamento dell'esistenza dei vantaggi fondiari – immediati e diretti – derivanti dalle opere di bonifica per gli immobili di proprietà del consorziato posti all'interno del perimetro di contribuenza (v. Cass. Sez. Un. n. 26009-08, cui adde Cass. n. 17066-10; (Cass. n. 22912/23; Cass., Sez. 5, Ordinanza n. 20359 del 16/07/2021; Cass. n. 13501 del 2.07.2020; Cass. n.19192/2021; n. 9511 del 2018; nello stesso senso in precedenza Cass. n. 24356 del 2016; Cass. n. 24070 del 2014; Cass.n.654 de1 2012).
Va altresì tenuto presente che, ove i fondi siano compresi nel perimetro di contribuenza, in difetto di specifica contestazione, da parte del contribuente, della legittimità del piano di classifica, che può ritenersi integrata unicamente dal rilievo della mancata approvazione del piano generale di bonifica, ovvero in conseguenza della infondatezza della contestazione, si presume che gli stessi abbiano goduto dei benefici diretti delle opere realizzate dal consorzio richiedente (Cass., Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 24356 del 29/11/2016).
13.Nella fattispecie in esame è incontestata la sussistenza sia del piano di classifica che del perimetro di contribuenza e che i fondi del contribuente fossero inclusi nel perimetro consortile e di contribuenza e che lo stesso si sia limitato a dedurre la mancata esecuzione delle opere e, in genere, l'insussistenza di un beneficio fondiario diretto e specifico.
Il presupposto impositivo, che si basa sull'esistenza di un beneficio fondiario specifico e non generico, è intrinseco nell'ipotesi di opere di difesa idraulica del territorio, in quanto i fondi che ne sono difesi acquistano di per sé maggior valore per effetto di tali opere» (cfr. Cass. n. 2705/20; Cass. n. 29668/2021; Cass. Cass. n. 27469/2016); tale interpretazione è rispettosa della sentenza n. 188/2018 della Corte Costituzionale, secondo cui il beneficio che giustifica l'assoggettamento a contribuzione consortile non è correlato, con nesso sinallagmatico di corrispettività, all'attività di bonifica, come sarebbe se si trattasse di un canone o di una tariffa, che invece tale nesso sinallagmatico presuppongono, nondimeno, nel caso dei contributi consortili di bonifica, il beneficio per il consorziato contribuente deve necessariamente sussistere per legittimare l'imposizione fiscale, ed esso però consiste non solo nella fruizione, ma anche nella fruibilità, comunque concreta e non già meramente astratta, dell'attività di bonifica, che, in ragione del miglioramento che deriva all'immobile del consorziato, assicura la capacità contributiva che giustifica l'imposizione di una prestazione obbligatoria di natura tributaria (cfr. Corte Cost. sent. n. 188/2018, cit., in motivazione); pertanto, la sussistenza del beneficio idraulico, presupposto dell'imposizione, può essere esclusa solo in ragione dell'asserita mancata esecuzione, da parte del Consorzio, di specifici interventi di manutenzione, che non sono in relazione sinallagmatica con l'obbligo di contribuzione (Cass. n.22076/2023).
14.Non ha pregio, in quanto contraria al r.d. n. 215 del 1933, art. 10, la tesi del contribuente secondo cui il contributo doveva implicare l'esecuzione di opere consortili direttamente sui fondi assoggettati. In base all'art. 10 citato, cui si sono conformate le legislazioni regionali, ivi compresa quella della Regione Campania, nella spesa delle opere di competenza statale che non siano a totale carico dello Stato sono tenuti a contribuire i proprietari degli immobili del comprensorio "che traggono beneficio dalla bonifica",
secondo il perimetro di contribuenza reso pubblico col mezzo della trascrizione. on rileva il luogo di esecuzione delle opere, ma il beneficio che ne deriva. Il beneficio in questione deve essere di tipo fondiario, e cioè strettamente incidente sull'immobile soggetto a contribuzione; il che vuoi dire che deve discendere, non dalla pura e semplice inclusione del bene nel comprensorio, ma dalla bonifica. Anche ove correlato a un vantaggio generale, riguardante un insieme rilevante di immobili che tutti ricavano il beneficio, anche solo potenziale o futuro, esso non cessa di essere specifico ove discendente dall'opera di bonifica, perché giustappunto non attiene al territorio nel suo complesso, ma al bene di cui si tratta.
15.Alla stregua dei principi giurisprudenziali su richiamati, che perimetrano l'onere probatorio che incombe sulle parti nel giudizio avanti le commissioni tributarie in tema di contributi consortili si rileva che, a tenore della motivazione della sentenza impugnata, la CTR ha fatto corretta applicazione dei principi costantemente affermati dalla giurisprudenza di questa Corte ( Cass. n. 9511/2018; Cass. n. 18891/2016; Cass. n. 24356/2016; n. 23223/2014; Cass. n. 13167/2014; Cass. n. 2831/2012; Cass. n. 656 e 657/2012, dopo gli interventi delle Sezioni Unite su citati), ritenendo provato il beneficio al fondo sulla base delle risultanze peritali allegate dal consorzio, dalle quali emerge che il fondo ricade nel perimetro di contribuenza e nel Piano di classifica ed è servita da grandi opere idrauliche.
16.Al rigetto del ricorso, segue la condanna al pagamento delle spese del giudizio di legittimità.
Ai sensi dell'art.13 comma 1 quater del d.P.R. 115/2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a
quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis dello stesso art.13.
P.Q.M.
La Corte
Rigetta il ricorso; condanna parte ricorrente alla refusione delle spese sostenute dal consorzio che liquida in euro 536,00 per compensi, oltre 200,00 euro per esborsi, oltre rimborso forfettario ed accessori come per legge.
v.to l'art. 13, comma 1 quater, d.P.R. n. 115 del 2002, come modificato dalla legge n. 228 del 2012; – dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, a carico della parte ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1 bis dello stesso art.13, se dovuto.
Così deciso nella camera di consiglio della sezione tributaria della