Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 21090 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 21090 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 29/07/2024
Oggetto: appalto/somministrazione manodopera -certificazione legge Biagi -principio di diritto
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 22719/2019 R.G. proposto da RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello RAGIONE_SOCIALE, domiciliata in Roma, INDIRIZZO;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO, ed elettivamente domiciliata presso la Cancelleria della Corte di Cassazione;
-controricorrente –
avverso la sentenza della Corte Commissione Tributaria Regionale dell’Emilia -Romagna n.639/14/2019 depositata il 25 marzo 2019, non notificata.
Udita la relazione svolta nell’adunanza camerale del 30 maggio 2024 dal consigliere NOME COGNOME.
Rilevato che:
Con sentenza della Commissione Tributaria Regionale dell’Emilia -Romagna veniva parzialmente accolto l’ appello proposto dalla società RAGIONE_SOCIALE, avverso la sentenza della Commissione Tributaria Provinciale di Modena n. 275/1/2018 di rigetto del ricorso introduttivo avente ad oggetto l’avviso di accertamento n. NUMERO_DOCUMENTO relativo ad II.DD., IVA e accessori per l’ anno di imposta 2014.
L’atto impositivo aveva ad oggetto due rilievi.
Sotto un primo profilo, il controllo si incentrava su due contratti d’appalto stipulati dalla contribuente con una cooperativa e riqualificati come di somministrazione di manodopera, in ragione della rilevata assenza di autonomia organizzativa, nonché della riscontrata mancata assunzione del rischio di impresa. I rapporti intrattenuti dalla contribuente venivano così ritenuti riconducibili non a prestazioni di servizi e come tali fatturate dalla cooperativa a fini IVA, bensì a semplici somministrazioni di manodopera da parte dei dipendenti della cooperativa. Per l’effetto, l’Amministrazione finanziaria riteneva che le prestazioni fatturate andassero qualificate come relative ad un mero rimborso dei costi relativi al personale impiegato dalla cooperativa, e non fossero soggette ad IVA per mancanza del presupposto oggettivo di imposta ai sensi dell’art. 3 del d.P.R. 633/1972. Venivano, quindi, recuperate a tassazione le deduzioni dalla base imponibile IRAP dei costi per il personale fittiziamente configurati quali prestazioni di servizi, nonché la detrazione della relativa IVA Una seconda ripresa riguardava il recupero a tassazione ai fini IRES dell’importo di euro 98.473,59, iscritto tra le passività dello stato
patrimoniale della contribuente in un ‘fondo spese future’ in violazione dell’art. 107 comma 4 del d.P.R. n.917/1986, sul presupposto che non ammetteva deduzioni per accantonamenti diversi da quelli espressamente previsti dalla legge.
L’adita Commissione Tributaria Provinciale rigettava il ricorso, ritenendo legittimi entrambi i recuperi a tassazione, decisione parzialmente riformata dal giudice d’appello . In particolare, la CTR affermava che la questione principale attineva alla sindacabilità o meno del contratto certificato ai sensi degli artt. 75 e segg. del d.lgs. 276/03 stipulato tra la contribuente e la RAGIONE_SOCIALE. Tale disciplina spiegava effetti verso i terzi, tra cui anche l’amministrazione finanziaria, la quale aveva l’onere di impugnare la certificazione davanti al giudice ordinario in funzione di giudice del lavoro, sia ai fini della corretta qualificazione giuridica sia ai fini di accertare l’eventuale difformità tra l’oggetto del contratto e la sua esecuzione, adempimento non compiuto dall’RAGIONE_SOCIALE nel caso di specie. Inoltre, la CTR osservava nel merito che il rapporto era stato oggetto di valutazione da parte del giudice penale, il quale aveva ravvisato sia l’ autonoma organizzazione in capo alla New RAGIONE_SOCIALE sia l’ assunzione del rischio di impresa, come indici della insussistenza di una rilevanza penale del fatto. Il giudice annullava così l’accertamento con riferimento alle riprese IRAP e IVA, confermando la decisione di primo grado quanto alle violazioni IRES, ed annullava le sanzioni solo per la parte relativa alle violazioni IRAP e IVA.
Avverso la sentenza d’appello propone ricorso per cassazione l’RAGIONE_SOCIALE, affidato a tre motivi, cui replica la società con controricorso, che illustra con memoria.
Considerato che:
Preliminarmente, va dato atto dell’eccezione sollevata dalla controricorrente di inammissibilità del ricorso per assenza di esposizione sommaria dei fatti oggetto del processo. L’eccezione non può essere accolta dal momento che la lettura del ricorso permette un’esatta identificazione della pretesa impositiva, incluse le ragioni
che hanno determinato l’RAGIONE_SOCIALE a riqualificare i contratti di appalto in illecita somministrazione di manodopera. Si tratta, essenzialmente, della rilevata assenza di autonomia organizzativa, nonché della riscontrata mancata assunzione del rischio di impresa.
Con il primo motivo di ricorso, ai fini dell’art.360 primo comma n.3 cod. proc. civ., la ricorrente prospetta violazione e falsa applicazione degli articoli 75,78 79 e 80 d.lgs n. 276/2003, laddove la decisione impugnata esclude l’autonoma riqualificazione del contratto certificato da parte dell’Amministrazione Finanziaria in assenza di attivazione delle speciali procedure previste dalla cd. legge Biagi.
Il motivo non è inammissibile in quanto è specifico, a differenza di quanto ritenuto dalla controricorrente, ed è fondato.
3.1. Ai fini della ricostruzione della fattispecie, il Collegio rammenta in linea generale il potere-dovere in capo al giudice ( ex multis , v. Cass. n.5253 del 26.2.2021) di dare una qualificazione giuridica ai fatti e ai rapporti dedotti in lite nonché all’azione esercitata in causa, ricercando, a tal fine, le norme giuridiche applicabili alla vicenda descritta in giudizio e ponendo a fondamento della sua decisione disposizioni e principi di diritto eventualmente anche diversi da quelli erroneamente richiamati dalle parti (cfr., da ultimo, Cass. n.29334 del 28.12.2023), con il solo limite dell’immutazione della fattispecie.
Il giudice tributario è dunque investito dal potere-dovere di qualificare il rapporto dedotto in giudizio, eventualmente anche in modo diverso rispetto a quanto prospettato dalle parti, entro il perimetro della domanda, ossia purché non introduca nel tema controverso
nuovi elementi di fatto, lasci inalterati il petitum e la causa petendi ed eserciti tale potere-dovere nell’ambito delle questioni.
3.2. Ciò premesso, la CTR ha ritenuto che tale potere-dovere fosse nello specifico inibito dall’effetto preclusivo alla riqualificazione dei contratti di appalto, oggetto di certificazione ex artt.75 e ss. d.lgs.
a
dell’accertamento dell’organo
preposto alla certificazione del contratto di lavoro permangono, anche verso i terzi, fino al momento in cui sia stato accolto, con sentenza di merito, uno dei ricorsi giurisdizionali esperibili ai sensi dell’articolo 80, fatti salvi i provvedimenti cautelari (cfr. art.79 d.lgs. n.273/ ).
Il primo comma dell’art.80 precisa poi che nei confronti dell’atto di certificazione, le parti e i terzi nella cui sfera giuridica l’atto stesso è destinato a produrre effetti, possono proporre ricorso, presso l’autorità giudiziaria ordinaria in funzione di giudice del lavoro, per erronea qualificazione del contratto oppure difformità tra il programma negoziale certificato e la sua successiva attuazione. Sempre presso la medesima autorità giudiziaria, le parti del contratto certificato possono impugnare l’atto di certificazione anche per vizi del consenso.
La certificazione può riguardare tutti i contratti in cui sia dedotta, direttamente o indirettamente, una prestazione lavorativa, inclusi i contratti commerciali, come il contratto di somministrazione di lavoro o il contratto di appalto (cfr. l’art. 75, come modificato dall’art. 30, l. n. 183/2010, e l’art. 84 d.lgs n. 276/2003).
Orbene, il Collegio ritiene che il quadro normativo sopra ricostruito non abbia inteso introdurre una deroga ai poteri ordinari del giudice tributario di qualificazione del rapporto controverso inerente all’obbligazione tributaria.
4.1. Tanto si desume sia da ll’ interpretazione letterale della legge sia da una lettura sistemica e topografica delle singole previsioni sopra riassunte, tutte incentrate sulla qualificazione del contratto di lavoro ai fini civili e sul ruolo del giudice ordinario ai fini dell’ eventuale impugnazione della certificazione, né vi è traccia di riferimenti al rapporto tributario e al giudice tributario nella legge delega 14 febbraio 2003, n. 30, dettata specificamente in materia di occupazione e mercato del lavoro.
Un piano è quello della qualificazione civilistica del contratto, in questo caso di appalto, oggetto di certificazione e di azione presso il giudice ordinario in funzione di giudice del lavoro individuato ex art.413 cod. proc. civ., i cui effetti sono regolati dal d.lgs n. 276/2003 per espressa ratio legis . Altro piano riguarda l’obbligazione tributaria, di diritto pubblico, e la qualificazione del l’operazione economica sottostante e la pronuncia sull’obbligazione tributaria generata. Della questione il giudice tributario è pienamente investito, dovendo tener conto della certificazione in quanto fatto dedotto del processo ed elemento che compone il quadro probatorio complessivo, ma senza essere vincolato in punto di qualificazione del rapporto dagli artt.75 e ss. d.lgs. 10 settembre 2003, n. 276.
del d.lgs n. 276/2003
Dev’essere così affermato il seguente principio di diritto:
«
, non è precluso dalla certificazione del contratto di cui agli artt.75 e ss. del d.lgs.
».
La sentenza impugnata non è in linea con il principio sopra espresso, e la questione della qualificazione dovrà essere riesaminata dal giudice del rinvio.
L’accoglimento del primo motivo porta con sé l’assorbimento del secondo, sempre relativo alla questione della certificazione dei contratti, censura declinata sotto l’angolo della violazione di legge, con
la quale viene prospettata la violazione e falsa applicazione di legge da parte della RAGIONE_SOCIALE anche per non aver tenuto conto del fatto che l’RAGIONE_SOCIALE aveva dedotto tempestivamente anche la circostanza secondo la quale non tutti i contratti alla base delle riprese sono stati oggetto di certificazione ai sensi del d.lgs.
terzo motivo, con il quale la ricorrente prospetta, in relazione all’art.360 primo comma n.3 cod. proc. civ., la violazione degli artt. 654 c.p.p. e 2909 cod. civ., per aver il giudice d’appello erroneamente ritenuto che la qualificazione del fatto da parte del giudice penale, in tema di autonoma organizzazione in capo alla RAGIONE_SOCIALE e di assunzione del rischio di impresa quali indici di insussistenza penale del fatto, impedissero l’esercizio del potere-dovere di qualificazione da parte del giudice tributario, dal momento che l’intera questione della qualificazione dovrà essere comunque riesaminata dal giudice del rinvio.
8. In conclusione, in accoglimento del primo motivo, assorbito il secondo e il terzo, la sentenza impugnata va cassata con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado dell ‘Emilia -Romagna, in diversa composizione, per ulteriore esame in relazione ai profili accolti, oltre che per la liquidazione delle spese di lite.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, assorbito il secondo e il terzo, cassa la sentenza impugnata e rinvia la controversia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado dell’Emilia -Romagna, in diversa composizione, per ulteriore esame in relazione ai profili accolti e per la liquidazione delle spese di lite.
Così deciso il 30.5.2024