Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 24783 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 24783 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 08/09/2025
ordinanza
sul ricorso iscritto al n. 28621/2017 R.G. proposto da
Agenzia delle entrate , rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso la quale è domiciliata in Roma, INDIRIZZO
-ricorrente –
Contro
RAGIONE_SOCIALE di COGNOME RAGIONE_SOCIALE (già RAGIONE_SOCIALE di COGNOME RAGIONE_SOCIALE), COGNOME Sabina e COGNOME NOME , in qualità di soci ed eredi di COGNOME NOME, rappresentati e difesi dall’avvocato NOME COGNOME giusta procura speciale a margine del controricorso (PEC:
EMAILordineavvocatitraniEMAIL);
-controricorrente – avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Puglia n. 1586/10/2017, depositata il 4.05.2017.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 9 luglio 2025 dal consigliere NOME COGNOME
RILEVATO CHE
Oggetto:
Tributi
La CTP di Bari rigettava i ricorsi riuniti proposti dalla RAGIONE_SOCIALE di COGNOME RAGIONE_SOCIALE, nonché da COGNOME Sabina e COGNOME NOME, in qualità di soci ed eredi di COGNOME NOME, avverso distinti avviso di accertamento, per imposte dirette e IVA, in relazione all’anno d’imposta 2007, con i quali era stato determinato un maggior reddito della società e, di conseguenza, maggiori redditi di partecipazione dei soci;
con la sentenza indicata in epigrafe, la Commissione tributaria regionale della Puglia accoglieva l ‘appello proposto da i contribuenti, annullando gli atti impositivi e osservando, per quanto qui rileva, che: -sebbene gli avvisi impugnati siano stati emessi ai sensi dell’art. 39, comma 1, lett. d) del d.P.R. n. 600 del 1973, sulla base del raffronto tra i dati indicati nella dichiarazione dei redditi e quelli esposti nello studio di settore, mediante il metodo induttivo, non era stato attivato il contraddittorio endoprocedimentale, non avendo l’Amministrazione finanziaria consentito alla contribuente di provare la sussistenza di circostanze di fatto tali da giustificare un reddito inferiore a quello ‘ che sarebbe stato normale secondo la procedura di accertamento tributario standardizzato ‘, tanto che, in relazione all’anno di imposta 2009, proprio sulla base di quanto dedotto e documentato dalla contribuente in sede di accertamento con adesione, aveva proceduto a rideterminare la pretesa tributaria;
-l’Agenzia delle entrate impugnava la sentenza della CTR con ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi;
i contribuenti resistevano con controricorso, illustrato con memoria.
CONSIDERATO CHE
Con il primo motivo di ricorso l’Agenzia ricorrente denuncia l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, oggetto di discussione fra le parti, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ., per avere la CTR ritenuto che l’accertamento fosse stato effettuato
esclusivamente sulla base della procedura standardizzata, fondata sull’incongruenza dei dati offerti rispetto a quelli indicati dallo studio di settore, non considerando che dalla stessa motivazione dell’atto impositivo si desumeva che la ripresa si basava su una pluralità di elementi, ciascuno idoneo a far presumere l’antieconomicità della gestione imprenditoriale adottata, quali l’anzianità della società (operante fin dal 1996), nonostante i risultati negativi per plurime annate, la sostanziale mancanza di altre fonti di reddito dei soci, necessarie ad assicurare il proprio sostentamento a fronte delle passività dell’attività di impresa, l’incongruenza dei ricavi reiterata nel tempo ed altro, sicchè le risultanze dello studio di settore costituivano solo un ulteriore elemento sul quale si fondava l’accertamento analitico -induttivo effettuato;
con il secondo motivo di ricorso deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 39, comma 1, lett. d) del d.P.R. n. 600 del 1972, 10 della l. n. 146 del 1998, 21 della l. n. 241 del 1990 e 6 della l. n. 212 del 2000, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., per avere la CTR ritenuto erroneamente che l’accertamento fosse stato effettuato sulla base degli studi di settore e che fosse conseguentemente obbligatorio contraddittorio endoprocedimentale, avendo invece l’Ufficio ricostruito il reddito di impresa attraverso il metodo analitico -induttivo, in relazione al quale tale contraddittorio non era obbligatorio, essendosi trattata di rettifica svolta ‘a tavolino’ e non avendo i contribuenti fornito, per quanto riguardava l’IVA, la cd. prova di resistenza;
il secondo motivo è fondato con assorbimento del primo motivo;
-l’obbligo di instaurare il contraddittorio preventivo con il contribuente ai sensi dell’art. 10 della l. n. 146 del 1998 sussiste solo nel caso di accertamento basato esclusivamente sugli studi di settore, mentre detto obbligo non opera qualora l’accertamento si fondi anche
su altri elementi giustificativi, quali le riscontrate irregolarità contabili o comportamenti antieconomici dell’imprenditore (Cass. n. 31914 del 2019);
-come risulta anche dal contenuto dell’avviso di accertamento riprodotto dall’Agenzia delle entrate, nelle sue parti essenziali, nel testo del ricorso per cassazione, in ossequio al principio di autosufficienza, l’accertamento in esame è stato avviato a seguito dalla persistenza di un comportamento antieconomico dei contribuenti che, nonostante i risultati negativi conseguiti per più anni d’imposta, hanno proseguito nella stessa attività di impresa; tale situazione era incompatibile con la capacità contributiva dei soci che, nonostante la mancanza di altre fonti di reddito, avevano apportato notevoli finanziamenti alla società;
dalla sentenza impugnata si evince, dunque, che gli studi di settore sono stati utilizzati solo come parametro per ricostruire l’effettivo reddito della società contribuente;
-ciò posto, l’eventuale obbligo di attivare il contraddittorio endoprocedimentale residuava solo per i tributi armonizzati;
-su tale punto occorre rammentare che, secondo l’orientamento consolidato di questa Corte, ‘In tema di diritti e garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali, l’Amministrazione finanziaria è gravata di un obbligo generale di contraddittorio endoprocedimentale, la cui violazione comporta l’invalidità dell’atto, purché il contribuente abbia assolto all’onere di enunciare in concreto le ragioni che avrebbe potuto far valere e non abbia proposto un’opposizione meramente pretestuosa, esclusivamente per i tributi “armonizzati”, mentre, per quelli “non armonizzati”, non è rinvenibile, nella legislazione nazionale, un analogo generalizzato vincolo, sicché esso sussiste solo per le ipotesi in cui risulti specificamente sancito ‘ (Cass. Sez. U. n. 24823 del 2015);
la giurisprudenza unionale ha affermato, inoltre, che il positivo superamento della c.d. prova di resistenza avviene, quando il contribuente illustra come e in che termini, il procedimento amministrativo, nel caso in cui il diritto di difesa fosse stato rispettato, sarebbe potuto giungere a un risultato diverso (CGUE, 3 luglio 2014, Kamino, C-129/13 e C-130/13, punti 78 e 79; CGUE, SC C.F. cit., punto 35);
in ultimo, va condiviso anche il recente arresto giurisprudenziale di questa Corte (Cass. Sez. U. n. 21271 del 2025), secondo il quale, con riguardo alla disciplina ratione temporis applicabile e alle verifiche ‘a tavolino’ su tributi armonizzati, ‘ la violazione dell’obbligo di contraddittorio procedimentale comporta l’invalidità dell’atto purché il contribuente abbia assolto all’onere di enunciare in concreto gli elementi in fatto che avrebbe potuto far valere e non abbia proposto un’opposizione meramente pretestuosa, fittizia o strumentale, tale essendo quella non idonea, secondo una valutazione probabilistica ex ante spettante al giudice di merito, a determinare un risultato diverso del procedimento impositivo.’;
-le Sezioni Unite hanno, dunque, chiarito che l’oggetto della prova di resistenza deve consistere nella ‘ specifica indicazione dei fatti e delle informazioni mancate, in una con la loro concreta e ragionevole idoneità ad orientare l’Amministrazione a non più adottare il provvedimento impositivo, oppure ad adottarlo con un contenuto oggettivamente o soggettivamente più mite ‘, dovendosi considerare che: ‘ a. i fatti in esso deducibili non sono necessariamente gli stessi che possono essere dedotti in sede giurisdizionale; b. la ripetibilità della deduzione in sede giurisdizionale non salva dall’invalidità l’atto di imposizione; c. la ‘evidenza’ del fatto o delle deduzione in sede amministrativa non coincide con i requisiti della ‘prova’ da fornire nel processo ‘;
dalla sentenza impugnata non si evince quali siano state le ragioni che il contribuente avrebbe potuto far valere in sede di contraddittorio, in grado di fare concludere in maniera diversa il procedimento accertativo (la c.d. prova di resistenza), non potendosi certamente ritenere tali quelle per le quali l’Amministrazione finanziaria aveva deciso, per un altro anno di imposta, in sede di procedimento con adesione, in un ottica puramente deflattiva, di ridurre la pretesa, non essendo stato evidenziato neppure in che termini e per quale voce di credito ciò sarebbe stato fatto;
con il terzo motivo deduce la nullità della sentenza e/o del procedimento ex art. 112 cod. proc. civ., 18 e 53 del d.lgs. n. 546 del 1992, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4, cod. proc. civ., per avere la CTR omesso di pronunciarsi sull’eccezione formulata dalla difesa erariale nelle proprie controdeduzioni in appello circa l’inammissibilità dei ricorsi proposti dalla società e dalla socia NOME COGNOME in quanto presentati tardivamente, dopo il termine decadenziale di sessanta giorni dalla notifica degli atti impugnati, non essendo applicabile la proroga semestrale del termine di impugnazione, prevista dall’art. 40, commi 1, lett. d), e 4 del d.lgs. n. 546 del 1992, a seguito del decesso dell’allora legale rappresentante della società, COGNOME Vito, applicabile solo alla rappresentanza di soggetti incapaci e non anche alla rappresentanza volontaria dell’ente collettivo;
con il quarto motivo deduce la nullità della sentenza e/o del procedimento per violazione dell’art. 40, commi 1, lett. d), e 4 del d.lgs. n. 546 del 1992, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4, cod. proc. civ., riproponendo sotto altro profilo la medesima censura mossa con il terzo motivo;
il terzo motivo è fondato con assorbimento del quarto motivo;
-l’Agenzia aveva eccepito con le controdeduzioni depositate in appello (il cui contenuto, nel rispetto del principio di autosufficienza, è stato riportato, nelle parti essenziali, anche nel testo del ricorso proposto davanti a questa Corte) l’inammissibilità dei ricorsi introduttivi proposti dalla società e dalla socia NOME COGNOME in quanto presentati quando era ormai decorso il termine decadenziale di sessanta giorni dalla notifica dell’atto impositivo impugnato, ritenendo non applicabile l’art. 40, commi 1, lett. a) e 4, del d.lgs. n. 546 del 1992 alla fattispecie riguardante il decesso dell’allora legale rappresentante COGNOME Vito;
-trattandosi di eccezione rilevabile d’ufficio, la stessa poteva essere eccepita per la prima volta anche in appello;
la CTR, tuttavia, non si è pronunciata su detta eccezione;
in conclusione, vanno accolti il secondo e il terzo motivo e dichiarati assorbiti gli altri; la sentenza impugnata va cassata con riferimento ai motivi accolti e va rinviata alla Corte di Giustizia tributaria della Puglia, in diversa composizione, anche per la decisione sulle spese del presente giudizio.
P.Q.M.
La Corte accoglie il secondo e il terzo motivo di ricorso, dichiarando assorbiti gli altri; cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia alla Corte di Giustizia tributaria della Puglia, in diversa composizione, anche sulle spese del presente giudizio.
Così d eciso in Roma, nell’adunanza camerale del 9 luglio 2025