Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 22553 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 22553 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 04/08/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 14356/2023 R.G. proposto da : NOME, elettivamente domiciliato in NAPOLI INDIRIZZO NOME INDIRIZZO DOM DIG, presso lo studio dell’avvocato NOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende -ricorrente-
AGENZIA DELLE ENTRATE DIREZIONE PROVINCIALE II DI ROMA, elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO . (NUMERO_DOCUMENTO) che la rappresenta e difende
-resistente- avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. del LAZIO n. 6100/2022 depositata il 19/12/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 10/04/2025 dal Consigliere COGNOME
FATTI DI CAUSA
Nei confronti di NOME, esercente attività di servizi forniti da ragionieri e periti commerciali, veniva emesso l’avviso di accertamento n. NUMERO_DOCUMENTO con cui l’Agenzia delle Entrate recuperava a tassazione per l’anno 2014 la somma di € 989.382,00 ai fini IRPEF e relative addizionali, nonché le somme di € 853.384,00 ai fini IRAP e di € 141.963,00 ai fini IVA per costi indeducibili in quanto carenti dei requisiti di legge.
Il contribuente impugnava l’avviso di accertamento dinanzi alla CTP di Roma che, con sentenza n. 1011/6/2020 del 19/10/2020 depositata in data 7/12/2020, accoglieva il ricorso e conseguentemente annullava l’atto impositivo ritenendo violato il principio del necessario contraddittorio tra le parti.
Avverso tale sentenza, l’Ufficio proponeva appello dinanzi alla CGT di secondo grado del Lazio lamentando, in particolare, la violazione degli artt. 35 D.lgs. n. 546/1992 e 2697 cod. civ.
La CTR adita, con sentenza n. 6100/2022 del 14/12/2022 e depositata in data 19/12/22, accoglieva l’appello e condannava il contribuente al pagamento delle spese di giudizio.
Il contribuente affida ora il proprio ricorso per cassazione a due motivi.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso si adombra la violazione del contraddittorio preventivo di cui alla l. 241/90 e di cui all’art. 12, comma 7, della legge n. 212/ 2000, del diritto di difesa del contribuente e della capacità contributiva ex art. 53 cost. e dell’art 3 cost., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3), c.p.c., per non avere la CGT di secondo grado rilevato che l’ufficio avrebbe dovuto instaurare il contraddittorio preventivo con il contribuente, quantomeno in riferimento ai tributi cd. armonizzati.
Con il secondo motivo di ricorso si lamenta la violazione dell’art. 2697 c.c., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3) c.p.c., per non avere la CGT di secondo grado ritenuto assolto da parte del contribuente l’onere della prova in ordine ai fatti inerenti ai costi deducibili.
Il primo motivo non coglie nel segno e va disatteso.
Secondo la giurisprudenza di questa Corte « l’Amministrazione finanziaria è gravata di un obbligo generale di contraddittorio endoprocedimentale, la cui violazione comporta l’invalidità dell’atto purché il contribuente abbia assolto all’onere di enunciare in concreto le ragioni che avrebbe potuto far valere e non abbia proposto un’opposizione meramente pretestuosa, esclusivamente per i tributi “armonizzati”, mentre, per quelli “non armonizzati”, non è rinvenibile, nella legislazione nazionale, un analogo generalizzato vincolo, sicché esso sussiste solo per le ipotesi in cui risulti specificamente sancito » (Cass., Sez. U., 9 dicembre 2015, n. 24823; Cass., 11 maggio 2018, n. 11560; Cass., 29 ottobre 2019, n. 27421)
In buona sostanza, il contraddittorio endoprocedimentale è espressamente previsto dall’art. 12, comma 7, della legge n. 212 del 2000, con valutazione di necessarietà ex ante e conseguente nullità dell’accertamento in caso di omissione, nella specifica ipotesi di accesso, ispezione o verifica nei locali destinati all’esercizio dell’attività (Cass., 15 gennaio 2019, n. 701; Cass., 11 settembre 2019, n. 22644); e ciò vale anche per l’ipotesi di accessi cd. istantanei, ossia volti alla sola acquisizione della documentazione posta a fondamento dell’accertamento (Cass, 12 aprile 2019, n. 10388).
Nel caso di specie, la vicenda riguardava accertamenti formali, mediante consultazione di informazioni in possesso dell’ufficio, ovvero tramite documentazione consegnata dal contribuente all’ufficio, a seguito di richiesta, senza alcun accesso presso i locali
del contribuente. Pertanto, per la parte dell’avviso d’accertamento impugnato che si riferiva a tributi «non armonizzati» non vi era alcun obbligo di contraddittorio, non essendo specificamente previsto nella legge istitutiva del tributo indicato, mentre, per la parte relativa all’Iva, la società contribuente ha lamentato solo genericamente l’omissione del contraddittorio, senza indicare quali ragioni avrebbe potuto dedurre in tale sede se il chiesto contraddittorio si fosse effettivamente svolto.
La giurisprudenza nomofilattica ha espresso principi chiari. Innanzitutto, per l’accertamento relativo a ll’ IVA emerge l ‘orientamento sedimentato alla cui stregua in tema di diritti e garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali, l’Amministrazione finanziaria è tenuta a rispettare, anche nell’ambito delle indagini cd. “a tavolino” effettuate nei confronti di terzi, il contraddittorio endoprocedimentale ove l’accertamento attenga a tributi “armonizzati”, ma la violazione di tale obbligo comporta l’invalidità dell’atto solo qualora il contribuente abbia assolto all’onere – non adempiuto nella fattispecie – di enunciare in concreto le ragioni che avrebbe potuto far valere e non abbia proposto un’opposizione meramente pretestuosa (Cass., 19 luglio 2021, n. 20436).
Con riguardo ai tributi ‘non armonizzati’ è noto, peraltro, che non sussiste un obbligo generalizzato di attivare un contraddittorio endoprocedimentale, poiché in tema di procedimento tributario, l’obbligatorietà del detto contraddittorio, codificato dall’art. 41 della Carta dei diritti fondamentali della U.E., pur costituendo un diritto fondamentale del contribuente e principio fondamentale dell’ordinamento europeo, in quanto espressione del diritto di difesa e finalizzato a consentire al contribuente di manifestare preventivamente il suo punto di vista in ordine agli elementi su cui l’Amministrazione intende fondare la propria decisione, non è assunto dalla giurisprudenza della CGUE in termini assoluti e
formali, ma può soggiacere a restrizioni che rispondano, con criterio di effettività e proporzionalità, a obiettivi di interesse generale, sicché, nell’ambito tributario, non investe l’attività di indagine e di acquisizione di elementi probatori, svolta dall’Amministrazione fiscale (Cass., 9 luglio 2020, 14628).
Più in dettaglio, secondo la giurisprudenza di questa Corte, il diritto nazionale, differentemente dal diritto dell’Unione europea, allo stato della legislazione ratione temporis vigente – non pone in capo all’Amministrazione fiscale, che si accinga ad adottare un provvedimento lesivo dei diritti del contribuente, in assenza di specifica prescrizione, un generalizzato obbligo di contraddittorio endoprocedimentale, comportante, in caso di violazione, l’invalidità dell’atto. Ne consegue che, in tema di tributi non armonizzati, l’obbligo dell’Amministrazione di attivare il contraddittorio endoprocedimentale, pena l’invalidità dell’atto, sussiste esclusivamente in relazione alle ipotesi per le quali siffatto obbligo risulti specificamente sancito. Al contrario, in tema di tributi armonizzati, avendo luogo la diretta applicazione del diritto dell’Unione, la violazione dell’obbligo del contraddittorio endoprocedimentale da parte dell’Amministrazione comporta in ogni caso, anche in campo tributario, l’invalidità dell’atto, purché, in giudizio, il contribuente assolva l’onere di enunciare in concreto le ragioni che avrebbe potuto far valere, qualora il contraddittorio fosse stato tempestivamente attivato, e sempre che l’opposizione di dette ragioni, valutate con riferimento al momento del mancato contraddittorio, si riveli non puramente pretestuosa e tale da configurare, in relazione al canone generale di correttezza e buona fede ed al principio di lealtà processuale, sviamento dello strumento difensivo rispetto alla finalità di corretta tutela dell’interesse sostanziale, per le quali è stato predisposto (Cass., 14 ottobre 2022, n. 30211). Nella specie -va ribadito -la circostanza che il contraddittorio sia stato disatteso è solo
genericamente veicolata, senza specificazione alcuna delle ragioni che sarebbero state dal contribuente dedotte e che, viceversa, gli è stato precluso prospettare.
In ultima analisi, non si riscontra la violazione lamentata, dacché per i tributi «non armonizzati» non ricorre alcun obbligo di contraddittorio, non essendo specificamente previsto nella legge istitutiva del tributo indicato, mentre, per la parte relativa all’Iva, la società contribuente ha lamentato solo genericamente l’omissione del contraddittorio, senza indicare quali ragioni avrebbe potuto dedurre in tale sede se il chiesto contraddittorio si fosse effettivamente svolto.
Il secondo motivo è inammissibile.
In punto di non inerenza delle spese la Corte di secondo grado ha esercitato motivatamente il proprio sindacato; il tentativo di parte ricorrente di ottenere una più appagante rivisitazione del merito della controversia trascende il paradigma del vizio denunciato e finisce per sollecitare un diverso apprezzamento di risultanze istruttorie, invero precluso in questa sede.
Il ricorso va, in ultima analisi, rigettato. Le spese sono regolate dalla soccombenza.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso; condanna la parte ricorrente al pagamento in favore dell’Agenzia delle Entrate delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 5.900,00 per compensi, oltre spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 10/04/2025.