Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 5902 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5   Num. 5902  Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 05/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso n.25251/2017 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del direttore pro tempore , domiciliata ope legis in  Roma, alla INDIRIZZO, presso l’Avvocatura generale dello Stato che la rappresenta e difende;
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale  rappresentante  pro  tempore,  rappresentata  e  difesa dall’AVV_NOTAIO, elettivamente domiciliata in Roma alla INDIRIZZO, presso NOME COGNOME;
-controricorrente-
E
COGNOME NOMENOME COGNOME NOME e COGNOME NOME;
-intimati-
tributi
avverso la sentenza n.225/1/17 della Commissione tributaria regionale della Basilicata, pronunciata il 22 marzo 2016, depositata il 22 marzo 2017 e  non notificata.
Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 19 febbraio 2025 dal consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
L ‘RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE ricorre con un unico motivo contro RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, che resiste con controricorso, COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME, che sono rimasti intimati, avverso la sentenza indicata in epigrafe, che ha rigettato l’appello dell’ Ufficio, in controversia avente ad oggetto l’impugnativa degli avvisi di accertamento emessi nei confronti della società e dei soci ai fini RAGIONE_SOCIALE imposte dirette e dell’iva per l’anno di imposta 200 9.
Il ricorso è stato fissato per la camera di consiglio del 19 febbraio 2025, ai sensi degli artt. 375, ultimo comma, e 380 -bis. 1 cod. proc. civ.,  il  primo  come  modificato  ed  il  secondo  introdotto  dal  d.l. 31.08.2016, n.168, conv. dalla legge 25 ottobre 2016, n.197.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con l’unico motivo, l ‘RAGIONE_SOCIALE ricorrente denunzia la violazione o falsa applicazione degli artt.12, commi 4 e 7, l. 27 luglio 2000 n.212, e  62,  comma  1,  d.lgs.  31  dicembre  1992,  n.546,  in  relazione all’art.360, primo comma, n.3, c. p. c.
Deduce la ricorrente che l a controversia riguarda l’accertamento, svolto nei confronti di una societ à in nome collettivo e dei suoi soci, per l’anno d’imposta 200 9 a seguito di verifica ‘a tavolino’.
Con particolare riferimento all’avviso di accertamento emesso nei confronti della società, l’RAGIONE_SOCIALE, a seguito di controllo della documentazione contabile relativa all’anno 200 9, provvedeva a rettificare, ai sensi degli artt. 39 comma 1, 42 e 43 del d.P.R. n.600/73 il reddito di impresa nonch é la dichiarazione fiscale ai fini Irap ed Iva, ritenendo non sufficientemente documentati e non inerenti costi per carburante, spese per ristoranti ed alberghi, nonché per prestazioni di terzi.
Secondo la ricorrente, la CTR ha erroneamente ritenuto violato il principio  del  contraddittorio  di  cui  all’art.  12,  comma  7,  della  L.  n. 212/00, in quanto  non adeguatamente esperito in via preventiva, e per l’effetto ha ritenuto illegittimo l’accertamento.
Il motivo è fondato nei sensi di cui in motivazione e va accolto.
2.1. Preliminarmente deve rilevarsi l’info n datezza dell’ec cezione dell’inammissibilità del ricorso perché non sottoscritto dal difensore, in quanto appare leggibile sull ‘atto l’attestazio ne della firma digitale del procuratore dello Stato.
In verità, la società controricorrente sembra dolersi essenzialmente  del  fatto  che  l ‘asserita carenza  della  sottoscrizione digitale del ricorso non potrebbe considerarsi sanata dal deposito del documento con attestazione di conformità all’originale.
Sul punto, con una recentissima sentenza, le Sezioni Unite di questa Corte hanno affermato che, anche se privo dell’apposizione della firma digitale (circostanza che nel caso di specie non emerge dagli atti), il ricorso per cassazione in forma di documento informatico è affetto da un vizio di nullità, che è sanabile per raggiungimento dello scopo ogni qualvolta possa desumersi la paternità certa dell’atto processuale da elementi qualificanti, tra i quali la notificazione del ricorso nativo digitale dalla casella p.e.c. dell’Avvocatura generale dello Stato censita nel REGINDE e il successivo deposito della sua copia
analogica con attestazione di conformità sottoscritta dall’avvocato dello Stato (Cass. S.U. n. 6477/2024).
2.2.  Passando,  dunque,  all’esame  del  motivo  di  ricorso,  esso  è fondato alla luce di Cass. S. U. n. 24823/2015, per la quale:
in tema di diritti e garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali, l’Amministrazione finanziaria è gravata di un obbligo generale di contraddittorio endoprocedimentale, la cui violazione comporta l’invalidità dell’atto purché il contribuente abbia assolto all’onere di enunciare in concreto le ragioni che avrebbe potuto far valere e non abbia proposto un’opposizione meramente pretestuosa, esclusivamente per i tributi  armonizzati  , mentre, per quelli  non armonizzati  , non è rinvenibile, nella legislazione nazionale, un analogo generalizzato vincolo, sicché esso sussiste solo per le ipotesi in cui risulti specificamente sancito;
in tema di tributi armonizzati, poi, la violazione del diritto ad essere sentiti, prima dell’adozione di un provvedimento lesivo, determina l’annullamento dell’atto adottato al termine del procedimento amministrativo soltanto se, in mancanza di tale irregolarità, detto procedimento  avrebbe potuto comportare un risultato diverso  (cfr. Corte giust. 3/07/2014, in causa C-129 e C130/13, RAGIONE_SOCIALE, punti 78 -82 e la giurisprudenza richiamata); affinché il difetto di contraddittorio endoprocedimentale determini la nullità del provvedimento conclusivo del procedimento impositivo, non è sufficiente che, in giudizio, chi se ne dolga si limiti alla relativa formalistica eccezione, ma è, altresì, necessario che esso assolva l’onere di prospettare in concreto le ragioni che avrebbe potuto far valere, qualora il contraddittorio fosse stato tempestivamente attivato, e che l’opposizione di dette ragioni (valutate con riferimento al momento del mancato contraddittorio) si riveli non puramente pretestuosa e tale da configurare, in relazione al canone
generale  di correttezza e buona  fede  ed  al principio di lealtà processuale, sviamento dello strumento difensivo rispetto alla finalità di corretta tutela dell’interesse sostanziale, per le quali l’ordinamento lo ha predisposto;
c) tutte le garanzie fissate nell’art. 12, comma 7, della l. n. 212 del 2000, trovano applicazione esclusivamente in relazione agli accertamenti  conseguenti  ad  accessi,  ispezioni  e  verifiche  fiscali effettuate nei locali ove si esercita l’attività imprenditoriale o professionale  del  contribuente  ma  non  nei  casi  di  accertamenti  a tavolino.
Si tratta di principi affermati all’esito di un’ampia disamina tanto dell’ordinamento  tributario  nazionale  e  dei  principi  costituzionali  di riferimento, quanto degli indirizzi applicabili in materia sulla base del diritto UE e RAGIONE_SOCIALE pronunce della Corte di Giustizia.
Tale stabile assetto giurisprudenziale è stato confermato da Corte Cost. n. 47 del 2023, che ha rimesso al legislatore l’adeguamento della normativa così pacificamente interpretata. Il legislatore è peraltro poi intervenuto  sul  pu nto,  con  l’ art.  1,  comma  1,  lett.  e),  d.lgs.  n. 219/2023,  inserendo  nella  l.  n.212  del  2000 l’art.6 -bis,  in  tema  di contraddittorio preventivo, espressamente prevedendone l’applicabilità dal 30/04/2024 (art. 7, comma 1, d.l. n. 39/2024).
Alla luce di tali principi, correttamente applicati dalla CTR, i motivi devono essere rigettati in riferimento alla ritenuta applicabilità dell’art. 12, comma 7, dello Statuto anche agli accertamenti a tavolino nonché in  relazione  alla  dedotta  esistenza  di  un  principio  generale  del contraddittorio valido anche per i tributi non armonizzati (l’accertamento infatti ha ad oggetto anche imposte dirette).
Per  quanto  riguarda  l’iva, i n  tema  di  diritti  e  garanzie  del contribuente sottoposto a verifiche fiscali, l’amministrazione finanziaria è tenuta a rispettare, anche nell’ambito RAGIONE_SOCIALE indagini cd. “a tavolino”,
il contraddittorio endoprocedimentale  ove  l’accertamento  attenga  a tributi “armonizzati”: la violazione di tale obbligo comporta l’invalidità dell’atto purché il contribuente abbia assolto all’onere di enunciare in concreto le ragioni che avrebbe potuto far valere e non abbia proposto un’opposizione meramente pretestuosa (v. Cass. n.20036/2018).
Pertanto, ai soli fini dell’iva, il giudice del rinvio dovrà valutare se nel caso in esame vi sia stato il contraddittorio preventivo e se parte contribuente abbia fornito la necessaria prova di resistenza.
In conclusione, in accoglimento del ricorso la Corte cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di Giustizia tributaria di secondo grado della  Basilicata,  in  diversa  composizione,  perché  proceda  a    nuovo esame, conformandosi ai principi richiamati, ed alla quale demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità..
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di Giustizia tributaria di secondo grado della Basilicata, in diversa composizione, alla quale demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma il 19 febbraio 2025