LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Contraddittorio preventivo: non serve per non operative

La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha stabilito che per gli avvisi di accertamento emessi nei confronti delle società non operative (o di comodo), non è necessario il contraddittorio preventivo. Il diritto di difesa del contribuente è garantito dalla possibilità di presentare un’istanza di interpello disapplicativo. La Corte ha accolto il ricorso dell’Agenzia delle Entrate, annullando la decisione dei giudici di merito che avevano invalidato l’accertamento per la mancata audizione preliminare della società. La sentenza chiarisce che per i tributi non armonizzati come IRES e IRAP, l’obbligo del contraddittorio sussiste solo se espressamente previsto dalla legge, cosa non più applicabile a questa fattispecie dopo le modifiche normative.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 9 novembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Contraddittorio Preventivo per Società Non Operative: La Cassazione Fa Chiarezza

L’obbligo del contraddittorio preventivo nel diritto tributario è un tema centrale, poiché tocca il cuore del rapporto tra Fisco e contribuente. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione è intervenuta per chiarire se tale obbligo sussista anche nel caso di accertamenti su società considerate ‘non operative’. La decisione ha ribaltato i precedenti gradi di giudizio, stabilendo che, a seguito delle modifiche legislative, la procedura di interpello ha sostituito la necessità di un’audizione preliminare obbligatoria.

I Fatti: la contestazione a una società agricola

Una società agricola aveva chiesto all’Agenzia delle Entrate la disapplicazione della disciplina per le società non operative per l’anno d’imposta 2010, ritenendo di non rientrare nei presupposti. Nonostante l’Ufficio avesse respinto la richiesta, la società aveva dichiarato in bilancio un reddito inferiore a quello minimo presunto dalla legge per le cosiddette ‘società di comodo’.

Di conseguenza, l’Amministrazione finanziaria emetteva un avviso di accertamento per recuperare a tassazione il maggior reddito ai fini IRES e IRAP. La società impugnava l’atto, lamentando, tra le altre cose, la violazione del proprio diritto di difesa per la mancata attivazione del contraddittorio preventivo.

Il contraddittorio preventivo nei primi gradi di giudizio

Sia la Commissione Tributaria Provinciale (primo grado) che la Commissione Tributaria Regionale (secondo grado) accoglievano le ragioni della società. Entrambi i collegi giudicanti ritenevano che l’avviso di accertamento fosse nullo proprio a causa della mancata convocazione del contribuente prima dell’emissione dell’atto. Secondo i giudici di merito, questa omissione aveva leso il diritto della società a esporre le proprie ragioni, rendendo l’atto impositivo illegittimo. L’Agenzia delle Entrate, non condividendo tale interpretazione, proponeva ricorso per Cassazione.

La decisione della Cassazione sul contraddittorio preventivo

La Suprema Corte ha accolto il ricorso dell’Agenzia delle Entrate, cassando la sentenza d’appello e rinviando la causa alla Commissione Tributaria Regionale per una nuova valutazione. Il ragionamento della Corte si è basato su due pilastri fondamentali.

L’evoluzione normativa: dall’obbligo alla facoltà dell’interpello

I giudici hanno ricostruito l’evoluzione legislativa in materia. In passato, la legge prevedeva espressamente che, prima dell’accertamento induttivo su una società non operativa, l’Ufficio dovesse inviare una richiesta di chiarimenti al contribuente, a pena di nullità.

Tuttavia, questa disposizione è stata abrogata. La normativa attuale ha sostituito quel meccanismo con l’istituto dell’interpello disapplicativo. Ora, è il contribuente che ha la facoltà (non l’obbligo) di avviare un dialogo con il Fisco tramite un’istanza di interpello per dimostrare l’esistenza di situazioni oggettive che giustificano la non applicazione della disciplina delle società di comodo. Questa istanza rappresenta la forma di contraddittorio endoprocedimentale prevista dalla legge per questa specifica fattispecie.

L’assenza di un obbligo generale per i tributi non armonizzati

La Corte ha inoltre richiamato un’importante pronuncia delle Sezioni Unite, la quale ha ribadito che, per i tributi non armonizzati a livello europeo (come IRES e IRAP, oggetto del caso), non esiste un principio generale e immanente di contraddittorio preventivo obbligatorio. Tale obbligo sussiste solo nei casi in cui sia specificamente previsto da una norma di legge. Essendo stata abrogata la norma che lo imponeva per le società non operative, non si può più considerare la sua omissione come causa di nullità dell’accertamento.

Le Motivazioni della Sentenza

Le motivazioni della Corte si fondano su un’interpretazione sistematica e storica della normativa. La soppressione della vecchia procedura di richiesta di chiarimenti e l’introduzione dell’interpello disapplicativo (previsto dall’art. 37-bis del d.P.R. 600/1973) non è stata casuale, ma ha segnato un preciso cambio di rotta del legislatore. La funzione di tutela del contribuente, prima assolta dal contraddittorio obbligatorio avviato d’ufficio, è ora affidata a uno strumento attivabile su iniziativa del contribuente stesso. La Corte ha chiarito che non è corretto affermare che il contraddittorio sia stato ‘disatteso’, ma piuttosto che sia stato ‘rispettato’ nella forma tipica prevista dalla legge vigente per quel caso, ovvero l’interpello. Inoltre, la Corte ha specificato che un eventuale ritardo dell’Ufficio nel rispondere all’interpello non equivale ad accoglimento (silenzio-assenso), come invece avviene per l’interpello ordinario.

Conclusioni e Implicazioni Pratiche

Questa ordinanza consolida un orientamento giurisprudenziale di grande rilevanza pratica. Per le società qualificate come ‘non operative’, la strategia difensiva deve concentrarsi sulla tempestiva presentazione di un’istanza di interpello ben motivata, piuttosto che attendere una convocazione da parte dell’Ufficio. La decisione sottolinea che il diritto di difesa è pienamente garantito, ma le sue modalità di esercizio sono cambiate. Le imprese devono essere proattive e utilizzare gli strumenti che la legge mette a loro disposizione per prevenire le contestazioni fiscali, senza poter fare affidamento su presunti vizi procedurali legati a un obbligo di contraddittorio che, in questa specifica materia, la legge non prevede più.

È sempre obbligatorio il contraddittorio preventivo prima di un accertamento fiscale per una società non operativa?
No. Secondo la Corte di Cassazione, a seguito delle modifiche normative, l’obbligo di un contraddittorio preventivo avviato d’ufficio è stato abrogato. La procedura di tutela per il contribuente è ora l’istanza di interpello.

Come può una società ‘di comodo’ difendersi prima di ricevere un avviso di accertamento?
La società ha la facoltà (non l’obbligo) di presentare un’istanza di interpello disapplicativo all’Agenzia delle Entrate per dimostrare la sussistenza di situazioni oggettive che impediscono l’applicazione della normativa sulle società non operative.

Se l’Agenzia delle Entrate risponde in ritardo a un interpello disapplicativo, si considera la richiesta accolta?
No. La Corte ha chiarito che, a differenza dell’interpello ordinario, per l’interpello disapplicativo in materia di società di comodo il mancato rispetto del termine di risposta da parte dell’Ufficio non equivale ad accoglimento della richiesta (silenzio-assenso) e non preclude l’emissione dell’avviso di accertamento.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati