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Contraddittorio preventivo: non sempre obbligatorio

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 13496/2019, ha stabilito un principio fondamentale in materia di accertamenti fiscali. L’obbligo del contraddittorio preventivo non si applica ai cosiddetti ‘controlli a tavolino’, ovvero quelli basati esclusivamente su documenti già in possesso dell’Amministrazione Finanziaria. La Corte ha accolto il ricorso dell’Agenzia delle Entrate, cassando la sentenza di merito che aveva annullato gli avvisi di accertamento per la mancata instaurazione del dialogo preventivo con il contribuente. La decisione distingue nettamente tra controlli documentali e verifiche invasive come accessi e ispezioni.

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Pubblicato il 17 agosto 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Contraddittorio preventivo: la Cassazione fa chiarezza sui controlli a tavolino

Il contraddittorio preventivo rappresenta una delle garanzie fondamentali per il contribuente nel procedimento di accertamento fiscale. Tuttavia, la sua applicazione non è sempre automatica. Con la recente ordinanza n. 13496 del 18 maggio 2019, la Corte di Cassazione ha delineato con precisione i confini di questo istituto, specificando in quali casi l’Amministrazione Finanziaria può procedere all’emissione di un avviso di accertamento senza prima sentire il contribuente. La decisione si concentra in particolare sui cosiddetti ‘controlli a tavolino’.

I Fatti del Caso

Una società a responsabilità limitata operante nel settore calzaturiero si era vista notificare due avvisi di accertamento relativi a imposte dirette e IVA per l’anno 2009. L’accertamento, di tipo induttivo, era scaturito da un controllo basato sulle dichiarazioni e su documentazione fornita dalla stessa contribuente. La società ha impugnato gli atti, e sia la Commissione Tributaria Provinciale che quella Regionale le hanno dato ragione, annullando gli avvisi. Il motivo? La violazione del contraddittorio preventivo, ritenuto dai giudici di merito un passaggio necessario prima dell’emissione degli atti impositivi.

Il Ricorso dell’Agenzia e la questione del contraddittorio preventivo

L’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione, contestando la decisione dei giudici regionali. Secondo l’Amministrazione, l’obbligo generalizzato di instaurare un dialogo preventivo con il contribuente non sussisteva nella fattispecie. Si trattava, infatti, di un controllo meramente documentale, un ‘controllo a tavolino’, e non di una verifica più invasiva come un accesso o un’ispezione presso la sede della società, per le quali lo Statuto del Contribuente prevede specifiche garanzie.

Le Motivazioni della Suprema Corte

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso dell’Agenzia, fornendo motivazioni dettagliate e richiamando importanti precedenti delle Sezioni Unite.

I giudici hanno chiarito che l’obbligo di contraddittorio preventivo, con la conseguente nullità dell’atto in caso di violazione, non è un principio assoluto e generalizzato nell’ordinamento tributario nazionale. La sua applicazione dipende dalla natura del controllo effettuato e dal tipo di tributo contestato.

La Corte ha distinto due scenari principali:
1. Verifiche Esterne (accessi, ispezioni): In questi casi, l’articolo 12, comma 7, dello Statuto del Contribuente impone un termine dilatorio di 60 giorni prima di emettere l’atto, proprio per garantire il pieno dispiegarsi del contraddittorio.
2. Controlli a Tavolino: Quando la verifica si basa solo su documenti già in possesso dell’ufficio o forniti dal contribuente (ad esempio, tramite questionari), questa garanzia procedurale non si applica automaticamente.

Inoltre, la Corte ha ribadito la distinzione, operata dalle Sezioni Unite (sent. 24823/2015), tra:
Tributi ‘armonizzati’ (es. IVA): Per questi tributi, di derivazione europea, esiste un obbligo più ampio di contraddittorio. Tuttavia, per far valere la nullità dell’atto, il contribuente deve superare la ‘prova di resistenza’, dimostrando in giudizio quali argomenti avrebbe potuto presentare per influenzare l’esito dell’accertamento.
Tributi ‘non armonizzati’ (es. II.DD.): Per le imposte dirette, l’obbligo di contraddittorio sussiste solo se espressamente previsto da una specifica norma di legge.

Nel caso specifico, trattandosi di un controllo a tavolino, la Corte ha ritenuto che la Commissione Tributaria Regionale avesse errato nell’affermare l’esistenza di un obbligo generalizzato di contraddittorio e nell’annullare automaticamente gli avvisi. Di conseguenza, la sentenza è stata cassata con rinvio.

Le Conclusioni e le Implicazioni Pratiche

La pronuncia della Cassazione è di notevole importanza pratica. Essa conferma che il diritto al contraddittorio preventivo, pur essendo un principio cardine, non può essere invocato indiscriminatamente. I contribuenti e i professionisti devono essere consapevoli che, in caso di accertamenti derivanti da controlli puramente documentali, l’assenza di un confronto preventivo non è, di per sé, motivo di illegittimità dell’atto impositivo. La validità dell’accertamento andrà quindi contestata nel merito, entrando nel vivo delle contestazioni fiscali sollevate dall’Amministrazione Finanziaria. La sentenza rimanda il caso alla Commissione Tributaria Regionale, che dovrà riesaminare la vicenda attenendosi a questi principi.

È sempre obbligatorio il contraddittorio preventivo prima di un avviso di accertamento?
No, non è sempre obbligatorio. La sua necessità dipende dalla natura del controllo fiscale. La Corte di Cassazione ha specificato che per i ‘controlli a tavolino’ non sussiste un obbligo generale, a differenza delle verifiche più invasive come accessi e ispezioni.

Cosa si intende per ‘controlli a tavolino’ in ambito fiscale?
Sono verifiche fiscali condotte dall’ufficio basandosi esclusivamente sulla documentazione già in suo possesso o su quella fornita dal contribuente a seguito di richieste specifiche (es. questionari), senza che venga effettuato alcun accesso fisico presso la sede del contribuente.

Qual è la differenza tra tributi ‘armonizzati’ e ‘non armonizzati’ riguardo al contraddittorio?
Per i tributi ‘armonizzati’ (come l’IVA), l’obbligo di contraddittorio è un principio generale di derivazione europea, ma per ottenere l’annullamento dell’atto il contribuente deve dimostrare in giudizio cosa avrebbe potuto argomentare (c.d. prova di resistenza). Per i tributi ‘non armonizzati’ (come le imposte dirette), l’obbligo sussiste solo nei casi specificamente previsti dalla legge nazionale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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