Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 20244 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 20244 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 19/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 24311/2020 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE, che la rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (NUMERO_DOCUMENTO) che la rappresenta e difende
-controricorrente-
avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. DELLA CAMPANIA n. 9353/18/19 depositata il 12/12/2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 12/03/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Con la sentenza n. 9353/18/19 del 12/12/2019, la Commissione tributaria regionale della Campania (di seguito CTR)
respingeva l’appello proposto da RAGIONE_SOCIALE in liquidazione (di seguito RAGIONE_SOCIALE) confermando la sentenza n. 15013/07/18 della Commissione tributaria provinciale di Napoli (di seguito CTP), che aveva a sua volta respinto il ricorso della società contribuente avverso un avviso di accertamento per IRES, IRAP e IVA relative all’anno d’imposta 2012.
1.1. Come emerge dalla sentenza impugnata, l’atto impositivo traeva origine da una verifica documentale che evidenziava una perdurante antieconomicità della società contribuente, con conseguente accertamento analitico induttivo di maggiori ricavi a fronte di un risultato negativo della gestione dichiarato.
1.2. La CTR respingeva l’appello di Undici evidenziando che: a) non sussisteva l’eccepita violazione del contraddittorio endoprocedimentale in quanto, a seguito della notificazione dell’avviso di accertamento, era stato instaurato un ampio contraddittorio con la società contribuente; b) in ogni caso, «le produzioni documentali della società non in grado di dimostrare l’esistenza di un interesse concreto della società all’instaurazione di un contraddittorio preventivo da cui sarebbe conseguito un risultato ad essa favorevole»; c) l’appellante non aveva fornito «concreti elementi atti a confutare la legittimità e fondatezza dell’accertamento, limitandosi a contestazioni generiche, meramente assertive e prive di riscontri sostanziali».
Undici impugnava la sentenza della CTR con ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi, illustrati da memoria ex art. 380 bis .1 cod. proc. civ.
NOME resisteva con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il ricorso di Undici è affidato a quattro motivi, di seguito riassunti.
1.1. Con il primo motivo di ricorso si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., la nullità della sentenza impugnata per motivazione omessa o apparente ovvero per omessa pronuncia in violazione dell’art. 112 cod. proc. civ., con riferimento: a) all’azzeramento dell’imponibile in ragione di perdite pregresse (questione di cui pure la CTR dà conto nella parte concernente lo svolgimento del processo); b) all’intervenuta vendita di giacenze di magazzino sottocosto; c) all’applicazione immotivata della percentuale di ricarico derivante dallo studio di settore.
1.2. Con il secondo ed il terzo motivo di ricorso si lamenta, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la violazione e la falsa applicazione dell’art. 12, commi 4 e 7, della l. 27 luglio 2000, n. 212 e dell’art. 115 cod. proc. civ., nonché la violazione degli artt. 62 bis e 62 sexies del d.l. 30 agosto 1993, n. 331, conv. con modif. nella l. 29 ottobre 1993, n. 427, dell’art. 39, primo comma, lett. d), del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 e dell’art. 54, secondo comma, del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 (decreto IVA), per non avere la CTR ritenuto l’illegittimità dell’avviso di accertamento in ragione della mancata attivazione del contraddittorio endoprocedimentale.
1.3. Con il quarto motivo di ricorso si denuncia, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione dell’art. 84 del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 (Testo Unico delle Imposte sui Redditi TUIR), come modificato dall’art.23, comma 9, del d.l. 6 luglio 2011, n. 98, conv. con modif. nella l. 15 luglio 2011, n. 111, per non avere la CTR ritenuto che le perdite
pregresse avrebbero dovuto integralmente azzerare la base imponibile IRES e IRAP.
Il secondo e il terzo motivo, con i quali ci si duole del mancato espletamento del necessario contraddittorio endoprocedimentale, anche in ragione del richiamo agli studi di settore, vanno preliminarmente esaminati e sono infondati.
2.1. Va, in primo luogo, evidenziato che -per come emerge con evidenza dalla sentenza impugnata -l’avviso di accertamento è stato emesso ai sensi dell’art. 39, primo comma, lett. d), del d.P.R. n. 600 del 1973 e non già con il ricorso agli studi di settore, avendo l’Amministrazione finanziaria proceduto ‘a tavolino’ alla rideterminazione del reddito d’impresa in ragione dell’antieconomicità della gestione.
2.1.1. In quest’ottica, il richiamo agli studi di settore o, meglio, ad elementi ricavabili dallo standard (quali, ad esempio, la percentuale di ricarico) è utilizzato unicamente a fini ricostruttivi del reddito non dichiarato, sicché ogni riferimento alla necessità del contraddittorio endoprocedimentale derivante dall’utilizzazione della metodologia di accertamento prevista dagli artt. 62 bis e 62 sexies del d.l. n. 331 del 1993 deve ritenersi erroneo (con conseguente infondatezza del terzo motivo di ricorso).
2.2. Per il resto, secondo la giurisprudenza di questa Corte, l’art. 12, comma 7, della l. n. 212 del 2000 « deve essere interpretato nel senso che l’inosservanza del termine dilatorio di sessanta giorni per l’emanazione dell’avviso di accertamento – termine decorrente dal rilascio al contribuente, nei cui confronti sia stato effettuato un accesso, un’ispezione o una verifica nei locali destinati all’esercizio dell’attività, della copia del processo verbale di chiusura delle operazioni – determina di per sé, salvo che ricorrano specifiche ragioni di urgenza, l’illegittimità dell’atto impositivo emesso “ante
tempus”, poiché detto termine è posto a garanzia del pieno dispiegarsi del contraddittorio procedimentale, il quale costituisce primaria espressione dei principi, di derivazione costituzionale, di collaborazione e buona fede tra amministrazione e contribuente ed è diretto al migliore e più efficace esercizio della potestà impositiva » (Cass. S.U. n. 18184 del 29/07/2013).
2.2.1. Tuttavia, la nullità derivante dal mancato rispetto del termine dilatorio, decorrente dal rilascio della copia del processo verbale di chiusura delle operazioni, riguarda -anche con riferimento all’IVA (Cass. nn. 701 e 702 del 15/01/2019) -solo ed esclusivamente il triplice caso di accesso, ispezione o verifica nei locali destinati all’esercizio dell’attività e non anche le verifiche cd. a tavolino.
2.2.2. Con riferimento a queste ultime soccorre la previsione di Cass. S.U. n. 24823 del 09/12/2015, per la quale, con riferimento ai tributi cd. non armonizzati, « non sussiste per l’Amministrazione finanziaria alcun obbligo di contraddittorio endoprocedimentale », mentre per i tributi cd. armonizzati, secondo quanto emerge dal diritto unionale, per come interpretato dalla Corte di giustizia della UE, « l’Amministrazione finanziaria è gravata di un obbligo generale di contraddittorio endoprocedimentale, la cui violazione comporta l’invalidità dell’atto purché il contribuente abbia assolto all’onere di enunciare in concreto le ragioni che avrebbe potuto far valere e non abbia proposto un’opposizione meramente pretestuosa » (cd. prova di resistenza).
2.3. Nel caso di specie è stato accertato dalla sentenza impugnata che la verifica si è svolta a tavolino, sicché, con riferimento ad IRES ed IRAP, deve essere esclusa la necessità del contraddittorio preventivo. Né è applicabile alla fattispecie la disposizione dell’art. 6
bis della l. n. 212 del 2000, entrato in vigore solo in data 18/01/2024 e non avente applicazione retroattiva.
2.4. Quanto all’IVA, la sentenza impugnata, con congruo e motivato accertamento in fatto, insindacabile in questa sede di legittimità, ha escluso la proposizione, da parte di Undici, di una valida prova di resistenza, sicché va rigettato integralmente anche il secondo motivo di ricorso.
Il primo e il quarto motivo di ricorso possono essere congiuntamente esaminati per ragioni di connessione e vanno disattesi.
3.1. Deve rimarcarsi che la CTR, interpretando l’atto di appello nell’esercizio dei poteri alla stessa conferiti, ha ritenuto che la censura dell’appellante fosse incentrata esclusivamente sulla nullità dell’atto impositivo per violazione del contraddittorio endoprocedimentale e sulle questioni che Undici avrebbe potuto dedurre in quella sede in modo da evitare la stessa emissione dell’avviso di accertamento (cfr. pag. 1-2 della sentenza impugnata).
3.2. Ne consegue che è onere della parte ricorrente evidenziare l’intervenuta proposizione di censure eventualmente differenti sulle quali il giudice di appello non si sia pronunciato. Invero, « affinché possa utilmente dedursi in sede di legittimità un vizio di omessa pronuncia, è necessario, da un lato, che al giudice di merito fossero state rivolte una domanda o un’eccezione autonomamente apprezzabili, e, dall’altro, che tali domande o eccezioni siano state riportate puntualmente, nei loro esatti termini, nel ricorso per cassazione, per il principio dell’autosufficienza, con l’indicazione specifica, altresì, dell’atto difensivo o del verbale di udienza nei quali le une o le altre erano state proposte, onde consentire al giudice di verificarne, in primo luogo, la ritualità e la tempestività, e, in secondo
luogo, la decisività » (Cass. S.U. n. 15781 del 28/07/2005; conf., da ultimo, Cass. n. 5344 del 04/03/2013).
3.3. Tale onere non è stato adempiuto da Undici, che si è limitata a fare generico riferimento alle questioni poste in appello, senza specificare le modalità con le quali le stesse sono state proposte (se direttamente ovvero quali elementi da trattare eventualmente nel contraddittorio con l’Amministrazione finanziaria).
3.4. Ne deriva che, da un lato, la contestazione di omessa pronuncia va dichiarata inammissibile e, dall’altro, parimenti inammissibile, in assenza di specifica domanda sulle questioni sollevate, è l’ulteriore contestazione di motivazione apparente ovvero di violazione di legge.
In conclusione, il ricorso va rigettato e la ricorrente va condannata al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del presente procedimento, liquidate come in dispositivo avuto conto di un valore dichiarato della lite di euro 165.294,15.
4.1. Poiché il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed è rigettato, sussistono le condizioni per dare atto -ai sensi dell’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, che ha aggiunto il comma 1 quater dell’art. 13 del testo unico di cui al d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 -della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per la stessa impugnazione, ove dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del presente procedimento, che si liquidano in euro 5.900,00, oltre alle spese di prenotazione a debito.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della l. n. 228 del 2012, dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente del contributo unificato previsto per il ricorso a norma dell’art. 1 bis dello stesso art. 13, ove dovuto.
Così deciso in Roma, il 12/03/2025.