Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 3 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5   Num. 3  Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 01/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME, con AVV_NOTAIO;
– ricorrente principale – contro
RAGIONE_SOCIALE , in persona del Direttore pro tempore , rappresentata e difesa ex lege dall’Avvocatura generale dello Stato ; – controricorrente e ricorrente incidentale –
Avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale del Lazio, n. 2714/17 depositata il 15 maggio 2017.
Udita  la  relazione  della  causa  svolta  nella  camera  di  consiglio del 14 novembre 2024 dal consigliere NOME COGNOME.
RILEVATO CHE
L’RAGIONE_SOCIALE a fronte della mancata giustificazione di movimenti bancari da parte del contribuente, accertava relativamente all’anno 2009 un maggior reddito per € 325.489,60. La CTP annullava l’atto impugnato, mentre la CTR riduceva il maggior imponibile facendo proprie  le  conclusioni  di  una  consulenza  di  parte  prodotta  dal contribuente.
Ricorre  il  contribuente  in  cassazione  con  due  motivi,  mentre l’RAGIONE_SOCIALE  resiste  con  controricorso  e  inoltre  spiega  a  sua  volta
IRPEF E IVA 2009 -CONTRADDITTORIO -NON CONTESTAZIONE.
ricorso  incidentale  fondato  su  un  motivo.  Avverso  quest’ultimo  il contribuente ha depositato ulteriore controricorso.
CONSIDERATO CHE
1.Col  primo  motivo  del  ricorso  principale  si  deduce  violazione dell’art.    42,  d.p.r.  n.  600/1992  e  24,  cost.,  ritenendosi  che  il sottoscrittore dell’avviso fosse carente di valida delega, in quanto l’ordine di servizio che incaricava il funzionario non indicava né le ragioni  del  conferimento  della  delega  né  il  relativo  termine  di validità,  ed  infine  non  risultava  che  il  ‘delegato’  appartenesse come prescritto alla carriera direttiva.
1.1. Il motivo è infondato.
La delega alla sottoscrizione dell’avviso di accertamento ad un funzionario diverso da quello istituzionalmente competente ex art. 42 del d.P.R. n. 600 del 1973 ha natura di delega di firma – e non di funzioni – poiché realizza un mero decentramento burocratico senza rilevanza esterna, restando l’atto firmato dal delegato imputabile all’organo delegante, con la conseguenza che, nell’ambito dell’organizzazione interna dell’ufficio, l’attuazione di detta delega di firma può avvenire anche mediante ordini di servizio, senza necessità di indicazione nominativa, essendo sufficiente l’individuazione della qualifica rivestita dall’impiegato delegato, la quale consente la successiva verifica della corrispondenza tra sottoscrittore e destinatario della delega stessa (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 11013 del 19/04/2019, Rv. 653414-01; conforme Sez. 6-5, Ordinanza n. 28850 del 08/11/2019, Rv. 655599 -01). Neppure è richiesta la temporaneità della delega (Sez. 5, Sentenza n. 8814 del 29/03/2019, rv. 653352 -01; Sez. 5, Sentenza n. 11013 del 19/04/2019, rv. 653414-01; Sez. 6-5, Ordinanza n. 28850 del 08/11/2019, rv. 655599-01).
Nella  specie  poi  che  il  funzionario  appartenesse  alla  carriera direttiva è stato accertato in fatto dal giudice di merito attraverso l’esame del ruolo depositato dall’ufficio (cfr. sentenza impugnata),
mentre non risulta dalle stesse deduzioni del ricorrente principale (cfr.  pag.  10  del  ricorso)  che  in  grado  d’appello  fosse  stato denunciato  il  profilo  del  difetto  di  indicazioni  delle  ragioni  della delega.
Col secondo  motivo  del ricorso principale si denuncia violazione dell’art. 12, comma 7, l. n. 212/2000 relativamente alla ripresa i.v.a. (pag. 13 del ricorso).
2.1. Il motivo è infondato.
In  effetti  come  noto,  il  contraddittorio  preventivo  deve  essere garantito  in  caso  di  tributo  armonizzato,  qual  è  l’i.v.a.,  anche  in ipotesi  di  accertamenti  su  base  documentale  (c.d.  ‘a  tavolino’), salva  la  c.d.  ‘prova  di  resistenza’,  che  non  solo  non  è  stata effettuata dal giudice d’appello, ma rispetto alla quale il ricorrente ha espressamente allegato la sussistenza del proprio interesse (cfr. pag. 14 del ricorso).
Tuttavia, l’art. 12, comma 7, l. n.212/2000 viene invocato fuor di proposito dal momento che pacificamente nella specie non vi fu alcun accesso come detto, per cui non andava redatto un p.v.c.
In  ogni  caso  deve  notarsi  che  le  modalità  del  contraddittorio non sono predeterminate per legge, anche nel caso di accertamenti relativi a tributi armonizzati (Cass.18489/2024).
Orbene nella specie le parti, come è pacifico, si sono incontrate quattro volte (controric., p. 7), e sul punto non vi è contestazione, l’RAGIONE_SOCIALE ha  richiesto chiarimenti, il  contribuente  ha  prodotto documentazione, pertanto non può certo dirsi che il contraddittorio non ci sia stato.
Venendo ora al ricorso incidentale, lo stesso anzitutto risulta spiegato con esclusivo riguardo alle imposte dirette (cfr. pag. 1 del ricorso incidentale, riferimento espresso all’IRPEF).
Esso è fondato su un unico motivo con cui si deduce violazione degli artt. 115, cod. proc. civ., 32, d.p.r. n. 600/1973 e 51, d.p.r. 26 ottobre 1972, ritenendosi che erroneamente la CTR ha reputato
non  contestate  le  risultanze  della  consulenza  di  parte,  fondando sulle quali si è poi basata la decisione di ridurre la ripresa fiscale.
3.1. Il motivo è fondato.
La  CTR  ha  ritenuto  infatti  di  basarsi  sulle  risultanze  della consulenza  di  parte  depositata  dal  contribuente,  che  detraeva importi ritenuti giustificati per € 341.262,80, sulla base del principio di non contestazione di cui all’art. 115, cod. proc. civ.
Orbene, pacifica l’applicabilità della disposizione indicata relativamente alla non necessità di provare fatti allegati dalla parte allorché l’altra non li contesti specificamente, è evidente che la stessa non solo presuppone trattarsi di un fatto e non di un giudizio (in questo caso di giustificazione di determinati versamenti), ma soprattutto il principio in esame deve essere letto alla luce della particolare struttura del processo tributario che, attesa la sua natura impugnatoria, introduce come contestati i fatti posti a fondamento della pretesa fatta valere attraverso appunto l’atto impugnato.
Di talché tali fatti sono da considerarsi specificamente contestati e le avverse allegazioni del contribuente non abbisognano  quindi,  sul  punto,  di  specifiche  contestazioni  (infatti già presenti nel processo attraverso l’atto impugnato), rimanendo il principio  di  cui  all’art.  115,  cod.  proc.  civ.,  confinato  sul  piano strettamente probatorio.
Al postutto, il ricorso principale dev’essere respinto, mentre dev’essere accolto il ricorso incidentale, con  cassazione della sentenza  impugnata  e  rinvio  alla  CGT2  del  Lazio  che  provvederà altresì alla liquidazione delle spese.
Con  riguardo  al  ricorso  principale,  sussistono  i  presupposti processuali per dichiarare l’obbligo di versare, ai sensi dell’art. 13, comma  1quater ,  del  d.P.R.  30  maggio  2002,  n.  115,  nel  testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della l. 24 dicembre 2012, n. 228, un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, se dovuto.
P. Q. M.
La Corte in accoglimento del ricorso incidentale, rigettato quello principale,  cassa  la  sentenza  impugnata  rinviando  alla  Corte  di giustizia  tributaria  di  secondo  grado  del  Lazio  che,  in  diversa composizione, provvederà altresì alla liquidazione delle spese.
Con  riguardo  al  ricorso  principale,  sussistono  i  presupposti processuali per dichiarare l’obbligo di versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 14 novembre 2024