Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 4698 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 4698 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 22/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso nr. 9869-2022 R.G. proposto da:
NOME
rappresentati e difesi dall’Avvocato NOME COGNOME giusta procura speciale in atti
-ricorrente-
contro
COMUNE DI VENEZIA , in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli Avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME giusta procura speciale allegato al controricorso
-controricorrente-
avverso la sentenza n. 1229/2021 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE DEL VENETO, depositata il 6.10.2021;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 29/1/2025 dal Consigliere Relatore Dott.ssa NOME
DELL’ORFANO
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOMEdeceduto nelle more ed a cui sono succeduti NOME e NOME COGNOME) propone ricorso, affidato a due motivi, per la cassazione della sentenza indicata in epigrafe, con cui la Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Veneto aveva respinto l’appello avverso la sentenza n.
, in rigetto del ricorso proposto avverso avviso di accertamento relativo al mancato pagamento IMU 2013, con relative sanzioni, emesso dal Comune di Venezia.
Il Comune di Venezia resiste con controricorso.
A seguito della proposta di definizione del giudizio, formulata da questa Corte ai sensi dell’art. 380 -bis c.p.c. e ritualmente comunicata alle parti, la parte ricorrente ha chiesto la decisione del ricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.1. Con il primo motivo parte ricorrente denuncia, in rubrica, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3), c.p.c., «violazione del diritto al contraddittorio …(essendo stata l’)… istruttoria … condotta in assenza del contribuente».
1.2. La doglianza è inammissibile ai sensi dell’art. 360bis , n. 1, c.p.c., come interpretato da Cass., Sez. Un., n. 7155 del 2017, a mente della quale lo scrutinio ex art. 360bis , n. 1 cit., da svolgersi relativamente ad ogni singolo motivo e con riferimento al momento della decisione, impone, come si desume in modo univoco dalla lettera della legge, una declaratoria d’inammissibilità, che può rilevare ai fini dell’art. 334, comma 2, c.p.c., sebbene sia fondata, alla stregua dell’art. 348bis c.p.c. e dell’art. 606 c.p.p., su ragioni di merito, atteso che la funzione di filtro della disposizione consiste nell’esonerare la Suprema Corte dall’esprimere compiutamente la sua adesione al persistente
orientamento di legittimità, così consentendo una più rapida delibazione dei ricorsi «inconsistenti».
1.3. Invero, questa Corte, con indirizzo condiviso, ha in più occasioni ribadito che l’ambito di applicabilità dell’art. 12, comma 7, della legge n. 212 del 2000 è limitato ai soli casi di accessi, ispezioni o verifiche presso i locali del contribuente, chiarendo che «in tema di tributi cd. non armonizzati, l’obbligo dell’Amministrazione di attivare il contraddittorio endoprocedimentale, pena l’invalidità dell’atto, sussiste esclusivamente in relazione alle ipotesi, per le quali siffatto obbligo risulti specificamente sancito; mentre in tema di tributi c.d. armonizzati, avendo luogo la diretta applicazione del diritto dell’Unione, la violazione del contraddittorio endoprocedimentale da parte dell’Amministrazione comporta in ogni caso, anche in capo tributario, l’invalidità dell’atto purché in giudizio il contribuente assolva l’onere di enunciare in concreto le ragioni che avrebbe potuto far valere, qualora il contraddittorio fosse stato tempestivamente attivato, e che l’opposizione di dette ragioni (valutate con riferimento al mancato contraddittorio), si riveli non puramente pretestuosa e tale da configurare, in relazione al canone generale di correttezza e buona fede ed al principio di lealtà processuale, sviamento dello strumento difensivo rispetto alla finalità di corretta tutela dell’interesse sostanziale, per le quali è stato predisposto (Cass. SS.UU. n. 24833 del 2015; per la successiva giurisprudenza si veda: Cass. n. 2875 del 2017; Cass. n. 10030 del 2017; Cass. n. 20799 del 2017; Cass. n. 2873 del 2018).
1.4. Atteso che in tema di IMU, tributo non armonizzato, il legislatore non ha stabilito uno specifico obbligo di contraddittorio preventivo, le critiche, pertanto, non hanno pregio.
1.5. Risulta conseguentemente infondata anche la questione di legittimità costituzionale sollevata dal ricorrente sul rilievo che «ove si accedesse ad una interpretazione secondo la quale l’art. 12, comma 7, della L. n. 212/2000 riconoscerebbe al contribuente il diritto a ricevere copia del verbale con cui si concludano le operazioni di accertamento e di disporre di un termine di 60 giorni per eventuali controdeduzioni nelle
sole ipotesi in cui l’Amministrazione abbia «effettuato un accesso, un’ispezione o una verifica nei locali destinati all’esercizio dell’attività», si assisterebbe ad una palese violazione dei principi di cui agli artt. 3, 24, 53, 111, 117 della Costituzione».
1.6. Come dianzi illustrato, infatti, la normativa in tema di contraddittorio preventivo non si applica ai tributi non armonizzati, e va comunque escluso ogni profilo di illegittimità costituzionale per la duplicità di trattamento giuridico tra «tributi armonizzati» e «tributi non armonizzati», atteso che, come viene evidenziato dalla richiamata sentenza delle Sezioni Unite n. 24823 del 2015, l’assimilazione tra i due trattamenti è preclusa in presenza di un quadro normativo univocamente interpretabile nel senso dell’inesistenza, in campo tributario, di una clausola generale di contradditorio procedimentale (Cass. n. 20436 del 2021 in motivazione).
2.1. Con il secondo motivo il ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4), c.p.c., nullità della sentenza impugnata per motivazione apparente, avendo la Commissione tributaria regionale omesso di valutare la «genericità degli atti» posti dal Comune alla base della quantificazione del valore venale degli immobili tassati, e la «erroneità ed inattendibilità dei valori impiegati ai fini accertativi», nonché di considerare l’erroneità del «valore di mercato accertato» non tenendo «conto delle specifiche caratteristiche del terreno di proprietà del ricorrente».
2.2. La censura è parimenti inammissibile ai sensi dell’art. 360bis c.p.c.
2.3. Giusta principio consolidato nella giurisprudenza di legittimità (cfr., tra le molte, Cass. 26 giugno 2017, n. 15883; Cass. 7 aprile 2017, n. 9105; Cass. sez. unite 3 novembre 2016, n.22232; Cass. 6 giugno 2012, n. 9113; Cass. 27 luglio 2007, n. 16736), ricorre il vizio di omessa o apparente motivazione della sentenza allorché il giudice di merito ometta di indicare gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento, ovvero li indichi senza un’approfondita disamina logica o giuridica,
rendendo, in tal modo, impossibile ogni controllo sull’esattezza e sulla logicità del suo ragionamento.
2.4. Nel caso in esame la Commissione tributaria regionale, con articolata motivazione, ha respinto l’appello: dando atto della congrua motivazione dell’atto impositivo; evidenziando la corretta determinazione della base imponibile IMU da parte del Comune in quanto «dall’allegata scheda … risulta(va)… che il Comune di Venezia …(aveva)… fornito dettagliatamente la procedura di stima adottata che ha condotto alla determinazione del maggior valore dell’area edificabile …(essendo)… in essa … contenuti i requisiti richiesti dall’art. 5, comma 5, del D.Lgs 546/92, quali: la zona territoriale, l’indice di edificabilità, la destinazione urbanistica o destinazione d’uso, i valori medi di mercato e il valore al mq., …(e)… la superfice oggetto di stima …(era)… quella prevista dallo strumento urbanistico, al netto di altre superfici adibite ad altre destinazioni»; infine respingendo «la contestazione di parte appellante in ordine all’applicazione delle sanzioni ai sensi dell’art. 13 del D.Lgs 471/1997 per il motivo che la norma trova applicazione nel caso in cui il contribuente versi un’imposta inferiore all’importo dichiarato e nel proprio caso non …(era)… riscontrabile alcun omesso versamento d’imposta risultante dalla dichiarazione» mentre «il rilievo fatto dall’appellante riguarda(va)… altre imposte (IVA, Imposte dirette) e non anche per l’IMU che, tranne per casi limitati, è scomparso l’obbligo di dichiarazione».
2.5. La sentenza impugnata si dimostra, dunque, del tutto soddisfacente sotto il profilo del rispetto del principio del «minimo costituzionale» indicato dalla nota sentenza n. 8054/2014 delle SU della Suprema Corte in tema di apparenza di motivazione, per cui l’anomalia motivazionale denunciabile in sede di legittimità è solo quella che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante e attiene all’esistenza della motivazione in sé, come risulta dal testo della sentenza e prescindendo dal confronto con le risultanze processuali, e si esaurisce, con esclusione di alcuna rilevanza del difetto di «sufficienza», nella «mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico’, nella «motivazione apparente», nel «contrasto irriducibile fra affermazioni
inconciliabili», nella «motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile».
Sulla scorta di quanto sin qui illustrato, il ricorso va dichiarato inammissibile.
Poiché il ricorso è deciso in conformità alla proposta formulata ai sensi dell’art. 380 -bis c.p.c., va applicato -come previsto dal terzo comma, ultima parte, dello stesso art. 380bis c.p.c. -il terzo comma dell’art. 96 c.p.c., con conseguente condanna della parte ricorrente al pagamento, in favore della parte controricorrente, di una somma equitativamente determinata, nella misura di cui in dispositivo, nonché il quarto comma di cui all’art. 96, c.p.c.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna parte ricorrente alla refusione in favore della controricorrente delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in Euro 2.500,00 per compensi, oltre ad Euro 200,00 per esborsi, alle spese forfettarie nella misura del 15% ed agli accessori di legge, se dovuti; condanna parte ricorrente al pagamento, in favore di parte controricorrente, ai sensi dell’art. 96, terzo comma, c.p.c., dell’ulteriore somma pari a quella dianzi liquidata per compensi; condanna parte ricorrente al pagamento in favore della Cassa delle ammende, ai sensi dell’art. 96, quarto comma, c.p.c., dell’ulteriore somma di Euro 1.500,00.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello, ove dovuto, previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1bis .
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, tenutasi in modalità