Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 16940 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 16940 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 24/06/2025
Oggetto: Reddito di impresa
Studi di settore – IRPEF –
Redditometro
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 37066/2019 R.G. proposto da:
COGNOME NOME e COGNOME NOME, elettivamente domiciliati in Roma, INDIRIZZO presso lo studio dell’Avv. NOME COGNOME da cui sono difesi e rappresentati giusta procura speciale a margine del ricorso;
-ricorrenti-controricorrenti incidentali -contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore , con sede in Roma, INDIRIZZO C/D, elettivamente domiciliata in Roma alla INDIRIZZO presso l’Avvocatura generale dello Stato dalla quale è rappresentata e difesa ope legis ;
-controricorrente-
ricorrente incidentale – avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale del Molise n. 333/01/2019, depositata in data 13 maggio 2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 20 maggio 2025 dal Consigliere NOME COGNOME
Rilevato che:
L’Agenzia delle entrate, Direzione Provinciale di Campobasso, emetteva nei confronti di NOME COGNOME
esercente l’attività di ‘ ristorazione con somministrazione ‘, l’ avviso di accertamento TR6010402018/2013, con cui recuperava ad imposizione, ai fini IRPEF, IVA ed IRAP, un maggior reddito, un maggior valore della produzione ed un maggior volume di affari per l’anno di imposta 2008.
L’avviso traeva origine : a) dall’analisi della documentazione contabile trasmessa dal contribuente in relazione all’esercizio della sua attività professionale, che conduceva, attraverso una serie di discrepanze emergenti dall’applicazione dello studio di settore UG36U, alla determinazione di maggiori ricavi non dichiarati; b) dal confronto tra il reddito dichiarato nel 2008 (Euro 8.996,00) e la capacità patrimoniale, desunta dall’acquisto , nel 2012, d ell’abitazione familiar e in comproprietà con la moglie (per Euro 338.000,00), nel 2010, di una Ford Fiesta, e dal possesso di una Ford Mondeo.
L ‘ Agenzia delle entrate procedeva, dunque, al controllo della posizione reddituale di NOME COGNOME coniuge di NOME COGNOME destinataria d ell’avviso di accertamento TR6010402094/2013, con cui l’Ufficio rideterminava il reddito della contribuente ai fini IRPEF in Euro 22.360,00.
I contribuenti proponevano separati ricorsi innanzi alla Commissione tributaria provinciale di Campobasso muovendo le medesime censure e, in particolare, deducevano la violazione del contraddittorio preventivo e giustificavano la capacità di spesa con il disinvestimento di titoli e la liquidazione di polizze vita.
La CTP, riuniti i ricorsi, li accoglieva ritenendo sussistente la violazione del contraddittorio preventivo.
L’Agenzia delle entrate interponeva appello innanzi alla Commissione tributaria regionale del Molise chiedendo dichiararsi la nullità della sentenza per ‘violazione dell’art. 12, comma 7, legge 212/2000 e omessa pronuncia nel merito della pretesa tributaria ‘ (così la sentenza di appello, pagina 2) , ribadendo l’insussistenza dell’obbligo di attivare il contraddittorio preventivo.
La CTR accoglieva parzialmente il gravame, aderendo alle prospettazioni dell’Ufficio circa la mancanza di obbligo di contraddittorio preventivo con riguardo agli avvisi emessi all’esito dell’accertamento sintetico (il relativo obbligo, in caso di redditometro, era stato introdotto dal legislatore solo a partire dall’anno di imposta 2009) ed annullando l’atto impositivo fondato sullo studio di settore per inosservanza dell’obbligo di attivare il contraddittorio preventivo (previsto dall’art. 10, comma 3bis, l. 146/1998).
Nel merito, riteneva legittimo l’operato dell’Ufficio in sede di determinazione dei redditi dei coniugi mediante l’accertamento sintetico, poiché ‘la capacità di spesa espressa dagli acquisti mobiliari ed immobiliari è oggettivamente incompatibile con i redditi dichiarati dai contribuenti nel quinquennio antecedente l’acquisto in comune dell’immobile’ e l’applicazione dei criteri fissati nel D.M. 10/09/1992 (pag. 4 della sentenza).
Rideterminava, però, il reddito della Cornacchione in Euro 12.940,00 (comunque superiore di un quarto a quello dichiarato) ed il reddito del Bagnoli in Euro 32.681,00 (previa esclusione della spesa per l’acquisto della Ford Fiesta).
Avverso la decisione della Commissione tributaria regionale hanno proposto ricorso per cassazione i contribuenti, affidandosi a due motivi. L’Agenzia resiste con controricorso e spiega ricorso incidentale affidato ad un unico motivo. I contribuenti hanno proposto successivo controricorso.
È stata, quindi, fissata l’adunanza camerale per il 20/05/2025. Considerato che:
Con il primo motivo di ricorso principale, proposto ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., i contribuenti deducono la «violazione e comunque falsa applicazione degli artt. 1, 6, 7 e 12 della L. n. 212/2000; violazione e comunque falsa applicazione dell’art. 38, comma 4 e ss. del DPR n. 600/1973; violazione e comunque falsa applicazione dell’art. 10, comma 3 bis
della L. n. 146/1998. La ricostruzione sintetica del reddito operata dall’Ufficio, non risponde al parametro normativo di riferimento, tenendo completamente in non cale gli elementi forniti dai contribuenti che dimostravano, l’erroneità delle prospettazioni dell’Amministrazione finanziaria che ha omesso qualsivoglia forma di contraddittorio».
La CTR avrebbe aderito ad una interpretazione restrittiva della vigente normativa, che estende il contraddittorio tra Fisco e contribuente a tutte le tipologie di tributi, qualificandolo come diritto di difesa costituzionalmente garantito e, pertanto, incomprimibile.
Il motivo, incentrato su un’unica censura, ovvero sulla violazione del principio del contraddittorio endoprocedimentale, è infondato.
1.1. Almeno sino al d.lgs. n. 219 del 30 dicembre 2023 che ha introdotto nello Statuto del contribuente (legge n. 212/2000) l’art. 6bis, rubricato ‘principio del contraddittorio’, è mancato, al di fuori delle fattispecie normative in cui fosse espressamente previsto, un obbligo generale, in capo all’amministrazione finanziaria, di attivare il contraddittorio endoprocedimentale con il contribuente.
Secondo la giurisprudenza di questa Corte un generalizzato obbligo di contraddittorio endoprocedimentale non poteva ricavarsi dalla previsione dell’art. 12, comma 7, della legge n. 212/2000, la cui applicazione è limitata, secondo il suo tenore testuale, ai soli accertamenti conseguenziali ad accessi, ispezioni e verifiche presso i luoghi di riferimento del contribuente con esclusione delle verifiche ‘a tavolino’ ( ex multis , Cass. n. 36502/2022 e Cass. n. 23729/2022).
Vi sono, poi, disposizioni specifiche che prescrivono l’interlocuzione preventiva con il contribuente con modalità ed effetti diversamente declinati: ad es., l’art. 38, comma 7, d.P.R. n. 600/1973, in relazione alla determinazione sintetica del reddito delle persone fisiche (a partire, però, dall’anno di imposta 2009, per
effetto della modifica operata con il d.l. n. 78/2010), e l’art. 10, comma 3bis, l. 146/1998 in tema di studi di settore.
Nell’ambito del diritto eurounionale, invece, l’obbligo generale di attivazione del contraddittorio in capo all’Amministrazione rappresenta un principio pienamente acquisito; l’orientamento espresso al riguardo dalla Corte di Giustizia Europea in plurime pronunce ( ex multis 24/02/2022 in causa C-582/20, RAGIONE_SOCIALE ma già 03/07/2014 in cause riunite C-129/13 e C-130/13, RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, è stato recepito dal giudice nazionale, il quale riconosce che i principi fondamentali del diritto europeo impongono, nell’ambito dei cosiddetti ‘tributi armonizzati’, ove ha ‘luogo la diretta applicazione del diritto dell’Unione’, un generale obbligo dell’amministrazione di instaurare un’interlocuzione preve ntiva con il contribuente, la cui inosservanza può portare all’invalidità dell’atto impositivo, ma solo quando quest’ultimo assolve alla ‘prova di resistenza’ (Cass. Sez. U. 09/12/2015, n. 24823 e, nella giurisprudenza successiva, ex multis , Cass. n. 9076/2021 e Cass. n. 7690/2020).
In definitiva, al di fuori delle ipotesi specifiche e dei tributi cd. armonizzati, non sussiste l’obbligo, in capo all’amministrazione finanziaria, del contraddittorio preventivo con il contribuente (da ultimo, Cass. 22/03/2024, n. 7829).
1.2. Nella specie la CTR ha fatto corretta applicazione della normativa in tema di redditometro, che solo a partire dall’anno di imposta 2009 prevede l’obbligo di contraddittorio preventivo con il contribuente; trattandosi, nella specie, di accertamento relativo all’anno 2008, giustamente è stato ritenuto insussistente l’obbligo suddetto in capo all’A.F..
Con il secondo motivo di ricorso principale i contribuenti lamentano «i n relazione all’art. 360, I comma, n. 3, c.p.c., violazione e comunque falsa applicazione degli artt. 3, 42, 53, 97 e 113 della Costituzione; violazione e comunque falsa applicazione del
combinato disposto dell’art. 117 della Costituzione e dell’art. 1 del Protocollo Aggiuntivo alla CEDU. La decisione della Commissione Tributaria Regionale del Molise va peraltro censurata ex art. 360, I° comma, n. 5 c.p.c. per omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, in quanto il Collegio d’appello non ha considerato come gli elementi forniti dagli odierni ricorrenti provavano che la loro capacità contributiva era idonea a giustificare l’acquisto dell’immobile e che non sussisteva menomamente il r eddito presunto dall’Agenzia delle entrate».
Lamentano che l’Agenzia delle entrate avrebbe disatteso ‘la lettera e lo spirito’ della normativa di leale collaborazione tra Fisco e cittadino, ragionevolezza e proporzionalità dell’operato della P.A., e che la loro integrità patrimoniale, tutelata dall’art. 1 del Protocollo Aggiuntivo alla CEDU, sarebbe stata lesa dalla illegittima richiesta del Fisco, originata dall’acquisto di un immobile, frutto del risparmio dei contribuenti. Infine, ribadiscono di aver fornito pieno riscontro della regolarità fiscale della loro posizione economico-reddituale, e prova contraria al maggior reddito attribuito dall’Ufficio, ‘in quanto l’acquisto dell’immobile e delle autovetture (trattasi di due utilitarie) è avvenuto con redditi diversi da quelli posseduti nel periodo d’ imposta, nonché con redditi soggetti a ritenuta alla fonte o, comunque legalmente esclusi dalla formazione della base imponibile’ (pag. 14 del ricorso).
2.1. Il motivo è inammissibile per plurime ragioni, ciascuna sufficiente ex se alla relativa declaratoria.
2.1.1. In primo luogo, il motivo sovrappone inestricabilmente nell’esposizione l’omessa motivazione, l’omesso esame e la violazione di legge; integra, in altri termini, un motivo cd. coacervato, senza possibilità di distinguere i vari vizi sostanzialmente denunciati, anche in contrasto logico tra loro, che danno luogo ad una sostanziale mescolanza e sovrapposizione di censure, con l’inammissibile prospettazione della medesima questione sotto profili incompatibili (Cass. 23/10/2018, n. 26874;
Cass. 23/09/2011, n. 19443; Cass. 11/04/2008, n. 9470), non risultando specificamente separati la trattazione delle doglianze relative all’interpretazione o all’applicazione delle norme di diritto appropriate alla fattispecie ed i profili attinenti alla ricostruzione del fatto (Cass, 11/04/2018, n. 8915; Cass. 23/04/2013, n. 9793) o a pretesi vizi processuali.
2.1.2. In secondo luogo, il motivo è inammissibile per difetto di specificità, non contenendo nemmeno l’indicazione dei fatti, asseritamente pretermessi dalla CTR, sotto il profilo di cui al n. 5 dell’art. 360 cod. proc. civ..
2.1.3. Sotto altro profilo, infine, la censura non si confronta affatto con la ratio decidendi espressa dalla CTR, che ha tenuto conto delle deduzioni dei contribuenti, riducendo le pretese tributarie (ad esempio una delle due auto è stata esclusa dal redditometro).
Pertanto, il ricorso principale va integralmente rigettato.
Con il primo (ed unico) motivo di ricorso incidentale, formulato ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3 cod. proc. civ., l’Ufficio deduce la violazione del parametro vigente in materia di determinazione del reddito sulla base di studi di settore; lamenta che la CTR avrebbe errato nel ritenere che i maggiori ricavi accertati fossero la risultante dell’esclusiva applicazione dello studio di settore. Eccepiva di aver proceduto a rideterminare induttivamente i ricavi non in base allo studio di settore ma attraverso le complessive risultanze delle indagini effettuate (pagg. 13-14 ricorso incidentale).
Sarebbero pertanto errate le conclusioni a cui è giunta la CTR, che ha ritenuto applicabile al caso di specie l’obbligo di instaurazione del contraddittorio, previsto dalla legge in caso di accertamento fondato esclusivamente su studi di settore.
3.1. Il motivo , subito superando l’avversa eccezione di inammissibilità in quanto conforme al dettato di cui all’art. 366 cod. proc. civ., è fondato nei termini appresso indicati.
3.2. È opportuno premettere che l’avviso di accertamento relativo al Bagnoli investe sia le imposte dirette sia l’IVA.
3.3. Sotto il primo aspetto, la giurisprudenza di questa Corte ha più volte affermato che l’accertamento operato sulla base della sola applicazione degli studi di settore impone, a pena di nullità, l’obbligo di un preventivo contraddittorio con il contribuente, in quanto il sistema delle presunzioni semplici su cui gli studi si fondano – la cui gravità, precisione e concordanza non è ex lege determinata in relazione ai soli standard in sé considerati – richiede un percorso di adeguamento dell’elaborazione statistica alla concreta realtà economica del contribuente, il cui esito confluisce nella motivazione, la quale deve ricomprendere le ragioni per le quali i rilievi del destinatario dell’attività accertativa sono stati disattesi; al contrario, il predetto obbligo non occorre se l’accertamento trova fondamento anche su ulteriori elementi giustificativi, come la reiterata antieconomicità dell’attività, desumibile da irregolarità contabili o anomale gestioni aziendali (Cass. 09/04/2024, n. 9554).
3.4. Sotto il secondo aspetto, come già evidenziato supra sub § 1.1., nel sistema tributario, species del procedimento amministrativo (ove si esclude espressamente l’applicabilità delle disposizioni del Capo III, dedicate alla «partecipazione al procedimento amministrativo», ai procedimenti tributari, v. art. 13, comma 2, della legge n. 241 del 1990), al di fuori delle fattispecie normative in cui ciò è espressamente previsto è mancato un generale obbligo, in capo all’amministrazione finanziaria, di attiva re il contraddittorio endoprocedimentale con il contribuente, almeno sino al d.lgs. n. 219 del 30 dicembre 2023 che ha introdotto nello Statuto del contribuente (legge n. 212/2000) l’art. 6 bis rubricato ‘Principio del contraddittorio’.
3.4.1. Nell’ambito del diritto eurounionale, invece, l’obbligo generale di attivazione del contraddittorio in capo all’Amministrazione rappresenta un principio pienamente acquisito e l ‘ orientamento eurounionale è stato recepito dal giudice nazionale, il quale riconosce che i principi fondamentali del diritto europeo impongono, nell’ambito dei cosiddetti ‘tributi armonizzati’, ove ha
« luogo la diretta applicazione del diritto dell’Unione », un generale obbligo dell’amministrazione di instaurare un’interlocuzione preventiva con il contribuente, la cui inosservanza può portare all’invalidità dell’atto impositivo, ma solo quando quest’ultimo assolve alla ‘prova di resistenza’ (Cass. Sez. U., 09/12/2015, n. 24823; in senso conforme, tra le tante , Cass. 01/04/2021 n. 9076; Cass. 03/10/2019, n. 24699).
In particolare, le Sezioni Unite di questa Corte, con la sentenza n. 24823/2015 cit., hanno utilmente precisato che il requisito in questione va inteso « nel senso che l’effetto della nullità dell’accertamento si verifichi allorché, in sede giudiziale, risulti che il contraddittorio procedimentale, se vi fosse stato, non si sarebbe risolto in puro simulacro, ma avrebbe rivestito una sua ragion d’essere, consentendo al contribuente di addurre elementi difensivi non del tutto vacui e, dunque, non puramente fittizi o strumentali », aggiungendo che « non è sufficiente che, in giudizio, chi se ne dolga si limiti alla relativa formalistica eccezione, ma è, altresì, necessario che esso assolva l’onere di prospettare in concreto le ragioni che avrebbe potuto far valere, qualora il contraddittorio fosse stato tempestivamente attivato (…), e che l’opposizione di dette ragioni (valutate con riferimento al momento del mancato contraddittorio), si riveli non puramente pretestuosa e tale da configurare, in relazione al canone generale di correttezza e buona fede ed al principio di lealtà processuale, sviamento dello strumento difensivo rispetto alla finalità di corretta tutela dell’interesse sostanziale, per le quali l’ordinamento lo ha predisposto ».
3.4.2. In relazione al contenuto ed ai limiti della cd. prova di resistenza questa Corte ha evidenziato l’assenza di specifici orientamenti, assenza ritenuta aggravata dalla non perfetta coincidenza, almeno sul piano letterale, della giurisprudenza nazionale con i principi unionali: mentre la Corte di giustizia, per esempio, nella sentenza COGNOME , richiede che il contribuente dimostri che « in mancanza di tale irregolarità, tale procedimento
avrebbe potuto comportare un risultato diverso », le Sezioni Unite (n. 24823/2015 cit.) indicano ragioni che non siano « puramente pretestuose » ovvero elementi difensivi « non del tutto vacui ».
L’ utilizzo di termini che hanno significati diversi rese necessario il chiarimento da parte delle Sezioni Unite, la cui scelta di far gravitare la ‘prova di resistenza’ intorno alla ‘non pretestuosità’ delle ragioni difensive sembra attestarsi su un criterio minimale, quasi in termini di mera possibilità, superato il quale la prova può ritenersi comunque raggiunta; sotto altro verso, la formula adottata sposta l’attenzione più sulle ragioni difensive in sé considerate che sulla concreta vicenda processuale, alla luce della quale gli elementi addotti dal contribuente dovrebbero essere considerati.
La soluzione offerta dal supremo consesso nel 2015 è stata, quindi, ritenuta non pienamente aderente alla ‘prova di resistenza’ come intesa dalla giurisprudenza unionale che, invece, richiede un giudizio di prognosi postuma da condursi « caso per caso » (Cass. 11/09/2019, n. 22644), attraverso la « concreta valutazione » delle ragioni addotte dal contribuente (Cass. n. 701/2019 cit.; Cass. 17/11/2023, n. 31997), e richiama un criterio di valutazione essenzialmente probabilistico: infatti, dovendosi garantire la ‘piena efficacia’ del diritto dell’Unione, la violazione del contraddittorio endoprocedimentale può comportare « l’annullamento della decisione adottata al termine del procedimento amministrativo di cui trattasi soltanto se, in mancanza di tale irregolarità, tale procedimento avrebbe potuto comportare un risultato diverso » (Corte giust., 3 luglio 2014, Kamino , cit., punto 82, enfasi aggiunta).
La giurisprudenza di legittimità successiva al 2015 non ha approfondito la questione, oscillando tra la necessità della verifica in concreto dell’impatto della violazione sull’esito del provvedimento, « se, nel caso del suo rispetto, il procedimento avrebbe potuto avere un esito diverso » (Cass. 21/06/2022, n. 19958; Cass. 30/06/2021, n. 18413; Cass. n. 701/2019 cit.; Cass. 30/05/2018, n. 12832; Cass. 25/01/2017, n. 1969; Cass. 21/09/2016, n. 18450), e la
sufficienza che il contribuente abbia enunciato in concreto le ragioni che avrebbe potuto far valere e non abbia proposto un’opposizione meramente pretestuosa (Cass. 05/05/2021, n. 11685; Cass. 05/11/2019, n. 28344; Cass. 11/11/2015, n. 23050).
3.5. Ciò posto in termini generali, la Corte rileva nella specie che d alla lettura dell’avviso di accertamento impugnato dal COGNOME (e riportato, per stralci, dall’Ufficio nel controricorso) emerge chiaramente che lo stesso si fondi su presunzioni gravi, precise e concordanti ex art. 39, comma 1, lett. d), d.P.R. n. 600/1973, legittimanti la ricostruzione dei ricavi con il metodo analiticoinduttivo. Precisamente si è ravvisato ‘un comportamento gestionale e reddituale anomalo e privo di senso economico’ (pag. 4 dell’avviso); e la conclusione è supportata anche dalle incoerenze risultanti dallo studio di settore. Nessun obbligo di contraddittorio preventivo sussisteva, quindi, con riferimento alle imposte dirette; c on riferimento all’IVA, invece, dalla lettura della sentenza di appello emerge che la questione dell’eventuale prova di resistenza non era stata posta nei gradi di merito.
3.7. Pertanto, la CTR, nell’annullare in parte l’avviso di accertamento nei confronti del COGNOME per la mancata instaurazione del contraddittorio preventivo, non si è adeguata ai principi sopra richiamati, almeno (sicuramente) con riferimento alle imposte dirette.
Con riferimento all’IVA, invece, il giudice del rinvio valuterà l’eventuale nullità parziale dell’accertamento con riferimento a detta ultima imposta, in relazione al tenore dell’eventuale prova di resistenza dedotta dal contribuente.
Il ricorso incidentale va, quindi, accolto nei termini sopra indicati; la sentenza gravata va cassata con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Molise, in altra composizione, per nuovo esame in relazione alla censura accolta e per la liquidazione delle spese di legittimità.
Sussistono , infine, i presupposti, ai sensi dell’articolo 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115/2002, per il versamento, da parte dei ricorrenti principali , dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1 bis del citato art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso principale, accoglie quello incidentale nei termini di cui in motivazione, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Molise, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Dà atto della sussistenza dei presupposti, ai sensi dell’articolo 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115/2002, per il versamento, da parte dei ricorrenti principali , dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1 bis del citato art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 20 maggio 2025