Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 570 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 570 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 08/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n.7512/2015 R.G. proposto da:
COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’ Avv. NOME COGNOME con l’Avv. NOME COGNOME che lo rappresenta e difende
-ricorrente e controricorrente a ricorso incidentale- contro
RAGIONE_SOCIALE, domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso l ‘ AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende per legge
-controricorrente e ricorrente incidentale –
avverso la SENTENZA della COMM.TRIB.REG. DELLA CAMPANIA n. 7318/2014, depositata il 24/07/2014.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 20/12/2023 dal Consigliere NOME COGNOME
Rilevato che:
1. NOME COGNOME propone ricorso, affidato a tre motivi, per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria regionale della Campania di cui all’epigrafe, che ha rigettato l’appello dell o stesso contribuente avverso la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Napoli, che aveva rigettato il ricorso del predetto contro l’avviso d’accertamento relativo all’Irpef di cui all’anno d’imposta 200 6, con il quale l’Agenzia delle entrate imputava la maggior imposta derivante dalla plusvalenza conseguente alla vendita di un fabbricato non adibito, né dal Trevisan, né dai suoi familiari, a residenza, per la maggior parte del tempo intercorso tra l’originario acquisto e la successiva vendita dello stesso bene. L’Agenzia delle entrate si difende con controricorso, contenente ricorso incidentale condizionato, affidato ad un motivo, cui il contribuente fa seguire a sua volta controricorso.
Considerato che:
1. Preliminarmente, deve darsi atto che parte ricorrente ha formulato istanza di sospensione del giudizio, deducendo che la pretesa erariale controversa costituisce un carico affidato alla riscossione entro il 30 giugno 2022 e che pertanto rientra tra quelli che possono essere oggetto di definizione agevolata (cd. rottamazionequater ), ai sensi dell’art. 1, commi 231-252, della legge n. 197 del 2022, ed allegando copia della comunicazione dell’Ufficio relativa alle somme dovute a seguito dell’adesione del contribuente «alla definizione agevolata presentata il 19/06/2023 prot. n. W2023061907380324, per i carichi relativi all’ambito provinciale di Napoli elencati nel ‘Prospetto di sintesi’ che trova nelle pagine successive», con la concessione del frazionamento in diciotto rate, l’ultima delle quali scadrà il 30 novem bre 2027.
Ai sensi del comma 236 del ridetto art. 1 della legge n. 197 del 2022, «Nella dichiarazione di cui al comma 235 il debitore indica l’eventuale pendenza di giudizi aventi ad oggetto i carichi in essa ricompresi e assume l’impegno a rinunciare agli stessi giudizi, che, dietro presentazione di copia della dichiarazione e nelle more del pagamento delle somme dovute, sono sospesi dal giudice. L’estinzione del giudizio è subordinata all’effettivo perfezionamento della definizione e alla produzione, nello stesso giudizio, della documentazione attestante i pagamenti effettuati; in caso contrario, il giudice revoca la sospensione su istanza di una delle parti.».
Nel caso di specie, il ricorrente, al contrario di quanto prevede la norma appena citata, non ha prodotto in atti la dichiarazione di adesione alla definizione agevolata (ma solo la conseguente comunicazione dell’Ufficio), nella quale avrebbe dovuto indicare la pendenza di questo giudizio, per cui non è dato identificare se il carico fiscale in questa sede controverso coincida, o meno, con quelli oggetto della procedura condonistica che dovrebbe giustificare la sospensione. Tale dato, del resto, neanche può ricavarsi dalla predetta comunicazione dell’Agenzia, che neppure nel prospetto di sintesi contiene un riferimento specifico a questo giudizio o all’avviso d’accertamento qui controverso, il cui numero identificativo non trova menzione nell’apposita colonn a dello stesso prospetto. Tanto meno, poi, si ricava dai documenti prodotti che uno degli atti nella stessa colonna indicati costituisca una cartella di pagamento riconducibile univocamente a ll’accertamento sub iudice .
Peraltro, neppure vi è documentazione relativa all’avvenuto pagamento di alcuna delle rate della rottamazione già scadute.
Tanto premesso, non sussistono quindi i presupposti per la sospensione del giudizio invocata.
Con il primo motivo, il ricorrente denunzia « Violazione o falsa applicazione dell’art. 38 del DPR 600/1973, degli artt.5, 6, 7 , 1 0 e 1 2 della L. n.212/2000 nonché degli artt. 41, 4 7 e 48 della Carta dei Diritti Fondamentali dell’UE in relazione all’art. 360 cpc n.3», assumendo che avrebbe errato la CTR nel non ritenere la sussistenza, e la violazione, di un obbligo di contraddittorio endoprocedimentale di carattere generale, posto a carico dell’amministrazione prima di procedere alla notifica di un atto impositivo.
Il motivo è infondato.
2.1. Appare invero incongrua, in relazione alla materia controversa (così come risulta dagli atti delle parti e dalla sentenza), l’invocazione dell’art. 38, comma 7, del d.P.R. n. 600 del 1973, relativo all’obbligo di invitare il contribuente a comparire per fornire dati e notizie rilevanti ai fini dell’accertamento, trattandosi di norma dettata in tema di accertamento sintetico.
In ogni caso, poi, il testo dell’art. dell’art. 38, comma 7, del d.P.R. n. 600 del 1973, così come invocato dal ricorrente, è quello risultante dalla novella
introdotta dall’art. 22 d.l. 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010 n. 122, e si applica solo a far data dall’anno d’imposta 2009. Infatti, il primo comma del predetto art. 22 d.l. n. 78 del 2010 espressamente prevede che le modifiche che esso reca al testo dell’art. 38 d.P.R. n. 600 del 1973 abbiano «effetto per gli accertamenti relativi ai redditi per i quali il termine di dichiarazione non è ancora scaduto alla data di entrata in vigore del presente decreto», vale a dire per gli accertamenti del reddito relativi ai periodi d’imposta successivi al 2009, tra i quali non è compreso quello sub iudice .
Al riguardo, questa Corte (Cass., 06/10/2014, n. 21041; Cass., 6/11/2015, n. 22744; Cass., 29.01.2016, n. 1772; Cass. 21.11.2019, n. 30355) ha già avuto modo di escludere l’applicazione retroattiva della novella in questione, rilevando peraltro che l’individuazione della norma applicabile è questione di diritto intertemporale ed a fronte alla esplicita previsione di diritto transitorio, già richiamata, che inequivocabilmente identifica la norma applicabile, è recessivo anche il principio tempus regit actum , altrimenti applicabile alle norme che dovessero qualificarsi come procedimentali.
2.2. Quanto poi alla pretesa sussistenza, ratione temporis , nell’ordinamento di una norma generale che obblighi l’Amministrazione al contraddittorio preventivo, deve premettersi che, per quanto risulta dalla sentenza impugnata e dallo stesso ricorso, gli avvisi d’accertamento hanno per oggetto esclusivamente l’Irpef e non è stato dedotto che gli stessi atti impositivi siano stati preceduti dagli « accessi, ispezioni e verifiche fiscali nei locali destinati all’esercizio di attività commerciali, industriali, agricole, artistiche o professionali» di cui all’art. 12, comma 7, legge n. 212 del 2000.
Tanto premesso, secondo l’ orientamento consolidato ed univoco che fa capo alla pronuncia delle Sezioni Unite di questa Corte n. 24823 del 9 dicembre 2015, « In tema di diritti e garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali, l’Amministrazione finanziaria è gravata di un obbligo generale di contraddittorio endoprocedimentale, la cui violazione comporta l’invalidità dell’atto purché il contribuente abbia assolto all’onere di enunciare in concreto le ragioni che avrebbe potuto far valere e non abbia proposto un’opposizione meramente pretestuosa, esclusivamente per i
tributi “armonizzati”, mentre, per quelli “non armonizzati”, non è rinvenibile, nella legislazione nazionale, un analogo generalizzato vincolo, sicché esso sussiste solo per le ipotesi in cui risulti specificamente sancito.» ed « In tema di diritti e garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali, non sussiste per l’Amministrazione finanziaria alcun obbligo di contraddittorio endoprocedimentale per gli accertamenti ai fini Irpeg ed Irap, assoggettati esclusivamente alla normativa nazionale, vertendosi in ambito di indagini cd. “a tavolino”.» (Cass. Sez. U, 09/12/2015, n. 24823l, che in motivazione prende espressamente in considerazione sia i precedenti arresti della giurisprudenza di legittimità in materia, al § II, punti 1-4; sia, al § V, punti II 1.II 4 ed al § VI, l’ordinamento comunitario, con particolare riferimento anche a Corte giustizia, 18/12/08, in causa C349/07, Soprop é , e Corte giust. 03/07/2014, in cause C-129/13 e C130/13, RAGIONE_SOCIALE menzionate nel ricorso e nella memoria; sia, al § 6, le divergenze tra disciplina europea e disciplina nazionale in tema di contraddittorio endoprocedimentale in materia tributaria, anche con riferimento, al punto 2, alle disposizioni della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea. Conformi, ex multis , Cass. 14/03/2018, n. 6219; Cass. 11/05/2018, n. 11560; Cass. 29/10/2018, nn. 27420 e 27421; Cass. 31/05/2016, n.11283; Cass. 25/01/2017, n. 1969; Cass. 14/03/2018, n. 6219; Cass. 27/07/2018, n. 20036; Cass.29/10/2018, n. 27421; Cass. 8/10/2020, n. 21695; Cass. 23/02/2021, n. 4752; Cass. 6/05/2021, n. 11913; Cass. 30/06/2021, n. 18413; Cass. 19/07/2021, n. 20436; Cass., sez. 5, 15/07/2021, n. 20157; Cass. 19/11/2021, n. 35643).
Pertanto, nel caso di specie, non vertendo gli atti impositivi in materia di tributi armonizzati, l’obbligatorietà del contraddittorio non sussisteva, in difetto di una specifica previsione in tal senso nell’ordinamento nazionale, non rinvenibile nell’art. 12, comma 7, legge n. 212 del 2000, non applicabile nei casi di accertamento c.d. a tavolino (Cass. Sez. U, Sentenza n. 24823 del 09/12/2015, cit.; conformi, ex multis , Cass. 23/01/2020, n. 1497; Cass. 05/11/2020, n. 24793; Cass. 14/03/2018, n. 6219; Cass. 10/07/2018, n. 18103; Cass. 30/10/2018, n. 27732).
La richiamata pronuncia delle Sezioni Unite n. 24823 del 2015 ha, in particolare, chiarito che «differentemente dal diritto dell’Unione europea, il
diritto nazionale, allo stato della legislazione, non pone in capo all’Amministrazione fiscale che si accinga ad adottare un provvedimento lesivo dei diritti del contribuente, in assenza di specifica prescrizione, un generalizzato obbligo di contraddittorio endoprocedimentale, comportante, in caso di violazione, l’invalidit à̀ dell’atto. Ne consegue che, in tema di tributi “non armonizzati”, l’obbligo dell’Amministrazione di attivare il contraddittorio endoprocedimentale, pena l’invalidit à̀ dell’atto, sussiste esclusivamente in relazione alle ipotesi, per le quali siffatto obbligo risulti specificamente sancito; mentre in tema di tributi “armonizzati”, avendo luogo la diretta applicazione del diritto dell’Unione, la violazione dell’obbligo del contraddittorio endoprocedimentale da parte dell’Amministrazione comporta in ogni caso, anche in campo tributario, l’invalidit à̀ dell’atto, purch é́ , in giudizio, il contribuente assolva l’onere di enunciare in concreto le ragioni che avrebbe potuto far valere, qualora il contraddittorio fosse stato tempestivamente attivato, e che l’opposizione di dette ragioni (valutate con riferimento al momento del mancato contraddittorio) si riveli non puramente pretestuosa e tale da configurare, in relazione al canone generale di correttezza e buona fede ed al principio di lealt à̀ processuale, sviamento dello strumento difensivo rispetto alla finalit à̀ di corretta tutela dell’interesse sostanziale, per le quali è stato predisposto».
Inoltre, come evidenziato dallo stesso arresto giurisprudenziale (Cass. Sez. U, 09/12/2015, n. 24823, cit.), il testo dell’art. 12, comma 7, legge n. 212 del 2000, univocamente fondante la limitazione della garanzia del contradditorio procedimentale alle sole «verifiche in loco », è da ritenersi «non irragionevole», in quanto giustificato dalla peculiarit à̀ stessa di tali verifiche, «caratterizzate dall’autoritativa intromissione dell’Amministrazione nei luoghi di pertinenza del contribuente alla diretta ricerca di elementi valutativi a lui sfavorevoli; peculiarit à̀ che giustifica, quale controbilanciamento, il contraddittorio al fine di correggere, adeguare e chiarire, nell’interesse del contribuente e della stessa Amministrazione, gli elementi acquisiti presso i locali aziendali».
Siffatta peculiarit à̀ , differenziando le due ipotesi di verifica («in loco» e «a tavolino»), giustifica e rende non irragionevole il differente trattamento normativo delle stesse, con conseguente manifesta infondatezza dell’ ipotetica incostituzionalit à̀ della norma con riferimento agli artt. 3 e 97
Cost. (Cass. 14/04/2021, n. 9720; Cass. Cass. 19/07/2021, n. 20436, cit., in motivazione).
Anche con riferimento all’art. 3 della Cost. deve escludersi un ipotetico profilo di illegittimità costituzionale, per la duplicit à̀ di trattamento giuridico tra «tributi armonizzati» e «tributi non armonizzati», «atteso che, come viene evidenziato dalla richiamata sentenza delle Sezioni Unite n. 24823 del 2015, l’assimilazione tra i due trattamenti è preclusa in presenza di un quadro normativo univocamente interpretabile nel senso dell’inesistenza, in campo tributario, di una clausola generale di contradditorio procedimentale.» (Cass. 19/07/2021, n. 20436, cit., in motivazione).
Inoltre, poich é́ il sistema di tassazione diretta, nel suo complesso, non ha alcun rapporto con quello dell’Iva, « non pu ò̀ ritenersi che una soluzione in tema di contraddittorio endoprocedimentale in materia Iva, diversa da quella espressa per i tributi diretti, crei un vulnus al principio di non discriminazione sul versante comunitario, n é a quello della ragionevolezza sul piano interno (cfr. Corte di Giustizia, 17 marzo 2007, causa C-35/05; Cass., sez. 5, 27/09/2013, n. 22132; Cass., sez. 5, 14/04/2021, n. 9720)» (Cass. 19/07/2021, n. 20436, cit., in motivazione).
Non si ravvisano, dunque, ragioni per discostarsi dai principi enunciati dalla menzionata decisione delle Sezioni unite n. 24823 del 2015, e dall’univoco e consolidato orientamento di legittimità che ad essa è seguito, e vanno quindi disattesi i dubbi in ordine alla legittimit à̀ dell’art. 12, comma 7, legge n. 212 del 2000, risultando il descritto assetto coerente sia con i principi costituzionali che con la normativa comunitaria.
Non ha pertanto errato la CTR nell’escludere che sussistesse, nel caso di specie, l’obbligo del contradittorio preventivo.
Ferma tale conclusione, giova peraltro aggiungere che comunque, ove pure fosse applicabile (come tuttavia è stato escluso, per le ragioni già chiarite) anche al caso di specie la disciplina del contraddittorio preventivo relativa ai tributi armonizzati, n on ricorrendo in concreto la fattispecie dell’accesso, l’ipotetica rilevanza dell’omesso contraddittorio endoprocedimentale presupporrebbe che il contribuente avesse assolto all’onere di enunciare in concreto le ragioni che avrebbe potuto far valere e non avesse proposto un’opposizione meramente pretestuosa.
Si tratta della cd. «prova di resistenza», che costituisce lo strumento tramite il quale l’applicazione della normativa comunitaria in tema di contraddittorio preventivo viene garantita in sede giurisdizionale, attraverso il bilanciamento con il canone generale di correttezza e buona fede e con il principio di lealt à̀ processuale, richiedendo la necessaria verifica delle ragioni che il contribuente avrebbe potuto far valere se il contraddittorio fosse stato tempestivamente attivato, per accertare che «l’opposizione di dette ragioni si riveli non puramente pretestuosa e tale da configurare, in relazione al canone generale di correttezza e buona fede e al principio di lealt à̀ processuale, sviamento dello strumento difensivo rispetto alla finalit à̀ di corretta tutela dell’interesse sostanziale, per le quali è stato predisposto» (Cass. Sez. U, 09/12/2015, n. 24823, cit.; conformi , ex multis , Cass. 18/03/2016, n. 5502; Cass. 19/07/2021, n. 20436, cit.). Tuttavia, l’apprezzamento di tale presupposto sarebbe nel caso di specie comunque precluso, non avendo i contribuenti nulla dedotto specificamente al riguardo nella formulazione del mezzo, con conseguente genericità dello stesso motivo. Tale carenza precluderebbe pertanto comunque la verifica dell’apprezzamento, anche solo in termini di non pretestuosità, della ‘non resistenza’ dell’accertamento tributario, con inammissibilità del relativo motivo.
3. Con il secondo motivo si deduce «Violazione o falsa applicazione dell’art.68 del TUIR e dell’art. 53 Cost. in relazione all’art.360 cpc n.3».
Assume il ricorrente che la norma violata (art. 68 t.u.i.r.) è ancorata al concetto di “percezione delle somme”, in difetto della quale non vi sarebbe plusvalenza. Pertanto, non potrebbe considerarsi reddito tassabile e, dunque, plusvalenza realizzata nel periodo d’imposta oggetto dell’accertamento , l’importo non riscosso o, in caso di rateazione o dilazione nel pagamento, percepito in un altro periodo d’imposta, come sarebbe avvenuto nel caso di specie, avendo l’acquirente dell’immobile versato al contribuente solo euro 171,87 in contanti, mentre la restante parte del corrispettivo sarebbe stata regolata con l’ accollo di due mutui, che non costituirebbe corrispettivo della vendita conseguito nello stesso anno d’imposta preso in esame dall’Ufficio, con conseguente violazione del criterio di cassa, che la CTR , errando, non avrebbe riconosciuto.
3.1. La decisione sul secondo motivo del ricorso principale richiede l’esame preventivo del ricorso incidentale condizionato erariale, con il quale si denunzia «Violazione dell’art.57 del d.lgs. n.546/1992, in relazione all’art. 360, comma 1, n.4 c.p.c.»
Rileva infatti l’Agenzia che c on il secondo motivo la contribuente si duole della mancata prova da parte dell’Ufficio dell’effettiva percezione dell’intero ricavato dalla vendita dell’immobile nell’anno in esame, ma trattasi di doglianza non sollevata da controparte nel gravame originario, bensì dedotta solo nel secondo grado di giudizio.
La CTR ha deciso anche sulla nuova eccezione, in senso favorevole all’Ufficio, ma senza tuttavia pronunciarne l’inammissibilità, per cui l’Agenzia eccepisce , in via incidentale condizionata, l ‘ inammissibilità del mezzo non rilevata dal giudice di secondo grado.
3.2. Occorre allora premettere che è vero che « In tema di giudizio di cassazione, il ricorso incidentale proposto dalla parte totalmente vittoriosa nel giudizio di merito, che investa questioni preliminari di merito o pregiudiziali di rito (quale, nella specie, improponibilità dell’appello, comunque rigettato, in relazione all’intervenuta rinuncia preventiva all’impugnazione, disattesa nella sentenza gravata sul presupposto della nullità di detta rinuncia) ha natura di ricorso condizionato all’accoglimento del ricorso principale, indipendentemente da ogni espressa indicazione di parte, sicché, laddove le medesime questioni pregiudiziali di rito o preliminari di merito siano state oggetto di decisione esplicita o implicita da parte del giudice di merito, tale ricorso incidentale va esaminato dalla Corte solo in presenza dell’attualità dell’interesse, ovvero unicamente nell’ipotesi della fondatezza del ricorso principale» (Cass., Sez. Un., 25/03/2013, n. 7381).
Tuttavia, « In tema di ricorso per cassazione, il principio di salvaguardia dell’ordine logico nella trattazione delle questioni, secondo il criterio di graduazione che impone prima lo scrutinio di quelle introdotte con il ricorso principale e poi di quelle di cui al ricorso incidentale, può cedere al cospetto delle esigenze sottese al principio della ragionevole durata del processo, sicché le questioni pregiudiziali sollevate a mezzo del ricorso incidentale
dalla parte totalmente vittoriosa possono formare oggetto di esame prioritario quando la loro definizione, rendendo ultroneo l’esame delle questioni sollevate con il ricorso principale, consenta una più sollecita definizione della vicenda in giudizio in base al principio della ragione più liquida.» (Cass. 21/05/2021, n. 14039), che è quanto accade nel caso di specie.
Inoltre «Il divieto di proporre domande nuove in appello, previsto dall’art. 345, comma 1, c.p.c., è posto a tutela di un interesse di natura pubblicistica, sicché la relativa violazione è rilevabile in sede di legittimità anche d’ufficio, senza che possa spiegare alcuna influenza l’accettazione del contraddittorio.» (Cass., Sez. Un., 09/01/2020, n. 157), sicché si potrebbe comunque rilevare, anche d’ufficio, la novità della questione prospettata, in appello e nel secondo motivo di ricorso principale del contribuente, anche a prescindere dalla relativa deduzione dedotta nel ricorso incidentale condizionato. Il quale è fondato, poiché la questionecomunque rigettata dalla CTR- del momento effettivo della percezione del reddito, con pretesi riflessi sull’effettiva realizzazione della plusvalenza nell’anno in cui è stata imputata, era effettivamente nuova ed inammissibile in appello, come l’Agenzia d enuncia e dimostra, riproducendo il ricorso introduttivo del contribuente. Non valgono, in contrario, le argomentazioni del contribuente esposte nel controricorso al ricorso incidentale: la questione nuova non si esaurisce invero semplicemente in un argomento o in una mera difesa, ma nell’allegazione di un vero e proprio fatto- la mancata percezione del pagamento in un preciso contesto temporale, in ragione delle modalità di pagamento- e delle sue conseguenze giuridiche, che andava prospettato e dedotto ( con le caratteristiche e le finalità di cui all’attuale ricorso per cassazione), tempestivamente già nel ricorso introduttivo, prima che si cristallizzasse il thema decidendum .
3.3. La fondatezza dell’unico motivo di ricorso incidentale condizionato ha quindi come effetto non l’accoglimento di quest’ultimo, la cui rilevanza sulla sentenza impugnata resta comunque assorbita dal rigetto integrale (v. infra ) del ricorso principale, ma, per l’appunto, il rigetto anche del secondo motivo del ricorso principale.
4. Con il terzo motivo si deduce «Violazione o falsa applicazione dell’art.67 del TUIR e degli art. 2727 e2729 cc in relazione all’art.360 срс n.3», lamentando che la CTR avrebbe errato nell’apprezzamento delle ‘ prove offerte a sostegno dell’assunto che l’abitazione era stata utilizzata ad abitazione principale di un familiare del ricorrente e, precisamente, del fratello NOME ‘.
Viceversa, secondo il ricorrente, dagli stessi elementi istruttori ‘ se ne potrà ricavare che NOME COGNOME (fratello del ricorrente-NOME) ha utilizzato l’immobile per il periodo che va dal 2005 (vedasi premessa atto pubblico del 2005 nel quale si dichiara domiciliato nell’immobile) sino all’atto di vendita del 2007 (oggetto di accertamento) e come provato dalle ricevute Enel che non rappresentano affatto il consumo (come erroneamente sostenuto dalla CTR) ma, bensì, l’uso domestico, per abitazione di residenza, nel periodo preso in esame (2004-2006). ‘.
È invero palese che il mezzo in questione, pur formalmente rubricato come violazione di legge, attinge esclusivamente il merito della valutazione in fatto operata dal giudice d’appello, ed è quindi inammissibile in sede di legittimità, tanto più per la ricorrenza anche del limite della doppia conformità di merito, che precluderebbe finanche il limitato accesso al ‘fatto’ ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., vigente ratione temporis , comunque non denunciato.
Spese secondo soccombenza.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso principale e, assorbito il ricorso incidentale condizionato, condanna il ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 5.600,00 per compensi, oltre alle spese prenotate a debito .
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 -quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13 , se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 20 dicembre 2023.