Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 7627 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 7627 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 21/03/2024
Oggetto: Tributi –
Accertamento
ordinanza
sul ricorso iscritto al n. 24601/2018 R.G. proposto da COGNOME NOME, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME, elettivamente domiciliato alla pec: , giusta procura speciale in calce al ricorso;
– ricorrente –
Contro
RAGIONE_SOCIALE , rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso la quale è domiciliata in Roma, INDIRIZZO;
-controricorrente – avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Campania n. 1199/14/2018, depositata l’8.02.2018 .
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 10 novembre 2023 dal Consigliere NOME COGNOME.
RILEVATO CHE
La CTP di Napoli rigettava il ricorso proposto da COGNOME NOME, titolare di impresa individuale esercente attività edilizia, avverso l ‘avviso di accertamento per imposte dirette e IVA , in relazione all’ anno di imposta 2010, con il quale era stato rideterminato il reddito d’impresa, a seguito di disconoscimento di costi (relativi a lavori eseguiti da terzi e forniture di merci) ritenuti non inerenti e non di competenza;
con la sentenza indicata in epigrafe, la Commissione tributaria regionale della Campania rigettava l’appello proposto dall a società contribuente, osservando, per quanto ancora qui interessa, che la censura relativa alla mancata instaurazione del contraddittorio preventivo era pretestuosa, tanto che il contribuente non aveva dimostrato neppure in giudizio l’inerenza, la certezza e la competenza dei costi disconosciuti;
il contribuente proponeva ricorso per cassazione, affidato a tre motivi;
l ‘RAGIONE_SOCIALE resisteva con controricorso.
CONSIDERATO CHE
Con il primo motivo di ricorso, il ricorrente deduce, in relazione a ll’art. 360 , comma 1, n. 3, cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione degli artt. 12, comma 7, della l. n. 212 del 2000, 51, comma 2 e 6, del d.P.R. n. 633 del 1972, per avere la CTR errato nel ritenere pretestuosa l’eccezione relativa alla mancata instaurazione del contraddittorio endoprocedimentale, il cui obbligo grava in generale sull’Amministrazione finanziaria e la cui violazione comporta l’invalidità dell’atto impositivo , avendo il contribuente assolto l’onere di enunciare le ragioni che avrebbe potuto fare valere in tale sede;
il motivo è infondato;
occorre innanzitutto premettere nei casi di accertamento c.d. a tavolino (quale quello in esame), in cui non vi è stato alcun accesso,
ispezione o verifica nei locali destinati all’esercizio dell’attività, l’Amministrazione finanziaria è gravata di un obbligo generale di contraddittorio endoprocedimentale, la cui violazione comporta l’invalidità dell’atto impositivo, purché il contribuente abbia assolto all’onere di enunciare in concreto le ragioni che avrebbe potuto far valere e non abbia proposto un’opposizione meramente pretestuosa, esclusivamente per i tributi “armonizzati”, mentre, per quelli “non armonizzati”, non è rinvenibile, nella legislazione nazionale, un analogo generalizzato vincolo, sicché esso sussiste solo per le ipotesi in cui risulti specificamente sancito (Cass., Sez. U, n. 24823 del 9.12.2015);
in secondo luogo, poiché per le modalità di svolgimento del contraddittorio non viene prescritta alcuna forma vincolata, va ribadito il principio, secondo il quale è sufficiente (e necessario) che detto contraddittorio, quando previsto, ‘si realizzi in modo effettivo quali siano gli strumenti in concreto adottati, siano essi il ricorso a procedure partecipative o l’impiego di altri meccanismi finalizzati all’interlocuzione preventiva, come, ad esempio, l’inoltro di questionari, il riconoscimento dell’accesso agli atti ovvero l’espletamento di altre attività che risultino funzionali a detto obiettivo’ , (Cass. 19.07.2021, n. 20436);
nella specie, come risulta anche dal contenuto del ricorso per cassazione (p. 2), al COGNOME era stato inviato un questionario con la richiesta di invio di documentazione, proprio al fine di verificare la regolarità della sua posizione contabile e fiscale;
a p. 7 del ricorso per cassazione, peraltro, risulta che il contribuente aveva avuto anche un secondo contatto con l’Amministrazione finanziaria, laddove ha precisato che ‘nel secondo verbale di consegna dei documenti a seguito del questionario, il contribuente ha esibito all’Ufficio i mastrini contabili dei fornitori con le annotazioni
della modalità di pagamento nonché il registro acquisti, vendite e cespiti… ‘;
i contatti instaurati con il contribuente in tali occasioni erano sicuramente idonei ad essere qualificati quale contraddittorio endoprocedimentale;
con il secondo motivo, denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 41 -bis e 29, comma 1, lett. c) del d.P.R. n. 600 del 1973, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., non avendo la CTR rilevato che la rettifica effettuata dall’Ufficio, ai sensi dell’art. 41 -bis del d.P.R. n. 600 del 1973, presupponeva l’esistenza di elementi certi da cui desumere l’esistenza di un reddito non dichiarato e non di mere presunzioni, quali quelle addotte dall’Ufficio, essendo irrilevanti gli inadempimenti fiscali dei fornitori del contribuente;
il motivo è inammissibile per mancanza di specificità, non avendo il contribuente riportato il contenuto dell’atto impositivo e degli atti difensivi dei precedenti gradi del giudizio, nella parte rilevante per la censura, al fine di fare comprendere alla Corte la questione prospettata con detta doglianza;
il motivo sarebbe in ogni caso infondato;
-secondo l’orientamento costante di questa Corte, cui va data continuità, l’accertamento parziale non costituisce un metodo di accertamento autonomo rispetto alle previsioni di cui agli artt. 38 e 39 del d.P.R. n. 600 del 1973 e 54 e 55 del d.P.R. n. 633 del 1972, bensì una modalità procedurale che ne segue le stesse regole, per cui può basarsi senza limiti anche sul metodo induttivo e il relativo avviso può essere emesso pur in presenza di una contabilità tenuta in modo regolare ( ex multis , Cass. n. 28681 del 7/11/2019);
nel caso di accertamento parziale ex art.41 -bis del d.P.R. n. 600 del 1973, pertanto, non è richiesto all’Ufficio di fornire la “prova certa” del maggior reddito, la cui prova può essere raggiunta anche in via
presuntiva, fatta sempre salva la possibilità per il contribuente di fornire specifica prova contraria, da sottoporre al vaglio del giudice di merito nella fase contenziosa (Cass. n. 8406 del 4/04/2018);
con il terzo motivo, deduce la nullità della sentenza impugnata, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4, cod. proc. civ., per violazione degli artt. 36, comma 2, n. 2 e n. 4, del d.lgs. n. 546 del 1992 e 132, comma 2, cod. proc. civ., per motivazione mancante o apparente, per non avere la CTR esaminato le circostanze addotte e documentate dal contribuente , non spiegando le ragioni del rigetto dell’impugnazione;
il motivo è infondato;
come ha più volte affermato questa Corte, ‘la motivazione è solo apparente, e la sentenza è nulla perchè affetta da “error in procedendo”, quando, benchè graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obbiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture ‘ (Cass., Sez. U. 3.11.2016, n. 22232);
la motivazione della sentenza impugnata, benchè sintetica, non rientra affatto nei paradigmi invalidanti indicati nel citato, consolidato e condivisibile, arresto giurisprudenziale, in quanto affronta tutte le censure prospettate dall’appellante, dovendosi ritenere che il giudice tributario di appello abbia comunque assolto il proprio obbligo motivazionale al di sopra del “minimo costituzionale” (cfr. Sez. U. 7.04.2014, n. 8053);
il ricorso va, dunque, rigettato e il ricorrente va condannato al pagamento, in favore della controricorrente, RAGIONE_SOCIALE spese del giudizio, che si liquidano come in dispositivo.
La Corte rigetta il ricorso; condanna COGNOME NOME al pagamento, in favore dell’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE spese del giudizio, che liquida in € 5. 800,00, oltre alle spese prenotate a debito;
ai sensi dell’art. 13 comma 1-quater d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della parte ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così d eciso in Roma, nell’adunanza camerale del 10 novembre 2023