Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 16622 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 16622 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 14/06/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 1779/2023 R.G. proposto da RAGIONE_SOCIALE, rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO (domicilio digitale: EMAIL) -ricorrente- contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore , domiciliata in Roma alla INDIRIZZO presso gli uffici dell’Avvocatura Generale dello Stato, dalla quale è rappresentata e difesa ope legis
-controricorrente-
avverso la SENTENZA della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE DELLA SICILIA n. 5252/2022 depositata il 9 giugno 2022
Udita la relazione svolta nell ‘adunanza camerale de l 17 aprile 2024 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA E MOTIVI DELLA DECISIONE
RAGIONE_SOCIALE dell’RAGIONE_SOCIALE notificava ad NOME COGNOME, alla luce RAGIONE_SOCIALE risposte dallo stesso fornite al questionario precedentemente inviatogli dall’Ufficio ai sensi dell’art. 32, comma 1, lettera d), del D.P.R. n. 600 del
1973, un avviso di accertamento con il quale venivano recuperati a tassazione ai fini dell’IRPEF, dell’IRAP e dell’IVA maggiori redditi non dichiarati dal contribuente in relazione all’anno 2012, asseritamente derivanti dall’esercizio della sua attività professionale.
1.1 Il COGNOME impugnava il predetto avviso di accertamento dinanzi alla Commissione Tributaria RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE, lamentando, per quanto qui ancora interessa, la violazione dell’obbligo del contraddittorio endoprocedimentale.
1.2 La Commissione adìta, con sentenza n. 2147/2019 del 14 novembre 2019, accoglieva il ricorso del contribuente, annullando l’atto impositivo.
1.3 La decisione veniva, però, successivamente riformata dalla Commissione Tributaria Regionale della Sicilia, la quale, con sentenza n. 5252/2022 del 9 giugno 2022, in accoglimento del gravame proposto dall’Amministrazione Finanziaria, respingeva l’originario ricorso della parte privata, rimasta contumace nel giudizio d’appello.
1.4 A fondamento della pronuncia adottata il giudice regionale osservata quanto segue:
-non è predicabile l’esistenza nell’ordinamento interno di un principio generale volto ad affermare l’obbligatorietà del contraddittorio preventivo con il contribuente, indipendentemente da una specifica previsione di legge in tal senso;
-l’obbligo dell’Amministrazione Finanziaria di attivare il contraddittorio endoprocedimentale, a pena di invalidità dell’atto, sussiste soltanto per i tributi cd. «armonizzati», sempre che il contribuente enunci le ragioni che avrebbe potuto far valere ove il contraddittorio fosse stato tempestivamente attivato, dimostrandone l’idoneità ad impedire l’esercizio della pretesa impositiva;
-nel caso di specie, l’instaurazione del contraddittorio preventivo
non risultava necessaria per i rilievi in materia di IRPEF e di IRAP, tributi «non armonizzati», essendosi in presenza di un avviso di accertamento non emesso all’esito di ispezioni e verifiche condotte presso la sede del contribuente;
-d’altro canto, la mancata attivazione del contraddittorio nemmeno poteva giustificare l’annullamento dell’atto impositivo per la parte relativa ai rilievi in tema di I.V.A., tributo «armonizzato», non avendo il contribuente in alcun modo indicato il pregiudizio concretamente subìto e le ragioni che avrebbe potuto far valere in sede stragiudiziale.
Avverso tale sentenza il COGNOME ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi.
2.1 Con il primo motivo, formulato ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3) c.p.c., è denunciata la violazione dell’art. 12, comma 7, della L. n. 212 del 2000 e dell’art. 41 della Carta dei diritti fondamentali dell’UE.
2.1.1 Si contesta alla CTR di aver erroneamente escluso -sulla scia di un orientamento giurisprudenziale di legittimità ormai consolidato, che tuttavia il ricorrente reputa non condivisibile, in quanto confliggente con la normativa interna (anche di rango costituzionale) e con quella comunitaria, l’esistenza di un obbligo generalizzato dell’Amministrazione Finanziaria di instaurazione del contraddittorio con il contribuente nella fase endoprocedimentale.
2.2 Con il secondo motivo, esso pure proposto a norma dell’art. 360, comma 1, n. 3) c.p.c., vengono nuovamente lamentata la violazione e la falsa applicazione dell’art. 12, comma 7, della L. n. 212 del 2000.
2.2.1 Si rimprovera al giudice di secondo grado di aver erroneamente affermato che l’annullamento dell’atto impositivo non poteva essere disposto nemmeno limitatamente ai rilievi in materia di IVA, tributo «armonizzato», non avendo il contribuente assolto l’onere di enunciare le specifiche ragioni concretamente
opponibili all’ufficio finanziario accertatore in seno al procedimento amministrativo.
L’RAGIONE_SOCIALE ha resistito con controricors o all’avversa impugnazione.
Il Consigliere delegato dal Presidente della Sezione ha formulato proposta di definizione accelerata del giudizio ex art. 380bis , comma 1, c.p.c., ritualmente comunicata ai difensori RAGIONE_SOCIALE parti.
4.1 A sèguito di tale comunicazione, la parte ricorrente, a mezzo del suo difensore munito di nuova procura speciale, ha chiesto la decisione.
4.2 È stata, quindi, fissata per la trattazione del ricorso l’odierna adunanza in camera di consiglio, ai sensi dell’art. 380 -bis .1. c.p.c., in prossimità della quale il COGNOME ha depositato memoria illustrativa.
La proposta di definizione del giudizio è del seguente tenore:
«-Primo motivo: manifestamente infondato, in quanto, in tema di accertamento fiscale, il termine dilatorio di cui all’art. 12, comma 7, della l. n. 212 del 2000 opera soltanto in caso di controllo eseguito presso la sede del contribuente e non anche nella diversa ipotesi (qual è quella di specie), non assimilabile alla precedente, di accertamenti cd. a tavolino, atteso che la naturale vis expansiva dell’istituto del contraddittorio procedimentale nei rapporti tra fisco e contribuente non giunge fino al punto di imporre termini dilatori all’azione di accertamento derivanti da controlli eseguiti nella sede dell’Amministrazione sulla base dei dati forniti dallo stesso contribuente o acquisiti documentalmente (Cass. 5.11.2020, n. 24793; Cass. 15 gennaio 2019, n. 701; Cass. 31 maggio 2016, n. 11283; Cass., sez. U., 9.12.2015, n. 24823;
Secondo motivo: inammissibile, in quanto, con riferimento alla parte di accertamento riguardante l’IVA, il contribuente non ha indicato quali ragioni avrebbe potuto far valere in sede di contraddittorio endo-procedimentale, non avendo riproposto i
motivi di ricorso e le relative domande in appello (giudizio nel quale è rimasto contumace) (Cass. 29 ottobre 2018, n. 27420)» .
5.1 Il Collegio condivide il contenuto della proposta che precede e ritiene, pertanto, che il ricorso debba essere respinto.
5.2 La giurisprudenza ormai consolidata di questa Corte, sulla scia dell’arresto RAGIONE_SOCIALE Sezioni Unite n. 24823/2015, esclude che l’esistenza di un obbligo generalizzato dell’Amministrazione Finanziaria di instaurare il contraddittorio endoprocedimentale con il contribuente possa essere desunta dalla previsione contenuta nell’ art. 12, comma 7, della L. n. 212 del 2000, la cui applicazione è limitata, secondo il suo tenore testuale, ai soli accertamenti conseguenziali ad accessi, ispezioni e verifiche presso i luoghi di riferimento del contribuente, con esclusione degli accertamenti cd. «a tavolino» (cfr., ex multis , Cass. n. 36502/2022, Cass. n. 23729/2022, Cass. n. 7690/2020).
5.2.1 È stato, conseguentemente, precisato:
-che l’obbligo anzidetto è predicabile unicamente nel settore dei tributi cd. «armonizzati», ovvero quelli soggetti alla diretta applicazione del diritto dell’Unione Europea, rispetto ai quali la violazione del contraddittorio preventivo da parte dell’Amministrazione comporta l’invalidità dell’atto impositivo, sempre che, nel successivo giudizio tributario, il contribuente enunci in concreto le ragioni che avrebbe potuto far valere, qualora il contraddittorio fosse stato tempestivamente attivato, e l’opposizione di dette ragioni, valutata (cioè con riguardo al momento del mancato contraddittorio), si riveli non meramente pretestuosa e tale da configurare uno sviamento dello strumento difensivo rispetto alle finalità di corretta tutela dell’interesse sostanziale, per le quali l’ordinamento lo ha previsto; -che, per contro, nel campo dei tributi c.d. «non armonizzati», l’obbligo in questione sussiste soltanto se espressamente sancito da una specifica disposizione normativa: si pensi, ad esempio,
all’ art. 38, comma 7, del D.P.R. n. 600 del 1973, relativo alla determinazione sintetica del reddito RAGIONE_SOCIALE persone fisiche; agli artt. 36bis , comma 3, e 36ter , comma 4, del medesimo decreto, riguardanti, rispettivamente, il controllo automatizzato e quello formale della dichiarazione dei redditi; all’ art. 10, comma 3bis , della L. n. 146 del 1998 sugli studi di settore; all’art. 10 -bis , commi 6, 7 e 8, della L. n. 212 del 2000 concernente l’accertamento di operazioni abusive (cfr. Cass. n. 33349/2023, Cass. n. 2585/2023, Cass. n. 36992/2022, Cass. n. 30211/2022).
5.3 Tale ormai stabile assetto giurisprudenziale è stato confermato dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 47/2023, che ha dichiarato inammissibile la sollevata questione di legittimità dell’art. 12, comma 7, della L. n. 212 del 2000.
5.4 Con la menzionata decisione il giudice RAGIONE_SOCIALE leggi ha rilevato che, «di fronte alla molteplicità di strutture e di forme che il contraddittorio ha assunto e può assumere in àmbito tributario, spetta al legislatore, nel rispetto dei princìpi costituzionale, il còmpito di adeguare il diritto vigente, scegliendo tra diverse possibili opzioni che tengano conto e bilàncino i differenti interessi in gioco, in particolare assegnando adeguato rilievo al contraddittorio con i contribuenti».
5.5 Alla stregua dei surriferiti princìpi di diritto, dai quali non v’è ragione di discostarsi, deve ritenersi che correttamente la CTR abbia escluso l’invalidità dell’impugnato avviso di accertamento, per la parte concernente i rilievi in materia di tributi «non armonizzati» (IRPEF e IRAP), una volta acclarato che l’atto impositivo era stato emesso a sèguito di verifica «a tavolino».
5.6 Né a diverso esito può indurre la disposizione di cui all’art. 6 -bis , comma 1, della L. n. 212 del 2000, inserita dall’art. 1, comma 1, lettera e), del D. Lgs. n. 219 del 2023, in vigore dal 18 gennaio 2024 -secondo la quale, «salvo quanto previsto dal comma 2, tutti gli atti autonomamente impugnabili dinanzi agli organi della
giurisdizione tributaria sono preceduti, a pena di annullabilità, da un contraddittorio informato ed effettivo…» -, trattandosi di norma non applicabile «ratione temporis» alla presente controversia.
5.7 Le censure mosse dal COGNOME si appalesano prive di fondamento anche per quanto attiene ai rilievi in tema di IVA, tributo «armonizzato», essendo stato accertato dal giudice di secondo grado che il contribuente «non aveva in alcun modo indicato… le ragioni che avrebbe potuto far valere in sede stragiudiziale» .
In proposito, occorre tener presente che il vizio di cui all’art. 360, comma 1, n. 3) c.p.c., lamentato in questa sede dal ricorrente, non può essere mediato dalla riconsiderazione RAGIONE_SOCIALE risultanze processuali (cfr. Cass. n. 33186/2023, Cass. n. 32398/2022, Cass. n. 15568/2020, Cass. n. 27475/2019), non essendo consentito nel giudizio di legittimità, mediante la formale denuncia di violazione o falsa applicazione di legge, rimettere in discussione la valutazione in fatto compiuta dal giudice di merito.
5.8 Per completezza espositiva, giova precisare che, ai fini della soluzione dell’odierna vertenza, non assume rilievo la questione, recentemente rimessa alle Sezioni Unite con ordinanza interlocutoria n. 7829/2024, attinente al contenuto della cd. «prova di resistenza» che il contribuente deve offrire «in subiecta materia» , se cioè esso abbia ad oggetto la mera non pretestuosità RAGIONE_SOCIALE ragioni spese o anche la probabile fondatezza RAGIONE_SOCIALE stesse.
5.9 Una simile questione esula, infatti, dall’àmbito della presente decisione, in quanto l’infondatezza RAGIONE_SOCIALE doglianze del contribuente discende, a monte, dall’accertata omessa allegazione RAGIONE_SOCIALE ragioni che egli avrebbe potuto far valere in sede di contraddittorio endoprocedimentale.
In definitiva, il ricorso deve essere respinto.
Le spese processuali seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.
Poichè il giudizio è stato definito in conformità alla proposta formulata ai sensi del comma 1 dell’art. 380 -bis c.p.c., devono trovare applicazione -giusta quanto disposto dal comma 3 dello stesso articolo, contemplante un’ipotesi normativa di abuso del processo (cfr. Cass. Sez. Un. n. 27433/2023)- i commi 3 e 4 dell’art. 96 c.p.c..
8.1 Il ricorrente va, pertanto, condannato al pagamento:
(a)di una somma equitativamente determinata a favore della controparte;
(b)di un’ulteriore somma di denaro, stabilita nel rispetto dei limiti di legge, in favore della cassa RAGIONE_SOCIALE ammende.
8.2 Per la quantificazione degli importi di cui sopra si rimanda al dispositivo.
Stante l’esito dell’impugnazione, viene infine resa nei riguardi della parte che l’ha proposta l’attestazione di cui all’art. 13, comma 1quater , del D.P.R. n. 115 del 2002 (Testo Unico RAGIONE_SOCIALE spese di giustizia), inserito dall’art. 1, comma 17, della L. n. 228 del 2012.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente a rifondere all’RAGIONE_SOCIALE le spese del presente giudizio di legittimità, liquidate in 5.600 euro, oltre ad eventuali oneri prenotati a debito, nonchè a pagare alla stessa RAGIONE_SOCIALE l’ulteriore somma di 2.800 euro ex art. 96, comma 3, c.p.c.; condanna, altresì, il ricorrente al pagamento della somma di 500 euro in favore della cassa RAGIONE_SOCIALE ammende, ai sensi dell’art. 96, comma 4, c.p.c..
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del D.P.R. n. 115 del 2002 (Testo Unico RAGIONE_SOCIALE spese di giustizia), dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso articolo, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione