Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 24965 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 24965 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 10/09/2025
Oggetto: contraddittorio endoprocedimentale
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 17400/2017 R.G. proposto da NOME COGNOME rappresentato e difeso dall’Avv. NOME COGNOME di Vimercate (PEC: EMAIL), con domicilio eletto presso lo studio del difensore in Roma, INDIRIZZO
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, con domicilio eletto in Roma, INDIRIZZO
-controricorrente – avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Toscana n. 104/5/2017 depositata il 18/1/2017 e non notificata.
Udita la relazione svolta nell’adunanza camerale del 9 luglio 2025 dal consigliere NOME COGNOME.
Rilevato che:
Con sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Toscana n. 104/5/2017 veniva accolto l’appello incidentale proposto da ll’Agenzia delle entrate e rigettato l’appello principale di NOME COGNOME, medico-chirurgo, avverso la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Pistoia n. 583/2/2015 con la quale era stato parzialmente accolto il ricorso proposto dal contribuente contro l’ avviso di accertamento per II.DD., IVA per l’ anno di imposta 2009, basato su p.v.c. adottato a seguito di verifica fiscale e ricostruzione con metodo analitico induttivo di maggiori ricavi non dichiarati.
Il giudice di prime cure accoglieva parzialmente le prospettazioni difensive del ricorrente e, tenuto conto della documentazione prodotta dal contribuente, riduceva il maggiore ricavo accertato. Il giudice d’appello riteneva preliminarmente non violato il principio del contraddittorio endoprocedimentale e legittimo il metodo di accertamento analitico-
induttivo nonostante la contabilità apparentemente formalmente regolare. Nel merito, confermava integralmente le riprese, ritenendo gravi, precisi e concordanti le presunzioni alla base delle riprese, oltre che inattendibile il campione delle ricevute prodotte dal contribuente e poste a base della riduzione dei ricavi in primo grado.
Avverso la sentenza d’appello il contribuente ha proposto ricorso per Cassazione, affidato a sei motivi, che illustra con memoria ex art.380 bis-1. cod. proc. civ., cui replica l’Agenzia delle entrate con controricorso.
Considerato che:
Con il primo motivo del ricorso il contribuente prospetta, in rapporto all’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., l’ omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti (travisamento della prova) da parte del giudice, con riferimento ai documenti di causa e, in particolare, al PVC della Guardia di Finanza di Pistoia, che ha condotto alla reiezione del motivo relativo alla violazione del principio del contraddittorio endoprocedimentale.
Il motivo è inammissibile, come eccepito in controricorso in quanto il motivo in oggetto può farsi valere solo allorché si denunzi l’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali e non di singoli elementi di prova, nella specie documenti di causa e, in particolare, il PVC sotteso all’accertamento.
Con il secondo motivo di ricorso si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la violazione dell’art. 12, comma 7, l. 212/2000 e dell’art. 41 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, per non aver il giudice d’appello tenuto conto che l’intervenuto contraddittorio in fase procedimentale e di PVC aveva avuto
ad oggetto un contenuto parzialmente diverso (due operazioni specifiche) rispetto a quello dell’avviso di accertamento impugnato, nel quale per la prima volta erano stati induttivamente rideterminati maggiori ricavi per il complessivo periodo d’imposta . Solo in relazione a tale contestazione il contribuente avrebbe presentato le osservazioni al PVC ex art. 12, comma 7 cit., mentre l’avviso ha rideterminato i compensi percepiti in euro 99.812. Il contribuente deduce che, ove fosse stato attivato il contraddittorio su tale tema di ripresa, avrebbe potuto contestare l ‘ errata forfettizzazione degli interventi chirurgici contestati, il mancato conteggio dei costi dell’equipe che operava con lui nei singoli interventi e l’intervenuta fatturazione di tutti gli interventi effettivamente eseguiti sino al momento della verifica.
4. Il motivo è inammissibile. E’ innanzitutto fondata, con riferimento alla ripresa IVA e al diritto unionale, l’eccezione di inammissibilità del mezzo di impugnazione per difetto di specificità e autosufficienza, dal momento che il contribuente non ha fornito evidenza che l’invocazione del principio del contraddittorio non è meramente strumentale (v. Cass. Sez. U. n.24823/2015, Cass. Sez. U. n.21271/2025 e giurisprudenza ivi citata)
Al di là del fatto che non sono riprodotte le rilevanti parti del PVC della GdF e dell’ avviso di accertamento su cui la doglianza si fonda, ma almeno sono allegati al ricorso, non è riportato in che termini la censura e l’articolazione della prova di resistenza sia stata formulata in primo grado e poi riproposta in appello. Ciò è essenziale, per consentire al Collegio una necessaria verifica sulla novità o meno dei profili di contestazione dell’accertamento che compie il giudice d’appello, di intervenuto contraddittorio endoprocedimentale.
Inoltre, con riferimento anche alla ripresa per le imposte dirette, il mezzo impinge nel preciso accertamento fattuale compiuto dal giudice,
secondo cui le operazioni di verifica si sono svolte con la presenza del contribuente e con il confronto con il suo esperto professionista (cfr. p.2 sentenza). Infine, il ricorso stesso a p.3 afferma che il pvc è stato emesso in data 30 maggio 2012 e l’avv iso di accertamento risulta notificato nel 2014 (v. p.3 controricorso), ben oltre il decorso del termine di 60 giorni ai fini dell’invocato art. 12, comma 7, l. 212/2000.
Con il terzo motivo del ricorso si deduce, in rapporto all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la violazione o falsa applicazione dell’art. 39, comma 1, lett. d), d.P.R. 600/73, dell’art. 54, comma 2, d.P.R. 633/72, nonché degli artt. 2697, 2727 e 2729 cod. civ., non avendo il giudice considerato che gli elementi indiziari addotti dall’Agenzia non sarebbero stati idonei a fondare presunzioni gravi, precise e concordanti.
Il motivo è inammissibile, come eccepito in controricorso, perché il mezzo ha chiaramente ad oggetto profili attinenti al giudizio di fatto e alla valutazione del compendio probatorio, non rinnovabile in sede di legittimità in presenza di una motivazione logica con precisi addentellati nel compendio istruttorio (PVC, prospetti, denuncia di ex cliente, studi di settore ecc…) .
Con il quarto motivo il ricorrente prospetta, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la violazione dell’art. 7, l. 212/2000, con riferimento alla motivazione dell’atto impositivo e al convincimento del giudice, formatosi anche sulla base di informazioni non presenti nella motivazione dell’atto impositivo oggetto della controversia e valorizzati nella sentenza impugnata: 1. « il reddito del Dott. COGNOME non era risultato conforme allo studio di settore » ; 2. « la patente incongruità del reddito (euro 26.684,00) » in rapporto alla professione svolta di medico chirurgo e all’esecuzione di prestazioni di chirurgia estetica; 3. « il prezzo medio per intervento ricostruito dall’Ufficio
in euro 3.000,00, secondo un ineccepibile e documentato ragionamento » (cfr. nota a p.40 del ricorso).
8. Il motivo è inammissibile.
Correttamente il contribuente ricorda che le ragioni poste a base di un atto impositivo non possono essere oggetto di modifica e/o di integrazione durante la fase contenziosa (v., ex multis , Cass. civ., sez. V, sent., 31 gennaio 2018, n. 2382). Tuttavia, non risulta che nel caso di specie la conferma dell’avviso di accertamento emesso nei suoi confronti si basi su elementi addotti dall’Ufficio solamente in sede di contenzioso, perché le argomentazioni indicate nella censura solo sono una parte del compendio indiziario ben più articolato che emerge dalla motivazione del giudice d’appello . Si legge a pag.3 della sentenza che la verifica è stata solo innescata da un esposto e che il compendio probatorio, tra l’altro, anche a prescindere dal tema della documentazione extracontabile reperita, comprende il fatto che la dichiarazione per l’anno 2009 « non era risultata conforme allo studio di settore » applicabile, che è significativa la « quantità degli interventi effettuati » dal medico nel periodo. Inoltre, non sono risultate convincenti le giustificazioni fornite dal contribuente, in parte già in sede di verifica attraverso il suo professionista presente essendo state considerate le «osservazioni mosse agli operanti e rinvenibili alle pagg. 9-36» del p.v.c. (v. p.2 sentenza), e va « tenuto conto che il campione delle ricevute prodotte dal contribuente appare inattendibile (18 fatture a privati e 3, generiche, al centro chirurgico) » , in quanto ritenute il «costo per l’utilizzo della sala operatoria presso il centro chirurgico » (p.3 sentenza).
A ciò si aggiunge che, ai sensi dell’ articolo 58 del decreto legislativo numero 546 del 1992 nel testo ratione temporis vigente, non sussiste in linea di principio una limitazione per le parti a produrre in giudizio elementi di prova, anche per la prima volta in appello, e ciò vale anche
per l’Agenzia con riferimento a quelli già indicati nell’atto impositivo, fermo restando il divieto di mutatio libelli , che nella fattispecie non sussiste perché i fatti in contestazione, la causa petendi e il petitum , oltre che i soggetti del rapporto non sono mutati rispetto all’atto impugnato.
Il quinto motivo del ricorso prospetta, in rapporto all’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., l’ omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti (travisamento della prova) da parte del giudice, con riferimento alla presunta documentazione extracontabile, in realtà reperita per periodi di imposta diversi dal 2009. Nella censura si ribadisce anche l’omesso l’esame della documentazione depositata dal ricorrente con nota del 12 settembre 2016 e, in particolare, dai registri IVA delle vendite.
Il motivo non può trovare ingresso. Va innanzitutto rammentato il corretto procedimento logico che il giudice di merito deve seguire nella valutazione degli indizi ai fini della disamina della fondatezza delle riprese: la gravità, precisione e concordanza richiesti dalla legge vanno desunti dal loro esame complessivo, in un giudizio non atomistico di essi (ben potendo ciascuno di essi essere insufficiente da solo), sebbene preceduto dalla considerazione di ognuno per individuare quelli significativi, perché è necessaria la loro collocazione in un contesto articolato, nel quale un indizio rafforza e ad un tempo trae vigore dall’altro in vicendevole completamento (Cass. n. 12002 del 2017; Cass. n. 5374 del 2017). Ciò che rileva è che dalla valutazione complessiva emerga la sufficienza degli indizi a supportare la presunzione semplice di fondatezza della pretesa, fermo restando il diritto del contribuente a fornire la prova contraria.
Infine, quanto alla valutazione della prova contraria, il Collegio osserva come, per consolidata interpretazione giurisprudenziale (Cass. Sez. U,
Sentenza n. 8053 del 07/04/2014), l’omesso esame di elementi istruttori non integra di per sé il vizio di omesso esame di un fatto decisivo, se il fatto storico rilevante in causa sia stato comunque preso in considerazione, benché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie offerte dalle parti e, come sopra visto, nella fattispecie il fatto storico è indubbiamente stato considerato. Diventa nel delineato quadro irrilevante stabilire se la documentazione extracontabile reperita dalla GdF copra anche l’anno di imposta 2009 o solo i successivi, perché il giudice ha dato conto di un compendio probatorio a fondamento delle riprese imponente, già sopra sintetizzato, idoneo a fondare l’accertamento indipendentemente dalla questione sul contenuto cronologico della documentazione extracontabile.
Con il sesto motivo si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la violazione dell’art.2727 cod. civ. e del divieto di doppia presunzione che, secondo il ricorrente, nella fattispecie consisterebbe nell’aver l’Amministrazione finanziaria, in primo luogo, presunto che da un esposto di un ex paziente potesse desumersi che il contribuente avesse incassato somme per prestazioni chirurgiche senza fattura e, in secondo luogo, che questa operazione si sia ripetuta per tutti i pazienti operati nel periodo d’imposta.
Il motivo è infondato. In presenza di un circostanziato accertamento analitico induttivo come quello di specie non si pone affatto un tema di doppia presunzione, per il compendio di elementi sopra indicati. La doppia presunzione non è neppure utilmente ipotizzabile nel caso di specie perché le riprese non si fondano affatto esclusivamente sull’esposto dell’ex cliente, il quale è stato solo l’innesco della verifica fiscale come accertato dal giudice a pag.3 della sentenza, ma, come detto, su un intero compendio di elementi di prova ed è l’intreccio tra loro che rileva, incluse la palese incongruità del reddito, la quantità
degli interventi effettuati ecc.. di cui dà conto la motivazione della sentenza impugnata.
Il ricorso è conclusivamente rigettato e le spese di lite, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte:
rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alla rifusione delle spese di lite in favore dell’Agenzia delle entrate, liquidate in euro 4.300 per compensi, oltre spese prenotate a debito.
Si dà atto del fatto che, ai sensi del d.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, sussistono i presupposti per il versamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 9 luglio 2025
Il Presidente
NOME COGNOME