Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 6114 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 6114 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Oggetto: Tributi
Relatore: COGNOME DI COGNOME NOME
Ires, Irap e Iva 2009
Data pubblicazione: 07/03/2024
ORDINANZA
Sul ricorso iscritto al numero 35097 del ruolo generale dell’anno 201 9, proposto
Da
RAGIONE_SOCIALE, in persona del RAGIONE_SOCIALE rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa, giusta procura speciale allegata al ricorso, dall’AVV_NOTAIO e dall’AVV_NOTAIO, elettivamente domiciliata presso lo studio del secondo difensore, in Roma, INDIRIZZO;
– ricorrente –
Contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore , domiciliata in Roma, INDIRIZZO, presso l’Avvocatura Generale dello Stato che la rappresenta e difende;
per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria regionale del Lazio n. 3086/15/2019, depositata in data 21 maggio 2019.
Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 25 gennaio 2024 dal Relatore RAGIONE_SOCIALE. AVV_NOTAIO NOME COGNOME NOME COGNOME di Nocera.
RILEVATO CHE
1. Previo invito da parte dell’RAGIONE_SOCIALE nei confronti di RAGIONE_SOCIALE a fornire documentazione fiscale relativa all’ anno di imposta 2009 e tre incontri con la parte contribuente avvenuti tra l’ottobre e il dicembre del 2013, l’Ufficio emetteva avviso di accertamento con il quale riprendeva a tassazione, ai fini Ires, Irap e Iva, costi ritenuti non inerenti e non documentati.
2.Avverso tale avviso proponeva ricorso dinanzi la Commissione tributaria provinciale di Roma la società contribuente che, con sentenza n. 6975/02/2017, lo accoglieva per nullità dell’avviso emesso in violazione dell’art. 12, comma 7, della legge n. 212/00.
3.Con sentenza n. 3086/15/2019, depositata il 21 maggio 2019, la Commissione tributaria regionale del Lazio accoglieva l’appello principale dell’RAGIONE_SOCIALE e rigettava quello incidentale della società. con cui quest’ultima aveva dedotto la nullità della sentenza della CTP per violazione dell’art. 112 c.p.c. per non essersi pronunciata sulla eccepita violazione dell’art. 42, commi 1 e 3 del d.P.R. n. 600/73 stante il difetto assoluto di attribuzioni in capo al funzionario firmatario dell’ atto.
In punto di diritto, per quanto di interesse, il giudice di appello ha osservato che: 1) non vi era stata alcuna violazione dell’art. 112 c.p.c. da parte della CTP con riguardo alla censura attinente l’assunta violazione dell’art. 42, commi 1 e 3 del d.P.R. n. 600/73 avendo quest’ultima, nell’accogliere il ricorso per violazione dell’art. 12, comma 7, della legge n. 212 /2000, assorbiti gli altri motivi; nel merito, in primo luogo, l’eccezione di violazione dell’art. 42 cit. non era mai stata esposta quale motivo nel ricorso introduttivo e soltanto per tale ragione
l’indagine sul punto sarebbe preclusa alla Commissione; la censura era comunque infondata atteso che l’art. 42 , comma 1, cit. si limitava a richiedere che gli avvisi fossero sottoscritti dal ‘capo dell’Ufficio’ o ‘ da altro impiegato della carriera direttiva ‘ da lui delegato senza che né il capo dell’Ufficio delegante né il funzionario delegato dovessero rivestire anche una qualifica dirigenziale; 1) non era ravvisabile la violazione dell’art. 12, comma 7, della legge n. 212/00, in quanto, nella specie , a seguito dell’invito alla produzione di documentazione, si erano svolti tre incontri con la contribuente presso gli Uffici ( tra l’ottobre e il novembre del 2013), chiusi tutti con un processo verbale di contraddittorio; 2) alla luce della documentazione di parte contribuente non risultava dimostrata l’inerenza all’attività esercitata dalla società (di locazione di immobili) RAGIONE_SOCIALE spese definite genericamente di rappresentanza (acquisto di orologio ‘ Cartier ‘ e spese per alberghi e agriturismo); 3) con riguardo alla imposizione diretta, non risultava adeguatamente provata la deducibilità RAGIONE_SOCIALE spese relative ad un immobile di categoria A/2 in Porto S. Stefano, acquistato nel 2009, mai locato né venduto e da co nsiderarsi, dunque, come ‘bene patrimonio’; 3) la spesa complessiva di euro 131.641,00 era indeducibile sia in quanto l’onorario RAGIONE_SOCIALE indicato appariva obiettivamente ‘ anomalo rispetto al ridotto numero di immobili gestito ‘ sia in quanto tale spesa risultava ‘ sproporzionata costituendo circa il 50% dei ricavi dichiarati dalla società ‘ sia perché, in ogni caso, ‘ le somme indicate dalla contribuente (e la relativa giustificazione RAGIONE_SOCIALE stesse) contrastavano con i generali principi di esistenza, certezza, competenza e inerenza ‘.
Avverso la suddetta sentenza la società propone ricorso per cassazione affidato a sette motivi.
Resiste con controricorso l’RAGIONE_SOCIALE.
7.La società ricorrente ha depositato memoria.
CONSIDERATO CHE
1.Con il primo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli artt. 112 c.p.c., 42, commi 1 e 3 del d.P.R.
n. 600 del 1973, 56, comma 1, del d.P.R. n. 633/72, 2909 c.c. e 324 c.p.c. per avere la CTR, nel rigettare l’appello incidentale della contribuente : 1) escluso la violazione da parte della CTP dell’art. 112 c.p.c. invocando erroneamente il principio dell’assorbimento sebbene la società avesse sollevato , nella memoria ex art. 32 del d.lgs. n. 546/92, l’eccezione di violazione dell’art. 42 cit. ‘ in via preliminare ed assorbente’ , con conseguente obbligo da parte del giudice di pronunciarsi sull’eccepita censura, quale motivo che evidenziava, in astratto, una più radicale illegittimità dell’atto impugnato; 2) ritenuto, in modo peraltro contraddittorio con la pronuncia di assorbimento della CTP, preclusa ogni indagine sulla violazione dell’art. 42, commi 1 e 3 cit. , sebbene la società avesse sollevato la relativa eccezione in primo grado, nella memoria ex art. 32 del d.lgs. n. 546/92, (non appena aveva avuto conoscenza della sentenza n. 37/2015 della Corte costituzionale) e la CTP avesse considerato – con una statuizione non contestata e, quindi, coperta da giudicato -‘ ammissibile ‘ come ‘motivo aggiunto’ l’eccezione sollevata da RAGIONE_SOCIALE ; 3) ritenuto, comunque, nel merito, infondata la censura atteso che, ai sensi del comma 1 dell’art. 42 cit., il capo dell’Ufficio o altro impiegato della carriera direttiva da lui delegato non dovevano necessariamente rivestire la qualifica di dirigenti, omettendo di pronunciare sulla diversa questione -posta dalla contribuente fin dal primo grado -dell’inesistenza di una valida delega in capo al soggetto firmatario dell’avvi so in questione.
Infine, la ricorrente eccepisce l’efficacia di un giudicato esterno tra le parti di causa in forza della sentenza n. 19172/54/2015 della CTP di Roma con cui si era accertata la mancanza di delega in capo al soggetto firmatario dell’atto impositivo, confermata dalla sentenza della CTR del Lazio n. 4/2019 depositata il 4.1.2019 di estinzione del giudizio).
1.1. Il motivo- involgente diverse sub censure- è infondato.
1.2. Nella sentenza impugnata, la CTR -nel rigettare l’appello incidentale della contribuente -ha escluso la denunciata omessa pronuncia da parte della CTP sulla eccepita violazione dell’art. 42, commi 1 e 3, del d.P.R. n. 600/73, per
avere il giudice di primo grado accolto il ricorso per violazione dell’art. 12, comma 7, della legge n. 212/2000, assorbendo gli altri motivi di censura.
1.3. Quanto alla denunciata erronea applicazione del principio dell’assorbimento, per essere stata la questione sulla violazione dell’art. 42 cit. sollevata dalla contribuente nella memoria ex art. 32 del d.lgs. n. 546/92 ‘in via preliminare e assorbente’, va osservato che correttamente la CTR ha escluso l’omessa pronuncia da parte della CTP in merito al suddetto denunciato vizio, atteso che quest’ultima, in applicazione del principio processuale della “ragione più liquida” – desumibile dagli artt. 24 e 111 Cost. – che consente al giudice di decidere la causa sulla base della questione ritenuta di più agevole soluzione, quand’anche se del caso logicamente subordinata, senza che sia necessario esaminare previamente le altre (Cass., sez. un., n. 9636 del 2014; Cass. n. 12002 del 2014) – aveva dato precedenza all’esame del motivo del ricorso con il quale si denunciava la violazione dell’art.12, comma 7, dello Statuto, assorbendo correttamente la trattazione degli altri.
1.4.Quanto all’assunta erroneità della statuizione della CTR sulla preclusione di indagine in ordine al l’assunta violazione dell’art. 42 cit. in quanto mai esposta dalla contribuente nel ricorso introduttivo in primo grado, sebbene la CTP di Roma avesse ritenuto espressamente ammissibile come ‘ motivo aggiunto ‘ l’eccezione medesima sollevata da COGNOME nella memoria ex art. 32 cit., con statuizione coperta da giudicato, va osservato che la CTR, dopo avere escluso la sussistenza del denunciato vizio di omessa pronuncia da parte del giudice di primo grado, nell’esaminare tale questione -devolutale con l’appello incidentale -ha, in primo luogo, evidenziato, a rigore, la preclusione di indagine di tale questione non essendo stata formulata nel ricorso introduttivo (‘ tale eccezione non risulta essere stata mai espressamente esposta in prime cure quale motivo di gravame ‘); ciò conformemente all’orientamento di questa Corte secondo cui nel giudizio tributario è inammissibile la deduzione di un nuovo motivo di illegittimità dell’atto impositivo, in quanto il contenzioso tributario ha un oggetto rigidamente delimitato dai motivi di impugnazione avverso l’atto impositivo dedotti con il ricorso introduttivo, i quali costituiscono la ” causa petendi ” entro i cui confini si chiede l’annullamento dell’atto e la cui formulazione soggiace alla
preclusione stabilita dall’art. 24, comma 2, del d.lgs. n. 546 del 1992 (Cass. n. 19616 del 2018; Cass. n. 22662 del 2014; Cass. n. 15647 del 2019; Cass. n. 26313 del 2020). Peraltro, avuto riguardo alla sentenza di primo grado (allegata al ricorso), non risulta configurabile alcun giudicato interno circa l’ ammissibilità della censura di violazione dell’art. 42 cit. , avendo la CTP fatto riferimento, nella parte relativa allo ‘ svolgimento del processo ‘ , all’avvenuta formulazione della stessa nella memoria ex art. 32, ‘ per effetto della sentenza n. 37/2015 della Corte costituzionale depositata successivamente all’introduzione del giudizio’ , quale supposta ‘circostanza che rendeva ammissibile tale motivo aggiunto’ senza pertanto, pronunciarsi sulla specifica ammissibilità dello stesso, fondando la decisione di annullamento in toto dell’avviso sulla ragione assorbente della rilevata violazione dell’art. 12, comma 7, cit. , con assorbimento ( essendo ‘superflua la trattazione’) degli altri motivi. Peraltro, per l’effetto devolutivo dell’appello, l’impugnazione incidentale della contribuente ha riguardato la questione rimasta assorbita circa l’assunta violazione dell’art. 42 cit. involgendo di cognizione piena il giudice di secondo grado senza che alcun accertamento sulla ammissibilità della questione stessa possa ritenersi definito in cosa giudicata in forza della sentenza di primo grado.
1.5.Nella sentenza impugnata la CTR – pur avendo, in primo luogo, ritenuto, a rigore, preclusa l’indagine della censura concernente l’assunta violazione dell’art. 42 cit . -statuendo nel merito della questione ne ha rilevato l’infondatezza atteso che l’art. 42, comma 1, cit. individua i sottoscrittori dell’atto impositivo nel ‘capo dell’ufficio’ ovvero in ‘altro impiegato della carriera direttiva da lui delegato’ senza richiedere che gli stessi debbano rivestire necessariamente una qualifica dirigenziale (con irrilevanza, sotto tale profilo, della sopravvenuta decisione della Corte costituzionale n. 37/2015). Ciò conformemente all’orientamento di questa Corte secondo cui ‘ In tema d’imposte sui redditi e sul valore aggiunto, l’avviso di accertamento, a norma degli artt. 42 del d.P.R. n. 600 del 1973 e 56 del d.P.R. n. 633 del 1972 (che, nel rinviare alla disciplina sulle imposte dei redditi, richiama implicitamente il cit. art. 42), deve essere sottoscritto, a pena di nullità, dal capo dell’Ufficio o da altro impiegato della carriera direttiva da lui delegato e, cioè, secondo la classificazione prevista dall’art. 17 del c.c.n.l. comparto
“agenzie fiscali” per il quadriennio 2002-2005 (applicabile “ratione temporis”), da un funzionario di terza area, di cui non è richiesta la qualifica di dirigente ‘( Sez. 6 – 5, Ord. n. 32172 del 10/12/2019).
1.6.Né risulta configurabile il supposto vizio di omessa pronuncia da parte della CTR sulla diversa questione -asseritamente formulata sin dal primo grado- circa la mancanza di valida delega in capo al sottoscrittore dell’avviso impugnato. Premesso che il vizio di omessa pronuncia ricorre quando vi sia omissione di qualsiasi decisione su un capo della domanda, intendendosi per capo di domanda ogni richiesta RAGIONE_SOCIALE parti che abbia un contenuto concreto formulato in conclusione specifica, sulla quale deve essere emessa pronuncia di accoglimento o di rigetto (Cass. n. 27566 del 2018; n. 28308 del 2017; n. 7653 del 2012), nella specie, dal l’atto di controdeduzioni e appello incidentale allegato al ricorso, si evince che il riferimento al supposto difetto di delega è effettuato, pur sempre, in correlazione con la censura proposta di difetto della necessaria qualifica funzionale in capo al funzionario firmatario dell’atto (‘ Per tutti i rilievi svolti si insiste a che l’adita CTR , in riforma dell’impugnata sentenza , voglia in via preliminare e assorbente dichiarare l’inesistenza dell’avviso di accertamento …per nullità insanabile dello stesso in conseguenza del difetto assoluto di attribuzioni del soggetto firmatario dell’a tto impositivo ‘ ) senza, dunque, che il rilievo del difetto di delega assuma la valenza di una specifica doglianza, con un contenuto concreto formulato in conclusione specifica con conseguente non configurabilità, in merito, di un ‘ omissione di pronuncia da parte del giudice di appello. Ciò trova conferma anche nell’esame della sentenza di primo grado, allegata al ricorso, nella quale, nella parte relativa allo svolgimento del processo, la CTP fa riferimento all’avvenuta formulazione nella memoria ex art. 32 cit. , della censura di violazione dell’art. 42, commi 1 e 3 del d.P.R. n. 600/73 ‘ per essere stato l’avviso sottoscritto da un soggetto privo della necessaria qualifica funzionale a firmare l’atto ‘.
1.7. Quanto all’eccepita valenza di giudicato esterno della sentenza n. 19172/54/2015 della CTP di Roma confermata dalla sentenza della CTR del Lazio n. 4/2019 depositata il 4.1.2019 di estinzione del giudizio, premesso che secondo il costante indirizzo giurisprudenziale di questa Corte, il giudicato si
forma su tutto ciò che ha costituito oggetto della decisione, anche ove ne sia solo il necessario presupposto logico (Cass. civ., 16 maggio 2002, n. 7140); tale indirizzo giurisprudenziale richiede che entrambe la cause, tra le stesse parti, abbiano ad oggetto un medesimo negozio o rapporto giuridico ed una di esse sia stata definita con sentenza passata in giudicato: in tal caso, infatti, l’accertamento compiuto in merito ad una situazione giuridica o la risoluzione di una questione di fatto o di diritto incidente su un punto decisivo comune ad entrambe le cause o costituente indispensabile premessa logica della statuizione contenuta nella sentenza passata in giudicato, precludono l’esame del punto accertato e risolto, anche nel caso in cui il successivo giudizio abbia finalità diverse da quelle che costituiscono lo scopo ed il “petitum” del primo (Cass. civ., 16 maggio 2006 n. 1365; Cass. Sez. 5, Ordinanza n. 11215 del 2020; Sez. 5, Ordinanza n. 23491 del 2023), nella specie, l’accertamento circa il difetto di delega del sottoscrittore, contenuto nella sentenza tra le stesse parti, n. 19172/54/2015 della CTP di Roma, afferendo ad un altro avviso relativo ad un diverso anno di imposta, non può assumere nessuna efficacia di giudicato nel presente giudizio.
2.Con il secondo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 e n. 5 c.p.c., la violazione e falsa applicazione dell’art. 12, comma 7, della legge n. 212/2000 nonché l’omesso esame circa un fatto decisivo e controverso per il giudizio per avere la CTR ritenuto non violato il contraddittorio endoprocedimentale sebbene, dopo l’invito dell’Ufficio a fornire documentazione rilevante ai fini dell’accertamento e tre incontri avvenuti tra l’ottobre e il dicembre del 2013, la contribuente avesse ricevuto direttamente la notifica del l’avviso , senza alcuna previa consegna del processo verbale di chiusura RAGIONE_SOCIALE operazioni, e, dunque, senza potere presentare osservazioni e/o rilievi entro il successivo termine di sessanta giorni. Peraltro, ad avviso della ricorrente, a fronte di un accertamento, sia pure compiuto a ‘tavolino’, riguardante sia ‘tributi armonizzati’ che ‘tributi non armonizzati’, il contraddittorio endoprocedimentale sarebbe stato sempre obbligatorio.
3.Con il terzo motivo, la ricorrente denuncia la violazione dell’art. 12, comma 7, della legge n. 212/2000, da ritenersi espressivo di un principio immanente
all’ordinamento giuridico, anche di derivazione europea che impone all’Amministrazione finanziaria l’osservanza del contraddittorio pieno ed effettivo, anche in difetto di un’espressa previsione normativa, prima di emettere qualsiasi atto pregiudizievole per il contribuente, indipendentemente dal luogo dove venga svolta la verifica e dalla tipologia di tributi interessati dall’accertamento. In subordine, nell’ipotesi in cui non si rinvenga una soluzione sul piano interpretativo, solleva questione di legitti mità costituzionale dell’art. 12, comma 7, della legge n. 212/2000 in riferimento artt. 3, 24,53,97, comma 2, 111 e 117, comma 1, Cost. in relazione agli artt. 41, comma 2, lett. a), 47 e 48 della Carta di Nizza, all’art. 6 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e RAGIONE_SOCIALE libertà fondamentali (c.d. Convenzione EDU) nonché all’art. 1 del Protocollo Addizionale n. 1 alla Convenzione EDU. Ne evidenzia, al riguardo, la rilevanza, dovendosi, nella fattispecie in oggetto, fare applicazione del l’art. 12, comma 7, cit. e la non manifesta infondatezza per contrarietà con l’art. 3 Cost., sotto il profilo della irragionevole disparità di trattamento tra tributi armonizzati e non armonizzati legata al luogo in cui si svolge il controllo fiscale; con l’art. 24 Cost. sotto il profilo del pieno ed effettivo dispiegarsi del diritto di difesa del contribuente; con l’art. 97, comma 2, Cost. con riguardo al buon andamento e imparzialità dell’Amministrazione finanziaria; con l’art. 53 Cost. con riguard o all’esatta osservanza dei principi di capacità contributiva e progressività dell’imposizione fiscale; con l’art. 117, comma 1, Cost., in relazione alle norme interposte di cui agli artt. 41, comma 2, lett. a), 47 e 48 (diritto ad un equo processo e rispetto dei diritti della difesa) della Carta di Nizza , all’art. 6 della Convenzione EDU nonché al canone di proporzionalità di cui all’art. 1 del Protocollo Addizionale 1 alla CEDU. In via ulteriormente subordinata, la ricorrente insiste affinché il presente giudizio sia sospeso in attesa della pronuncia della Corte costituzionale sulla questione ad essa devoluta dalla CTP di Siracusa con ordinanza n. 170 del 26.3.2018.
4.I motivi secondo e terzo- quanto alla prospettata violazione di legge- sono infondati.
4.1.Dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia (cfr. sentenze: 3.7.2014, in causa C-129 e C/130/13, RAGIONE_SOCIALE; 22.10.13, in causa C-
276/12, NOME COGNOME; 18.12.08, in causa C-349/07, RAGIONE_SOCIALE; 12.12.02, causa C395/00, RAGIONE_SOCIALE; 21.9.00, in causa C-462/98 P, Mediocurso c. Commissione; 4.10.96, in causa C-32/95 c. Lisrestat) emerge che il rispetto del contraddittorio nell’ ambito del procedimento amministrativo, non escluso quello tributario, costituisce, quale esplicazione del diritto alla difesa, principio fondamentale dell’ordinamento europeo, che trova applicazione ogniqualvolta l’Amministrazione si proponga di adottare nei confronti di un soggetto un atto ad esso lesivo, sicché il destinatario di provvedimento teso ad incidere sensibilmente sui suoi interessi deve, pena la caducazione del provvedimento medesimo, essere messo preventivamente in condizione di manifestare utilmente il suo punto di vista in ordine agli elementi sui quali l’amministrazione intende fondare la propria decisione (cfr., in particolare, la decisione 18.12.08, in causa C-349/07, RAGIONE_SOCIALE, punti 36 e 37; Cass., Sez. Un., 9 dicembre 2015, n. 24823; Cass., 9 luglio 2020, n. 14628; Cass., 27 maggio 2021, n. 14733). Tale principio, peraltro, è attualmente codificato nell’art. 41, par. 2, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, il quale, nel garantire il diritto ad una buona amministrazione, prevede che, nell’ambito del menzionato diritto, va, tra gli altri, ricompreso « il diritto di ogni persona ad essere ascoltata prima che nei suoi confronti venga adottato un provvedimento individuale che le rechi pregiudizio » (Cass., Sez. Un., 9 dicembre 2015, n. 24823; Cass. sez. 5, n. 474 del 2023).
4.2.In tema di diritti e garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali questa Corte, a sezioni unite, ponendo termine a precedenti oscillazioni interpretative, ha affermato che solo per i tributi “armonizzati” l’Amministrazione finanziaria è gravata di un obbligo generale di contraddittorio endoprocedimentale, la cui violazione comporta l’invalidità dell’atto, purché il contribuente abbia assolto all’onere di enunciare in concreto le ragioni che avrebbe potuto far valere e non abbia proposto un’opposizione meramente pretestuosa. Per quelli “non armonizzati” non è invece rinvenibile, nella legislazione nazionale, un analogo generalizzato vincolo, che pertanto sussiste solo per le ipotesi in cui risulti specificamente sancito (Sez. U, 9 dicembre 2015, n. 24823). Si tratta di un principio che non trova efficace smentita nelle
considerazioni svolte nella doglianza in esame, anche perché esso è stato affermato proprio all’esito di un’ampia disamina tanto dell’ordinamento tributario nazionale e dei principi costituzionali di riferimento, quanto degli indirizzi applicabili in materia sulla base del diritto UE e RAGIONE_SOCIALE pronunce della Corte di Giustizia. Dal perimetro dell’obbligo del contraddittorio restano dunque fuori le imposte non armonizzate, salvo una espressa prescrizione legislativa e, quanto all’iva e a quelle armonizzate, le fattispecie in cui il contribuente non superi la prova di resistenza, ossia quando sia evidente che le ragioni che il contribuente lamenta di non aver fatto valere in occasione di un contraddittorio endoprocedimentale -qualora attuatonon avrebbero comunque determinato l’annullamento dell’atto adottato al termine del procedimento amministrativo, rivelandosi pertanto meramente dilatorie. Il che, può aggiungersi, non vuol significare che alle parti del procedimento amministrativo (Amministrazione e contribuente) debba richiedersi nella fase endo-procedimentale capacità di critica e valutazione RAGIONE_SOCIALE complessive allegazioni documentali, pari a quelle demandate all’organo giudiziario in sede processuale, ma che la serietà e pertinenza RAGIONE_SOCIALE allegazioni del contribuente, qualora vagliate dall’Amministrazione finanziaria all’esito della verifica e prima della notificazione dell’atto impositivo, avrebbero potuto incidere sul se e sul contenuto di questo, se celebrato il contraddittorio. Ciò che infatti rileva è la prova che la celebrazione del contraddittorio “avrebbe potuto comportare un risultato diverso ” (cfr. Corte di Giustizia UE, 3 luglio 2014, in causa C-129 e C-130/13, RAGIONE_SOCIALE ). Questa Corte ha affermato che «In tema di diritti e garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali, l’amministrazione finanziaria è tenuta a rispettare, anche nell’ambito RAGIONE_SOCIALE indagini cd. “a tavolino” effettuate nei confronti di terzi, il contraddittorio endoprocedimentale ove l’accertamento attenga a tributi “armonizzati”, ma la violazione di tale obbligo comporta l’invalidità dell’atto purché il contribuente abbia assolto all’onere di enunciare in concreto le ragioni che avrebbe potuto far valere e non abbia proposto un’opposizione meramente pretestuosa» (Cass., 19 luglio 2021, n. 20436). Peraltro, è utile chiarire che, se il contraddittorio endo-procedimentale è obbligatorio per le imposte armonizzate, ciò tuttavia non implica l’insorgenza di
un obbligo dell’RAGIONE_SOCIALE di ‘audizione’ del contribuente, cioè un obbligo di convocazione, soprattutto se mancano del tutto i presupposti da cui l’organo accertatore possa evincere l’intenzione del contribuente di contraddire sugli esiti della verifica. Il momento di attuazione del contraddittorio trova più facile identificazione nel realizzarsi della fattispecie prevista dall’art. 12, comma 7, della l. n. 212 del 2000, ossia nel diritto del contribuente, entro sessanta giorni dal rilascio della copia del processo verbale di chiusura RAGIONE_SOCIALE operazioni da parte degli organi di controllo, di comunicare osservazioni e richieste che sono valutate dall’ufficio impositore. (Cass. n. 8472 del 2023; Cass. n. 474 del 2023). Questa Corte ha anche precisato che «In tema di imposte sui redditi e sul valore aggiunto, è valido l’avviso di accertamento che non menzioni le osservazioni del contribuente ex art. 12, comma 7, della I. n. 212 del 2000, atteso che, da un lato, la nullità consegue solo alle irregolarità per le quali sia espressamente prevista dalla legge oppure da cui derivi una lesione di specifici diritti o garanzie tale da impedire la produzione di ogni effetto e, dall’altro lato, l’Amministrazione ha l’obbligo di valutare tali osservazioni, ma non di esplicitare detta valutazione nell’atto impositivo» (Cass. n. 8378 del 31/03/2017; Cass., sez. 5, n. 13718 del 2022; Cass. n. 474 del 2023).
4.3. Nella sentenza impugnata, la CTR si è attenuta ai suddetti principi nell’avere escluso l’applicazione RAGIONE_SOCIALE garanzie di cui all’art. 12 cit. in relazione ad un accertamento svolto pacificamente ‘a tavolino’ (essendo l’accertamento originato da un invito a comparire notificato alla contribuente in data 26.9.2013, con richiesta di produzione documentazione relativa all’esercizio in questione; svolgimento di tre incontri presso l’Ufficio in data 22.10.201; 22. 11.2013 e 5.12.2013, con redazione di due processi verbali di acquisizione documentazione e un processo verbale di colloquio, v. pgg. 1-2- del ricorso e sentenza impugnata) in relazione al quale -come affermato dal giudice di appello-‘ ove mai si fosse verificato uno squilibrio tra le ragioni dell’Ufficio e quelle della contribuente, esso è stato successivamente ricomposto in virtù dei tre incontri con la parte avvenuti nel periodo intercorrente tra l’ottobre e il novembre del 2013, effettuati ai sensi degli artt. 32 e 51 del d.P.R. n. 600/73 tutti chiusi con un processo verbale di contraddittorio, nel corso dei quali la contribuente ha
potuto disquisire, o comunque, avrebbe potuto farlo anche in relazione ai documenti acquisiti in precedenza ‘ . In ogni caso, per quanto attiene alla ripresa ai fini Iva, la contribuente non risulta avere illustrato, neppure in questa sede, come suo onere, circostanze ulteriori a quelle già esposte che avrebbe rappresentato, se fosse stato promosso dall’Ufficio il contraddittorio nei suoi confronti (c.d. prova di resistenza).
4.4. Quanto alla sollevata questione di legittimità costituzionale, va ricordato che mentre con ordinanze n. 187, 188 del 2017, nonché n. 8 del 2020 ( in risposta alla ordinanza interlocutoria n. 170 del 2018) il Giudice RAGIONE_SOCIALE leggi ha dichiarato manifestamente inammissibili le questioni, sollevate in via incidentale, di legittimità costituzionale dell’art. 12, comma 7, della legge 27 luglio 2000, n. 212, rispettivamente ‘ per la inadeguata descrizione della fattispecie oggetto del giudizio principale, in quanto effettuata con modalità tali da non consentire la necessaria verifica della rilevanza della questione ‘ , per mancanza di adeguata motivazione, ‘ anche solo in termini di mera plausibilità in ordine alle ragioni che permetterebbero di rigettare le.. eccezioni preliminari ‘ , e ‘ per genericità del petitum ‘ e per la prospettazione RAGIONE_SOCIALE questioni (involgenti anche gli artt. 32, 39 e 42 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600) ‘ in termini alternativi senza indicare quale soluzione ritiene prioritariamente imposta dalla Costituzione, rimettendo un siffatto compito, impropriamente, alla Corte ‘ da ultimo, il Giudice RAGIONE_SOCIALE leggi, con la sentenza n. 47 del 2023 – nel dichiarare inammissibile la questione di legittimità costituzionale sollevata dalla CTR della Toscana, in riferimento all’art. 3 Cost., dell’art. 12, comma 7, cit. nella parte in cui ‘ non estende il diritto al contraddittorio preventivo a tutte le modalità di accertamento in rettifica poste in essere dall’RAGIONE_SOCIALE, con particolare riguardo alle ipotesi di indagini cosiddette a tavolino’ – ha evidenziato che, ‘pur a fronte della mancanza, in ambito tributario, di una previsione generale sulla formazione partecipata dell’atto impositivo, si è assistito a progressive e ripetute aperture del legislatore, che hanno reso obbligatorio, in un sempre più consistente numero di ipotesi, il contraddittorio endoprocedimentale’…’ Alla frammentazione RAGIONE_SOCIALE norme sul contraddittorio propria del diritto interno, si contrappone la previsione, in capo all’amministrazione
tributaria, di un obbligo generale di attivarlo, ogniqualvolta adotti decisioni che rientrano nella sfera di applicazione del diritto europeo. Nel procedimento di verifica fiscale in cui l’amministrazione attua il diritto dell’Unione europea, infatti, questa è tenuta ad osservare gli obblighi derivanti dal diritto a una buona amministrazione sancito dall’art. 41, paragrafo 1, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea ed inteso come «il diritto a che le questioni siano trattate in modo imparziale, equo ed entro un termine ragionevole dalle istituzioni e dagli organi dell’Unione», tra le cui articolazioni, elencate in via esemplificativo, il paragrafo 2 prevede espressamente «il diritto di ogni individuo di essere ascoltato prima che nei suoi confronti venga adottato un provvedimento individuale che gli rechi pregiudizio» (da ultimo, Corte di giustizia dell’Unione europea, sezione quinta, 24 febbraio 2022, in causa C -582/20, RAGIONE_SOCIALE). Questo diritto «garantisce a chiunque la possibilità di manifestare, utilmente ed efficacemente, la propria opinione durante il procedimento amministrativo prima dell’adozione di qualsiasi decisione che possa incidere in modo negativo sui suoi interessi» ( ex multis , Corte di giustizia dell’Unione europea, sezione sesta, 4 giugno 2020, in causa C -430/19, RAGIONE_SOCIALE; Corte di giustizia dell’Unione europea, sezione quinta, 16 ottobre 2019, in causa C189/18, RAGIONE_SOCIALE; Corte di giustizia dell’U nione europea, 3 luglio 2014, in cause riunite C-129/13 e C-130/13, RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE. Proprio il rispetto dei principi fondamentali del diritto europeo implica, secondo la giurisprudenza di legittimità, che, nell’accertamento dei cosiddetti ‘tributi armonizzati’, «avendo luogo la diretta applicazione del diritto dell’Unione», vige un generale obbligo dell’amministrazione di instaurare un’interlocuzione preventiva con il contribuente, la cui inosservanza può portare all’invalidità dell ‘atto impositivo, ma solo se questi assolve alla ‘prova di resistenza’, allegando le ragioni che avrebbe potuto far valere in sede procedimentale e il conseguente pregiudizio sostanziale subito (Corte di cassazione, sentenza n. 24823 del 2015; in senso conforme, ex multis , Corte di cassazione, sezione quinta, ordinanza 1° aprile 2021, n. 9076; ordinanza n. 7690 del 2020; sezione quinta, ordinanza 3 ottobre 2019 n. 24699 e ordinanza n. 17897 del 2019)….la
mancata generalizzazione del contraddittorio preventivo con il contribuente, fin qui limitato a specifiche e ben tipizzate fattispecie, risulta ormai distonica rispetto all’evoluzione del sistema tributario, avvenuta sia a livello normativo che giurisprudenziale. Tuttavia, dalla pluralità dei moduli procedimentali legislativamente previsti e dal loro ambito applicativo, emerge con evidenza la varietà e la frammentarietà RAGIONE_SOCIALE norme che disciplinano l’istituto e la difficoltà di assumere una di esse a modello generale, come suggerisce il giudice a quo . Il principio enunciato dall’art. 12, comma 7, statuto contribuente la partecipazione procedimentale del contribuente -ancorché esprima una esigenza di carattere costituzionale, non può essere esteso in via generale tramite una sentenza di questa Corte; comunque la soluzione proposta dal rimettente potrebbe creare disfunzioni nel sistema tributario, imponendo un’unica tipologia partecipativa per tutti gli accertamenti, anche ‘a tavolino’. Di fronte alla molteplicità di strutture e di forme che il contraddittorio endoprocedimentale ha assunto e può assumere in ambito tributario, spetta al legislatore, nel rispetto dei principi costituzionali evidenziati, il compito di adeguare il diritto vigente, scegliendo tra diverse possibili opzioni che tengano conto e bilancino i differenti interessi in gioco, in particolare assegnando adeguato rilievo al contraddittorio con i contribuenti’. Da qui la declaratoria di inammissibilità della questione in quanto il superamento dei prospettati dubbi di legittimità costituzionale esige un intervento di sistema del legislatore; intervento che garantisca l’estensione del contraddittorio endoprocedimentale in materia tributaria. Tenuto conto della pluralità di soluzioni possibili in ordine all’individuazione dei meccanismi con cui assicurare la formazione partecipata dell’atto impositivo, che ne modulino ampiezza, tempi e forme in relazione alle specifiche peculiarità dei vari procedimenti impositivi, il Giudice RAGIONE_SOCIALE Leggi ha ritenuto ‘necessario un tempestivo intervento normativo che colmi la lacuna evidenziata. Un intervento, peraltro, che porti a più coerenti e definite soluzioni le descritte tendenze emerse nella disciplina dei procedimenti partecipativi del contribuente’.
4.5.Le suddette motivazioni della ordinanza n. 47 del 2023 della Corte costituzionale – per quanto riferite ad una questione di legittimità costituzionale
dell’art. 12, comma 7, cit. specificamente posta in riferimento all’art. 3 Cost. -superano e assorbono la questione di costituzionalità sollevata dal contribuente nel motivo di ricorso con riguardo all’art. 12 comma 7 della I. 212/2020 in riferimento agli artt. 3, 24,53, 97, comma 2, e 117, comma 1, Cost. in relazione agli artt. 41, comma 2, lett. a), 47 e 48 della Carta di Nizza, all’art. 6 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e RAGIONE_SOCIALE libertà fondamentali (c.d. Convenzione E DU) nonché all’art. 1 del Protocollo Addizionale n. 1 alla Convenzione EDU.
5. Con il quarto motivo si denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c., l’omessa pronuncia della CTR sulla censura riproposta in sede di gravame – di assunta violazione dell’obbligo di motivazione sancito dall’art. 42 del d.P.R. n. 600/73 i n relazione alla pretesa applicabilità, nel caso di specie, dell’art. 39, comma 2, del medesimo decreto, al solo scopo di invertire l’onere della prova facendolo ricadere sulla società contribuente , laddove era onere dell’Ufficio provare che le operazioni commerciali, documentate dalle fatture, risultassero inesistenti.
5.1.Il motivo è inammissibile.
5.2.Invero, la ricorrente, attraverso la denuncia di una omessa pronuncia, non fa altro che sollecitare a questa Corte una inammissibile rivisitazione della qualificazione effettuata dal giudice di appello dell’accertamento in questione, in adesione a quanto contestato nell’avviso medesimo (allegato al ricorso), in termini di ripresa operata, con metodo analitico- induttivo, ai sensi degli artt. 39, comma 1, lett. d) del d.P.R. n. 600/73 e 54 del d.P.R. n. 633/1972, disconoscendo costi inseriti nella contabilità in quanto ritenuti non documentati e non inerenti.
6 . Con il quinto motivo si denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 e n. 5 c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli artt. 2697 c.c. e 43 e 90 del d.P.R. n. 917/1986 nonché l’omesso esame circa un fatto decisivo e controverso per il giudizio per avere la CTR ritenuto ‘non adeguatamente provata’ la deducibilità RAGIONE_SOCIALE spese per un immobile di categoria A/2 sito in Porto S. Stefano, acquistato nel 2009, mai locato né venduto e, pertanto, da considerarsi ‘bene
patrimonio’ sebbene dalla documentazione fornita dalla contribuente (fatture allegate all’atto impositivo; nota di trascrizione dell’atto di acquisto e visure storiche) si evincesse che l’unico immobile di proprietà di COGNOME, nel 2009, era quello di categoria C/1, sito in Porto S. Stefano, INDIRIZZO, bene strumentale per natura all’esercizio dell’attività di impresa e non già quello -al quale avevano fatto riferimento sia l’Ufficio accertatore che il giudice di secondo grado- di categoria A/1, sito in Porto S. Stefano, in INDIRIZZO, acquistato dalla società soltanto nel 2010.
7 . Con il sesto motivo in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 e n. 5 c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli artt. 2697 c.c. e 19 del d.P.R. n. 633/1972 nonché l’omesso esame circa un fatto decisivo e controverso per il giudizio per avere la CTR ritenuto non detraibili, ai fini Iva, le spese, definite di rappresentanza, di acquisto di un orologio Cartier, di pernottamento presso alberghi in Porto S. Stefano o in agriturismo RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, sebbene la contribuente avesse provato l’inerenza de lle stesse trattandosi di spese afferenti all’immobile di sua proprietà di categoria C/1 (di acquisto di una porta saracinesca) ovvero di pernottamento in Santo Stefano, durante le trattative dell’acquisto dell’immobile medesimo e successivamente durante lo svolgimen to dei lavori di ristrutturazione dello stesso.
8 . Con il settimo motivo in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 e n. 5 c.p.c., la violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 nonché l’omesso esame circa un fatto decisivo e controverso per il giudizio per avere la CTR ritenuto ingiustificata la spesa complessiva di euro 131.641,00 (120.016,35+ 11.624,83 a sua volta frutto della somma di euro 4.488,47 e euro 7.136,36) in quanto: 1) l’ammontare degli onorari indicati (euro 120.016,35 risultante dagli avvisi di parcella emessi dallo RAGIONE_SOCIALE) risultava ‘ anomalo ‘ in considerazione del ridotto numero degli immobili gestiti dalla società e della sproporzione di tale voce di costo costituente circa il 50% dei ricavi dichiarati dalla società nel 2009 sebbene la contribuente avesse depositato l’elenco RAGIONE_SOCIALE cause pendenti patrocinate dallo RAGIONE_SOCIALE; 2) gli importi di euro 4.488,47 e euro 7.136,36 relativi rispettivamente ad altri costi non deducibili e spese di rappresentanza non erano stati documentati dalla contribuente sebbene risultassero allegate proprio
all’atto impositivo due fatture attinenti a spese di rappresentanza (fattura n. 232 emessa da RAGIONE_SOCIALE e fattura n. 29 dell’agriturismo ‘RAGIONE_SOCIALE‘).
9.I motivi dal quinto al settimo- da trattarsi congiuntamente per connessione -sono inammissibili sotto entrambe le sub censure denunciate.
9.1.In primo luogo, la ricorrente con i mezzi all’esame ha cumulato censure per violazioni di legge e per vizi motivazionali senza però distinguere tra di essi nell’illustrazione del motivo: in tal modo impedendo un sicuro esercizio nomofilattico. In effetti, non può farsi carico alla Corte di individuare all’interno dell’esposizione ciò che costituisce violazione di legge da ciò che costituisce vizio motivazionale. Difatti (anche dopo l’abrogazione dell’art. 366 bis c.p.c.) l’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 4, impone alla parte sotto il profilo dell’autosufficienza di spiegare quali siano le ragioni della censura. E, appunto, senza che la Corte debba fare opera di supplenza (Cass., sez. 5, n . 2617 del 2015; Cass. sez. 3 n. 18375 del 2010; Cass. sez. 3 n. 12984 del 2006; Cass. sez. 3 n. 21659 del 2005).
9.2.Quanto al denunciato vizio di «omesso esame circa un fatto decisivo», in relazione all’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., tale norma (nella formulazione risultante dalle modifiche introdotte dal d.l. n. 83 del 2012, conv. dalla l. n. 143 del 2012, applicabile ratione temporis), riferisce l’omesso esame ad un preciso accadimento o una precisa circostanza in senso storiconaturalistico (Cass. Sez. U, 8053/2014, Cass. 24035/2018), non assimilabile in alcun modo a “questioni” o “argomentazioni” (Cass. n.n. 12481 del 2022; 2268/2022, 22397/2019, 14802/2017). Affinché una simile censura sia rituale deve quindi trattarsi di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia). Con la conseguenza, tra l’altro, che l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sé, tale vizio, qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte
le risultanze probatorie (Cass. 27415/2018, 7472/2017); rimane peraltro estranea dall’ambito del vizio in questione qualsiasi censura volta a criticare il “convincimento” che il giudice si sia formato in esito all’esame del materiale istruttorio (Cass. 20553/2021).
9.3. Peraltro, la violazione del precetto di cui all’art. 2697 c.c. si configura soltanto nell’ipotesi in cui il giudice abbia attribuito l’onere della prova ad una parte diversa da quella che ne è gravata secondo le regole dettate da quella norma, e non anche quando, a seguito di una incongrua valutazione RAGIONE_SOCIALE acquisizioni istruttorie, il giudice abbia errato nel ritenere che la parte onerata abbia assolto tale onere, poiché in questo caso vi è soltanto un erroneo apprezzamento sull’esito della prova, sindacabile in sede di legittimità solo per il vizio di cui all’art. 360 n. 5 cod. proc. civ. (tra le altre, Cass. Sez. L – , Sentenza n. 17313 del 19/08/2020; Cass. 23518 del 2018; Cass. n. 571 del 2017; n. 19064 del 2006, n. 15107 del 2013).
9.4.Invero, la contribuente, pur prospettando con i motivi in esame la violazione di norme di legge , ha inammissibilmente denunciato un’indebita valutazione da parte del giudice di appello del materiale probatorio prodotto in atti, in quanto -a fronte della contestazione di cui all’avviso in questione (allegato al ricorso) della indebita deduzione, ai fini RAGIONE_SOCIALE imposte dirette e detrazione, ai fini Iva 1) di spese relative ad immobile di categoria A/2 ubicato nel Comune di Santo Stefano (GR) acquistato nel 2009 che risultava non venduto né locato anche nei quattro anni successivi (2010-2013) e, pertanto, da considerarsi un immobile c.d. patrimonio; 2) di spese c.d. di rappresentanza per euro 7.136,36 non documentate e non inerenti (per l’acquisto di un orologio Cartier, per alberghi in Porto Santo Stefano e per agriturismo RAGIONE_SOCIALE) e di costi non documentati per euro 4.488,37; 3) di spese non documentate di euro 120.000,00 per onorari relativi ad avvisi di parcella emessi dallo RAGIONE_SOCIALE AVV_NOTAIO, risultate un importo ‘ anomalo in considerazione del ridotto numero di immobili gestito, della sproporzione di tale voce di costi costituente il 50% dei ricavi dichiarati dalla società nel 2009, e dei rapporti di parentela-affinità tra i reali soggetti contraenti ‘ – il giudice di appello ha ritenuto con un accertamento in fatto non sindacabile in sede di legittimità, che: 1) ‘non appariva
adeguatamente provata’ la deducibilità relativa alle spese per un immobile di categoria A/2 in Porto Santo Stefano, acquistato nel 2009 mai locato né venduto, da considerarsi quindi ‘bene patrimonio’; 2) con riguardo all’acquisto di un orologio Cartier, pernottamenti per alberghi in Porto Santo Stefano e per agriturismo presso la RAGIONE_SOCIALE, ‘ spettava alla contribuente documentarne la inerenza che, alla luce della stessa documentazione di parte, non appari dimostrata (come d’altra parte, indim ostrata si appalesava la sussunzione di tali spese sotto la generica dicitura di spese di rappresentanza) ‘; 2) ingiustificata era anche la spesa complessiva di euro 131.641,00 (120.016,35+ 11.624,83 a sua volta frutto della somma di euro 4.488,47 e euro 7.136,36) sia in quanto l’onorario RAGIONE_SOCIALE indicato appariva obiettivamente ‘ anomalo rispetto al ridotto numero di immobili gestito ‘ sia in quanto tale spesa risultava ‘ sproporzionata costituendo circa il 50% dei ricavi dichiarati dalla società ‘ sia perché, in ogni caso, ‘ le somme indicate dalla contribuente (e la relativa giustificazione RAGIONE_SOCIALE stesse) contrastavano con i generali principi di esistenza, certezza, competenza e inerenza ‘. Ciò in conformità con l’orientamento di questa Corte secondo cui ‘ In tema di IVA, ai fini della detrazione dei costi, non è sufficiente l’avvenuta contabilizzazione degli stessi, dovendo il contribuente dimostrarne, nell’ipotesi di contestazione dell’Amministrazione finanziaria, anche l’esistenza, l’inerenza e la coerenza economica’ (Cass., Sez. 5, Sentenza n. 22940 del 26/09/2018). ‘ In tema di imposte sui redditi RAGIONE_SOCIALE società, il principio dell’inerenza dei costi deducibili si ricava dalla nozione di reddito d’impresa (e non dall’art. 75, comma 5 del d.P.R. n. 917 del 1986, ora art. 109, comma 5, del medesimo d.P.R., riguardante il diverso principio della correlazione tra costi deducibili e ricavi tassabili) ed esprime la necessità di riferire i costi sostenuti all’esercizio dell’attività imprenditoriale, escludendo quelli che si collocano in una sfera estranea ad essa, senza che si debba compiere alcuna valutazione in termini di utilità (anche solo potenziale o indiretta), in quanto è configurabile come costo anche ciò che non reca alcun vantaggio economico e non assumendo rilevanza la congruità RAGIONE_SOCIALE spese, perché il giudizio sull’inerenza è di carattere qualitativo e non quantitativo. Peraltro, l’onere di provare e documentare l’imponibile maturato e
dunque l’esistenza e la natura del costo, i relativi fatti giustificativi e la sua concreta destinazione alla produzione, quale atto d’impresa, grava sul contribuente’ (Cass. Sez. 5 – , Sentenza n. 30366 del 21/11/2019). In tema di IVA, ai fini della detrazione di un costo, la prova dell’inerenza del medesimo quale atto d’impresa, ossia dell’esistenza e natura della spesa, dei relativi fatti giustificativi e della sua concreta destinazione alla produzione quali fatti costitutivi su cui va articolato il giudizio di inerenza, incombe sul contribuente in quanto soggetto gravato dell’onere di dimostrare l’imponibile maturato (Cass., Sez. 5, Sent. n. 18904 del 17/07/2018).
10.In conclusione, il ricorso va rigettato.
11.Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo.
P.Q. M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna la ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese del giudizio di legittimità che si liquidano in euro 5.800,00 per compensi oltre spese prenotate a debito.
Dà atto, ai sensi dell’art.13 comma 1-quater D.P.R. n.115/2002, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma il 25 gennaio 2024