Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 27421 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5   Num. 27421  Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 14/10/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 26397/2016 R.G. proposto da :
NOME,  elettivamente  domiciliata  in  INDIRIZZO,  presso  lo  studio  dell’avvocato  COGNOME (CODICE_FISCALE) rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrente-
 contro
AGENZIA DELLE ENTRATE DIREZIONE PROVINCIALE DI SALERNO
-intimata-
avverso la SENTENZA della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE DELLA CAMPANIA SEZ.DIST. SALERNO n. 3413/2016 depositata il 12/04/2016.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 12/06/2025 dalla Consigliera NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
 La  Commissione  tributaria  regionale  della  Campania,  sez.  dist. Salerno  ( hinc: CTR),  con  la  sentenza  n.  3413/2016  depositata  in data  12/04/2016, ha  respinto  l’appello  proposto  da  NOME  COGNOME contro  la  sentenza  n.  356/2013,  con  la  quale  la  Commissione tributaria provinciale di Salerno aveva rigettato il ricorso proposto dalla  contribuente  contro  l’avviso  di  accertamento  relativo  ad omesso  versamento  dell’IRPEF,  dell’IVA  e  dell’IRAP per  l’anno d’imposta 2007.
La CTR -dato atto che l’avviso di accertamento discendeva dall’inclusione dell’impresa individuale nel piano di controllo per mancato adeguamento agli studi settore e che da un’interrogazione all’anagrafe tributaria erano emerse delle palesi incongruenze ha evidenziato che non erano state fornite spiegazioni relative alla sperequazione delle rimanenze, alle spese sproporzionate e alla condotta antieconomica. Diversamente, l’applicazione dei criteri degli studi di settore e le discrasie contabili evidenziate e non giustificate consentivano di approdare ai valori determinati dall’ufficio.
 È  stato,  poi,  rilevato  che  non  risultava  compiuta,  a  priori,  una verifica fiscale e che il contraddittorio si sarebbe instaurato proprio attraverso la richiesta di questionario e la domanda di adesione del 19/03/2012, con successivo invito a comparire per l’instaurazione del contraddittorio su istanza di definizione, concluso con il verbale del giorno 08/06/2012,  ai  fini della definizione dell’avviso di
accertamento. Di conseguenza, il contraddittorio non dovuto in via preliminare è stato garantito, comunque, nella procedura successiva.
Contro la sentenza della CTR la contribuente ha proposto ricorso in cassazione con tre motivi, che ha illustrato con memoria.
La parte intimata non si è costituita.
…
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso è stata denunciata la violazione dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ. , in relazione all’art. 12, comma 7, legge n. 212 del 2000 e agli artt. 3, 24, 53, 111 e 118 Cost., anche in relazione agli artt. 41, 47 e 48 della Carta di Nizza.
1.1. Ad avviso della ricorrente l’affermazione contenuta nella sentenza impugnata, secondo cui non risultava compiuta una verifica a priori e che il contraddittorio si sarebbe instaurato proprio attraverso il questionario e la domanda di adesione del 19/03/2012 e con il successivo invito a comparire per l’instaurazione del contraddittorio sull’istanza di definizione, viola l’art. 12, comma 7, legge n. 212 del 2000. Nel caso di specie è, infatti, pacifico che non vi sia stata la notifica di alcun processo verbale di chiusura delle operazioni fiscali, prima della notificazione dell’avviso di accertamento e irrogazione delle sanzioni avvenuta in data 31/01/2012. A sostegno delle proprie censure la ricorrente ha richiamato le pronunce delle Sezioni Unite di questa Corte (Cass., Sez. U, n. 18184 del 2013; Cass., Sez. U, n. 19667 e 19668 del 2014; Cass., Sez. U, n. 24823 del 2015) e della Corte costituzionale (C. cost. n. 132 del 2015).
1.2. Il motivo di ricorso è infondato, essendo sufficiente la mera correzione  della  sentenza  impugnata.  Da  quanto  emerge  dalla lettura di quest’ultima risulta, infatti, che l’avviso di accertamento
impugnato discende dall’inclusione della ricorrente nel piano di controllo per il mancato adeguamento agli studi di settore per un importo superiore a Euro 10.000 e in esito alle incongruenze rilevate in conseguenza di un’interrogazione all’anagrafe tributaria (da cui risultava un reddito d’impresa pari a Euro 3.467 , un utile di bilancio di soli Euro 1.803 e un’appostazione di rimanenze finali pari a poco meno Euro 56.000 a fronte di rimanenze iniziali per l’anno successivo di importo inferiore). Rileva, quindi, la CTR: « Va osservato che a fronte delle segnalate incongruenze non sono state fornite spiegazioni sulla sperequazione delle rimanenze, sulle spese sproporzionate, sulla condotta antieconomica. Per contro, l’applicazione dei criteri degli studi di settore e le evid enziate discrasie contabili non giustificate consentono di approdare ai valori determinati dall’ufficio. E va anche sottolineato che non risulta compiuta a propri una verifica fiscale e che invece il contraddittorio si sarebbe instaurato proprio attraverso la richiesta di questionario e domanda di adesione del 19/03/2012 …».
1.3. In primo luogo, occorre evidenziare che, secondo quanto si legge a pag. 2 del ricorso in cassazione, la stessa ricorrente afferma che l’atto impositivo trae origine dalla (ritenuta) inattendibilità complessiva della contabilità e che il volume di affari è stato ricostruito sulla base di studi di settore ex art. 39, comma 2, d.P.R. n. 600 del 1973. La conclusione circa l’inattendibilità della contabilità rilevante per il metodo di accertamento prescelto dall’amministrazione finanziaria scaturisce , tuttavia, non già dalle (sole) incongruenze rispetto agli studi di settore, ma da ll’interrogazione dell’anagrafe tributaria e da lla valutazione della documentazione richiesta con un questionario notificato in data 07/12/2011, menzionato dalla stessa contribuente nell’incipit del ricorso in cassazione. In particolare, a pag. 2 viene fatto riferimento
alla ricezione di un NUMERO_DOCUMENTO per l’anno d’imposta 2007, riscontrata dalla contribuente in data 22/12/2011.
Considerato che l’avviso di accertamento è stato notificato (v. pag. 1 del ricorso in cassazione) in data 31/01/2012, il questionario notificato  in  data  07/12/2011  è  necessariamente  anteriore  alla notificazione dell’atto impositivo impugnato.
1.4. In secondo luogo, ai fini dell’instaurazione del contraddittorio non è affatto necessaria la notifica del PVC e il decorso del termine dilatorio di sessanta giorni: la parte ricorrente dà, infatti, una lettura atomistica della norma dell ‘art. 12, comma 7, legge n. 212 del 2000 (applicabile ratione temporis ), senza tenere conto della sua collocazione sistematica all’interno di una disposizione che esordisce facendo riferimento agli accessi, ispezioni e verifiche fiscali nei locali destinati all’esercizio di attività commerciali, industriali, agricole, artistiche o professionali (Cass., 19/06/2024, n. 16942; Cass., 04/04/2014, n. 7957). Nel caso di specie, secondo quanto evidenziato nella sentenza impugnata l’atto impositivo scaturisce da incongruenze rilevate dall’amministrazione finanziaria (anche) a seguito di interrogazione all’anagrafe tributaria . La ricorrente, peraltro, nell’esposizione de lle vicende che hanno condotto all’emissione dell’avviso di accertamento non richiama alcun accesso, ispezione o verifica nei locali destinati all’esercizio dell’attività finanziaria, limitandosi a richiamare la notifica del questionario relativo all’anno d’imposta 2007 (v. pag. 2 del ricorso in cassazione). Anche da ultimo, d’altronde, si è ribadito (v. Cass., Sez. Un., 25/07/2025, n. 21271) che, in tema di diritti e garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali c.d. “a tavolino”, nella disciplina applicabile prima dell’entrata in vigore dell’art. 6-bis della l. n. 212 del 2000 (introdotto dall’art. 1, comma 1, lett. e, del d.lgs. n. 219 del 2023, a sua volta richiamato e interpretato ex artt. 7 e 7-
bis del d.l. n. 39 del 2024, convertito con modd. dalla l. n. 67 del 2024), l’obbligo di contraddittorio endoprocedimentale vige, quanto ai tributi cd. non armonizzati, solo se espressamente previsto, mentre ha valenza generalizzata per soli tributi cd. armonizzati, comportando la relativa violazione l’invalidità dell’atto, purché il contribuente abbia assolto all’onere di enunciare in concreto gli elementi in fatto che avrebbe potuto far valere e non abbia proposto un’opposizione meramente pretestuosa, fittizia o strumentale, tale essendo quella non idonea a determinare un risultato diverso del procedimento impositivo, secondo una valutazione probabilistica ex ante spettante al giudice di merito.
1.5. In terzo luogo, l’instaurazione del contraddit torio -all’infuori di ipotesi espressamente tipizzate ex lege, come in caso di accessi, ispezioni e verifiche dell’amministrazione finanziaria -non richiede alcuna formalità, ma può realizzarsi attraverso diversi strumenti adottati dall’amministrazione finanziaria (es. invio questionari o riconoscimento accesso agli atti), purché si realizzi in modo effettivo e finalizzato all’interlocuzione preventiva con il contribuente (Cass., n. 16942 del 2024 cit. ).
1.6. In quarto luogo, anche per i tributi armonizzati è stato precisato che l’invio da parte dell’Ufficio di questionari ai contribuenti, affinché questi forniscano dati, notizie e chiarimenti, assolve, per i tributi armonizzati, la funzione di assicurare -in ragione dei canoni di lealtà, correttezza e collaborazione propri degli obblighi di solidarietà della materia tributaria – un dialogo preventivo tra Fisco e contribuente, per favorire la definizione delle reciproche posizioni, onde evitare l’instaurazione del contenzioso giudiziario e, dunque, realizza proprio quell’esigenza di interlocuzione preventiva tra Amministrazione finanziaria e contribuente prevista nei casi in cui sussiste l’obbligo di
contraddittorio  endoprocedimentale  (Cass.,  27/0/2023,  n.  2541  e sul punto v. di recente anche Cass. 08/07/2024, n. 18489).
1.7. Nel caso di specie, la parte ricorrente , nell’illustrazione del primo motivo di ricorso, non si confronta né con le modalità che hanno caratterizzato l’accertamento e il conseguente atto impositivo da parte dell’amministrazione finanziaria, né con la richiesta di questionario (formalità idonea a realizzare l’interlocuzione con il contribuente), integrando, sotto tale aspetto, (anche) un profilo di inammissibilità del ricorso : irrilevante è, al riguardo, l’affermazione, fine a sé stessa, che ‘L’invio de l questionario e il rituale riscontro non si vede cosa abbiano a che vedere con un avviso di accertamento e liquidazione successivamente spiccato con palesi caratteri di arbitrarietà, che ove preannunciati sarebbero stati con forza contestati…’ (ancora pag . 9 del ricorso).
La sentenza impugnata deve essere, quindi, solamente corretta nella parte in cui, facendo riferimento all’istanza di adesione, alla possibilità che il contraddittorio possa essere garantito ex post. In realtà, ai fini dell’instaurazione del contraddittorio era sufficiente l ‘interlocuzione propiziata dall’invio del questionario, cui la stessa contribuente ha riferito di aver dato riscontro (v. pag. 9 del ricorso), sugli esiti del quale cui la parte ricorrente non ha preso espressa posizione nell’illustrazion e del primo motivo di ricorso.
 Con  il  secondo  motivo  di  ricorso  è  stata  denunciata  la violazione  dell’art.  360,  primo  comma,  n.  3, cod.  proc.  civ.  in relazione all’art. 39, secondo comma, d.P.R. n. 600 del 1973 e agli artt. 2227 e ss. cod. civ. -Violazione dell’art. 112 cod. proc. civ. -Contraddittorietà.
2.1.  La  parte  ricorrente  rileva  di  aver  censurato,  in  sede  di appello, l’applicazione arbitraria del metodo induttivo e la
sussunzione  arbitraria  del  caso  di  specie  nel  divieto  assoluto  di applicazione di presunzioni a catena.
2.2. Con riferimento al metodo induttivo ha rilevato che, mentre nella premessa dell’avviso di accertamento si faceva riferimento a presunzioni gravi, precise e concordanti impiegate per desumere l’esistenza di ricavi (pag. 5/26, primo capoverso), nelle controdeduzioni depositate in data 06/02/2012 dall’amministrazione finanziaria nell’ambito del giudizio di primo grado, si afferma, invece, la legittimità del ricorso, in deroga alla regola generale, a presunzioni supersemplici e cioè prive dei requisiti di gravità precisione e concordanza. È evidente, ad avviso di parte ricorrente, come in tal modo la stessa amministrazione finanziaria abbia riconosciuto di aver violato l’art. 39 d.P.R. n. 600 del 1973, non esistendo, in concreto, le presunzioni dotate dei requisiti di gravità, precisione e concordanza. La CTR ha omesso di pronunciarsi sulla specifica censura di cui al punto 3) dell’atto di appello .
2.3.  La  ricorrente  rileva,  poi,  che  la  CTR  non  ha  fatto  alcuna confutazione del quarto motivo di appello, rilevando che non è stato riscontrato quanto affermato dalla contribuente e volto a dimostrare gli effetti aberranti di un accertamento illegittimo, al punto da essere antistorici, con astrazione assoluta e paradossale dell’attuale situazione di crisi economica.
Con il terzo motivo è stata denunciata la violazione dell’art. 360, primo comma, n. 3 cod. proc. civ. in relazione all’art. 53 Cost . e agli artt. 92 e 110 d.P.R. n. 917 del 1986 -Violazione dell’art. 39 , secondo comma, d.P.R. n.  600 del 1973 -Violazione degli artt. 112 cod. proc. civ. e 2227 ss. cod. civ.
3.1.  Con  tale  motivo  la  ricorrente  richiama  il  secondo  motivo d’app ello, dove aveva denunciato la rettificazione, da parte dell’Agenzia,  dei  soli  dati  relativi  alle  rimanenze  finali  dei  beni
impiegati nella produzione (considerati uguali agli acquisti eseguiti nell’ultimo trimestre), senza rettificare le rimanenze finali dei prodotti finiti e le rimanenze finali del materiale di consumo e quelle relative all’anno precedente, pervenendo, così, a un costo del venduto erroneo e del tutto eccezionale. Ne consegue l’inattendibilità o arbitrarietà del risultato ottenuto. La CTR ha omesso di riscontrare tale doglianza, al pari di quanto già fatto dal giudice di primo grado, preferendo ribadire i profili di incongruenza della contabilità o assumere in modo generico il mancato assolvimento dell’onere probatorio da parte del contribuente. Rileva, in particolare, che il superamento dei dati contabili contenuti nella dichiarazione dei redditi non può mai legittimare la ricostruzione del reddito in maniera apodittica, ma occorre che tale ricostruzione parta da un fatto noto per pervenire a un fatto ignoto, pur in presenza di presunzioni prive dei caratteri della gravità, precisione e concordanza. Rileva di aver segnalato, nei precedenti gradi di giudizio, come le rimanenze finali delle materie impiegate per la produzione di un trimestre non possano essere considerate quale unico parametro per l ‘intervento in rettifica, al fine di inferire il costo del venduto e, quindi, in via induttiva il reddito di un determinato periodo d’imposta.
4. Il secondo e il terzo motivo sono inammissibili, in quanto il vizio di violazione di legge veicola, in realtà, una richiesta di rivalutazione dei fatti -e degli elementi posti a base dell’accertamento richiamati nell’incipit della motivazione della sentenza impugnata, sui quali la CTR ha ritenuto che la contribuente non avesse fornito alcuna spiegazione non solo ‘sulla sperequazione delle rimanenze’, ma anche ‘sulle spese proporzionate, sulla condotta antieconomica’ – sottratta al sindacato di legittimità di questa Corte. Le Sezioni Unite hanno, infatti, precisato che è inammissibile il ricorso per cassazione che, sotto l’apparente
deduzione del vizio di violazione o falsa applicazione di legge, di mancanza assoluta di motivazione e di omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio miri, in realtà, ad una rivalutazione dei fatti storici operata dal giudice di merito (Cass., Sez. U, 27/12/2019, n. 34476). Ad ogni modo, va ribadito, quanto al preteso divieto di utilizzazione di presunzioni a catena, che nel sistema processuale non esiste il divieto della cd. doppia presunzione, non riconducibile né agli artt. 2729 e 2697 c.c. né a qualsiasi altra norma, ben potendo il fatto noto, accertato in via presuntiva, costituire la premessa di un’ulteriore presunzione idonea a fondare l’accertamento del fatto ignoto, a condizione che la concatenazione di inferenze presuntive non sia debole, cioè inattendibile e infondata, e si fondi su una serie lineare di inferenze, ciascuna delle quali, nella sua conclusione, sia la premessa di una inferenza successiva e sia conforme ai criteri di precisione, gravità e concordanza di cui all’art. 2729 c.c. (da ultimo, Cass., 17/07/2025, n. 19993). Nel caso in esame, la concatenazione di inferenze è lineare, posto che, a fondamento della condivisione dei ‘valori determinati dall’ufficio’, vi sono, tra l’altro, ‘l’esposizione di debiti verso banche per circa 20mila euro in presenza di una cassa contanti positiva di circa 7mila euro’, la rileva nza di acquisti di merce al cospetto di ben più elevate giacenze della stessa merce e la corresponsione a una società sportiva, durante la stagione calcistica 2007/2008, di un importo di euro 7200,00 in contanti e senza contratto incompatibile con quelli d ell’utile dichiarato e del reddito d’impresa.
Alla luce di quanto sin qui evidenziato il ricorso è infondato e deve essere rigettato, senza alcuna statuizione sulle spese di lite, considerata la mancata costituzione della parte intimata.
…
P.Q.M.
rigetta il ricorso;
a i  sensi  dell’art.  13  comma  1  quater  del  d.P.R.  n.  115  del  2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza  dei  presupposti  per  il  versamento,  da  parte  della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13.
Così deciso all’esito della camera di consiglio del 12/06/2025 e, in sede di riconvocazione, del 12/09/2025.
La Presidente NOME COGNOME