Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 22253 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 22253 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 01/08/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 4822-2016 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE , in persona del Direttore pro tempore , elettivamente domiciliata in Roma, alla INDIRIZZO presso l’Avvocatura Generale dello Stato, che la rappresenta e difende (pec: EMAIL);
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore , nonché COGNOME Guido e COGNOME NOME , rappresentati e difesi, giusta procura speciale a margine del ricorso, dall’avv. NOME COGNOME (pec: EMAIL, elettivamente domiciliati presso lo studio legale dell’avv. NOME COGNOME (pec: EMAIL) e la COGNOME anche dall’avv.
Oggetto: TRIBUTI -accertamenti bancari -contraddittorio endoprocedimentale
NOME COGNOME (pec: EMAIL, come da atto di costituzione di nuovo difensore del 07/04/2025;
– controricorrenti –
avverso la sentenza n. 5246/05/2015 della Commissione tributaria regionale della LOMBARDIA, depositata in data 2 dicembre 2015; udita la relazione svolta nella camera di consiglio non partecipata del 12 giugno 2025 dal Consigliere relatore dott. NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
In controversia avente ad oggetto l’impugnazione due avvisi di accertamento di maggior reddito d’impresa ai fini IVA, IRES ed IRAP per gli anni di imposta 2007 e 2008, emessi nei confronti della RAGIONE_SOCIALE a seguito della verifica delle operazioni bancarie registrate sui conti correnti sia della società che dei due soci, NOME COGNOME e NOME COGNOME nei cui confronti venivano emessi distinti avvisi di accertamenti ai fini IRPEF, per i redditi di partecipazione nella predetta società a ristretta base partecipativa, la CTR della Lombardia, con la sentenza in epigrafe indicata accoglieva l’appello dei contribuenti ed annullava gli atti impositivi per non avere l’Ufficio rispettato il termine dilatorio di cui all’art. 12, comma 7, della legge n. 212 del 2000 e riteneva assorbita ogni altra questione.
Avverso tale statuizione l’Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione affidato a due motivi, cui replicano gli intimati con controricorso.
La controricorrente COGNOME deposita atto di costituzione di nuovo difensore e memoria ex art. 380-bis.1 cod. proc. civ.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Va preliminarmente esaminata e rigettata, perché infondata, l’eccezione dei controricorrenti di improcedibilità del ricorso per omesso deposito della copia della sentenza notificata il 18/01/2016, avendovi la parte ricorrente provveduto mediante deposito della sentenza notificata a mezzo raccomandata postale spedita in data 11/01/2016
(per come risultante dalla busta allegata in calce alla sentenza d’appello) riportante, nella parte superiore del frontespizio, il timbro di protocollazione al registro ufficiale (prot. n. 8901 del 18 gennaio 2016).
Con il primo motivo di ricorso viene dedotta, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione degli artt. 12, della legge n. 212 del 2000, 32 d.P.R. n. 600 del 1973 e 51 del d.P.R. n. 633 del 1972.
2.1. Lamenta la ricorrente l’inapplicabilità nel caso di specie del disposto di cui all’art. 12, comma 7, della legge n. 212 del 2000 vertendosi in ipotesi di accertamento cd. a tavolino.
Con il secondo motivo deduce, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., la nullità della sentenza per difetto di motivazione, sub specie di motivazione apparente, in ordine alle ragioni per le quali l’amministrazione finanziaria avrebbe dovuto emettere un processo verbale di chiusura delle operazioni di verifica, che costituisce il presupposto per l’applicabilità del termine di dilatorio di cui al comma 7 dell’art. 12 della legge n. 212 del 2000. E ciò in violazione degli att. 112 e 132, comma 1, n. 4, cod. proc. civ., 36 del d.lgs. n. 546 del 1992 e 118 delle disp. att. del cod. proc. civ.
Ragioni di ordine logico impongono l’esame di tale ultimo motivo di ricorso, che è infondato e va rigettato in quanto la sentenza impugnata esibisce una motivazione (condivisibile o meno che sia, ma comunque) effettiva, sia dal punto di vista grafico che giuridico (Cass., Sez. U, n. 8053 del 2014).
4.1. Peraltro, erra la ricorrente nel ritenere che il termine dilatorio si applichi solo a seguito di redazione di un processo verbale di chiusura della verifica, perché, invece, il presupposto è solo ed esclusivamente l’accesso, l’ispezione o la verifica condotta nei locali destinati all’esercizio dell’at tività del contribuente, costituendo la consegna o notifica del p.v. di chiusura delle operazioni soltanto il momento da cui inizia a decorrere il predetto termine. Tant’è vero che, nell’ipotesi di
mancata redazione di un verbale di chiusura della verifica, comunque il contribuente ha diritto al termine dilatorio con la conseguenza che, in tale ipotesi, spetta all’amministrazione finanziaria informare comunque il contribuente del completamento delle attività di verifica ed attendere il decorrere dei sessanta giorni prima di emettere l’atto impositivo.
Il primo motivo, al cui esame deve passarsi, è invece fondato e va accolto.
Nel caso in esame è pacifico, per implicita ammissione fattane dalla controricorrente che sostiene, peraltro correttamente, la sussistenza dell’obbligo di espletare il contraddittorio enodprocedimentale vertendosi anche in materia di recupero ai fini IVA, e quindi di imposta armonizzata, che non era stato effettuato alcun accesso o ispezione o verifica presso i locali destinati all’esercizio dell’attività della società contribuente e, pertanto, non sussisteva in capo all’amministrazione finanziaria l’ob bligo di attendere il decorso del termine dilatorio di sessanta giorni di cui all’art. 12, comma 7, della legge n. 212 del 2000 per la notifica degli avvisi di accertamento.
6.1. È noto, infatti, l’ orientamento di questa Corte secondo cui, «In tema di accertamento fiscale, il termine dilatorio di cui all’art. 12, comma 7, della l. n. 212 del 2000 opera soltanto in caso di controllo eseguito presso la sede del contribuente e non anche alla diversa ipotesi, non assimilabile alla precedente, di accertamenti cd. a tavolino, atteso che la naturale “vis expansiva” dell’istituto del contraddittorio procedimentale nei rapporti tra fisco e contribuente non giunge fino al punto di imporre termini dilatori all’azione di accertamento derivanti da controlli eseguiti nella sede dell’Amministrazione sulla base dei dati forniti dallo stesso contribuente o acquisiti documentalmente» (Cass. n. 24793/2020; v. anche Cass. n. 27420/2018 e n. 6219/2018, n. 3408/2017, n. 3142/2014, n. 13588/2014 la quale, peraltro, richiama sul punto il tenore testuale della sentenza delle Sezioni Unite di questa
Corte n. 18184/2013, § 3.1; in senso analogo Cass., Sez. U., n. 24823/2015, § IV -1; Cass. n. 701/2019).
6.2. Cass. n. 18413/2021 ha affermato che «In tema di diritti e garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali, l’accesso, ispezione e verifica dei locali destinati all’esercizio di una attività e la successiva autorizzazione all’espletamento delle indagini bancarie ai sensi dell’art. 32 del d.P.R. n. 600 del 1973 costituiscono procedimenti distinti, sicché la questione del se l’accertamento sia fondato sulle sole risultanze bancarie o sia misto, ossia fondato anche sulla documentazione acquisita in sede di accesso, ispezione o verifica, deve essere prioritariamente accertata dal giudice di merito, dal momento che il termine dilatorio di cui all’art. 12, comma 7, dello Statuto del contribuente trova applicazione solo nel secondo caso, ferma restando, per il tributo armonizzato, la valutazione del rispetto del contraddittorio endoprocedimentale, alla luce della cd. prova di resistenza».
6.3. Al riguardo si è altresì affermato che «In tema di accertamento, il termine dilatorio di cui all’art. 12, comma 7, della l. n. 212 del 2000 non opera nell’ipotesi di accertamenti cd. a tavolino, salvo che riguardino tributi “armonizzati” come l’IVA, ipotesi nella quale, tuttavia, il contribuente che faccia valere il mancato rispetto di detto termine è in ogni caso onerato di indicare, in concreto, le questioni che avrebbe potuto dedurre in sede di contraddittorio preventivo» (Cass. n. 27420/2018; v. anche Cass. n. 11685/2021). Infatti, in materia di effettuazione del contraddittorio endoprocedimentale, le Sezioni Unite di questa Corte nella sentenza n. 24823/2015 hanno posto la basilare distinzione, a seconda che si tratti o meno di tributi armonizzati, questi ultimi soggetti al diritto dell’Unione europea, chiarendo che «in tema di tributi c.d. non armonizzati, l’obbligo dell’Amministrazione di attivare il co ntraddittorio endoprocedimentale, pena l’invalidità dell’atto, sussiste esclusivamente in relazione alle ipotesi, per le quali siffatto obbligo risulti specificamente sancito; mentre in tema di tributi cd. armonizzati,
avendo luogo la diretta applicazione del diritto dell’Unione, la violazione del contraddittorio endoprocedimentale da parte dell’Amministrazione comporta in ogni caso, anche in campo tributario, l’invalidità dell’atto, purché, in giudizio, il contribuente assolva l’onere di enunciare in concreto le ragioni che avrebbe potuto far valere, qualora il contraddittorio fosse stato tempestivamente attivato, e che l’opposizione di dette ragioni (valutate con riferimento al momento del mancato contraddittorio), si riveli non puramente pretestuosa e tale da configurare, in relazione al canone generale di correttezza e buona fede ed al principio di lealtà processuale, sviamento dello strumento difensivo rispetto alla finalità di corretta tutela dell’interesse sostanziale, per le quali è stato predisposto» (per la successiva giurisprudenza conforme si vedano, tra le altre, Cass. n. 2875/2017; Cass. n. 10030/2017; Cass. n. 20799/2017; Cass. n. 21071/2017). In tali termini si è espressa anche la Corte di Giustizia UE, sez. V, nella sentenza del 3 luglio 2014, in causa C-129/13 e C-130/13, Kamino , affermando che «Il giudice nazionale, avendo l’obbligo di garantire la piena efficacia del diritto dell’Unione, può, nel valutare le conseguenze di una violazione dei diritti della difesa, in particolare del diritto di essere sentiti, tenere conto della circostanza che una siffatta violazione determina l’annullamento della decisione adottata al termine del procedimento amministrativo di cui trattasi soltanto se, in mancanza di tale irregolarità, tale procedimento avrebbe potuto comportare un risultato diverso».
6.4. Quello del superamento della prova di resistenza è, però, accertamento di fatto che dev’essere compiuto dal giudice di merito il quale, pertanto, vi dovrà provvedere in sede di rinvio.
Conclusivamente, va accolto il secondo motivo di ricorso e rigettato il primo. La sentenza impugnata va cassata in relazione al motivo accolto e la causa rinviata alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Lombardia perché faccia la verifica sopra indicata
e, ove necessario, esamini le questioni rimaste assorbite. Il giudice del rinvio provvederà anche alla regolamentazione delle spese processuali del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
accoglie il secondo motivo di ricorso, rigettato il primo; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Lombardia, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del presente giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma il 12 giugno 2025