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Contraddittorio endo-procedimentale: no se a tavolino

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 14536/2025, ha stabilito che l’obbligo del contraddittorio endo-procedimentale non si applica alle verifiche fiscali ‘a tavolino’ per i tributi non armonizzati, come l’IRPEF. Il caso riguardava due soci di una s.a.s. che avevano impugnato avvisi di accertamento sostenendo la violazione delle garanzie difensive per la mancata emissione di un verbale di chiusura delle operazioni. La Corte ha rigettato i ricorsi, chiarendo che le garanzie previste dallo Statuto del Contribuente, come il termine dilatorio e il verbale finale, sono previste solo per le ispezioni fisiche presso la sede del contribuente e non per i controlli documentali effettuati presso gli uffici dell’Agenzia delle Entrate.

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Pubblicato il 29 settembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Contraddittorio Endo-Procedimentale: Non Obbligatorio per le Verifiche ‘a Tavolino’

La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha fornito un chiarimento cruciale sul perimetro di applicazione del contraddittorio endo-procedimentale in materia fiscale. È stato stabilito che questo fondamentale presidio difensivo non è richiesto per le cosiddette verifiche ‘a tavolino’ relative a tributi non armonizzati, come l’IRPEF. Questa decisione definisce con precisione la differenza tra i controlli effettuati presso la sede del contribuente e quelli documentali svolti negli uffici dell’Amministrazione Finanziaria.

I Fatti del Caso

La vicenda trae origine da un accertamento fiscale notificato a una società in accomandita semplice (s.a.s.), dal quale erano emersi maggiori redditi imponibili. Di conseguenza, l’Agenzia delle Entrate aveva emesso due avvisi di accertamento individuali nei confronti di due soci accomandanti, attribuendo loro, per trasparenza e pro quota, il maggior reddito accertato e richiedendo il pagamento di maggiori IRPEF, addizionali, interessi e sanzioni.

I due soci impugnavano gli atti impositivi dinanzi alla Commissione Tributaria Provinciale (CTP), lamentando la violazione delle garanzie difensive previste dallo Statuto del Contribuente (legge n. 212/2000). In particolare, sostenevano che l’avviso di accertamento non fosse stato preceduto dalla notifica del processo verbale di chiusura delle operazioni, un atto che ritenevano prodromico e necessario. La CTP rigettava i ricorsi, ma i contribuenti proponevano appello.

La Commissione Tributaria Regionale (CTR) dichiarava inammissibile l’appello per difetto di specificità, ritenendo che i motivi non fossero stati esposti in modo sufficientemente chiaro. Contro questa decisione, i soci proponevano ricorso per cassazione.

La Decisione della Corte: il contraddittorio endo-procedimentale e i suoi limiti

La Corte di Cassazione ha rigettato entrambi i ricorsi, pur correggendo la motivazione della sentenza della CTR. I giudici di legittimità hanno infatti ritenuto che, contrariamente a quanto affermato dalla CTR, il motivo di appello fosse sufficientemente specifico. Tuttavia, nel merito, la doglianza dei contribuenti è stata giudicata infondata.

Il punto centrale della decisione è la distinzione tra le diverse tipologie di controllo fiscale. La Corte ha ribadito un principio consolidato: le garanzie previste dall’articolo 12 della legge n. 212/2000, tra cui l’obbligo di redigere un processo verbale di chiusura delle operazioni e il rispetto di un termine dilatorio prima di emettere l’atto impositivo, si applicano esclusivamente in caso di ‘accessi, ispezioni e verifiche fiscali nei locali destinati all’esercizio di attività’ del contribuente.

Le Motivazioni della Sentenza

La Suprema Corte ha spiegato che la ratio di tali garanzie risiede nella necessità di bilanciare il potere ispettivo dell’Amministrazione, che comporta una ‘invasione’ della sfera privata e professionale del contribuente, con adeguati strumenti di difesa.

Quando, invece, il controllo avviene ‘a tavolino’, cioè attraverso l’esame di documenti presso gli uffici dell’Agenzia delle Entrate (forniti dal contribuente stesso o acquisiti altrimenti, come nel caso di indagini bancarie), non si verifica tale invasione. Di conseguenza, non scattano le specifiche tutele procedurali previste per le verifiche in loco.

Inoltre, la Corte ha tracciato una netta distinzione tra:

1. Tributi armonizzati (es. IVA): Per questi tributi, derivanti dal diritto dell’Unione Europea, vige un obbligo generale di contraddittorio preventivo. La sua violazione comporta l’invalidità dell’atto, a condizione che il contribuente fornisca la ‘prova di resistenza’, dimostrando cioè che, se avesse partecipato al procedimento, avrebbe potuto influenzarne l’esito.
2. Tributi non armonizzati (es. IRPEF): Per questi tributi, un obbligo generalizzato di contraddittorio non esiste nella legislazione nazionale. Esso sussiste solo nei casi specificamente previsti dalla legge, come appunto le verifiche effettuate presso la sede del contribuente. Poiché il caso di specie riguardava un accertamento IRPEF scaturito da un controllo ‘a tavolino’, nessuna norma imponeva all’Agenzia delle Entrate di attivare un contraddittorio preventivo o di redigere un verbale di chiusura delle operazioni.

Le Conclusioni

In conclusione, la Corte di Cassazione ha affermato che, in assenza di un accesso fisico presso i locali del contribuente e trattandosi di un tributo non armonizzato come l’IRPEF, non può essere lamentata la violazione del contraddittorio endo-procedimentale per la mancata notifica di un verbale di chiusura delle operazioni. L’avviso di accertamento emesso a seguito di una verifica ‘a tavolino’ è, pertanto, pienamente legittimo anche in assenza di tale adempimento. La decisione consolida un orientamento giurisprudenziale chiaro, che delimita l’applicazione delle garanzie dello Statuto del Contribuente alle sole ipotesi di controlli ispettivi diretti, escludendo i controlli puramente documentali.

L’obbligo del contraddittorio endo-procedimentale si applica a tutti gli accertamenti fiscali?
No. Per i tributi non armonizzati come l’IRPEF, l’obbligo di un contraddittorio preventivo, con le garanzie previste dall’art. 12 dello Statuto del Contribuente, sussiste solo in caso di accessi, ispezioni e verifiche fiscali presso i locali del contribuente, non per le verifiche ‘a tavolino’.

Cosa si intende per verifica ‘a tavolino’ e quali garanzie si applicano?
Una verifica ‘a tavolino’ è un controllo che l’Amministrazione finanziaria svolge nei propri uffici, esaminando la documentazione disponibile senza accedere fisicamente alla sede del contribuente. In questi casi, non si applicano le specifiche garanzie procedurali (come il verbale di chiusura e il termine dilatorio) previste per le ispezioni in loco.

La mancata emissione del verbale di chiusura delle operazioni invalida l’avviso di accertamento IRPEF?
No, se l’accertamento deriva da una verifica ‘a tavolino’. Secondo la Corte, poiché tale adempimento è legato alle verifiche fisiche presso il contribuente, la sua assenza in un controllo documentale non costituisce un vizio che possa invalidare l’atto impositivo per i tributi non armonizzati.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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