Ordinanza interlocutoria di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 33926 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 33926 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 22/12/2024
ORDINANZA INTERLOCUTORIA
sul ricorso iscritto al n. 15643/2019 R.G. proposto da:
NOME COGNOME , elettivamente domiciliato in Roma INDIRIZZO presso lo studio dell’avv. NOME COGNOME che lo rappresenta e difende;
-ricorrente-
Contro
RAGIONE_SOCIALE , rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato presso la quale è domiciliata in Roma, INDIRIZZO
-controricorrente-
avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. ROMA n. 992/2019 depositata il 22/02/2019.
Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 05/12/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
Sentito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale NOME COGNOME che ha concluso pe il rigetto del ricorso.
Uditi l’avv. NOME COGNOME per il ricorrente e l’avv. dello Stato NOME COGNOME per la controricorrente.
RILEVATO CHE
Secondo quanto risulta dalla sentenza impugnata e dagli atti di causa, l’Ufficio delle Dogane aveva emesso nei confronti di NOME COGNOME atto di contestazione per euro 47.089,60 di diritti evasi (dazi e IVA all’importazione) ed atto di irrogazione sanzioni per euro 50.000,00 con contestuale provvedimento di confisca, notificato il 24.4.2017, a seguito della irregolare introduzione nel territorio dello Stato di n. 112 orologi di marchi prestigiosi, accertata il 6.10.2009 , in violazione dell’art. 282 d.P.R. n. 4 3/1973 (TULD).
Il COGNOME aveva proposto separati ricorsi che la Commissione Tributaria Provinciale (CTP) di Roma aveva riunito e accolto.
L’Agenzia delle Dogane aveva, quindi, proposto appello mentre il Kawabata aveva proposto appello incidentale.
La Commissione Tributaria Regionale (CTR) del Lazio, con la sentenza in epigrafe, respingeva l’appello incidentale e acco glieva l’appello dell’Ufficio , osservando che non sussisteva alcuna decadenza dal potere impositivo e che l’accordo di mutua assistenza amministrativa e cooperazione doganale tra Italia e Giappone del 15.12.2009 non prevedeva alcuna ipotesi di esenzione da imposte o tribute doganali dei diritti di confine.
Avverso questa pronunzia ha proposto ricorso per cassazione il Kawabata che si è affidato a quattro motivi.
ha resistito con controricorso l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli.
Con ordinanza interlocutoria n. 11044/2023 la causa è stata portata ad udienza pubblica; con successive ordinanza n. 10543/2024 si è disposto rinvio a nuovo ruolo in attesa della decisione delle Sezioni Unite a seguito di ordinanza di rimessione n. 21917/2023.
Il Pubblico Ministero ha depositato memorie.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo si deduce, ai sensi dell’art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c., erronea applicazione degli artt. da 137 a 141 c.p.c. e dell’art. 60 d.P.R. n. 660/73 nonché violazione degli artt. 142 e 156 c.p.c., in quanto la notifica degli atti impugnati era stato effettuata presso il codifensore non domiciliatario e non poteva invocarsi la sanatoria ex art. 156 c.p.c. che riguarda gli atti processuali e non quelli sostanziali.
Con il secondo motivo si deduce, in relazione all’art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c., violazione dell’art. 6 d.lgs. n. 8/2016 e della l. n. 689/1981 perché, a seguito della depenalizzazione del reato di contrabbando semplice, di cui al d.lgs. n. 8/2016, la normativa di riferimento va individuata nella legge n. 689/1981, integrato con le disposizioni relative alle sanzioni amministrative per le violazioni tributarie, con la conseguenza che l’azione dello Stato per la riscossione del diritto doganale, come per l’applicazione delle sanzioni, il sequestro e la confisca delle cose, soggiace all’obbligo di notificazione degli atti entro il 31 dicembre del quinto anno successivo alla data di accertamento della violazione (art. 28 l. n. 689/1981) ovvero entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui è avvenuta la violazione (art. 20 d.lgs. n. 472/1997).
Con il terzo motivo si deduce, ai sensi dell’art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c., falsa applicazione degli artt. 84, 295 bis, 301 d.P.R. n. 43/1973 nonché violazione degli artt. 16 e 20 d.lgs. n. 472/1997, perché erroneamente la CTR aveva escluso la decadenza dal potere impositivo affermando l’applicazione dell’art. 84 penultimo comma d.P.R. n. 43/1973, come modificato dall’art. 29 comma 1 legge n. 428/1990, che in caso di fatto costituente reato prevede la proroga del termine prescrizionale per un triennio dalla data di irrevocabilità della sentenza penale. Invero, secondo il ricorrente, dalla
depenalizzazione delle evasioni di imposta sino a euro 49.999,99 deriva l’inapplicabilità del le norme di cui al d.P.R. n. 43/1973.
Con il quarto motivo si deduce, ai sensi dell’art. 360 comma 1 n. 4 c.p.c., nullità della sentenza per omessa pronuncia, violazione del principio del ne bis in idem , del l’art. 4 protocollo 7 della CEDU, dell’art. 50 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, in quanto la CTR aveva omesso di pronunciarsi sulla eccezione di ne bis in idem fondata sulla giurisprudenza della Corte Edu attesa l’intervenuta assoluzione del ricorrente nell’ambito del giudizio penale promosso in relazione al medesimo fatto.
Questa Corte a sezioni unite, con ordinanza n. 18284 del 2024, ha ritenuto la sopravvivenza dell’art. 301 TULD e la sua applicabilità alle ipotesi di contrabbando semplice sanzionate dall’ art. 282 TU LD ma ha anche sollevato, con riferimento all’art. 3 della Costituzione e all’art. 49 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, la questione di legittimità costituzionale dell’art. 70 d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 là dove, al primo comma, nel prevedere « ‘ Si applicano per quanto concerne le controversie e le sanzioni, le disposizioni delle leggi doganali relative ai diritti di confine ‘, non esclude l’applicabilità dell’art. 301 d.P.R. 23 gennaio 1973, n. 43» .
Anche nel presente giudizio si tratta dell’applicazione, a seguito della violazione della normativa daziaria e quella IVA (relativa all’IVA da importazione), di sanzioni e della confisca della merce ai sens i dell’art. 301 cit. Si riti ene di dover attendere l’esto di tale giudizio di legittimità costituzionale, che può incidere sulla presente controversia, cosicché deve disporsi il rinvio della causa a nuovo ruolo.
p.q.m.
dispone rinvio a nuovo ruolo. Così deciso in Roma il 5 dicembre 2024