Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 1477 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 1477 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 21/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 15272/2021 R.G. proposto da :
NOME COGNOME rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME domiciliato presso il suo studio in Milano in INDIRIZZO (PEC avv.EMAIL);
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa ex lege dall’Avvocatura Generale dello Stato presso i cui uffici è domiciliata in Roma alla INDIRIZZO
-resistente –
Avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Lombardia n. 2690 del 2020;
udita la relazione svolta nell’adunanza camerale del 6 novembre 2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
1.Emerge dalla sentenza impugnata oltre che dagli atti di parte, per il profilo ancora d’interesse, che l’Agenzia delle Entrate notificò a
NOME COGNOME esercente la professione di avvocato, l’avviso di accertamento n. T9301E102665/2017, preceduto dal P.V.C. della Guardia di finanza del 23 marzo 2017, con il quale vennero accertate in capo al contribuente maggiori imposte ai fini IRPEF e relative addizionali Irap e IVA, contestando presenza di movimentazione del relativo conto corrente e riprendendo a tassazione fatture passive ricevute nel corso di detto periodo d’imposta.
Il contribuente impugnò il predetto avviso contestandone la legittimità sotto il profilo formale e sostanziale.
Il ricorso venne respinto ed il contribuente adì la C.T.R. che accolse in parte l’appello.
In particolare venne annullato parzialmente il rilievo n. 2 in materia di II.DD. ed IRAP; venne annullato parzialmente il rilievo n.3 in materia di imposta sul valore aggiunto nella parte in cui viene ripresa a tassazione l’imposta del parziale annullamento del rilievo n. 2 in materia di IIDD ed IRAP, nonché on riferimento all’indebita detrazione di imposta di Euro 12.291,51.
Contro la prefata decisione ricorre il contribuente con 6 motivi. L’agenzia delle entrate si è costituita ai soli fini dell’eventuale udienza di discussione.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1.Con il primo motivo si denuncia ex art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c. la violazione degli art. 11,112,131 e 132 c.p.c. per motivazione omessa od apparente ovvero per omessa pronuncia in ordine all’illegittima imputazione in capo al contribuente del 100% degli incassi transitati su conti correnti a titolarità congiunta con altro percettore di redditi da lavoro autonomo.
Si impugna il seguente passo motivazionale:’ Prospetto con sette versamenti in contante effettuati, nel corso del 2012, sul conto corrente intestato a COGNOME NOME e COGNOME NOME per un
importo complessivo di E 6.050,00. La parte non ha fornito né indicazioni né documentazione giustificativa (pag.13 pvc). Trattandosi di un ‘conto’ comunque intestato al professionista, ai sensi degli artt. 51 del DPR 633/72 e 32 del DPR 600/73 ed in assenza di prova contraria, fornita dal contribuente, come previsto dalle citate norme, l’Ufficio ha considerato i predetti versamenti sul conto ricavi e prestazioni di servizi nell’esercizio della professione; conformemente alla pronuncia della Corte Costituzionale (Sent. n. 228 del 24.09.06. 06.12.2014 -illegittimità costituzionale art. 32, comma 1, numero 2), secondo periodo, DPR 600/73.. limitamente alle parole ‘o compensi’), non sono stati presi in considerazione i prelevamenti dal conto. La contestazione viene confermata’.
La CTR avrebbe omesso di considerare che il conto corrente era cointestato ed avrebbe, quindi, immotivatamente attribuito il 100% dei ricavi al contribuente pur essendo il predetto conto cointestato con altro libero professionista.
Il motivo è inammissibile non trattandosi di sentenza nulla secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte.
In seguito alla riformulazione dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., disposta dall’art. 54 del d.l. n. 83 del 2012, conv., con modif., dalla l. n. 134 del 2012, non sono più ammissibili nel ricorso per cassazione le censure di contraddittorietà e insufficienza della motivazione della sentenza di merito impugnata, in quanto il sindacato di legittimità sulla motivazione resta circoscritto alla sola verifica del rispetto del «minimo costituzionale» richiesto dall’art. 111, comma 6, Cost., che viene violato qualora la motivazione sia totalmente mancante o meramente apparente, ovvero si fondi su un contrasto irriducibile tra affermazioni inconcilianti, o risulti perplessa ed obiettivamente incomprensibile, purché il vizio emerga dal testo della sentenza
impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali (da ultimo Cass.7090 del 2022).
Nella specie la sentenza ha chiaramente motivato il convincimento ed espresso le ragioni poste a fondamento dello stesso, non essendo tenuta a richiamare ogni singolo elemento probatorio ma solo quelli giustificativi della decisione.
2.Con il secondo motivo si denuncia la violazione o falsa applicazione degli artt. 32 del d.p.r. n. 600 del 1973 e 51 del d.p.r. 633 del 1972 per aver la CTR riferito gli incassi su conto corrente in capo al contribuente e non anche al terzo cointestatario di tali conti.
Anche il secondo motivo è infondato.
Trova applicazione nella specie il principio secondo cui ‘in caso di accertamento fiscale scaturente (anche) da indagini bancarie ex art. 32 DPR n. 600 del 1973, in relazione ad operazioni effettuate dal contribuente su conti correnti intestati a terzi, qualora questi sia stato vanamente invitato a rendere giustificazioni sugli esiti di siffatte indagini, legittimamente essi confluiscono (insieme agli altri elementi raccolti) nella metodologia dell’accertamento induttivo puro ai sensi dell’art. 39, comma 2, del citato DPR, con la conseguenza che l’Amministrazione non è gravata di alcun ulteriore onere probatorio in punto di riferibilità al contribuente dei conti e per l’effetto altresì delle somme di cui alle suddette operazioni, spettando invece a questi di offrire rigorosa prova contraria(Cass. n. 7360 del 2024). Tale prova nella specie non è stata offerta dal contribuente.
3.Con il terzo motivo si denuncia, ex art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c., la violazione o falsa applicazione della direttiva 2006/112/CE del Consiglio del 28 novembre 2006 nonché dell’art. 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’unione europea, in ragione del prelievo in sede di verifica presso i locali di esercizio dell’attività professionale dei faldoni contenenti i documenti necessari all’istruzione della difesa.
Il motivo è inammissibile per difetto di specificità.
Qualora una questione giuridica – implicante un accertamento di fatto – non risulti trattata in alcun modo nella sentenza impugnata, il ricorrente che la proponga in sede di legittimità, onde non incorrere nell’inammissibilità per novità della censura, ha l’onere non solo di allegare l’avvenuta deduzione della questione dinanzi al giudice di merito, ma anche, per il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, di indicare in quale atto del giudizio precedente lo abbia fatto, per consentire alla Corte di controllare “ex actis” la veridicità di tale asserzione, prima di esaminare nel merito la censura stessa (Cass.n. 32804 del 2019).
Deve invero rimarcarsi che l’art. 366 c.p.c. laddove prevede ‘l’indicazione espressa degli atti processuali o dei documenti sui quali il ricorso si fonda’, va inteso nel senso che ‘indicare un documento significa necessariamente, oltre che specificare gli elementi che valgono ad individuarlo, riportandone il contenuto, dire dove nel processo esso è rintracciabile, sicché la mancata «localizzazione» del documento basta per la dichiarazione di inammissibilità del ricorso, senza necessità di soffermarsi sull’osservanza del principio di autosufficienza dal versante «contenutistico»’ (cfr., da ultimo, Cass. Sez. 1, ord. 10 dicembre 2020, n. 28184, Rv. 660090-01).
Per quanto attiene al dedotto vizio di omessa pronuncia, va osservato che la censura difetta di specificità, non evincendosi dal ricorso se la questione asseritamente non esaminata dal collegio di appello fossero stata puntualmente sollevata fin dal libello introduttivo del giudizio di primo grado.
Nella sentenza impugnata, infatti, non vi è alcun riferimento alla questione (relativa al tipo di accertamento effettuato) sollevata, né il ricorrente ha localizzato l’atto nel quale egli ha formulato la relativa
doglianza, né ancora è stato riportato l’atto di appello nella parte rilevante, e ciò in violazione dell’art. 366, comma 1, n. 6 c.p.c.
4.Con il quarto motivo si denuncia la violazione, ex art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c. degli artt. 111, 112,131,132 c.p.c. per motivazione omessa o apparente in ordine alla inidoneità della documentazione prodotta dalla contribuente al fine di superare le riprese a tassazione dell’Ufficio e in ordine alla motivazione del provvedimento sanzionatorio che prevede un’irrogazione superiore al minimo edittale.
Il motivo è inammissibile. Valgono al riguardo le medesime osservazioni poste a fondamento della reiezione del primo motivo del ricorso.
In seguito alla riformulazione dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., disposta dall’art. 54 del d.l. n. 83 del 2012, conv., con modif., dalla l. n. 134 del 2012, non sono più ammissibili nel ricorso per cassazione le censure di contraddittorietà e insufficienza della motivazione della sentenza di merito impugnata, in quanto il sindacato di legittimità sulla motivazione resta circoscritto alla sola verifica del rispetto del «minimo costituzionale» richiesto dall’art. 111, comma 6, Cost., che viene violato qualora la motivazione sia totalmente mancante o meramente apparente, ovvero si fondi su un contrasto irriducibile tra affermazioni inconcilianti, o risulti perplessa ed obiettivamente incomprensibile, purché il vizio emerga dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali (da ultimo Cass.7090 del 2022). Nella specie, anche in relazione a questa doglianza la motivazione della sentenza rispetta il «minimo costituzionale» richiesto dall’art. 111, comma 6, Cost.
5.Con il quinto motivo si denuncia la violazione, ex art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c. degli artt. 111,112, 131 e 132 c.p.c. per motivazione omessa od apparente in ordine alla rilevanza probatorio
di quanto verbalizzato in sede di PVC, non individuando la stessa in concreto le parti del PVC rilevanti ai fini del proprio convincimento aventi fede privilegiata e quelli privi di tale qualità e non distinguendo la stessa in concreto i fatti storici suscettivi di non contestazione ex art. 115 c.p.c. dai fatti opinione-opinione rilevanti in tal senso.
Il motivo è in parte inammissibile non essendovi motivazione apparente, per le ragioni innanzi evidenziate in relazione ai motivi 1 e 4, ed in parte anche non specifico perché non è chiaro il contenuto dell’appello in relazione alle dichiarazioni dei verbalizzanti.
6.Con il sesto motivo si denuncia la violazione, ex art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c., ‘ degli artt. 111,112, 131, 132 c.p.c. per motivazione omessa o apparente ovvero per omessa pronuncia in ordine al motivo di appello relativo alla omessa indicazione della delega di firma della motivazione posta alla base della stessa e alla reiterazione della delega medesima volta ad aggirarne il termine di validità ‘.
Anche questo motivo è inammissibile. Non sussistono anche in relazione al passo motivazionale contestato gli estremi della motivazione apparente, per le ragioni già esposte in relazione ai motivi, 1, 4, e 5, trattasi, all’evidenza, di motivazione non condivisa dal contribuente.
Sotto altro profilo deve evidenziarsi che la CTR ha peraltro dato risposta alle doglianze formulate dall’appellante.
In conclusione il ricorso deve essere respinto, nulla per le spese essendosi l’agenzia delle Entrate costituita al solo fine di partecipare all’eventuale udienza di discussione.
Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, del d.P.R. n. 115/2002, inserito dall’art. 1, co. 17, I. n. 228/12, dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente di
un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, del d.P.R. n. 115/2002, inserito dall’art. 1, co. 17, I. n. 228/12, dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 6 novembre 2024