Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 4912 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 4912 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 25/02/2025
NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME
Presidente
Consigliere – Rel.
del 1997.
Consigliere
Consigliere
Consigliere ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
sul ricorso n. 24588/2022 proposto da:
Agenzia delle Entrate, nella persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, presso i cui uffici è elettivamente domiciliata, in Roma, INDIRIZZO
–
ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE nella persona del legale rappresentante pro tempore ;
– intimata –
Ud. 1/29/01/2025 C.C. PU R.G. 24588/2022 –
Cron. 17987/2019
R.G.N. 17987/2019
avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della LOMBARDIA n. 1038/2022, depositata in data 18 marzo 2022, non notificata;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 29 gennaio 2025 dal Consigliere NOME COGNOME
RITENUTO CHE
La Commissione tributaria regionale ha rigettato l’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate avverso la sentenza di primo grado che aveva rigettato i ricorsi, riuniti, presentati dalla società RAGIONE_SOCIALE accogliendo la sola eccezione relativa all’applicazione dell’art. 12 comma 5, del decreto legislativo n. 472 del 1997 per le sanzioni irrogate dall’Ufficio per l’anno 2016, rilevando che mancava un accertamento definitivo in merito alla violazione di fatti illeciti della stessa indole sicché l’applicazione del comma 5 dell’ art. 12 del decreto legislativo n. 472 del 1997 risultava inammissibile.
I giudici di secondo grado, per quel che rileva in questa sede, hanno affermato che « Nel caso concreto, l’Ufficio ha contestato la ‘continuazione’ mentre si tratta di “recidiva” di cui all’art. 7, comma 3, della D. Lgs. 472/97 con l’applicazione dell’aumento del 50% sulla base dei rilievi per gli anni d’imposta 2015 e 2016. Tuttavia, in as senza di accertamenti definitivi come nel presente giudizio, non va applicato l’aumento del 50% ».
L’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione con atto affidato ad un unico motivo.
La società RAGIONE_SOCIALE non ha svolto difese.
CONSIDERATO CHE
Il primo mezzo deduce la violazione e/o falsa applicazione, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ. , dell’art. 12, comma 5, e dell’art. 7, comma 3, del decreto legislativo n. 472 del
1997. La sentenza impugnata era errata, in quanto fondata sull’assunto che l’Ufficio a veva contestato non la continuazione, bensì la recidiva, disciplinata dall’art. 7, comma 3, del d ecreto legislativo n. 472 del 1997. L’attività dell’Ufficio era pienamente conforme al dettato normativo, avendo applicato la continuazione relativamente all’avviso riguardante l’anno 2016, tenendo in considerazione quanto contestato per il 2015 e senza alcuna necessità di attendere la decisione definitiva in relazione a tale ultima annualità. L’Ufficio, nei gradi di merito, aveva sempre evidenziato come le eccezioni mosse da controparte sul tema fossero fuorvianti poiché la contribuente invocava la sentenza n. 13329 del 2019 dell’adita Corte, relativa, tuttavia, a casi ben differenti , in quanto detta sentenza esaminava la portata dell’art. 7 , comma 3, del decreto legislativo n. 472 del 1997, e non dell’art. 12 , comma 5, del medesimo testo, applicato dall’Agenzi a. I giudici regionali avevano errato anche nel richiamare la sentenza di primo grado che a sua volta rimandava ai principi espressi dalla sentenza di codesta Corte n. 13742 del 2019, che legittimava, piuttosto, la sola applicazione della continuazione in caso di violazioni non definitive, escludendo per contro l’applicazione della recidiva, la quale necessita va di un precedente provvedimento definitivo. Andava, inoltre, doverosamente osservato come, mentre la recidiva era un istituto che comportava un aggravio della sanzione, l’art. 12 prevede va un trattamento più favorevole per il contribuente, tant’è che trova va applicazione solo se il cumulo giuridico risultava inferiore al cumulo materiale.
1.1 Il motivo è fondato.
1.2 Questa Corte ha affermato che l’astratta compatibilità tra l’istituto della recidiva e della continuazione impone di valutare il fondamento della recidiva e della continuazione nel sistema tributario considerando le differenze di struttura ontologica dei due istituti, ovvero la diversa considerazione dei fatti che essi suppongono e che mentre il cumulo giuridico rappresenta un beneficio che discende dalla sostanziale
unitarietà della trasgressione, la recidiva, al contrario, punisce con più rigore chi si ostini a commettere consecutivamente la stessa violazione. Inoltre, se la recidiva non necessitasse di una precedente irrogazione definitiva di sanzioni, essa non sarebbe mai applicabile unitamente alla continuazione la quale, viceversa, è interrotta dalla punizione delle violazioni pregresse. Se, pertanto, si individuasse il fondamento della recidiva nella reiterazione di una violazione, contestata ma non definitivamente accertata, la compatibilità tra i due istituti non potrebbe essere ritenuta. Lo escluderebbe l’unificazione dovuta al vincolo della continuazione cui sono soggette violazioni della stessa indole commesse in periodi di imposta diversi. L’incompatibilità tra tali istituti sarebbe determinata dalle loro differenti strutture logiche. Infatti, l’unicità delle violazioni della stessa indole si contrappone, in via di principio, alla pluralità di violazioni che fungono da presupposto della recidiva. Se invece si afferma che la recidiva si fonda sulla sussistenza di un precedente accertamento definitivo la preclusione costituita dall’inserimento nella vicenda della continuazione viene meno: il soggetto può ben aver commesso più violazioni della stessa indole ed è in tal caso possibile tener conto contemporaneamente delle valutazioni operate dal legislatore corrispondenti alla continuazione e alla recidiva. Il compimento di un’altra violazione incarnante il superamento di quel momento di valore rappresentato dall’accertamento giudiziale della violazione (o dalla definitività della stessa per mancata impugnazione) potrà coniugarsi col disvalore proprio della perpetrazione di una ripetuta condotta di violazioni della stessa indole (Cass., 27 febbraio 2024, n. 5115, in motivazione; Cass., 22 maggio 2019, n. 13742).
1.3 Da ciò consegue che per giustificare la recidiva, nel sistema delineato dall’art. 7, comma 3 , e dall’art. 12, comma 5, del decreto legislativo n. 472 del 1997 è necessario, quanto all ‘ azione amministrativa e dunque al rilevo fiscale, che la violazione sia stata
definitivamente accertata dal giudice tributario, ovvero sia divenuta definitiva per la mancata impugnazione della contestazione della violazione (cfr. anche Cass., 22 maggio 2019, n. 13742).
1.4 Questa Corte, di recente, ha pure precisato che la constatazione dell’illecito costituisce il punto di arresto per il riconoscimento della continuazione, con la conseguenza che tutto ciò che si pone a monte di tale atto (se della stessa indole) deve essere unito ai fini della determinazione della sanzione, mentre ciò che è, invece, a valle resta escluso dal cumulo giuridico, salvo riconoscere, ove plurime siano le violazioni anche da questo lato, una autonoma e rinnovata applicazione del medesimo istituto (Cass., 6 giugno 2024, n. 15799, in motivazione; Cass., 16 giugno 2020, n. 11612, in motivazione). È, inoltre, privo di rilievo che la precedente constatazione (anche quando si sia tradotta direttamente in un avviso) sia divenuta definitiva e inoppugnabile o non sia stata oggetto di impugnazione (Cass., 6 giugno 2024, n. 15799, citata, in motivazione).
1.5 Ciò posto, nella vicenda in esame, come emerge dal contenuto dell’avviso di accertamento, trascritto alla pagina 3 del ricorso per cassazione, l’Ufficio ha applicato la continuazione di cui all’art. 12, comma 5, del decreto legislativo n. 472 del 1992, stante la presenza di analoghe violazioni per più periodi di imposta (anni 2015 e 2016). La sentenza di primo grado, accogliendo il motivo di ricorso proposto dalla società con il quale veniva eccepita, per l’anno di imposta 2016, l’ illegittima irrogazion e della sanzione per violazione dell’art. 12, comma 5, del decreto legislativo n. 472 del 1997, ha rilevato (errando) la mancanza di definitivo accertamento in merito alle violazioni pregresse. I giudici di secondo grado hanno confermato tale assunto, richiamando la statuizione di primo grado e specificando (ancora una volta errando) che « l’Ufficio ha contestato la ‘continuazione’ mentre si tratta di “recidiva” di cui all’art. 7, comma 3, della D. Lgs. 472/97 con l’applicazione dell’aumento del 50% sulla base dei rilievi per gli anni
d’imposta 2015 e 2016. Tuttavia, in assenza di accertamenti definitivi come nel presente giudizio, non va applicato l’aumento del 50% ». La decisione impugnata, dunque, è errata laddove si fonda su ll’assunto che l’Ufficio non doveva contestare la continuazione, ma la recidiva, che, tuttavia, nella specie, non poteva trovare applicazione, in mancanza del passaggio in giudicato della sentenza relativa all’annualità precedente (anno 2015) . Come già detto, in tema di sanzioni amministrative per violazioni di norme tributarie, la recidiva di cui all’art. 7, comma 3, del decreto legislativo n. 472 del 1997, presuppone un definitivo accertamento della violazione antecedente della stessa indole per effetto di una pronuncia giurisdizionale, ovvero della mancata impugnazione della contestazione, con la conseguente compatibilità, ricorrendone i presupposti, dell’istituto del cumulo giuridico.
Ne consegue l’accoglimento del ricorso e la cassazione della sentenza con rinvio alla Corte di Giustizia tributaria di secondo grado della Lombardia, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese di lite del presente giudizio.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di Giustizia tributaria di secondo grado della Lombardia, in diversa composizione, anche per la determinazione delle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, in data 29 gennaio 2025.