Ordinanza interlocutoria di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 6903 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 6903 Anno 2025
Presidente: COGNOME RAGIONE_SOCIALE
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 15/03/2025
Oggetto:
Ici
ORDINANZA Interlocutoria
sul ricorso iscritto al n. 19109/2019 R.G. proposto da RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall’Avv. NOME COGNOME e dall’Avv. NOME COGNOME
-ricorrente –
Contro
Comune di Bassano del Grappa, in persona del sindaco p.t., rappresentato e difeso dall’Avv. NOME COGNOME e dall’Avv. NOME COGNOME
-controricorrente – avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del Veneto n. 1409/2018 depositata il 11 dicembre 2018; Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 31 gennaio
2025.
FATTI DI CAUSA
La controversia ha ad oggetto l’impugnazione di cinque avvisi di accertamento relativi all’Ici per gli anni dal 2009, 2010, 2011 (n.
7A/2014, n. 8A/2014, n. 9A/2014) e relativi all’Imu per gli anni 2012 e 2013 (n. 10A/2014, 11°/2014) per infedele dichiarazione e conseguente omesso parziale versamento, emessi dal comune di Bassano del Grappa (d’ora in poi odierno controricorrente) nei confronti della RAGIONE_SOCIALE (d’ora in poi ricorrente).
L’oggetto della pretesa impositiva riguardava due aree che risultavano destinate in base al PRG, una «per funzioni pubbliche e di interesse collettivo -zone per attrezzature di servizio a livello di quartiere tipo SP/3, attrezzature per il gioco e lo sport», l’altra «per funzioni pubbliche -aree per attrezzature sportive e verdi -area a parco» e consisteva: a) nella differenza tra quanto versato dalla ricorrente secondo le norme previste per i terreni agricoli e quelle risultanti da una relazione di stima redatta da un funzionario comunale sulla base di un valore unitario di € 30 al mq; b) nella sanzione per infedele dichiarazione pari al 50% dell’imposta non versata, ridotta ad un quarto nel caso di pagamento entro 60 giorni dalla notifica.
La CTP ha accolto il ricorso.
La CTR, riformando la pronuncia di primo grado, ha riconosciuto la legittimità degli avvisi di accertamento impugnati, delle sanzioni irrogate e la congruità del valore unitario posto a base del calcolo per gli imponibili.
La ricorrente propone ricorso, fondato su sei motivi e deposita memoria, il controricorrente si è costituito proponendo controricorso e deposita memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Preliminarmente va disattesa l’istanza di riunione con un altro procedimento fissato (R.G.N. 16699 del 2023), anch’esso fissato per la trattazione nella medesima adunanza, in quanto si tratta di impugnazioni di diversi avvisi di accertamento. Il presente fascicolo, inoltre, pone questioni per le quali il
Collegio ritiene opportuno il rinvio per la trattazione in pubblica udienza.
Con il primo motivo la ricorrente prospetta in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c., la violazione o falsa applicazione degli artt.1, comma 2, 2 e 5, comma 5 e 7, del d.lgs. n. 504 del 1992, 13, comma 3, e 5 del d.lgs. n. 201 del 2011, dell’art. 36, comma 2 del d.lgs. n. 223 del 2006. Deduce che, contrariamente a quanto asserito nella sentenza impugnata, lo strumento urbanistico generale adottato dall’odierno controricorrente esclude un utilizzo a scopo edificatorio delle aree oggetto del giudizio.
Con il secondo motivo la ricorrente prospetta in relazione all’art. 360, n. 5, c.p.c., l’omesso esame di fatti decisivi dedotti e allegati, oggetto di discussione tra le parti, quali il certificato di destinazione urbanistica, cui si è fatto cenno nel primo motivo, e la perizia giurata di parte, documenti probatori che escludono la potenziale edificabilità delle aree.
Con il terzo motivo la ricorrente prospetta, in relazione all’art. 360, n. 4, c.p.c., la nullità della sentenza per violazione dell’art. 112 c.p.c., denunciando il vizio di ultrapetizione. Denuncia che per la determinazione del valore imponibile delle aree il comune si è avvalso solo di una relazione del tecnico comunale e di due atti compravendita, ma non ha mai allegato, né dedotto le delibere comunali e le tabelle dei valori agricoli medi utilizzate in sentenza per la motivazione circa la determinazione della base imponibile e del valore unitario medio.
Con il quarto motivo la ricorrente lamenta in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c., la violazione o falsa applicazione degli artt. 1, comma 161, della l. n. 296 del 2006, 3 della l. n. 241 del 1990, 7 della l. n. 212 del 2000, 5, comma 5, del d.lgs. n.
504 del 1992 e 13, comma 13, del d.lgs. n. 201 del 2011. Si rappresenta che il valore imponibile ritenuto congruo di € 30 al mq è eccessivo per diversi ordini di motivi: a) l’individuazione è avvenuta prescindendo dall’obbligatoria determinazione al 1° gennaio di ogni anno di imposta, come richiesto dall’art.5, comma 5, del d.lgs. n. 504 del 1992, e, inoltre, per l’intera area senza distinguere zona destinata a parco e zona destinata a strade; b) nella stessa relazione del funzionario comunale si riconosce che le aree sono scarsamente edificabili, tanto che viene preso come riferimento il valore di esproprio, che ha natura risarcitoria ed è ben diverso dal valore in comune commercio, come, invece, richiesto dalla normativa; c) il valore non trova conferma neanche negli atti di compravendita presi come riferimento; d) non è stata riconosciuta la riduzione del 20% prevista dal comune per aree site in periferia (delibera comunale n. 124 del 6 giugno 2013); e) non è stato neanche tenuto conto, ai fini della determinazione del valore delle fasce di rispetto stradale previste dall’art. 17 delle Norme Tecniche operative al Piano degli Interventi.
Con il quinto motivo la ricorrente prospetta, in relazione all’art. 360, n. 5, c.p.c., l’omesso esame di fatti decisivi dedotti e allegati, oggetto di discussione tra le parti. Contesta, riprendendo le ragioni articolate nella lett. e) del punto 4 della presente ordinanza, che la sentenza non abbia in alcun modo preso in considerazione i documenti probatori da cui risulta che le aree oggetto d’imposizione sono sottoposte a gravosi vincoli di rispetto, in ragione dell’esistenza di prospicienti strade urbane di alto scorrimento, o di strade comunali che ne compromettono il valore commerciale.
Con il sesto motivo la ricorrente prospetta, in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c., la violazione o falsa applicazione degli artt. 12 del d.lgs. n. 472 del 1997. Si denuncia l’erroneità della sentenza nella parte in cui ha ritenuto che il comune abbia applicato la disposizione sopra citata, quando, viceversa, ha considerato ogni annualità a sé stante e provveduto ad applicare per ciascuna di esse la sanzione per infedele dichiarazione pari al 50%. Evidenzia che l’art. 12 sopra citato non è neanche richiamato negli avvisi di accertamento (verifica) e contesta l’inapplicabilità dell’istituto della continuazione tra violazioni non riguardanti lo stesso tributo.
Il sesto motivo solleva questioni di rilevanza nomofilattica, per le quali si impone il rinvio alla pubblica udienza. Superata, infatti, la questione riguardante l’effettiva applicazione nel caso concreto dell’istituto della continuazione ai sensi dell’art. 12 del d.lgs. n. 472 del 1997, la Corte dovrà decidere se possano essere posti in continuazione illeciti accertati per infedele denuncia e insufficiente versamento riguardanti l’Ici con i medesimi illeciti riguardanti l’Imu, ovvero se la continuazione dovrà essere calcolata solo nell’ambito delle violazioni riguardanti il medesimo tributo.
Si pone la necessità di coordinare le disposizioni di cui all’art. 7, comma 3, del d.lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, secondo cui: «Sono considerate della stessa indole le violazioni delle stesse disposizioni e quelle di disposizioni diverse che, per la natura dei fatti che le costituiscono e dei motivi che le determinano o per le modalità dell’azione, presentano profili di sostanziale identità» con l’art. 12, comma 5, del medesimo d.lgs., riguardante l’ipotesi di violazioni della stessa indole commesse in periodi di imposta
diversi; e, dunque, di stabilire se – una volta configurata la portata del cumulo giuridico delineato dall’art. 12, comma 5, in termini di autonomia rispetto alla (diversa) disposizione che delinea l’istituto della cd. progressione dell’illecito (art. 12, comma 2) -possano considerarsi della stessa indole, secondo la disposizione di cui all’art. 7, comma 3, cit., anche violazioni relative a tributi diversi in ragione di «profili di sostanziale identità.».
Il principio su enunciato occorre che sia messo in correlazione con l’altro in diverse occasioni espresso, in forza del quale l’Ici e l’Imu, pur disciplinando tributi diversi, si pongono su una linea di continuità circa l’obbligo dichiarativo suscettibile di essere sanzionato e presentano tratti comuni, sotto diversi rilevanti profili riguardanti gli elementi costitutivi dei tributi stessi, quali la soggettività e il presupposto applicativo. La questione nuova merita, dunque, un’analisi che tenga conto delle posizioni di tutte le parti processuali.
P.Q.M.
La Corte rinvia la causa a nuovo ruolo per la trattazione in pubblica udienza.
Così deciso il 31 gennaio 2025.