Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 7230 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 7230 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 18/03/2024
Oggetto:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 10982/2016 R.G. proposto da COGNOME NOME, con gli AVV_NOTAIOti NOME COGNOME e NOME COGNOME e con domicilio eletto presso lo studio dell’AVV_NOTAIO, sito in Roma, INDIRIZZO;
-ricorrenti –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall’RAGIONE_SOCIALE, con domicilio ex lege in Roma, alla INDIRIZZO;
-controricorrente-
avverso la sentenza della Commissione Tributaria regionale della Lombardia, Milano, n. 4684/06/15 pronunciata il 24 settembre 2015 e depositata il 2 novembre 2015, non notificata.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 22 febbraio 2024 dal Co: NOME COGNOME;
RILEVATO
Il contribuente era soggetto ad una verifica fiscale per il triennio 2005/2007 in quanto risultante nella lista dei detentori di disponibilità finanziarie presso l’istituto di credito elvetico HSBC Private Bank, secondo le informazioni acquisite dall’Ammin istrazione francese attraverso i canali di collaborazione internazionale previsti dalla Direttiva n. 77/799/CEE del Consiglio del 19.12.1997 e della Convenzione contro le doppie imposizioni Italia-Francia e corrispondente a tre conti correnti: a) Preloreto 66, di cui il contribuente era titolare, b) 8176 MA, di cui era mandatario unitamente ad altri tre soggetti e c) 8129, di cui egli era parimenti mandatario unitamente ad altri tre soggetti. All’esito della verifica fiscale, la Guardia di Finanza, escludendo dalla contestazione gli ultimi due conti, riteneva di sollevare profili di contestazione in relazione al solo conto Preloreto 66. Di quest’ultimo, peraltro, la Guardia di Finanza circoscriveva i rilievi in relazione al solo biennio 2006/2007, e quindi c on esclusione dell’anno 2005, evidenziando in un pvc emesso in data 04.04.2011 l’omessa compilazione del quadro RW della dichiarazione dei redditi relativa alla detenzione di capitali all’estero.
Discostandosi dal predetto pvc l’Ufficio emetteva tre avvisi di accertamento ai fini Irpef, addizionali, interessi e sanzioni, uno per ogni anno d’imposta e quindi compreso l’anno 2005. Emetteva poi un quarto atto impositivo relativo a tutti e tre i suindicati conti e con cui irrogava le sanzioni di cui al d.l. n. 167/1990 per omessa compilazione del quadro RW.
I quattro gravami promossi avverso i quattro avvisi di accertamento venivano riuniti dalla C.T.P., che li rigettava e la cui sentenza veniva poi confermata dalla C.T.R.
Invoca la cassazione della sentenza il contribuente, che si affida a sei motivi di ricorso, cui replica l’Amministrazione finanziaria con tempestivo controricorso.
In prossimità dell’adunanza, la parte contribuente ha depositato memoria ad illustrazione RAGIONE_SOCIALE proprie conclusioni.
CONSIDERATO
Con il primo motivo la parte ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 3, co. 1, e 10 L. n. 212/2000 e dell’art. 11 RAGIONE_SOCIALE disposizioni preliminari al Codice civile, dell’art. 26 d.l. n. 78/2009, conv. con legge n. 102/2009, dell’art. 24 Cost. in parametro all’art. 360, co. 1, n. 3 c.p.c.
1.1 In sostanza lamenta l’illegittimità della sentenza impugnata per aver riconosciuto la legittimità degli atti impositivi emessi in relazione agli anni d’imposta 2005 -2006-2007 applicando in via retroattiva l’art. 12, co. 2, del d.l. n. 78/2009, conv. con le gge n. 102/2009 per aver qualificato tale norma a contenuto processuale/procedurale. Si tratterebbe al contrario di una disposizione a contenuto sostanziale, in ogni caso priva di natura di norma di interpretazione autentica.
Il motivo è infondato.
2.1 Va ricordato che «In materia, questa Corte, (Cass. n. 2662 del 2 febbraio 2018; id. n. 33223 del 21 dicembre 2018 e, in termini, 3276 del 2018; n. 16951 del 2015), ha, invero, statuito che la presunzione di evasione sancita, con riferimento agli investimenti ed alle attività di natura finanziaria negli Stati o territori a regime fiscale privilegiato, dal D.L. n. 78 del 2009, art. 12, comma 2, conv., con modif., dalla L. n. 102 del 2009, in vigore dal 1 luglio 2009, non ha efficacia retroattiva, in quanto non può attribuirsi alla stessa natura processuale, essendo le norme in tema di presunzioni collocate, tra
quelle sostanziali, nel codice civile, ed inoltre perché una differente interpretazione potrebbe -in contrasto con gli artt. 3 e 24 Cost.pregiudicare l’effettività del diritto di difesa del contribuente rispetto alla scelta in ordine alla conservazione di un certo tipo di documentazione. La circostanza che la presunzione legale di evasione stabilita dal D.L. n. 78 del 2009, art. 12, comma 2, non sia suscettibile di applicazione retroattiva agli anni di imposta antecedenti alla sua entrata in vigore, non pr eclude, però, all’Ufficio di provare l’esistenza di redditi non dichiarati dal contribuente, detenuti occultamente in Paesi a fiscalità privilegiata, anche sulla base di presunzioni semplici, purché gravi, precise e concordanti (D.P.R. n. 600 del 1973, art. 38 con riguardo alla rettifica del reddito RAGIONE_SOCIALE persone fisiche) senza fare ricorso alla presunzione legale in oggetto. A tal fine va considerato che, secondo la giurisprudenza consolidata di questa Corte, civile e tributaria, in tema di presunzioni semplici, gli elementi di prova non debbano essere più di uno, ben potendo il giudice fondare il proprio convincimento su uno solo di essi, purché grave e preciso, dovendo il requisito della ‘concordanza’ ritenersi menzionato dalla legge solo in previsione di un eventuale, ma non necessario, concorso di più elementi presuntivi (Cass.n. 23153 del 26/09/2018 e, di recente, Cass. n.ri 29632 e 29633 del 14.11.2019); con riferimento alla materia tributaria, il convincimento del giudice in ordine alla sussistenza di redditi maggiori di quelli dichiarati può fondarsi anche su una sola presunzione semplice, purché grave e precisa (Cass.Sez.5 n. 30803 del 22/12/2017 e, con specifico riferimento alla lista Falciani, Cass. n. 3276 del 12/02/2018 la quale ha affermato, sulle risultanze della ‘lista Falciani’, che l’Amministrazione finanziaria può fondare la propria pretesa anche su unico indizio, se grave e preciso, cioè dotato di elevata valenza probabilistica).» (Cfr. Cass., V, n. 2760/2024).
2.2 Viceversa «hanno invece natura procedimentale e non sostanziale le disposizioni contenute nel D.L. n. 78 del 2009, art. 12, commi 2 bis e 2 ter, che prevedono, rispettivamente: a) il raddoppio dei termini di decadenza stabiliti dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 43 per la notifica degli atti di accertamento della evasione presunta di cui all’art. 12 comma 2; b) il raddoppio dei termini (di decadenza e di prescrizione) previsti dal D. Lgs. n. 472 del 1997, art. 20 per la notifica degli atti di contestazione o di irrogazione RAGIONE_SOCIALE sanzioni comminate dal D.L. n. 167 del 1990, art. 5 in caso di violazione dell’obbligo di dichiarazione RAGIONE_SOCIALE disponibilità finanziarie detenute all’estero. In tal caso la natura evidentemente procedimentale della disposizione che attiene esclusivamente alla maggiorazione dei termini ordinari concessi all’Ufficio per l’accertamento della violazione in oggetto e per la irrogazione RAGIONE_SOCIALE sanzioni, rende palese che la norma, pur non essendo retroattiva, soggiace al diverso principio tempus regit actum , con la conseguenza che il raddoppio dei termini si applica a tutti gli avvisi di accertamento in questa materia notificati dopo l’entrata in vigore della norma (in senso conforme Sez.6-5 n. 30742 del 28/11/2018).» (Cfr. Cass., V, n. 29632/2019, richiamata in motivazione da Cass., T, n. 2760/2024).
Il motivo, previa correzione sul punto e nei termini sopra illustrati della motivazione della sentenza impugnata conforme a diritto nel dispositivo, è dunque infondato e va respinto,
Con il secondo motivo il contribuente denunzia la motivazione illogico e inconferente con il gravame in violazione e falsa applicazione degli artt. 36 d.lgs, n. 546/1992, 132 c.p.c. e 118 disp. att. c.p.c. in parametro all’art. 360, co. 1, n. 3 c.p.c.
3.1 In sostanza critica la sentenza per aver la RAGIONE_SOCIALE reso una decisione illogica in relazione al motivo afferente alla difformità intercorrente tra i rilievi indicati nei pvc e i presupposti indicati alla base degli atti impugnati. Afferma, invero, che con il motivo dedotto
era stata censurata la violazione dell’art. 7 RAGIONE_SOCIALE Statuto del contribuente, dell’art. 16 d.lgs n. 472/97 e dell’art. 42 d.P.R. n. 600/1973 per omessa indicazione RAGIONE_SOCIALE ragioni RAGIONE_SOCIALE scostamento operato dall’Ufficio rispetto al contenuto del p.v.c. laddov e la CTR si sarebbe limitata ad osservare il potere dell’Ufficio di discostarsi dal contenuto del pvc, se correttamente motivato.
Il motivo è inammissibile.
4.1 In relazione al vizio di contraddittorietà o illogicità della motivazione della sentenza, questa Corte ha più volte precisato che «l’art. 360, comma primo, n. 5), cod. proc. civ., nel testo novellato dall’art. 54, decreto-legge n. 83/2002, 3, art. 54 convertito dalla legge n.134/2012, applicabile alla presente controversia, deve essere interpretato, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione ed è pertanto denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione (Cass. Sez. U., 28 ottobre 2020, n. 23746; Cass. Sez. U. 7 aprile 2014 n. 8053); si è, altresì, precisato che il “fatto” ivi considerato è un preciso accadimento ovvero una precisa circostanza in senso storiconaturalistico (Cass. n. 21152/2014). Il fatto in questione deve essere decisivo: per potersi configurare il vizio è necessario che la sua assenza avrebbe condotto a diversa decisione con un giudizio di certezza e non di mera probabilità, in un rapporto di causalità fra la circostanza che si
assume trascurata e la soluzione giuridica data (Cass. n. 28634/2013; Cass. n. 25608/2013; Cass. n. 24092/2013; Cass. n. 18368/2013; Cass. n. 3668/2013; Cass. n. 14973/2006);» (cfr. Cass., V, n. 15939/2021). Va poi ricordato che
4.2 Il motivo è, pertanto, inammissibile, avendo la parte ricorrente criticato la motivazione sotto il profilo della sua congruità rispetto alla censura svolta, ma non la censura come non rispondente al minimo costituzionale.
4.3 Peraltro, sebbene manchi una specifica argomentazione rispetto alla doglianza proposta, la conclusione cui è giunta la C.T.R. si pone come incompatibile con il suo accoglimento, avendo la CTR ritenuto che l’Ufficio non fosse vincolato alle risultanze del pvc: profilo, quest’ultimo, che non è stato però oggetto di specifica censura.
La terza doglianza ha ad oggetto l’omessa pronuncia sul vizio di difetto di motivazione degli atti impugnati e la violazione dell’art. 112 c.p.c. in relazione all’art. 360, co. 1, n. 4 c.p.c.
5.1 In sintesi, richiama le argomentazioni di cui al secondo motivo, ovverossia la mancata pronuncia in relazione alla difformità intercorrente tra i rilievi indicati nei pvc e i presupposti indicati alla base degli atti impugnati, lamentando l’omessa pronuncia su detta eccezione espressamente svolta in atti, con conseguente menomazione dell’attività difensiva.
Il motivo è infondato giacché «Per integrare gli estremi del vizio in parola non basta, infatti, la mancanza di un’espressa statuizione del giudice, ma è necessario che sia stato completamente omesso il provvedimento che si palesa indispensabile alla soluzione del caso concreto: ciò non si verifica quando la decisione adottata comporti la reiezione della pretesa fatta valere dalla parte, anche se manchi in proposito una specifica argomentazione, dovendo ravvisarsi una statuizione implicita di rigetto ove la pretesa avanzata col capo di domanda non espressamente esaminato risulti incompatibile con l’impostazione logico-giuridica della pronuncia (Cass. n. 1237 del 2018; Cass. n. 21428 del 2017; Cass. n. 17956 del 2015, Cass. n. 20311 del 2011; ancor più di recente cfr. Cass. n.24953 del 2020)» (Cfr. Cass., V, n. 17185/2022).
6.1 Come accennato supra, nella fattispecie in esame la CTR ha valutato la censura svolta dal contribuente ma l’ha ritenuta infondata sulla scorta di un ben preciso ragionamento logico-giuridico, che la parte ricorrente non ha peraltro censurato in modo specifico, ossia la non inta ngibilità del pvc e la circostanza che l’avviso di accertamento è legittimo se, in adesione ai principi di legge, è congruamente motivato. Il che sconfessa anche la dedotta violazione del diritto di difesa, giacché la ripresa a tassazione è tanto legittima quanto lo è la motivazione dell’avviso di accertamento, che la contribuente non ha mancato di contestare con piena salvezza del suo diritto di difesa.
Con la quarta doglianza la parte ricorrente denunzia la violazione e falsa applicazione dell’art. 7 L. n. 212/2000, dell’art. 16, co. 2, d.lgs. N. 472/1992, dell’art. 42 d.P.R. n. 472/1992 e dell’art. 24 Cost. con riferimento alla nullità degli atti per omessa allegazione dei documenti posti a fondamento dell’attività di ac certamento in parametro all’art. 360, co. 1, n. 3 c.p.c.
7.1 In sostanza critica la sentenza nella parte in cui la CTR ha disatteso la doglianza avente ad oggetto l’omessa allegazione della
segnalazione ricevuta dell’Amministrazione fiscale francese ai sensi della Direttiva n. 77/799/CEE afferente agli investimenti esteri nonché agli atti relativi alla procedura afferente lo scambio di informazioni, affermando che il merito RAGIONE_SOCIALE contestazioni erano evincibili dal contenuto degli avvisi di accertamento. Di tal via il Collegio d’appello avrebbe violato l’art. 7 della L. n. 212/2000, che impone l’allegazione dei documenti richiamati negli atti impositivi, e per aver precluso al contribuente di svolgere le difese avverso detti atti preliminari e fondanti la ripresa a tassazione.
8. Il motivo va disatteso «alla stregua del consolidato indirizzo giurisprudenziale (Cass. 21/11/2018, n. 30039, Cass. 24/06/2021 n. 18181) per il quale «l’avviso di accertamento soddisfa l’obbligo di motivazione quando pone il contribuente nella condizione di conoscere esattamente la pretesa impositiva, individuata nel petitum e nella causa petendi mediante una fedele e chiara ricostruzione degli elementi costitutivi dell’obbligazione tributaria, anche quanto agli elementi di fatto ed istruttori posti a fondamento dell’atto impositivo, in ragione della necessaria trasparenza dell’attività della Pubblica Amministrazione, in vista di un immediato controllo della stessa» (In tal senso anche Cass. 05/03/2021, n. 6154, che richiama Cass. 21/11/2018, n. 30039). Tale orientamento si pone in linea con altra pronuncia non recente ma costituente una pietra miliare (Cass. 23/01/2006 n. 1236) secondo cui: «sul piano normativo generale si deve tener presente che il procedimento amministrativo, anche quello tributario, è la forma della funzione e che il potere di adottare l’atto amministrativo finale è solo l’esercizio terminale di un potere che è stato frazionato, in conformità alle norme, ispirate alla natura RAGIONE_SOCIALE cose, sul procedimento e, quindi, sulla divisione del potere amministrativo anche nel potere d’iniziativa e, soprattutto, per quel che interessa la presente causa, nel potere istruttorio. Le tre frazioni del potere amministrativo, che sono ricavate non solo dalla natura del processo decisionale umano, ma anche dall’organizzazione
amministrativa, si ricompongono nell’atto amministrativo finale, nell’adozione del quale si deve tener conto dei risultati parziali conseguiti nelle fasi precedenti. Questa struttura del procedimento amministrativo esclude che il titolare del potere di decisione debba reiterare l’esercizio dei poteri, d’iniziativa e, soprattutto, istruttorio, che hanno preparato la sua attività. Ciò contrasterebbe, oltre tutto, in maniera netta con i principi di economicità e di efficienza, che sono enunciati dall’art. 1, c omma 1 legge 7 agosto 1990, n. 241, in attuazione del principio costituzionale di buon andamento dell’amministrazione pubblica ex art. 97 Cost., primo comma. Sotto il profilo della garanzia dell’amministrato, poi, è la motivazione dell’atto amministrativo finale, eventualmente anche per relationem ad assicurare come, quale e quanta parte dell’attività preparatoria sia recepita nella decisione» (Cfr. Cass., V, n. 24660/2022). Il motivo va pertanto disatteso.
8.1 Un tanto in disparte il fatto che il ricorrente non ha trascritto il contenuto degli avvisi di accertamento, così non consentendo, nel rispetto del principio di autosufficienza, alla Corte di svolgere il proprio sindacato (Cfr. Cass., V, n. 24660/2022).
Con la quinta doglianza il ricorrente avanza censura ex art. 360, co. 1, n. 4 c.p.c. per omessa pronuncia in ordine alla prova fornita dal sig. NOME COGNOME circa l’insussistenza di una delega al prelievo sui rapporti di conto corrente nn. 8129 e 8176-MA e alla conseguente illegittimità RAGIONE_SOCIALE sanzioni irrogate per omessa compilazione del quadro RW Sez. II e per violazione e falsa applicazione degli artt. 112 e 115 c.p.c..
9.1 In sintesi afferma che dal pvc era risultato che il contribuente non era titolare o beneficiario dei suddetti conti, sicché illegittima era la motivazione addotta dall’Ufficio a sostegno RAGIONE_SOCIALE irrogate sanzioni, basata sul rapporto di parentela intercorrente tra il contribuente e i titolari dei conti.
Il motivo è infondato.
10.1 Occorre ricordare che «per dedurre la violazione dell’art. 115 c.p.c., è necessario denunciare che il giudice non abbia posto a fondamento della decisione le prove dedotte dalle parti, cioè abbia giudicato in contraddizione con la prescrizione della norma, il che significa che per realizzare la violazione deve avere giudicato o contraddicendo espressamente la regola di cui alla norma, cioè dichiarando di non doverla osservare, o contraddicendola implicitamente, cioè giudicando sulla base di prove non introdotte dalle parti e disposte invece di sua iniziativa al di fuori dei casi in cui gli sia riconosciuto un potere officioso di disposizione del mezzo probatorio, fermo restando il dovere di considerare i fatti non contestati e la possibilità di ricorrere al notorio, previsti dallo stesso art. 115 (mentre detta violazione non si può ravvisare nella mera circostanza che il giudice abbia valutato le prove proposte dalle parti attribuendo maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre, essendo tale attività consentita dal paradigma dell’art. 116 c.p.c., che non a caso è dedicato alla valutazione RAGIONE_SOCIALE prove; Cass. Sez. U. 05/08/2016, n. 16598).» (Cfr. Cass., Sez. un., n. 20867/2020).
10.2 Nella fattispecie in esame la CTR si è espressa sui poteri di gestione del contribuente in relazione ai predetti conti, ivi rilevando però come lo stesso ne avesse ampia facoltà di movimentazione: circostanza che il ricorrente non ha contestato, limitandosi a censurare la titolarità dei medesimi.
Il motivo va, pertanto, respinto.
Con l’ultimo motivo svolto in via subordinata il ricorrente invoca l’applicazione del regime sanzionatorio più favorevole ai sensi dell’art. 3, co. 3, L. n. 212/2000.
11.1 Deducendo, nel corpo del motivo, la violazione dell’art. 3, co. 3, del d.lgs n. 472/97 e non più RAGIONE_SOCIALE Statuto del contribuente, la parte ricorrente invoca la cassazione della sentenza sotto il profilo RAGIONE_SOCIALE sanzioni, dovendo trovare applicazione lo ius superveniens
introdotto dall’art. 15 del d.lgs. n. 158/2015 e dell’art. 3, co. 3, d.lgs. n. 472/1997 a far data dal 1° gennaio 2016. Afferma infatti che le sanzioni non debbono più essere comminate nella misura pari al 100% del minimo edittale ma nella misura che va dal 90% al 180% della maggior imposta dovuta.
Va dato atto che è stata ridisciplinata la materia RAGIONE_SOCIALE sanzioni a seguito dell’emanazione del d.lgs. n. 158/20215, sicché la controversia va rimessa alla Corte di merito per la valutazione in ordine all ‘ applicabilità alla fattispecie in esame della novella e per la concreta rideterminazione della sanzione (Cfr. Cass. V, n. 4960/2017; T, n. 2392/2024).
Conclusivamente, va accolto l’ultimo motivo di ricorso, previo rigetto degli altri, la sentenza impugnata va cassata con rinvio alla competente Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado perché rinnovi il suo giudizio, nel rispetto dei principi esposti, provvedendo anche a regolare le spese del giudizio di legittimità.
PQM
La Corte accoglie il sesto motivo di ricorso, rigetta gli altri, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado della Lombardia, Milano, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche in ordine alle spese del presente giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 22/02/2024