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Contestazione credito IVA: l’Agenzia può negare il rimborso

Una società finanziaria ha richiesto il rimborso di un ingente credito IVA, originato decenni prima da un’altra società poi fallita. L’Agenzia Fiscale ha negato il rimborso, chiedendo prova dell’esistenza del credito nonostante la scadenza dei termini di accertamento. La Corte di Cassazione ha confermato la legittimità della contestazione credito IVA, stabilendo che il contribuente che chiede il rimborso ha sempre l’onere di provare la fondatezza della sua pretesa, indipendentemente dal tempo trascorso.

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Pubblicato il 20 settembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Contestazione Credito IVA: Anche Dopo la Decadenza, la Prova Spetta al Contribuente

La richiesta di rimborso di un credito IVA può trasformarsi in un percorso a ostacoli, specialmente se il credito ha origini lontane nel tempo. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale: l’Amministrazione Finanziaria può sempre effettuare una contestazione del credito IVA richiesto a rimborso, anche se sono scaduti i termini per l’accertamento. Questo perché l’onere di dimostrare l’esistenza e la legittimità del credito grava sempre sul contribuente. Analizziamo insieme questa importante pronuncia.

I Fatti del Caso: Un Credito IVA Riportato per Anni

Una società finanziaria aveva acquistato da una procedura fallimentare un cospicuo credito IVA. Tale credito si era originato in periodi d’imposta precedenti alla dichiarazione di fallimento della società cedente, avvenuta nel 1996, ed era stato poi riportato di anno in anno nelle successive dichiarazioni fiscali.

Nel 2015, la società acquirente ha presentato la dichiarazione IVA per il 2014, chiedendo il rimborso di oltre 365.000 euro. L’Agenzia delle Entrate, prima di procedere al rimborso, ha richiesto documentazione a supporto, ma ha poi negato il rimborso sostenendo che non era stata fornita la prova della reale esistenza del credito originario.

I giudici di primo e secondo grado avevano dato ragione alla società, ritenendo che, una volta decorso il termine di decadenza per l’accertamento, il credito si fosse “cristallizzato”, impedendo ogni successiva contestazione da parte del Fisco.

La Decisione della Cassazione sulla Contestazione Credito IVA

La Corte di Cassazione ha completamente ribaltato la decisione dei giudici di merito, accogliendo il ricorso dell’Agenzia delle Entrate. I giudici supremi hanno chiarito che la scadenza dei termini per l’accertamento non sancisce l’incontestabilità di un credito esposto in dichiarazione quando il contribuente ne chiede il rimborso.

Il Principio “Quae Temporalia ad Agendum, Perpetua ad Excipiendum”

La Corte ha richiamato un consolidato orientamento, espresso anche dalle Sezioni Unite, basato su un antico brocardo latino. In sostanza, i termini di decadenza limitano il potere dell’Amministrazione di agire per richiedere maggiori imposte (azione impositiva), ma non limitano il suo potere di eccepire la non spettanza di un credito quando è il contribuente a chiedere un rimborso. In questo scenario, il Fisco non sta agendo, ma si sta difendendo da una pretesa del contribuente.

L’Onere della Prova Resta al Contribuente

La decisione sottolinea che chi chiede un rimborso si pone, dal punto di vista sostanziale, come un attore che deve provare i fatti a fondamento della propria domanda. La semplice esposizione del credito in dichiarazione non è sufficiente. È onere preciso e indefettibile del contribuente fornire tutta la documentazione giustificativa che attesti la reale esistenza del credito, anche se questa documentazione risale a molti anni prima.

Le Motivazioni della Sentenza

Le motivazioni della Corte si fondano su principi di rango costituzionale. Ritenere che un credito, anche se inesistente, diventi incontrovertibile solo per il passare del tempo, violerebbe:
1. La riserva di legge in materia tributaria (art. 23 Cost.): Le imposte sono regolate dalla legge, non da automatismi procedurali.
2. Il principio di capacità contributiva (art. 53 Cost.): Rimborsare un credito inesistente significherebbe alterare la corretta distribuzione del carico fiscale.
3. L’imparzialità dell’azione amministrativa (art. 97 Cost.): L’amministrazione ha il dovere di verificare la correttezza delle pretese rivolte nei suoi confronti.

Inoltre, la Corte osserva che è il contribuente a scegliere se riportare a nuovo il credito o chiederne il rimborso. Se sceglie di chiederlo a distanza di anni, accetta implicitamente l’onere di doverne dimostrare l’esistenza, superando le eventuali difficoltà legate alla risalenza nel tempo della documentazione.

Le Conclusioni

Questa ordinanza consolida un orientamento cruciale per i rapporti tra Fisco e contribuente. La scadenza dei termini di accertamento non è uno scudo che rende un credito IVA intoccabile. Quando si avanza una richiesta di rimborso, la palla passa al contribuente, che deve essere pronto a fornire prove concrete e documentate dell’origine e della legittimità del credito vantato, indipendentemente da quanto tempo sia trascorso. Per le aziende, ciò si traduce nella necessità di una conservazione documentale meticolosa e a lungo termine, specialmente in presenza di crediti IVA significativi riportati per più esercizi.

L’Amministrazione finanziaria può contestare un credito IVA se sono scaduti i termini per l’accertamento?
Sì. Secondo la Corte di Cassazione, la scadenza dei termini per l’esercizio del potere di accertamento non impedisce all’Amministrazione di contestare l’esistenza di un credito quando il contribuente ne chiede il rimborso. I termini decadenziali operano per l’azione impositiva, non per la difesa contro una richiesta di rimborso.

Chi deve provare l’esistenza di un credito IVA quando se ne chiede il rimborso?
L’onere della prova grava sempre sul contribuente che chiede il rimborso. Egli deve fornire la documentazione giustificativa che dimostri l’effettiva esistenza e spettanza del credito, non essendo sufficiente la sua mera indicazione nella dichiarazione dei redditi.

Il semplice riporto del credito IVA di anno in anno nella dichiarazione lo rende definitivo e non più contestabile?
No. Il puro e semplice riporto a nuovo del credito nelle dichiarazioni periodiche non è sufficiente a renderlo definitivo o a precludere la sua contestazione da parte dell’Amministrazione finanziaria al momento della richiesta di rimborso.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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