Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 8123 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 8123 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 27/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 28703/2021 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (NUMERO_DOCUMENTO) che la rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME (CODICE_FISCALE che l a rappresenta e difende unitamente all’avvocato NOME (CODICE_FISCALE
avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. del LAZIO-ROMA n. 2018/2021 depositata il 19/04/2021. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 13/03/2025
dal Consigliere NOME COGNOME.
Rilevato che:
1. La RAGIONE_SOCIALE in liquidazione (alla quale è subentrata RAGIONE_SOCIALE acquistava dal Fallimento di RAGIONE_SOCIALE un credito I.V.A. di euro 365.155,00 chiesto a rimborso per periodo d’imposta 2014 ai sensi dell’art. 30, comma 4, DPR n. 633 del 1972, mediante dichiarazione IVA 2015 giusta contratto notificato all’Agenzia delle entrate e all’Agenzia delle entrate -Riscossione. Il credito originava da periodi d’imposta precedenti alla dichiarazione di fallimento di RAGIONE_SOCIALE, intervenuta il 14 novembre 1996 con sentenza del Tribunale di Roma, e riportato di anno in anno dalla curatela nelle diverse dichiarazioni IVA. L’Agenzia delle entrate notificava alla curatela una richiesta di informazioni, riscontrata da NOME COGNOME quale cessionaria, la quale (come da controricorso) ‘(i) specificava che <>, (ii) produceva <> e <> e (iii) sollecitava il rimborso del credito Iva ex art.
30, co. 4 del d.p.r. n. 633 del 1972 rappresentato nella dichiarazione Iva 2015 anno 2014’.
1.2. L’Agenzia delle entrate opponeva diniego, sostenendo che era in suo potere verificare la non spettanza del credito, di cui nella specie non era stata fornita prova mediante produzione della documentazione contabile, anche oltre il termine di accertamento.
La COGNOME presentava ricorso innanzi alla CTP di Roma, che, con sentenza n. 11246/40/2019 del 9 agosto 2019, l’accoglieva.
L’Agenzia delle entrate proponeva appello, rigettato dalla CTR del Lazio, con la sentenza in epigrafe, ritenendo che ‘la decorrenza del termine decadenziale implichi, in ogni caso, la cristallizzazione del credito IVA, con ciò impedendo anche la contestazione del credito chiesto a rimborso’, atteso che ‘il contribuente non può essere soggetto sine die all’azione impositiva’. Sicché, essendo ‘sufficiente per ottenere il rimborso: a) l’esposizione del credito (per altro nel caso specifico non contestata) nella dichiarazione IVA b) che sia trascorso il termine decadenziale entro il quale l ‘Amministrazione avrebbe potuto contestare o rettificare l ‘esposizione del credito (e nel caso concreto era trascorso), c) che la richiesta di rimborso sia proposta entro il termine di dieci anni dal suo maturare (e nel caso in esame la richiesta ha rispettato tale termine) il diniego del rimborso, oggetto del presente giudizio, è illegittimo’.
Propone ricorso per cassazione l’Agenzia delle entrate con un motivo, cui resiste COGNOME COGNOME con controricorso.
Considerato che:
Con l’unico motivo di ricorso si denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 30 e 57 DPR 633 del 1972, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ., avendo la CTR errato nel ritenere che l’Amministrazione non possa più contestare il credito decorso il termine di accertamento.
1.2. Il motivo – che si sottrae all’eccezione d’inammissibilità di cui al controricorso perché, premessa in ricorso un’essenziale ricostruzione del procedimento amministrativo e dei giudizi di merito, sufficiente ad inquadrare la vicenda sostanziale e processuale, individua con precisione le dedotte violazioni di legge, rapportandole a coerente paradigma censorio – è fondato e merita accoglimento.
1.2.1. Viene in linea di conto, anzitutto, quanto già statuito da Sez. U, n. 5069 del 15/03/2016 (Rv. 639014 -01): ‘In tema di rimborso d’imposte, l’Amministrazione finanziaria può contestare il credito esposto dal contribuente nella dichiarazione dei redditi anche qualora siano scaduti i termini per l’esercizio del suo potere di accertamento, senza che abbia adottato alcun provvedimento, atteso che tali termini decadenziali operano limitatamente al riscontro dei suoi crediti e non dei suoi debiti, in applicazione del principio ‘quae temporalia ad agendum, perpetua ad excepiendum”.
Siffatto principio è stato ribadito, recentemente, da Sez. U, n. 21765 del 29/07/2021, la quale, in motivazione, dopo averlo richiamato e fatto proprio, più particolarmente altresì osserva:
-‘il credito che nasca dal coacervo delle poste detraibili che prevalgano sul debito, e che quindi eccedano l’imposta liquidata, esiste in quanto ne sussistano i fatti generatori, sicché non è sufficiente che sia esposto in dichiarazione, né è necessario che sia accertato dall’Amministrazione (Cass. n. 18427/12; n. 27580/18)’;
-‘l’inerzia’ dell’Amministrazione nello svolgere i controlli non ‘può equivalere al riconoscimento implicito del credito, per l’assenza di fatti impeditivi o preclusivi del rimborso’;
-‘l’omesso esercizio del potere di controllo non determina, quindi, alcun effetto accertativo del credito vantato, che può derivare soltanto dalla positiva verifica di rispondenza alla realtà di quanto dichiarato (Cass., sez. un., n. 8500/21)’;
-‘che il credito di cui si discute, anche non dovuto, divenga incontrovertibile soltanto perché è indicato in una dichiarazione non più assoggettabile al potere di accertamento o verifica, striderebbe con la matrice costituzionale dell’azione impositiva, presidiata dai precetti della riserva di legge (art. 23 Cost.), del principio di capacità contributiva (art. 53 Cost.), e anche dell’imparzialità dell’azione amministrativa (art. 97 Cost.)’;
-‘non è certo agevole costruire come titolo di un diritto, in quanto tale tendenzialmente stabile, la dichiarazione fiscale, fisiologicamente instabile, perché emendabile in ogni tempo’;
-‘in un caso in cui il coacervo di poste detraibili comporti, dopo aver neutralizzato l’obbligo di versamento dell’imposta dovuta, una pretesa ad avere, il rapporto dare -avere resta regolato dalla legge. E allora, secondo le regole ordinarie, il contribuente che intenda far valere la propria pretesa al rimborso deve assumersene l’onere probatorio; il che a maggior ragione vale a fronte della contestazione del fisco (sulla posizione di attore in senso sostanziale del contribuente che chieda il rimborso, tra le più recenti, Cass. n. 1906/20 e n. 23862/20)’;
-non ‘risulta minato il principio di certezza del diritto sul quale si fa leva a sostegno della tesi contraria. È il contribuente, che decide di chiedere il rimborso di un credito a distanza di anni dalla maturazione del diritto relativo, a scegliere, riportandolo a nuovo, di assegnare ad esso rilevanza, appunto ‘ex novo’, in ciascuna delle dichiarazioni successive in cui lo espone’;
-‘la possibilità per l’Amministrazione di contestare la sussistenza’ di un credito Iva ‘indipendentemente dal decorso del termine di decadenza contemplato dal D.P.R. n. 633 del 1972, art. 57, è volta a scongiurare il riconoscimento di crediti Iva inesistenti, che si porrebbe in contrasto col principio di neutralità’.
1.2.2. La CTR, nel ritenere che all’Amministrazione sia precluso di contestare l’esistenza del credito oltre il termine di
accertamento, disattende i superiori principi, potendo e dovendo, invece, l’Amministrazione disconoscere crediti inesistenti ed essendo preciso ed indefettibile onere di chi pretende il rimborso fornire la documentazione giustificativa, senza che assumano rilievo in senso contrario eventuali difficoltà meramente fattuali legate alla risalenza nel tempo dei rapporti rilevanti ed all’intervenuta dichiarazione di fallimento e senza che sia sufficiente il puro e semplice riporto a nuovo nelle dichiarazioni periodiche.
Quanto precede, impone, in accoglimento del ricorso, che la sentenza impugnata sia cassata con rinvio, per nuovo esame e per le spese, comprese quelle del presente grado di giudizio.
P.Q.M.
In accoglimento del ricorso, cassa la sentenza impugnata, con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio, per nuovo esame e per le spese.
Così deciso a Roma, lì 13 marzo 2025.